309 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito
Opinioni

Crollano le assunzioni, ma il Governo Renzi riduce gli incentivi e non il costo del lavoro

Crollano le assunzioni, ma in Italia si parla solo di Jobs Act. Servono misure concrete: il crollo delle assunzioni è responsabilità del Governo, che riduce gli incentivi e non il costo del lavoro, il cosiddetto cuneo fiscale. Le misure per il 2017 non convincono e alle porte c’è rischio di un boom di licenziamenti.
A cura di Antonio Barbato
309 CONDIVISIONI
osservatorio statistico inps

Crollano le assunzioni in Italia, mese dopo mese, ma il Governo da più di un anno è impegnato a ridurre gli incentivi alle imprese che assumono e non il costo del lavoro, mentre promette appunto tale riduzione nel 2018. I media parlano sempre di Jobs Act, ma le imprese italiane invece attendono la Legge di Stabilità 2017 per capire come comportarsi negli ultimi mesi di quest'anno e nell'anno prossimo.

Il Jobs Act non serve a creare assunzioni in Italia, i decreti voluti dal Governo Renzi che hanno soprattutto riformato i contratti di lavoro e la normativa sui licenziamenti non sono attori protagonisti dei dati sulle assunzioni che vengono snocciolati ogni mese dall'Osservatorio del precariato e dall'Inps.

Cosa dicono questi dati statistici sull'andamento dei contratti di lavoro in Italia? Che le assunzioni sono fortemente salite negli ultimi mesi 2015 (e i media italiani strumentalizzano tirando fuori sempre il Jobs Act di Renzi perché approvato in gran parte a metà anno 2015) e vertiginosamente crollate nei primi mesi 2016. E nel frattempo c'è stato un boom dei voucher. Sempre nel confronto tra anno 2015 e anno 2016, i contratti a tempo determinato salgono leggermente, mentre l'apprendistato, accantonato quasi dalle imprese nel 2015, è in risalita nel 2016 del 18%.

Questa è la fotografia dei dati nei primi 8 mesi dell'anno ma preparatevi, i dati che snoccioleranno a dicembre saranno ancora peggiori, perché la maggior parte degli 1,5 milioni di contratti a tempo indeterminato stipulati nel 2015, sono stati avviati dalle imprese negli ultimi due mesi dell'anno scorso e quindi nel confronto con le assunzioni che saranno effettuate negli ultimi mesi di quest'anno, la forbice negativa si allargherà vistosamente.

Ma va detto anche che 1,5 milioni di assunzioni nel 2015 sono un dato eccezionale. Ma che doveva convincere il Governo a proseguire con tutte le forze possibili su quella strada.

Tutti questi mutamenti dei dati non dipendono da ciò che ha fatto il Governo Renzi con il Jobs Act ma da ciò che crea ogni anno lo stesso Governo con la Legge di Stabilità.

Avete letto bene, ho scritto "ciò che crea ogni anno" il Governo con la Legge di Stabilità, perché la realtà dei fatti è che ogni manovra finanziaria di fine anno crea uno spostamento degli equilibri nelle scelte economiche delle imprese in materia di assunzioni.

E a mio avviso, i dati snocciolati dall'Osservatorio statistico sul precariato e dall'Inps sono di facile lettura: le imprese vanno dove il cuneo fiscale (costo del lavoro) si abbassa. E chi non ce la fa, ricorre al lavoro nero o al lavoro grigio (i famosi voucher).

Perché il Jobs Act non c'entra ed è una strumentazione politica

Il Jobs Act che incide (marginalmente) in tema di assunzioni cosa è? E' sostanzialmente il Decreto Legislativo n. 23 del 2015 che ha riformato la normativa sul licenziamento (le conseguenze quando viene dichiarato illegittimo dal giudice) ed ha introdotto le tanto pubblicizzate "tutele crescenti".

In sostanza, è sparita la tutela reale dell'art. 18 (reintegra nel posto di lavoro) se il lavoratore dimostra che il licenziamento è illegittimo innanzi al giudice. Sono state introdotte, come detto,le tutele crescenti, che poi non sono altro che l'ennesima strumentazione politica di una norma che in realtà ha ridotto l'entità risarcitoria spettante al lavoratore in caso di licenziamento illegittimo.

Il Jobs Act ha anche rafforzato le sanzioni in caso di lavoro nero (ecco perché le imprese abusano dei voucher) ed ha soprattutto riscritto tutti i contratti di lavoro (Decreto Legislativo n. 81/2015).

Ma nella sostanza, per le imprese cambia poco, perché, lo ripeto, ciò che conta è quanto costa assumere un lavoratore.

Perché le assunzioni dipendono dalla Legge di Stabilità

Per spiegare per quale motivo tutto l'andamento delle assunzioni negli anni 2015 e 2016 dipende dalla manovra finanziaria del Governo è necessario ripercorrere questi due anni. A dicembre del 2014 fu fatta la legge di Stabilità 2015, che ha inciso sulle assunzioni nell'anno 2015.

Ebbene, cosa fu fatto: da un lato fu cancellata la normativa di cui all'art. 8, comma 9, della Legge 407/90, ossia la possibilità per le imprese di risparmiare i contributi al 100% al Sud e al 50% al Nord sulle assunzioni a tempo indeterminato di disoccupati da almeno 24 mesi (due anni) e dall'altro lato è stato introdotto l'esonero contributivo al 100% sulle assunzioni a tempo indeterminato nel 2015, con un risparmio per le imprese di 8.060 euro all'anno per 3 anni per ogni assunzione con contratto a tempo indeterminato di un lavoratore di qualsiasi età.

Le assunzioni nel 2015

Quale è la logica conseguenza? Che i datori di lavoro, visto l'abbassamento di 8 mila euro del costo del lavoro per 3 anni (24 mila euro risparmiati) si sono decisi ad assumere a tempo indeterminato. C'è stato il boom, con 1 milione e mezzo di assunti a tempo indeterminato e molte emersioni di lavoro nero.

Dall'altro lato, i datori di lavoro che per una vita hanno rischiato facendo lavorare a nero i propri dipendenti, e che non si sono decisi ad assumere a tempo indeterminato, hanno trovato nei voucher il loro sbocco per "coprire" la forza lavoro da loro impiegata. Purtroppo, la normativa sul lavoro accessorio, che oggi viene riformata con una stretta, consentiva di aggirare la legge e tramite i voucher coprire il lavoro nero. Sempre nel 2015, visto che conveniva assumere a tempo indeterminato, sono calate le assunzioni a tempo determinato (che costano pure 1,4% in più di contributi).

Per quanto riguarda i giovani, sono calate le assunzioni con contratto di apprendistato (perché l'alternativa era appunto l'esonero contributivo al 100%, più convenente) ma sono aumentate in maniera esponenziale le assunzioni a tempo indeterminato, anche grazie al programma Garanzia Giovani. Assumere un giovane nel 2015 nell'ambito del programma Garanzia Giovani era un vero affare perché i datori di lavoro potevano cumulare l'esonero contributivo, con 8.060 euro risparmiati all'anno sui contributi per tre anni, con il bonus occupazionale da 1.500 a 6.000 euro, da utilizzare in 12 mesi, previsto da Garanzia Giovani. Chi assumeva un giovane con profilazione alta poteva incassare fino a 14.060 euro di risparmio.

Esattamente un anno fa, ad ottobre-novembre 2015, il Governo ha diramato la bozza della Legge di Stabilità 2016 relativa a quest'anno, cambiando totalmente lo scenario. Perché l'esonero contributivo del 100% previsto nel 2015 è stato ridotto ad un esonero contributivo del 40% per il 2016. In sostanza, il Governo Renzi nell'anno di lancio della riforma Jobs Act ha previsto un fortissimo incentivo del 100% su tutte le assunzioni a tempo indeterminato, salvo poi rimangiarsi tutto riducendo nel successivo anno al 40% il risparmio sui contributi per le imprese.

Quale è stata la conseguenza? Che si è scatenata la corsa delle imprese ad assumere a tempo indeterminato entro il 31 dicembre 2015, prima che finisse lo sgravio sui contributi al 100% previsto per il 2015. I dati dell'Osservatorio infatti parlavano di boom delle assunzioni a dicembre 2015 e i media, ancora una volta, hanno attribuito tale boom al Jobs Act di Renzi (che non c'entra nulla!).

In pochi invece si sono prodigati per criticare la scelta del Governo di ridurre drasticamente gli incentivi sulle assunzioni a tempo indeterminato, anche perché il Governo nel frattempo parlava ai media stessi di riduzione del costo del lavoro strutturale per le assunzioni a tempo indeterminato, ma rimandando sempre il tutto al prossimo futuro (come fa quest'anno, visto che ora si parla di 2018).

Le assunzioni nel 2016

Dopo il boom di assunzioni nel 2015, e la corsa delle imprese ad assumere a tempo indeterminato entro dicembre 2015, con il nuovo incentivo sulle assunzioni a tempo indeterminato ridotto (esonero contributivo al 40%), era inevitabile e fisiologico che calassero subito le assunzioni nell'anno 2016 e che aumentassero i ricorsi al lavoro accessorio retribuito con i voucher (+75%).

E per le assunzioni dei giovani era inevitabile che le imprese ricorressero nuovamente al contratto di apprendistato professionalizzante (+18% quest'anno), visto che, in mancanza dell'esonero contributivo al 100% del 2015, per abbattere il costo del lavoro per l'assunzione di un giovane è necessario ricorrere alle aliquote contributive agevolate del contratto di apprendistato.

A proposito di giovani, nel 2016 c'è stato anche l'esaurimento delle risorse per il bonus occupazionale di Garanzia Giovani. E nonostante le promesse di rifinanziamento, sono molti i mesi che le regioni attendono che provenga dall'UE il rifinanziamento. Ma la misura è stata molto apprezzata dalle imprese e rappresenta un ottimo strumento per favorire le assunzioni dei giovani fino al 2020.

L'esonero contributivo ridotto al 40% previsto dal Governo Renzi nel 2016 ha rappresentato quindi una forte riduzione degli incentivi alle assunzioni e un inevitabile aumento del costo del lavoro. E come sempre i dati sono di facile lettura: più riduci il costo del lavoro, più ci sono assunzioni e viceversa.

Da segnalare in questo senso, un inversione di tendenza voluta dalla Regione Campania che, per correggere la riduzione nazionale dell'incentivo, ha approvato una decontribuzione al 100% per le imprese che assumono in Campania nell'anno 2016 e 2017. In sostanza, la Regione ha voluto ripristinare l'esonero contributivo al 100% mettendoci di tasca propria quel 60% tolto dal Governo sulle assunzioni a tempo indeterminato nel 2016 e ha confermato tale misura anche nel 2017. Con il solo adempimento, per le imprese, che tale 60% verrà erogato a consuntivo e dopo un biennio.

Dall'altro lato, in termini di uscita dal lavoro, è bene dirlo, anche i dati sui licenziamenti e sui rapporti di lavoro ultimati nell'anno 2016 dipendono in buona sostanza dal costo del lavoro che si è nuovamente elevato nell'anno 2016 per effetto della riduzione degli incentivi.

Cosa succederà nel 2017

Come lo scorso anno, le imprese stanno aspettando la legge di Stabilità 2017 per capire come regolarsi per le assunzioni nell'anno 2017 e per eventualmente optare per un assunzione entro fino 2016, ovviamente per coloro che hanno bisogno di forza lavoro (o di far emergere lavoro a nero).

Si parlava di una ulteriore riduzione dell'esonero contributivo al 20%, ma probabilmente ci sarà un esonero contributivo parziale solo per studenti e apprendisti, mentre la nascente Anpal (Agenzia Nazionale per le politiche attive per il lavoro) attraverso il proprio Presidente Maurizio Del Conte, annuncia una serie di incentivi per il Sud e per il giovani nel 2017.

Proprio sulla scorta di quanto approvato dalla Regione Campania, si parla di un incentivo fino a 8.060 euro nelle regioni del Sud (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna, Abruzzo e Molise) ai datori di lavoro privati che assumono, a tempo indeterminato o in apprendistato, giovani tra i 15 e i 24 anni, e i lavoratori con più di 24 anni, privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi. E sulle assunzioni di over 50 anni ci sarà un incentivo fino a 4.030 euro.

Anche il bonus occupazionale di Garanzia giovani dovrebbe mutare: l’incentivo dovrebbe rivolto alle assunzioni di ragazzi tra i 15 e i 24 anni, e tra i 24 e i 29, se privi di impiego da almeno sei mesi ed essere di un ammontare massimo fino a 8.060 euro per ogni lavoratore assunto.

Da una prima analisi, quindi, un buon incentivo sarà previsto solo nelle regioni del Sud ma per i giovani o per i lavoratori disoccupati da 6 mesi.

Quindi in due anni si è passati dall'esonero contributivo al 100% per tutti, al 40% dello scorso anno, fino ad un nuovo esonero contributivo fino a 8.060 euro ma solo per alcune categorie. E anche sul bonus occupazionale di Garanzia Giovani da un lato è aumentata la dote massima (da 6.000 euro a 8.060 euro) ma dall'altro lato è stata ridotta la platea dei giovani beneficiari.

Il Governo però promette una riduzione strutturale del costo del lavoro a tempo indeterminato ma dal 2018.

Tali misure sembrano confermare la tendenza alla riduzione degli incentivi sulle assunzioni avviata nel 2016 e proseguita nel 2017, dopo un iniziale 2015 con un forte incentivo, che ha prodotto infatti risultati importanti. Il Governo quindi continua a ridurre gli incentivi e a non ridurre il cuneo fiscale, il costo del lavoro, che è la vera chiave per consentire alle imprese di assumere. In Italia infatti il costo, soprattutto per i contributi previdenziali, è molto elevato. Tra i più elevati d'Europa.

Il rischio boom di licenziamenti nel 2017-2018

Le imprese che hanno assunto nel 2015 con l'esonero contributivo del 100% godranno degli effetti della riduzione annuale dei contributi da versare (fino a 8.060 euro) per un triennio, quindi fino al 2018 il costo del lavoro per loro sarà ridotto e continueranno a tenere in forza i lavoratori, salvo i casi di risoluzione anticipata per motivazioni legate alle parti.

Lo scenario potrebbe cambiare quando scadrà il triennio per gli 1,5 milioni di lavoratori assunti con esonero contributivo 100% nel 2015. Alla fine del triennio, per le imprese il costo del lavoro diventerà pieno, quindi senza 8.060 euro di sconto annuale. Ebbene, è prevedibile un boom di licenziamenti nell'anno 2018, se il Governo non provvederà a sostenere le imprese con un effettiva riduzione del cuneo fiscale sulle assunzioni a tempo indeterminato.

Anche sulle assunzioni di giovani con il bonus occupazionale di Garanzia Giovani, visto che l'incentivo è da 1.500 a 6.000 euro ma fruibile per 12 mesi a partire dall'assunzione, nel 2016 e nel 2017 potrebbero esserci dei licenziamenti dei giovani, visto che le imprese ultimati i 12 mesi agevolati saranno costrette a sostenere il costo del lavoro nella misura piena nel mantenere in forza il giovane.

Resta da capire, infine, quali saranno gli effetti, marginali, delle prime sentenze in materia di licenziamenti dopo la riforma del Jobs Act che, come detto, ha un ruolo minimale nell'andamento dei dati sulle assunzioni e licenziamenti.

309 CONDIVISIONI
Immagine
Giornalista dal 2016 e consulente del lavoro, sono caposervizio dell'area Job. Scrivo di lavoro, fisco e previdenza.
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views