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Il contratto di inserimento lavorativo per giovani, donne e disoccupati

Il contratto di inserimento, introdotto dalla Legge Biagi, è un contratto che prevede agevolazioni e sgravi normativi, contributivi per le imprese che assumono giovani dai 18 ai 29 anni, donne di qualsiasi età e disoccupati di lunga durata. Vediamo tutte le informazioni utili.
A cura di Antonio Barbato
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contratto di inserimento di giovani, donne e disoccupati

Il contratto di inserimento è un contratto di lavoro diretto a realizzare, mediante un progetto individuale di adattamento alle competenze professionali del lavoratore a un determinato contesto lavorativo, l’inserimento o il reinserimento nel mercato del lavoro di determinate categorie di persone, come i giovani, i disoccupati, le donne, le persone riconosciute affette da handicap. Si tratta quindi di una forma contrattuale agevolata che incentiva le imprese, i datori di lavoro, ad inserire o reinserire queste tipologie di lavoratori considerate dal legislatore come socialmente deboli.

Il contratto di inserimento è stato una delle novità della Legge Biagi, il Decreto Legislativo n. 276 del 2003 ed è stato uno degli strumenti di riforma dei contratti di lavoro a contenuto formativo. Infatti il contratto di inserimento prevede una formazione del lavoratore, anche se la funzione formativa di questa tipologia di contratto è svolta in maniera residuale rispetto al tipico contratto con finalità formativa che è il contratto di apprendistato. Il contratto di inserimento ha sostituito il contratto di formazione e lavoro nel settore privato, che risulta quindi disapplicato dal 2003.

Questo tipo di contratto è destinato solo ad alcune categorie di lavoratori ed è stipulabile solo con determinate categorie di imprese e datori di lavoro. Vediamo tutte le condizioni ed i requisiti necessari per l’utilizzo del contratto di inserimento, nonché tutte le informazioni relative alla stipula, alla durata, al contenuto del contratto stesso, e relative agli incentivi per le imprese in termini di agevolazioni retributive normative e riduzioni contributive.

SOMMARIO

Quali lavoratori possono essere assunti
Le imprese che possono assumere col contratto di inserimento
Agevolazioni e vantaggi per i datori di lavoro
La riduzione dei contributi Inps
Forma, durata e proroga
Il progetto individuale di inserimento
Retribuzione e diritti dei lavoratori nel contratto di inserimento

I lavoratori che possono essere assunti con il contratto di inserimento

Il campo di applicazione del contratto di inserimento è limitato solo a determinati soggetti, sia lavoratori che datori di lavoro. L’art. 54 del Decreto Legislativo n. 276 del 2003 (Legge Biagi) indica le categorie di lavoratori che possono stipulare il contratto di inserimento o di reinserimento nel mercato del lavoro. Sono i seguenti soggetti:

  • soggetti di età compresa tra i diciotto e i ventinove anni;
  • disoccupati di lunga durata da ventinove fino a trentadue anni;
  •  lavoratori con più di cinquanta anni di età che siano privi di un posto di lavoro;
  •  lavoratori che desiderino riprendere una attività lavorativa e che non abbiano lavorato per almeno due anni;
  •  donne di qualsiasi età residenti in una area geografica in cui il tasso di occupazione femminile determinato con apposito decreto del Ministro dei lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sia inferiore almeno del 20 per cento di quello maschile o in cui il tasso di disoccupazione femminile superi del 10 per cento quello maschile;
  •  persone riconosciute affette, ai sensi della normativa vigente, da un grave handicap fisico, mentale o psichico.

Disoccupati di lunga durata. Si intende i soggetti che, dopo aver perso un posto di lavoro o cessato un’attività di lavoro autonomo, siano alla ricerca di una nuova occupazione da almeno 12 mesi. Il lavoratore deve essere in possesso dell’attestato rilasciato dal competente Centro per l’Impiego dove si evince la permanenza nello stato di disoccupazione, conseguente a perdita di lavoro, per almeno 12 mesi.

Nel caso di lavoratori che non abbiamo lavorato per almeno due anni, la condizione di disoccupazione nel biennio antecedente può essere autocertificata con la presentazione al datore di lavoro di una dichiarazione di responsabilità, in quanto la norma non parla di stato di disoccupazione attestato dai Centri per l’Impiego. E’ consigliabile, però, in ogni caso, produrre e presentare al datore di lavoro l’attestato.

Le prestazioni occasionali. Ai fini del requisito minimo di 2 anni senza aver lavorato, il Ministero del Lavoro chiarisce che può essere assunto con contratto di inserimento il lavoratore che ha svolto tipologie di lavoro come le prestazioni occasionali di tipo accessorio che sfuggono alla disciplina delle ordinarie attività lavorative e non fanno perdere lo stato di disoccupazione.

Donne in aree svantaggiate. Si considera svantaggiata qualsiasi donna di un’area geografica al livello NUTS II, in cui la percentuale media di disoccupazione superi il 100% della media comunitaria da almeno due anni civili e nella quale la disoccupazione femminile abbia superato il 150% del tasso di disoccupazione maschile nel territorio considerato per almeno due di tre anni civili precedenti.

Persone con grave handicap fisico o mentale o psichico. Il Ministero del Lavoro con una risposta d un interpello n. 17 del 2008 ha chiarito che il grado di invalidità deve essere superiore al 45%. Lo stato di handicap è riconosciuto e certificato da una commissione medica pubblica ai sensi della legge n. 104 del 1992.

Quali sono le aree svantaggiate. Per gli anni 2004, 2005 e 2006 un Decreto Ministeriale indicava le aree territoriali di applicazione del contratto di inserimento. Esse sono tutte le regioni e le provincie autonome. Poi sono stati definiti anche le regioni in cui è possibile è possibile l’applicazione del contratto di inserimento per tutte le donne di qualsiasi età che risiedono in aree geografiche ad elevata disoccupazione femminile. Si tratta delle Regioni  Lazio, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sardegna. Detta misura è stata confermata nel 2007 e nel 2008, ma in quest’ultimo Decreto è stata esclusa la Regione Calabria. Agevolazioni confermate per le altre regioni.

Le imprese che possono stipulare contratti di inserimento

Non tutti i lavoratori possono essere assunti con il contratto di inserimento, ma anche non tutti i datori di lavoro possono utilizzare questo tipologia contrattuale. Esistono dei limiti anche in questo caso. L’art. 54 della Legge Biagi, il Decreto Legislativo n. 276 del 2003, al comma n. 2, indica infatti quali sono i soggetti che possono assumere lavoratori con contratto di inserimento. Questa tipologia di contratto agevolato può essere stipulata da:

  • enti pubblici economici, imprese e loro consorzi;
  • gruppi di imprese;
  • associazioni professionali, socio-culturali e sportive;
  • fondazioni;
  • enti di ricerca pubblici e privati;
  • organizzazioni e associazioni di categoria.

Esclusi dalla stipula. Quindi, tenendo conto dell’elenco previsto dalla legge, non possono assumere lavoratori con un contratto di inserimento ad esempio i liberi professionisti, anche attraverso studi professionali costituiti in forma associata, e parte delle aziende no-profit. Gli studi professionali organizzati sotto forma d'impresa possono invece stipulare contratti di inserimento.

Condizione per l’assunzione. La legge Biagi al comma 3 dell’art. 54 poi indica una ulteriore condizione ai soggetti appena elencati per poter assumere con contratto di inserimento. Il datore di lavoro deve avere mantenuto in servizio almeno il 60% dei lavoratori il cui contratto di inserimento sia venuto a scadere nei 18 mesi precedenti. Con la dicitura ”mantenuti in servizio” si intende i soggetti per i quali il rapporto di lavoro, nel corso del suo svolgimento, sia stato trasformato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Eccezioni. La condizione del 60% di lavoratori mantenuti in servizio in realtà prevede delle eccezioni, in quanto non si computano nel calcolo ai fini del 60% i lavoratori dimessi, i lavoratori licenziati per giusta causa o durante il periodo di prova. Non sono considerati neanche i lavoratori che abbiamo rifiutato la proposta di trasformazione a tempo indeterminato. Poi è prevista una sorta di “franchigia” nel comma 4, per cui non si computano i contratti non trasformati in misura pari a quattro e comunque non si applica nessun limite qualora nei 18 mesi precedenti sia venuto a scadere un solo contratto di inserimento.

L’opzione per il contratto di reinserimento. L’art. 54 comma 5 del D. Lgs. 276 del 2003, stabilisce che in ogni caso restano applicabili nel contratto di inserimento, se sono più favorevoli, tutte le disposizioni in materia di contratto di reinserimento dei lavoratori disoccupati. Pertanto se i lavoratori percepiscono il trattamento speciale di disoccupazione da almeno dodici mesi, deve essere fatta la valutazione aziendale soprattutto in termini di riduzioni contributive.

Limiti al numero di contratti di inserimento. Dal Decreto Legge n. 276 del 2003 non è prevista né un numero massimo né una percentuale massima di lavoratori che possono essere assunti con contratto di inserimento. Questo limite eventualmente può essere stabilito dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali.

Agevolazioni e vantaggi per i datori di lavoro: dall’inquadramento alla riduzione dei contributi

Il datore di lavoro che assume dei lavoratori attraverso il contratto di inserimento può godere di una serie di incentivi all’assunzione per la sua impresa. Si tratta di una serie di riduzioni che abbattono il costo del lavoro nel caso di assunzione del lavoratore con il contratto di inserimento,  tenendo conto sia dei contributi previdenziali che del costo lordo del dipendente. Le agevolazioni sono di tipo retributivo, contributivo e normativo, vediamo quali.

Inquadramento fino a 2 livelli inferiori. Questo è un incentivo di tipo retributivo per l’impresa. Il lavoratore che stipula il contratto di inserimento può essere inquadrato dall’impresa fino a 2 livelli inferiori rispetto al livello spettante secondo il contratto nazionale (CCNL) per i lavoratori che svolgono la stessa mansione o funzione. Quindi la retribuzione che il datore di lavoro pagherà al dipendente risulta notevolmente ridotta dall’inquadramento al livello inferiore o addirittura a due livelli inferiori.

Donne escluse dal doppio sottoinquadramento. L’art. 59 del D. Lgs. 276/2003 prevede che, salva diversa previsione dei contratti collettivi nazionali o territoriali, il sottoinquadramento non trova applicazione nei confronti  delle assunzioni delle donne. I contratti collettivi però possono reintrodurre il sottoinquadramento nei confronti delle donne ad un livello inferiore.

Lavoratori non computati. Un’altra agevolazione è quella che i lavoratori assunti con contratto di inserimento non si computato nell’organico aziendale ai fini delle disposizioni di legge e di contratto collettivo. Si pensi soprattutto alle disposizioni in materia di licenziamento dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, come ad esempio il calcolo del computo nella tutela reale.

Riduzione dei contributi Inps nel contratto di inserimento

Una delle agevolazioni più importanti è quella che riguarda la riduzione dei contributi dovuti agli enti previdenziali e assistenziali, Inps e Inail. Questi sgravi contributivi permettono una consistente riduzione del costo del lavoro in quanto risulta decisamente ridotta la contribuzione a carico del datore di lavoro. La riduzione dei contributi non si applica nel caso di assunzioni con contratto di inserimento di giovani lavoratori di età compresa tra i 18 ed i 29 anni.  La riduzione dei contributi va dal 25% della quota a carico del datore di lavoro fino al versamento dei contributi nella misura prevista per gli apprendisti, che è il 10%. Vediamo l’approfondimento su sgravi e agevolazioni contributive nel contratto di inserimento.

Forma, durata e proroga del contratto di inserimento

La forma. Il contratto di inserimento può avere ad oggetto qualsiasi attività lavorativa e deve essere stipulato per iscritto a pena della sua nullità. In caso di mancanza di forma scritta, c’è la mancanza del requisito formale e la trasformazione del contratto stesso in un contratto a tempo indeterminato (art. 56 del D. Lgs. 276 del 2003).

Il contenuto. Il contratto di inserimento deve contenere tutti gli elementi previsti per i contratti a termine e deve contenere l’indicazione del progetto individuale di inserimento, ivi compreso la qualificazione da conseguire e dei seguenti altri elementi:

  • durata del contratto;
  • periodo di prova, come definito dal contratto nazionale (CCNL) di categoria;
  • orario di lavoro, sempre determinato in base al CCNL;
  • tutte le notizie relative all’inquadramento;
  • il trattamento di malattia ed infortunio non sul lavoro.

Tali elementi elencati sono stati richiesti dall’accordo interconfederale del 11 febbraio 2004, che stabilisce anche la formazione da attuare secondo il progetto individuale di inserimento.

Durata del contratto di inserimento. Il contratto di inserimento non può avere una durata inferiore a 9 mesi né superiore a 18 mesi. E nel caso di assunzione di lavoratori affetti da grave handicap fisico, mentale o psichico, la durata massima può essere estesa fino a 36 mesi.

Computo dei mesi di durata. Dal computo della durata del contratto vanno esclusi i periodi di servizio militare o civile e di astensione per maternità, mentre le altre assenze (come ad esempio per malattia, per infortunio), sono valide ai fini del calcolo dei mesi di durata del contratto di inserimento.

Il Ministero del lavoro ha chiarito che in caso di sospensione del contratto di inserimento per lo svolgimento del servizio militare su base volontaria, non sussiste per il lavoratore il diritto alla conservazione del posto. Ovviamente, se tale conservazione avviene di fatto con la conseguente riammissione del lavoratore al lavoro, nel computo della durata massima del contratto non si dovrà tenere conto del periodo dedicato al servizio militare o civile, pur se esso è stato volontario.

Rinnovo e proroga del contratto di inserimento. Il contratto di inserimento non può essere rinnovato tra le stesse parti, mentre per quanto riguarda la proroga, essa è ammessa ma entro il limite legale di durata del contratto (che è appunto minimo 9 mesi e massimo 18 mesi). Pertanto tra primo contratto di inserimento e successiva proroga non possono essere superati i 18 mesi complessivi di rapporto di lavoro.

Prosecuzione e trasformazione del contratto a tempo indeterminato. Se il contratto continua alla scadenza del termine stabilito nel contratto o nella eventuale successiva proroga, il contratto si trasforma in un normale contratto a tempo indeterminato. Per la trasformazione del contratto sono previsti gli stessi termini della disciplina del contratto a tempo determinato, cioè devono essere trascorsi 30 giorni dalla sua scadenza. La prosecuzione entro il limite dei 30 giorni  comporta la stessa maggiorazione retributiva prevista nella disciplina del contratto a termine in caso di prosecuzione di fatto oltre il termine.

Il progetto individuale di inserimento

Una delle condizioni ulteriori per le imprese per assumere con il contratto di inserimento è la realizzazione di un progetto individuale di inserimento, che deve essere concordato con il lavoratore nel rispetto di quanto previsto nei contratti collettivi (CCNL) nazionali, territoriali o aziendali.

Il progetto individuale di inserimento va inserito nel contratto di inserimento stipulato tra le parti e, sulla base di quanto previsto dall’art. 55 della Legge Biagi, la formazione effettuata durante l’esecuzione del rapporto di lavoro dovrà essere registrata nel libretto formativo.

Il Ministero del Lavoro in una circolare ha stabilito che tale tipologia contrattuale deve valorizzare “l’acquisizione di professionalità concreta, calibrata in rapporto al fabbisogno del datore di lavoro, nella prospettiva futura, eventuale stabilizzazione del contratto”. Sulla base di questi principi, il datore di lavoro deve formare il lavoratore consentendogli di acquisire le competenze professionali per lo svolgimento della mansione di assunzione e nel contesto lavorativo aziendale, anche se la formazione non avviene in via teorica.

La formazione teorica di almeno 16 ore. L’accordo interconfederale dell’11 febbraio 2004 ha stabilito che il progetto individuale di inserimento deve prevedere una formazione teorica non inferiore a 16 ore e deve riguardare: nozioni di prevenzione antinfortunistica e nozioni di disciplina del rapporto di lavoro ed di organizzazione aziendale. Deve essere accompagnata inoltre da congrue fasi di addestramento specifico, impartite anche con la modalità e-learning, in funzione dell’adeguamento delle capacità professionali del lavoratore. La preparazione antinfortunistica va necessariamente fatta nella fase iniziale del rapporto di lavoro.

Le regole per l’aspetto formativo dei progetti individuali di inserimento sono comunque determinate dalla contrattazione collettiva a livello sia nazionale, che regionale che aziendale, essendo necessario garantire uno standard di formazione nel settore specifico in cui opererà il lavoratore.

L’accordo interconfederale detta le regole per la determinazione del percorso formativo da parte dei CCNL, che devono stabilire le modalità di definizione dei piani individuali, anche attraverso il ricorso delle imprese a fondi interprofessionali per la formazione continua. I contratti collettivi devono stabilire inoltre gli orientamenti e le linee guida nonché i codici di comportamento diretti ad agevolare l’adeguamento delle competenze professionali del lavoratore che ha stipulato il contratto di inserimento con un’impresa del settore.

Sanzioni in caso di mancata formazione. Per le imprese che non realizzano i progetti individuali di inserimento previsti nel contratto, e che quindi sono responsabili delle mancata realizzazione delle finalità di inserimento del contratto stesso, c’è la sanzione del versamento della differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta, con riferimento al livello contrattuale che sarebbe stato raggiunto dal lavoratore a termine del periodo di inserimento (quindi 1 o 2 livelli superiori), maggiorata del 100% (quindi raddoppiata). La maggiorazione contributiva esclude l’applicazione di qualsiasi altra sanzione prevista in caso di omessa contribuzione (art. 55 comma 5 del Decreto Legislativo n. 276 del 2003). Per maggiori informazioni, vediamo la riduzione dei contributi nel contratto di inserimento.

La retribuzione e i diritti del lavoratore nel contratto di inserimento

Il lavoratore che viene assunto dall’impresa con il contratto di inserimento gode degli stessi diritti di tutti gli altri lavoratori inquadrati dall’azienda nel livello previsto dal contratto collettivo nazionale (CCNL) per il contratto stipulato. Questo sia che il livello di inquadramento sia  di due livelli di sottoinquadramento, sia che sia di un solo livello inferiore rispetto al livello spettante, sia che l’inquadramento sia avvenuto al livello spettante secondo CCNL per le mansioni effettivamente svolte (come nel caso delle donne).

Principio di non discriminazione. Quindi la retribuzione deve essere proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro prestato ed alle ore di lavoro prestate. Deve essere di fatto rispetto il CCNL di categoria. Il principio di non discriminazione vale sia per la retribuzione mensile e oraria spettante, sia per gli altri diritti del lavoratore come le ferie, i permessi, il trattamento di fine rapporto.

Il lavoratore ha anche diritto a vedersi riconosciute tutte le maggiorazioni connesse alla prestazione lavorativa effettuata per conto del datore di lavoro e che sono previste dal contratto collettivo nazionale, territoriale o aziendale. E’ il caso della retribuzione in caso di lavoro a turni, nel caso di lavoro notturno, nel caso di lavoro festivo e nel caso di lavoro straordinario.

Per quanto riguarda il trattamento di malattia e infortunio non sul lavoro, l’accordo interconfederale del 11 febbraio 2004 stabilisce che tale trattamento è disciplinato secondo quanto previsto in materia di contratti di formazione e lavoro oppure, in mancanza di accordi aziendali, deve essere riproporzionato in base alla durata del rapporto di lavoro di inserimento e comunque non può avere durata inferiore a 70 giorni.

Lo stesso accordo interconfederale stabilisce che i lavoratori assunti con contratto di inserimento hanno diritto a beneficiare dei servizi aziendali, come la mensa e il trasporto, esattamente come tutti gli altri lavoratori.

Scatti di anzianità e contratto di inserimento. Il contratto di inserimento, come abbiamo visto, per una serie di motivazioni (es. mancato realizzazione del percorso formativo, prosecuzione di fatto del rapporto oltre la scadenza) può essere trasformato in un contratto a tempo indeterminato. In questo caso, l’accordo interconfederale prevede che il periodo svolto col contratto di inserimento poi trasformato in indeterminato è computato nell’anzianità di servizio, ma con l’esclusione degli scatti di anzianità e della mobilità professionale disciplinata da clausole di contratti collettivi che prevedano progressioni automatiche di carriere legate esclusivamente all’anzianità di servizio.

L’ex contratto di formazione e lavoro

Solo pubblico impiego. Il Decreto Legislativo n. 276 del 2003, all’art. 86 comma 9, prevede che dal 24 ottobre 2003, data di entrata in vigore del decreto che ha introdotto il contratto di inserimento, la previgente disciplina in materia di contratti di formazione e lavoro può trovare applicazione limitatamente al pubblico impiego. Dal 31 ottobre 2006, alla scadenza di un periodo intermedio, nel settore privato non c’è più l’applicazione del contratto di formazione e lavoro, ma solo l’applicazione della normativa sul contratto di inserimento.

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