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Il contratto di lavoro ripartito: un “posto” per due lavoratori

Viene chiamato anche job sharing ed è un contratto di lavoro ripartito tra due lavoratori, i quali svolgono l’orario di lavoro completo dividendosi le ore di comune accordo e in quasi completa autonomia. Vediamo tutti gli aspetti, soprattutto quelli legati alle assenze, alla retribuzione ed ai contributi Inps.
A cura di Antonio Barbato
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job sharing

Tra le tipologie contrattuali atipiche introdotte dalla Legge Biagi, il Decreto Legislativo n. 276 del 2003, per favorire la flessibilità nel mercato del lavoro e la stipula contrattuale in casi specifici, c’è il contratto di lavoro ripartito. Si tratta di un contratto che viene stipulato da  tre parti: un datore di lavoro e due lavoratori.

Il contratto di lavoro ripartito (o job sharing, o anche chiamato “lavoro a coppia”) è un contratto di lavoro dipendente atipico in cui due diversi lavoratori assumono una unica obbligazione lavorativa. Al datore di lavoro infatti è consentito affidare a due lavoratori la copertura di una unica posizione di lavoro. I lavoratori si organizzano tra di loro per lo svolgimento delle ore di lavoro da contratto.

E di fronte a questa particolare modalità di svolgimento dell’orario di lavoro da parte di due soggetti si pone il problema relativo all’organizzazione del lavoro, alla retribuzione spettante ad entrambi i lavoratori ed ai casi di assenza da lavoro di uno o di entrambi i lavoratori. Approfondiamo questi aspetti.

SOMMARIO:
Il vincolo di solidarietà e l’obbligazione in solido tra i due lavoratori
Forma e contenuto del contratto di lavoro ripartito
Retribuzione spettante, contributi e prestazioni Inps
Dimissione e licenziamento nel lavoro ripartito

Il  vincolo di solidarietà e l’obbligazione in solido nelle assenze da lavoro

Il lavoro ripartito non è una somma di due contratti part-time (es. 4 ore ad uno e 4 ore all’altro) che coprono nella loro somma un contratto di lavoro a tempo pieno. I due lavoratori che hanno stipulato il contratto di lavoro ripartito godono infatti di una ampia autonomia nella collocazione temporale delle rispettive prestazioni e nella reciproca sostituzione.

Vincolo di solidarietà. Essi possono cioè organizzarsi tra loro due su come coprire le ore di lavoro da effettuare, su come distribuirle nella settimana di lavoro. In ogni momento dell’orario di lavoro sarà presente in azienda solo uno dei due. Non c’è obbligo che uno dei due copra le ore contrattuali del mattino e l’altro quelle del pomeriggio. Entrambi hanno ampia libertà di organizzarsi come vogliono, discrezionalmente sia per la collocazione temporale che per i casi di sostituzione l’uno dell’altro. Con un unico obbligo: fornire al datore di lavoro la prestazione lavorativa per l’orario di lavoro stabilito in contratto. Ma un obbligo di comunicazione al datore di lavoro c’è, vediamo quale.

La comunicazione settimanale dell’orario di lavoro. Fermo restando la completa esecuzione della prestazione lavorativa indicata nel contratto stipulato (es. 8 ore di lavoro e 40 ore settimanali, per un contratto a tempo pieno), la libertà dei lavoratori di organizzarsi la distribuzione tra di loro dell’orario di lavoro non può subire limitazioni da parte del datore di lavoro. La libertà è limitata da un solo adempimento: la comunicazione al datore di lavoro. I lavoratori sono tenuti , infatti, ad informare preventivamente il datore di lavoro, con cadenza settimanale, in merito all’orario che sarà svolto da ciascuno dei due. Tale comunicazione ha la finalità di certificare le assenze di uno dei due lavoratori o di entrambi. E sulle assenze si pone il problema della sostituzione, in virtù del contratto stipulato. Vediamo perché.

Obbligati in solido nella sostituzione. Entrambi infatti assumono in solido l’adempimento dell’intera obbligazione lavorativa per la quale hanno stipulato un contratto di lavoro ripartito con il datore di lavoro. Quindi se per qualsivoglia motivo uno dei due lavoratori sia impossibilitato a lavorare, l’altro lavoratore dovrà sostituirlo per garantire al datore di lavoro le ore di lavoro contrattuali. L’altro dipendente sarà obbligato a presentarsi a lavoro in sostituzione di quello assente, anche in caso di un precedente diverso accordo tra i due lavoratori. Si tratta infatti di una responsabilità personale e diretta di ogni dipendente dell’adempimento dell’intera obbligazione lavorativa nei confronti del datore di lavoro (quindi anche sull’operato dell’altro lavoratore). Infatti a fronte di una gestione flessibile dei tempi di lavoro riconosciuta ai lavoratori, essi si assumono il rischio economico dell’inadempimento della prestazione lavorativa contrattualmente dovuta al datore di lavoro, il quale ha diritto a ricevere la prestazione lavorativa stabilita in contratto aldilà di quale dei due lavoratori effettivamente lavori in azienda.

Assenza da lavoro di entrambi i lavoratori. Può capitare che entrambi i lavoratori siano impossibilitati a presentarsi a lavoro. In questo caso viene meno l’obbligo alla prestazione lavorativa (ed anche quello della sostituzione, essendo entrambi assenti). Eventuali sostituzioni da parte di terzi estranei al rapporto di lavoro ripartito nel caso di assenza di entrambi i lavoratori coobbligati (o anche di uno dei due), sono ammesse solo con il consenso del datore di lavoro. Mentre la legge nulla dice sul consenso dei due lavoratori alla volontà del datore di lavoro di coinvolgere una terza persona in caso di assenza di entrambi i lavoratori.

Quali sono le assenze legittime. I motivi di assenza da lavoro riconosciuti legittimi sono gli stessi della disciplina generale sul contratto di lavoro subordinato, anche se nella disciplina del lavoro ripartito della Legge Biagi non contiene specifici riferimenti sul tema. La motivazione è il principio di non discriminazione. Le assenza consentite sono quindi quelle per le ferie, la maternità, la malattia entro il periodo di comporto e tutte le altre assenze giustificate in genere.

Forma e contenuto del contratto di lavoro ripartito

La regolamentazione del lavoro ripartito è demandata alla contrattazione collettiva, nel rispetto delle previsioni legali. La legge prevede che il contratto deve essere stipulato in forma scritta. L’art. 42 del D. Lgs. 276 del 2003 stabilisce che forma scritta è richiesta ai soli fini della prova dei seguenti elementi:

  • La misura percentuale e la collocazione temporale del lavoro giornaliero, settimanale, mensile o annuale che si prevede venga svolto da ciascuno dei lavoratori coobbligati;
  • Luogo di lavoro, trattamento economico e normativo spettante a ciascun lavoratore;
  • Eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto.

Aldilà di quanto indicato nel contratto stipulato dalle parti in via previsionale, come abbiamo visto, i due lavoratori hanno ovviamente la possibilità di gestire l’orario di lavoro modificando la ripartizione delle ore da effettuare.

La forma scritta richiesta ad probationem si riferisce al solo fine di dimostrare l’esistenza del contratto stesso che potrà esser fatto valere anche per testimoni nell’ipotesi in cui il contraente abbia senza sua colpa perduto il documento che gli forniva la prova. Il requisito formale non condiziona la validità del contratto.

Lavoro ripartito part-time o a tempo determinato. Alle parti è data la possibilità di stipulare un contratto di lavoro ripartito avendo ad oggetto la copertura di una prestazione lavorativa di tipo part-time. Il part-time job sharing è infatti consentito. Così come è consentita la stipula di un contratto di lavoro ripartito a tempo determinato, quindi con la fissazione di un termine di scadenza del contratto di lavoro. Resta ai contratti collettivi nazionali (CCNL) il compito di disciplinare l’uso del contratto di lavoro ripartito nel loro settore di riferimento.

La retribuzione dei due lavoratori, contributi e prestazioni Inps

Il principio di non discriminazione è sempre valido nei confronti di tutte le categorie dei lavoratori. Quindi ognuno dei lavoratori ha diritto a ricevere un trattamento economico e normativo non inferiore ai lavoratori a tempo indeterminato di pari livello contrattuale del CCNL nazionale, territoriale o aziendale di riferimento. A ribadirlo, nei confronti dei lavoratori a coppia del contratto di lavoro ripartito (o job sharing) è l’art. 44 comma 1 del Decreto Legislativo n. 276 del 2003.

La retribuzione spettante ai lavoratori del lavoro ripartito è ovviamente riproporzionata in ragione della prestazione lavorativa eseguita, in particolare per quanto riguarda l’entità della retribuzione globale, del compenso per le ferie, dei trattamenti per malattia e infortuno sul lavoro e per i congedi parentali. Ai contratti collettivi è affidata la regolamentazione del lavoro straordinario o supplementare, in caso di part-time.

Retribuzione pagata ad ore. Per il calcolo pratico dello stipendio si prende a riferimento il numero di ore effettivamente svolte nell’arco del mese, indipendentemente dalla distribuzione teorica dell’orario di lavoro stabilito preventivamente. Ci sono infatti i casi di sostituzione dell’altro lavoratore per assenze che potrebbero aver aumentato le ore di lavoro effettivamente svolte rispetto a quelle preventivate. Al lavoratore spettano tante quote di retribuzione oraria per ogni ora lavorata.

Contributi previdenziali versati all’Inps. Il datore di lavoro è tenuto ad effettuare i versamenti dei contributi all’Inps con le stesse modalità previste per i lavoratori che hanno un normale contratto di lavoro subordinato. Anche se la posizione lavorativa è una ed è ripartita tra due lavoratori, in termini previdenziali il rapporto di lavoro ripartito va considerato come una somma di due part-time. Nel senso che ai fini del calcolo dell’imponibile previdenziale di ognuno dei lavoratori e di conseguenza ai fini del calcolo di quanti contributi attribuire ad uno o all’altro lavoratore nelle comunicazioni all’Inps, il datore di lavoro dovrà calcolare la quota in riferimento alle effettive prestazioni lavorative effettuate nel mese da ognuno dei due lavoratori.

Prestazioni Inps in caso di assenza di uno dei lavoratori. In riferimento alle assenze da lavoro di uno o di entrambi i lavorato di cui abbiamo parlato, in riferimento ai rapporti con l’ente previdenziale Inps si avrà per lo stesso orario di lavoro, un lavoratore assente giustificato da lavoro e probabilmente avente diritto ad una prestazione da parte dell’Inps, e l’altro lavoratore che lo sostituisce e percepisce una retribuzione che comporta versamenti all’Inps stessa. In questo caso in pratica si ha una posizione doppia nei confronti dell’ente previdenziale.

Da un lato l’Inps retribuisce il lavoratore assente (es. per malattia), dall’altro il datore di lavoro versa i contributi sulla retribuzione erogata all’altro lavoratore che ha lavorato in azienda in sostituzione del lavoratore assente. Fanno eccezione i congedi parentali e i riposi giornalieri che spettano solo per le giornate di prestazione lavorativa contrattualmente prevista.

Retribuzione in caso di assemblee sindacali. In questo caso entrambi i lavoratori coobbligati del lavoro ripartito hanno diritto a partecipare alle assemblee sindacali previste dallo Statuto dei Lavoratori, all’art. 20 della legge n. 300 del 1970. I limite di ore complessivo è di 10 ore annue ed il trattamento economico spettante è ripartito fra i lavoratori coobbligati. La ripartizione è effettuata in misura proporzionale alla prestazione lavorativa effettivamente eseguita.

Dimissioni e licenziamento nel del lavoro ripartito

Dimissione o licenziamento di uno dei due lavoratori. Il vincolo di solidarietà si estende anche nel caso di dimissioni o licenziamento (per giusta causa o per giustificato motivo, sia oggettivo che soggettivo) di uno dei due lavoratori coobbligati. Tali cause di estinzione del rapporto di lavoro comportano l’estinzione dell’intero vincolo contrattuale, salvo che non ci sia una diversa intesa tra le parti. In pratica, perdono il posto di lavoro entrambi i lavoratori. La posizione lavorativa resta unica e quindi viene meno la ripartizione ad origine della stipula contrattuale.

Se però, su richiesta del datore di lavoro, l’altro lavoratore (cioè quello non coinvolto nella dimissione nel licenziamento o che non ha presentato la dimissione) si rende disponibile ad adempiere l’obbligazione lavorativa, integralmente o parzialmente, il contratto di lavoro prosegue con l’unico lavoratore rimasto e si trasforma in un ordinario contratto di lavoro subordinato. Se la disponibilità alla prosecuzione è data dal lavoratore per tutto l’orario di lavoro, si avrà la prosecuzione con un contratto a tempo pieno. Se invece la disponibilità in termini di prestazione lavorativa è parziale, si avrà un contratto di lavoro part-time. Il lavoratore in entrambi i casi conserva anche l’anzianità di servizio maturata. Questa trasformazione, questa continuazione con l’unico lavoratore rimasto dei due, resta una facoltà del datore di lavoro, non è un obbligo.

Come accennato in precedenza, oltre alla prosecuzione di uno dei due lavoratori su richiesta del datore, le parti possono disciplinare diversamente già in sede di stipula del contratto di lavoro ripartito una diversa clausola sull’estinzione del rapporto di lavoro. Cioè le parti possono eliminare espressamente il vincolo di solidarietà in caso di dimissioni o licenziamento, prevedendo clausole di tipo diverse secondo la loro libera contrattazione, sempre nel rispetto di quanto è disciplinato dal contratto collettivo di settore.

Il licenziamento di entrambi i lavoratori. Il licenziamento disposto ad entrambi i lavoratori per ragioni aziendali (quindi per giustificato motivo oggettivo come può essere la soppressione della mansione in azienda) non si differenzia nel contratto di lavoro ripartito rispetto agli altri contratti di lavoro subordinato, in quanto l’estinzione interessa contemporaneamente entrambi i lavoratori e non riferita a ragioni soggettive.

L’impossibilità sopravvenuta della prestazione. L’impedimento di entrambi i lavoratori coobbligati determina l’estinzione del rapporto di lavoro se la prestazione è divenuta impossibile, in via definitiva, per una causa non imputabile ai lavoratori coobbligati.

Nel caso in cui la prestazione non è divenuta impossibile in via definitiva, ma è solo un impedimento temporaneo, i lavoratori non sono responsabili del ritardo nell’adempimento ma il rapporto si estingue se l’impossibilità perdura fino a quando i lavoratori non possono essere più ritenuti obbligati ad eseguire la prestazione lavorativa oppure il datore di lavoro non ha più interesse a riceverla dai lavoratori.

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