58 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Il genitore vedovo con figlio minore di 12 anni può rifiutare il lavoro notturno

Il genitore vedovo con figlio convivente minore di 12 anni ha il diritto di rifiutare la prestazione di lavoro notturno, così come il lavoratore o la lavoratrice che sia unico genitore affidatario, caso previsto dal D. Lgs. n. 66 del 2013. Arriva una importante conferma del Ministero del Lavoro in un interpello. Il dissenso alla giornata di lavoro di notte va comunicato in forma scritta entro 24 ore anteriori al previsto inizio della prestazione. Vediamo nel dettaglio.
A cura di Antonio Barbato
58 CONDIVISIONI
rifiuto di lavorare di notte

Il lavoratore o la lavoratrice che abbia un figlio convivente di età inferiore a 12 anni, e sia l’unico genitore, ha diritto a rifiutarsi di prestare lavoro notturno. Il Ministero del Lavoro ha confermato in un interpello che tale possibilità è concessa non solo all’unico genitore affidatario di un figlio, come specificamente previsto dalla legge (dal comma 2 dell’art. 11 del D. Lgs. n. 66 del 2013), ma anche all’unico genitore rimasto tale perché vedovo. Le limitazioni al lavoro notturno sono principalmente volte alla tutela del minore, quindi anche la mamma rimasta vedova con figli, o il papà rimasto vedovo con figli, non hanno obbligo di prestare lavoro notturno fino ai 12 anni di età del figlio. Ma il rifiuto deve essere inviato in forma scritta ed entro 24 ore anteriori il previsto inizio della prestazione lavorativa.

Il Decreto Legislativo n. 66 del 2003 che disciplina l’organizzazione dell’orario di lavoro, delle pause, delle ferie, dei permessi che spettano ai lavoratori, al capo IV disciplina anche il lavoro notturno. L’art. 11 tratta le limitazioni al lavoro notturno, prevedendo tutti i casi in cui non c’è l’obbligo di prestare lavoro notturno in capo al lavoratore. E tra le ipotesi c’è anche quella interessata dall’interpello che ora vedremo, dopo aver chiarito la disciplina del lavoro notturno.

Prima di tutto va inquadrato quale è il lavoro notturno. Lo stesso Decreto n. 66 del 2013 definisce il periodo notturno come il “periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino (dalle 24 alle 5)”. E viene definito come lavoratore notturno “qualsiasi lavoratore che svolge durante il periodo notturno almeno 3 ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale, almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dal contratto collettivo. E in assenza di disciplina collettiva è considerato lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che svolga per almeno 3 ore lavoro notturno per un minimo di 80 giorni lavorativi all’anno (e tale limite minimo è riproporzionato in caso di lavoro a tempo parziale)”.

L’art. 11 al comma 1 prevede che è “l'inidoneità al lavoro notturno può essere accertata attraverso le competenti strutture sanitarie pubbliche” e poi al comma 2 che “i contratti collettivi stabiliscono i requisiti dei lavoratori che possono essere esclusi dall'obbligo di effettuare lavoro notturno”.

Sempre il comma 2 dell’art. 11 definisce quando è vietato il lavoro notturno: “E' in ogni caso vietato adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6, dall'accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino”.

E quando invece i lavoratori non hanno l’obbligo di lavorare di notte: “Non sono inoltre obbligati a prestare lavoro notturno:

a) la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a tre anni o, in alternativa, il lavoratore padre convivente con la stessa;
b) la lavoratrice o il lavoratore che sia l'unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni;
c) la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni.

L’interpello n. 18 del 26 giugno 2014 pubblicato dal Ministero del lavoro riguarda la corretta interpretazione dell’art. 11, comma 2, D. Lgs. n. 66/2003, concernente il diritto di rifiutare la prestazione di lavoro notturno da parte della lavoratrice/lavoratore che sia unico genitore affidatario di figlio convivente di età inferiore a dodici anni”. Ossia l’ipotesi b) di cui sopra.

A promuovere l’istanza è l’Associazione Religiosa Istituti Socio sanitari – ARIS, che chiede al Ministero se la suddetta disposizione trovi applicazione nell’ipotesi di genitore vedovo di figlio convivente minore di anni dodici.

La risposta del Ministero ricorda prima di tutto che il caso è quasi totalmente previsto dal comma 2 dell’art. 11 laddove appunto dice che “non è obbligato a prestare attività lavorativa notturna la lavoratrice o il lavoratore che sia unico genitore affidatario di figlio convivente di età inferiore a dodici anni”.

Poi viene precisata la sanzione in capo al datore di lavoro: “Si precisa, altresì, che, ai sensi dell’art. 18 bis comma 1 del medesimo Decreto, la violazione del summenzionato precetto, ovvero l’adibizione al lavoro notturno nonostante il dissenso espresso dalla lavoratrice/lavoratore in forma scritta e comunicato al datore di lavoro entro 24 ore anteriori al previsto inizio della prestazione, integra un reato di natura contravvenzionale punito con la pena alternativa dell’arresto da due a quattro mesi o dell’ammenda da 516 a 2.582 euro”.

Infine arriva la risposta positiva per il lavoratore del Ministero del Lavoro “In risposta al quesito avanzato, si ritiene che la situazione prospettata dall’istante, ovvero quella del genitore vedovo di figlio convivente di età inferiore a dodici anni, rientri tra le possibili figure di “unico genitore affidatario” contemplata dalla norma in esame la quale, evidentemente, è principalmente volta alla tutela del minore”.

Il figlio deve quindi avere un’età inferiore a 12 anni ed essere convivente con la madre o il padre rimasto senza il coniuge.

Dalla stessa lettura dell’interpello va comunque sottolineato che il lavoratore, per garantirsi il diritto di rifiutarsi di prestare l’attività lavorativa nel periodo notturno, deve comunicare in forma scritta ed entro 24 ore anteriori al previsto inizio della prestazione (il giorno in cui deve lavorare di notte) il proprio dissenso al lavoro di notte per quella giornata. Solo a quel punto il datore di lavoro viola la legge, l’art. 11 comma 2, del D. Lgs. n. 66 del 2003, se obbliga il lavoratore ad effettuare la prestazione lavorativa di notte.

58 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views