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Il Ministero chiarisce i requisiti del contratto a progetto dopo la riforma Fornero

Il Ministero del lavoro ha pubblicato i chiarimenti per la verifica della genuinità delle collaborazioni coordinate e continuative a progetto a seguito della introduzione di nuovi requisiti nella riforma del mercato del lavoro: dal risultato finale alla specificità, ecco cosa deve contenere il progetto. Sono elencate anche le attività vietate. La sanzione è la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
A cura di Antonio Barbato
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La legge n. 92 del 2012 voluta dal Ministro Fornero (Riforma del mercato del lavoro) è intervenuta a modificare la disciplina del collaborazioni coordinate e continuative a progetto, introducendo limiti alla stipula del contratto a progetto. L’obiettivo è contrastare decisamente l’utilizzo non corretto di questa tipologia di contratto parasubordinato.

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con la circolare n. 29 pubblicata il giorno 11 dicembre 2012 ha fornito alcuni chiarimenti sui requisiti che i contratti a progetto devono avere nonché e delle indicazioni operative per il proprio personale ispettivo. Tali indicazioni e chiarimenti consentiranno agli ispettori di lavoro delle Direzioni provinciali e territoriali del lavoro di svolgere una corretta attività di vigilanza nei confronti delle collaborazioni coordinate e continuative a progetto, in relazione alle novità introdotte dai commi 23-24-25, dell'articolo 1, della Riforma del Lavoro, la legge n. 92 del 2012, in vigore dal 18 luglio 2012.

La circolare indica anche un elenco delle attività riconducibili nell’alveo della subordinazione, quindi quelle attività in cui è vietato il contratto a progetto. Tale elenco, precisa il Ministero, è esemplificativo e non esaustivo, ma risponde ai criteri indicati nella legge che ha riformato il mercato del lavoro, la legge Fornero n. 92 del 2012, nonché agli orientamenti giurisprudenziali già esistenti. Approfondiamo ora le precisazioni del Ministero del lavoro. Per maggiori informazioni vediamo le attività in cui è vietato il contratto a progetto.

Approfondiamo ora tutti i chiarimenti del Ministero in merito ai requisiti necessari per la stipula di un contratto a progetto dopo il 18 luglio 2012.

SOMMARIO:

Le novità sul contratto a progetto
I chiarimenti sul compenso
Le sanzioni

Cosa cambia per il contratto a progetto

Il legislatore, con la Riforma Fornero (legge n. 92 del 2012), ha modificato diversi aspetti relativi al ricorso al contratto a progetto, soprattutto in termini di requisiti che deve avere il progetto alla base della stipula del contratto nonché il contratto a progetto stesso. I principi introdotti sono i seguenti:

  • Progetti specifici. La legge dice: “I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa devono essere riconducibili ad uno o più progetti specifici”. Quindi non più a “programmi di lavoro o fase di esso”;
  • Risultato finale. Il progetto deve essere “funzionalmente collegato ad un determinato risultato finale”. Quindi è stato rafforzato l’ottenimento di uno specifico obiettivo, ossia la realizzazione del progetto;
  • Descrizione del progetto. Mentre in precedenza era richiesta una indicazione del progetto, ora è necessaria una “descrizione del progetto con individuazione del suo contenuto caratterizzante e del risultato finale che si intende conseguire”;
  • Non coincidenza con oggetto sociale del committente. Il progetto quindi “non può consistere in una mera riproposizione dell’oggetto sociale del committente”. Quindi viene rafforzata la “specificità” del progetto;
  • Compiti non meramente esecutivi e ripetitivi. Il progetto “non può comportare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi o ripetitivi, che possono essere individuati dai contratti collettivi”. Quindi il collaboratore a progetto deve lavorare con autonomia, anche operativa.

Per maggiori informazioni su questi aspetti introdotti con la legge n. 92 del 2012, vediamo l’approfondimento sulla riforma del contratto a progetto. Sulla base di quanto disposto dalla legge Fornero, il Ministero del lavoro nella circolare, indica alcune precisazioni relative ai requisiti del progetto appena elencate, vediamole.

Prima di tutto ribadisce che ai sensi dell’art. 61 comma 1 del D. Lgs. 276 del 2003 (Riforma Biagi), il progetto resta l’unico ed indispensabile requisito cui ricondurre i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa sottoscritti dopo il 18 luglio 2012, data di entrata in vigore della Legge n. 92 del 2012 (Riforma Fornero).

Sul collegamento ad un determinato risultato finale, che è uno dei requisiti elencati in precedenza, il Ministero ribadisce che “il contenuto del progetto deve necessariamente indicare l’attività prestata dal collaboratore in relazione alla quale si attende il raggiungimento di un determinato risultato obiettivamente verificabile. In altri termini il risultato finale che si attende dall’attività prestata del collaboratore costituisce parte integrante del progetto e allo stesso tempo elemento necessario ai fini della sua validità”.

Attualmente, pertanto, precisa il Ministero, il Legislatore subordina la stipula di contratti a progetto alla individuazione di un risultato compiuto, inteso quale modificazione della realtà materiale che il collaboratore si impegna a realizzare in un determinato arco temporale (ad esempio sviluppo di uno specifico software e non l’attività ordinariamente necessaria ai fini della sua gestione; l’ideazione di una specifica scenografia per la rappresentazione di uno spettacolo teatrale e non mero allestimento del palco).

Questa soluzione interpretativa rende imprescindibile l’individuazione di un “risultato finale” che sia idoneo a realizzare uno specifico e circoscritto interesse del committente.

Sulla non coincidenza con l’oggetto sociale del committente, il Ministero nella circolare, richiamando quanto disposto dall’art. 61 comma 1 del D. Lgs. n. 276 del 2003 modificato dalla legge Fornero, ossia “il progetto non può consistere in una mera riproposizione dell’oggetto sociale del committente”, cita una sentenza del Tribunale di Milano del 18 luglio 2011 sulla necessaria specificità del progetto.

I giudici hanno chiarito che il progetto “pur avendo ad oggetto attività rientranti nel normale ciclo produttivo dell’impresa, e quindi, non necessariamente caratterizzato dalla straordinarietà od occasionalità, deve pur sempre distinguersi da essa, costituendo un obiettivo o un tipo di attività che si affianca all’attività principale senza confondersi con essa”.

Quindi in tal senso il progetto indicato nel contratto, per rispondere ai requisiti della legge Fornero, pur potendo rientrare nel ciclo produttivo dell’impresa e insistere in attività che rappresentano il cosiddetto core business aziendale, deve essere caratterizzato da una autonomia di contenuti e obiettivi.

Ad esempio, nell’ambito di una azienda di software, un progetto di creazione di un programma informatico avente particolari caratteristiche. Viceversa, una creazione di software per la clientela si tratta di una mera riproposizione dell’oggetto sociale del committente. Oppure nell’ambito di una attività di rilevazione dati per finalità statistiche, la raccolta degli stessi finalizzata alla realizzazione di uno specifico obiettivo di ricerca.

Sullo svolgimento di compiti meramente esecutivi, il legislatore ha inteso cristallizzare un ulteriore elemento per individuare la genuinità di un progetto indicato nel contratto, ossia il contenuto del progetto indicato nel contratto, le modalità di svolgimento della prestazione da parte del collaboratore, non devono far emergere caratteri di routinarietà o elementarietà della prestazione, ossia non devono essere compiti meramente esecutivi o ripetitivi.

La circolare del Ministero evidenzia che i compiti meramente esecutivi sono quelli caratterizzati dalla mera attuazione di quanto impartito, anche di volta in volta, dal committente, senza alcun margine di autonomia anche operativa da parte del collaboratore. Il riferimento è a quelle attività in cui, fermo restando il collegamento funzionale con la struttura organizzativa del committente, al collaboratore non residua alcuna possibilità di autodeterminazione nelle modalità esecutive dell’attività.

I compiti meramente esecutivi, come il concetto di ripetitività, che rendono vietato l'utilizzo del contratto a progetto come stipula contrattuale tra le parti, fanno riferimento a quelle attività rispetto alle quali non è necessaria alcuna indicazione da parte del committente. Si tratta delle attività elementari, tali da non richiedere, per la loro stessa natura nonché per il contenuto delle mansioni nelle quali si articolano, specifiche indicazioni di carattere operativo fornite di volta in volta dal committente (sono un esempio le attività del cameriere o del barista, presenti nella black list). Quindi la possibilità di riconoscere una vera e propria collaborazione a progetto, da parte degli ispettori del alvoro, c’è solo nella misura in cui al collaboratore siano lasciati margini di autonomia anche operativa nello svolgimento dei compiti allo stesso assegnati.

Inoltre la legge Fornero su questo punto fa riferimento all’intervento, al ruolo della contrattazione collettiva, che deve svolgere la funzione di specificare il principio di fonte legale, delimitando l’ambito applicativo attraverso l’individuazione delle attività non consentite col ricorso al lavoro a progetto. Il Ministero su questo punto precisa che l’intervento delle parti sociali non condiziona l’applicabilità della presunzione, essendo l’intervento dei CCNL facoltativo.

Le osservazioni ministeriali sul corrispettivo nel contratto a progetto

La riforma del mercato del lavoro voluta dal Governo Monti e dal ministro Fornero ha introdotto importanti novità anche in materia di compensi spettanti ai collaboratori a progetto. E’ stato stabilito che, non solo deve essere proporzionato alla quantità e alla qualità dell’attività svolta, ma anche che lo stesso compenso “non può essere inferiore ai minimi stabiliti in modo specifico per qualsiasi attività”. E’ stato cioè modificato l’art. 63 della Legge Biagi, il Decreto Legislativo n. 276 del 2003. Per maggiori informazioni vediamo le novità sul compenso nel contratto a progetto.

Il Ministero sottolinea che il riferimento normativo è alle “retribuzioni minime”, ossia ai minimi tabellari determinati dai contratti collettivi (CCNL) di categoria e non a tutto il complesso delle voci retribuite eventualmente previste da tali contratti. Inoltre il compenso minimo del collaboratore a progetto va individuato, dalla contrattazione collettiva, sulla falsariga di quanto avviene per i rapporti di lavoro subordinato, in applicazione dei principi dell’art. 36 della Costituzione.

La nuova disposizione dell’art. 63 comma 1 del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, precisa il Ministero, realizza una abrogazione della disciplina sul compenso del lavoro a progetto introdotta dalla Finanziaria per il 2007. Con l’art. 1 comma 772 della legge n. 296 del 2006, il legislatore aveva introdotto, ai fini dell’individuazione del corrispettivo dovuto al collaboratore a progetto, un parametro desumibile da disposizioni fissate dai contratti collettivi di categoria, facendo riferimento ai “compensi normalmente corrisposti per prestazioni di analoghe professionalità, anche sulla base dei contratti collettivi di riferimento”.

Il Ministero precisa altresì che, nelle more che la contrattazione collettiva si esprima al riguardo, declinando la quantificazione dei compensi dei collaboratori coordinati e continuativi a progetto,  si ritiene che il personale ispettivo dovrà di norma astenersi dall’adottare eventuali provvedimenti di diffida accertativa, fatta salva l’ipotesi in cui non sia controversa la quantificazione del credito in quanto tale provvedimento deve fondarsi su parametri certi, oggettivi e quindi inequivocabili.

Sull’assoggettamento contributivo, il Ministero precisa che in relazione al contratto a progetto, la contribuzione da versare all’Inps è legata alle somme effettivamente erogate al collaboratore, a prescindere da una valutazione di congruità delle stesse.

Le sanzioni per la mancanza di un progetto nel contratto

E’ bene capire quali sono le sanzioni in materia di stipula di un contratto a progetto non ritenuto genuino dall’ispettorato del lavoro. L’art. 69 comma 1 del Decreto Legislativo n. 276  del 2003 prevede che “la mancata individuazione del progetto determina la costituzione di un rapporto di lavoro di natura subordinata a tempo indeterminato”.

Del resto, precisa il Ministero, la mancanza dell’elemento progettuale, che costituisce parte integrante della contratto a progetto, consente di ricondurre il rapporto di lavoro posto in essere a quello che il Legislatore (art. 1 della Legge 92 del 2012) considera il “contratto dominante” e “la forma comune di rapporto di lavoro”, ossia il contratto di lavoro a tempo indeterminato. Anzi, c’è stata proprio una norma di interpretazione autentica dell’articolo 1, ossia che “l’individuazione di uno specifico progetto costituisce elemento essenziale di validità del rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, la cui mancanza determina la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato”.

Quando è assente il progetto. Il Ministero chiarisce che in chiave operativa gli ispettori possono ritenere assente il progetto qualora lo stesso sia carente dei requisiti indicati (nell’elenco puntato di cui sopra), ossia carente dei seguenti requisiti:

  • il collegamento ad un determinato risultato finale;
  • l’autonoma identificabilità nell’ambito dell’oggetto sociale del committente;
  • la non coincidenza con l’oggetto sociale del committente;
  • svolgimento di compiti non meramente esecutivi o ripetitivi.

Nel caso il progetto sia carente, il personale ispettivo procederà ad una riqualificazione del rapporto di collaborazione in un rapporto di natura subordinata a tempo indeterminato, interessando di conseguenza anche l’ente previdenziale (Inps).

Prestazioni con modalità analoghe ai lavoratori subordinati. Il comma 2 dell’art. 69 del D. Lgs. 276 del 2003 disciplina l’ipotesi in cui il collaboratore a progetto esegua la prestazione in maniera non autonoma, bensì con modalità analoghe a quelle dei lavoratori subordinati. In questo caso, ferma restando la sussistenza delle ipotesi di assenza del progetto, opera una presunzione relativa di subordinazione, suscettibile di prova contraria da parte del committente datore di lavoro, il quale potrà dimostrare in giudizio la genuinità della collaborazione.

Il Ministero del Lavoro nella circolare n. 29 del 2012, precisa che il personale ispettivo deve accertare che il collaboratore svolga in maniera prevalente e con carattere di continuità le proprie attività con modalità analoghe a quella svolta dai lavoratori dipendenti dell’impresa committente. Va precisato in tal senso che a disposizione normativa non preclude che il collaboratore svolga le medesime attività dei lavoratori dipendenti del committente, purché le svolga con modalità organizzative radicalmente diverse (ossia con grado di autonomia).

Di contro, anche qualora il collaboratore svolga attività diverse da quelle dei dipendenti aziendali ma con le medesime modalità caratterizzanti la prestazione resa dai lavoratori dipendenti della stessa impresa, la presunzione trova ovviamente applicazione. E con modalità caratterizzanti si intende ad esempio il rispetto di un orario di lavoro, l’assoggettamento al potere direttivo.

Va ricordato che la presunzione relativa di subordinazione dell’art. 69 comma 2 non si applica per le prestazioni di elevata professionalità meglio declinate dalla contrattazione collettiva. Analogamente il comma 3 dell’art. 61 esclude dal campo di applicazione le professioni intellettuali per l'esercizio delle quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali. Ma il comma 27 dell’art. 1 della riforma lavoro, la legge n. 92 del 28 giugno 2012, ha interpretato tale esclusione in maniera più restrittiva, ossia l'esclusione dal campo di applicazione delle disposizioni relative al contratto a progetto riguarda le sole collaborazioni coordinate e continuative il cui contenuto concreto sia riconducibile alle attività professionali intellettuali per l'esercizio delle quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali. In caso contrario, l'iscrizione del collaboratore ad albi professionali non è circostanza idonea di per sé a determinare l'esclusione dal campo di applicazione.

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