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Il primo contratto a termine diventa acausale: 12 mesi senza le ragioni

La riforma lavoro introduce la possibilità di stipulare un primo contratto a tempo determinato fino a 12 mesi senza l’indicazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che giustificano l’apposizione del termine al contratto. Liberalizzato quindi il contratto a termine. I CCNL poi possono includere altre modalità di esclusione della causale. Vediamo tutti gli aspetti.
A cura di Antonio Barbato
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contratto a tempo determinato senza ragioni giustificative

Il contratto a termine è stato uno dei contratti sui quali la riforma del lavoro voluta dal Ministro Fornero ha più puntato il dito. Il contratto a tempo indeterminato è stato dichiarato nella riforma stessa “la forma comune di rapporto di lavoro” e, per dare forza sostanziale a tale disposizione, alcuni degli interventi legislativi hanno avuto come obiettivo combattere l’utilizzo elusivo del contratto a termine.

Ossia quell’utilizzo reiterato del contratto a termine, stipulato più volte tra le parti, che nasconde una natura a tempo indeterminato del rapporto di lavoro tra datore e lavoratore. Il Governo per regolare il corretto utilizzo del contratto a tempo determinato, ma in realtà per limitarne consistentemente l’utilizzo, ha puntato forte sulla modifica della disciplina del rinnovo del contratto e sulla introduzione di novità riguardanti i primi contratti a termine stipulati tra le parti.

Modifica alla disciplina dei rinnovi del contratto a termine. Prima di parlare del primo contratto a termine acasuale, è bene richiamare l’altra novità importante, ossia l’altro intervento sul contratto a tempo determinato che ne favorirà l’utilizzo: la modifica della disciplina dei rinnovi dei contratti a termine.

Se prima del 18 luglio 2012, data di entrata in vigore della legge n. 92 del 2012 (la riforma lavoro), era possibile stipulare un nuovo contratto a termine dopo la scadenza di un precedente contratto a termine aspettando un intervallo di tempo di 10 giorni, se il contratto a termine scaduto era di 6 mesi o inferiore, oppure un intervallo di tempo di 20 giorni se il contratto scaduto da rinnovare era superiore a 6 mesi, ora questi due intervalli sono passati a 60 e 90 giorni. Un aumento molto consistente in termini di praticità, di utilizzo del rinnovo.

La conseguenza è che tra un contratto e l’altro, il datore di lavoro, ma anche il lavoratore, dovrà attendere 2 o 3 mesi. Il datore di lavoro si trova per alcuni mesi senza il lavoratore, quest’ultimo si trova per quei mesi senza stipendio e senza contratto. Un bel disincentivo alla stipula di rinnovi di contratti a termine. Ne consegue che questa interpretazione restrittiva del contratto a termine se da un lato ha avuto lo scopo di combattere drasticamente la reiterazione dei contratti a termine, dall’altro lato ne ha reso il rinnovo pressoché non conveniente dal punto di vista pratico. Le imprese non avranno convenienza ad aspettare questi intervalli così lunghi. Questo senza considerare la necessità di indicare le ragioni giustificative dell’apposizione del termine che, come vedremo, sono escluse nel nuovo contratto a termine acasuale.

A questo intervento restrittivo si lega l’altro intervento, di natura opposta, molto importante sulla disciplina del contratto a termine, quello che liberalizza il primo contratto a termine. Come dire, se rinnovare un contratto a termine è diventato difficile, dall’altro lato è semplice, poco rischioso e pratico, stipulare un primo contratto a termine fino a 12 mesi con un nuovo lavoratore. La legge di fatto rende conveniente una sorta di rinnovo dei lavoratori in forza aziendale piuttosto che il rinnovo dei contratti a quelli già in forza. Vediamo tutti gli aspetti.

Il primo contratto a termine: fino a 12 mesi senza ragioni giustificative

La riforma lavoro, che ha quindi irrigidito la disciplina del contratto a termine in termini di proroghe e rinnovi, contiene anche una drastica apertura, in controtendenza, verso la stipula del primo contratto a termine. E’ possibile stipulare un contratto a tempo determinato fino a 12 mesi senza indicazione della causale giustificativa dell’apposizione del termine (c.d. causalone). E tale possibilità è concessa una sola volta tra le parti e senza la possibilità di prorogare il contratto. Il contratto a tempo determinato così stipulato diventa una sorta di periodo di prova di 12 mesi.

Contratto a termine “acausale”. Praticamente le imprese possono stipulare il primo contratto a termine (durata fino a 12 mesi) con i lavoratori senza indicare le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all’ordinaria attività del datore di lavoro, che devono giustificare l’apposizione del termine nel contratto (ragioni giustificative previste come elemento essenziale dall’art. 1 comma 1 bis del Decreto Legislativo n. 368 del 2001). Una decisa liberalizzazione del primo contratto a tempo determinato voluta dal legislatore, che di fatto elimina le causali.

Analoga apertura è prevista anche per il contratto di somministrazione a tempo determinato essendo previste le stesse ragioni giustificative anche per tale contratto. La liberalizzazione arriva dalla riforma del lavoro anche per il contratto di somministrazione.

Vediamo più precisamente i presupposti per la stipula di un contratto a termine senza causale:

  • Deve trattarsi del primo contratto a termine tra le parti;
  • Il lavoratore non deve aver già lavorato in somministrazione di lavoro per lo stesso datore;
  • Come detto, deve avere una durata non superiore ad un anno;
  • Deve essere stipulato per iscritto;
  • Deve rispettare i divieti dell’art. 3 del D. Lgs. n. 368 del 2001.

Per quanto riguarda l’ultimo punto in elenco, si tratta dei divieti di stipula del contratto a termine (che quindi riguardano anche quello di 12 mesi senza causale introdotto dalla riforma lavoro), ossia per:

  • la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
  • salva diversa disposizione degli accordi sindacali, presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato, salvo che tale contratto sia concluso per provvedere a sostituzione di lavoratori assenti, ovvero sia concluso ai sensi dell'articolo 8, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, ovvero abbia una durata iniziale non superiore a tre mesi;
  • presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell'orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale (Cassa integrazione guadagni), che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a termine;
  • da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi.

Niente proroghe al contratto a termine acausale. Il contratto a termine di massimo 12 mesi stipulato senza l’indicazione delle ragioni giustificative non può essere prorogato o reiterato, anche se la durata inziale è inferiore ai 12 mesi. Per intenderci una volta che scade il primo contratto a termine stipulato senza le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, non si può fare un secondo contratto a termine di 6 mesi ancora senza causale. Sul secondo contratto andranno indicate le ragioni che lo giustificano, ossia andrà stipulato un contratto a termine col rispetto della normativa relativa alla causale giustificativa del termine.

La formulazione che ha introdotto il contratto a termine acausale si riferisce al “primo rapporto a tempo determinato” tra lavoratore e datore di lavoro/utilizzatore, per lo svolgimento di “qualunque tipo di mansione”. Deve essere quindi il primo contratto in assoluto tra datore di lavoro e lavoratore, cioè può essere stipulato una sola volta nella vita lavorativa tra le stesse parti, anche se per mansioni diverse. Inoltre il contratto a termine acasuale non può essere stipulato con il cessionario dell’azienda, se era già stato stipulato con il cedente. Può essere preceduto, invece, da un rapporto di collaborazione o di apprendistato tra le parti.

La circolare n. 18 del 18 luglio 2012 pubblicata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha tenuto bene a precisare che “l’introduzione del primo contratto a tempo determinato “acausale” è finalizzata ad una miglior verifica delle attitudini e capacità professionali del lavoratore in relazione all’inserimento nello specifico contesto lavorativo. Pertanto non appare coerente con la ratio normativa estendere il regime semplificato in relazione a rapporti in qualche modo già sperimentati”.

Ammessi altri contratti a termine successivi. Non essendo prorogabile, il contratto a termine di 12 mesi senza indicazione delle ragioni giustificative del termine fa porre il problema, in capo ad azienda e lavoratore, della scelta futura alla scadenza del contratto acausale stesso. Bene, alla scadenza del contratto a termine di 12 mesi senza causale le parti non possono prorogare lo stesso ma possono stipulare un successivo contratto a termine, sempre nel rispetto di quanto disposto dal D. Lgs. 368 del 2001, ma con l’indicazione della causale e le altre limitazioni previste dalla normativa.

Come indica la circolare n. 18 del 18 luglio 2012 del Ministero del lavoro, il causalone sarebbe quindi richiesto nel caso in cui il lavoratore venga assunto a tempo determinato o inviato in missione presso un datore di lavoro/utilizzatore con cui ha intrattenuto già un primo rapporto di lavorativo di natura subordinata. Insomma si può stipulare un normale contratto a termine successivo. Ovviamente i primi 12 mesi tra le parti rientrano nel computo dei 36 mesi.

Il primo contratto a termine senza causali conviene alle imprese

Analizzando l’apertura della riforma verso il contratto a termine di 12 mesi senza casuale bisogna dire che si tratta di una scelta, quella del Ministro Fornero e del suo staff, che alleggerisce molto le scelte imprenditoriali sull’assunzione di un lavoratore a tempo determinato, una normativa che favorirà l’ingresso in azienda di lavoratori a cui verrà sottoposto un contratto a termine di massimo 12 mesi secondo la nuova formula liberalizzata.

Sicuramente sarà una forma contrattuale molto utilizzata dalle imprese per l’indubbio vantaggio di poter da un lato evitare le rigidità del contratto a tempo indeterminato, dall’altro lato per l’apposizione di un termine che rientra nei 12 mesi che consente alle imprese di evitare i rischi sull’indicazione di una ragione giustificativa del termine non sufficientemente specificata o con una prova della sussistenza carente che porterebbero, se dimostrati, ad una trasformazione del contratto in indeterminato.

Favorito un turnover dei lavoratori a termine. Alle imprese insomma conviene utilizzare questa tipologia contrattuale che evita rischi relativi alle ragioni giustificative. Questo per il primo anno tra le parti. Dall’altro lato, la rigidità sulla proroga del contratto a tempo determinato, sui rinnovi, la stessa norma che vieta la proroga nel caso di stipula di un contratto a termine senza causale di durata di 12 mesi, comporta che le aziende avranno convenienza ad assumere un altro lavoratore al termine dei 12 mesi, e con un altro contratto a termine senza causale, piuttosto che continuare il rapporto col lavoratore titolare del contratto a termine in scadenza. Questo per le mansioni che consentono una sostituzione del lavoratore con un altro senza perdere sulla produttività aziendale.  Praticamente viene favorita la stipula di contratti a termine ma con soggetti diversi, anno dopo anno, scadenza di un termine dopo l’altra. Non conviene rinnovare o prorogare, la riforma ha irrigidito la situazione.

La contrattazione collettiva e l’esclusione della causale

Esclusione della causale per più di 12 mesi tramite i CCNL. Oltre alla possibilità di stipulare contratti a termine senza causale per una durata massima di 12 mesi, la legge n. 92 del 2012 ha introdotto anche una possibilità alternativa: quella riservata ai contratti collettivi nazionali che possono integrare e modificare la disciplina di base prevista dalla riforma Lavoro.

La riforma introduce una nuova possibilità: “I contratti collettivi stipulati  dalle organizzazioni  sindacali  dei lavoratori   e   dei   datori   di   lavoro   comparativamente   più rappresentative sul piano nazionale possono prevedere, in via diretta a livello interconfederale o di categoria ovvero in via  delegata  ai livelli decentrati, che in alternativa alla stipula di un contratto senza causale di durata inferiore a 12 mesi, l’esenzione della causale non sia richiesta nei casi  in cui l'assunzione a tempo determinato o la  missione  nell'ambito  del contratto di somministrazione a tempo determinato avvenga nell'ambito di  un  processo  organizzativo , nel limite complessivo del 6 per cento del totale dei lavoratori occupati nell'ambito dell'unità produttiva”.

In sostanza, il legislatore introduce la possibilità, da parte della contrattazione collettiva di stabilire una disciplina alternativa a quella del primo contratto acausale di massimo 12 mesi. I CCNL possono prevedere per i datori di lavoro la possibilità di stipula dei contratti a termine senza causale, diversi da quelli previsti con durata di massimo 12 mesi, nei limiti del 6% del personale aziendale e in presenza delle seguenti situazioni produttive:

  • avvio di una nuova attività;
  • lancio di un prodotto o servizio innovativo;
  • introduzione di un rilevante cambiamento tecnologico;
  • fase supplementare di un significativo progetto di ricerca e sviluppo, rinnovo o proroga di una commessa consistente.

Quindi in presenza di tali eventi è possibile, sempre nei limiti del 6% del personale, la stipula di contratti a termine senza indicazione della causale, quindi anche in questo caso liberi. E’ evidente che le situazioni produttive elencate rappresentano intrinsecamente una possibile ragione giustificativa del termine, che comunque non va inserita in contratto.

I contratti nazionali possono anche delegare i contratti aziendali a introdurre questo sistema. Il secondo livello di contrattazione quindi non ha un potere di intervento autonomo ma è attivabile solo se il CCNL nazionale del settore ne consente tale facoltà espressamente.

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