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Incentivo all’esodo dei lavoratori prossimi alla pensione: i chiarimenti del Ministero

Dall’incentivo all’esodo mediante accordo aziendale, agli accordi sindacali durante le procedure di mobilità, fino ai processi di riduzione del personale dirigente, la riforma Fornero ha introdotto misure per facilitare l’uscita anticipata di lavoratori con maggiore anzianità, ossia che raggiungono i requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia o anticipata nei quattro anni successivi. L’azienda paga, il lavoratore lascia il lavoro e percepisce la pensione. Il Ministero ha chiarito tutti gli aspetti in una circolare.
A cura di Antonio Barbato
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accordo sindacale risoluzione consensuale accesso alla pensione anticipata

Il Ministero del lavoro ha emesso una circolare esplicativa sui tre casi, introdotti dalla riforma lavoro, riguardanti gli incentivi all’esodo e gli accordi aziendali per consentire l’uscita anticipata dalle aziende, con almeno 15 dipendenti, dei lavoratori anziani, prossimi alla pensione di vecchiaia o anticipata. Si tratta di risoluzioni consensuali o accordi sindacali, anche nell’ambito delle procedure di mobilità, che consentono alle aziende di anticipare l’uscita dei lavoratori, e consentono ai lavoratori stessi di iniziare a percepire in anticipo il trattamento di pensione, a carico aziendale fino alla data del pensionamento.

La legge 28 giugno 2012, n. 92, recante “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita” ha introdotto, all’articolo 4, commi da 1 a 7-ter, alcune disposizioni volte a facilitare l’uscita anticipata di lavoratori vicini al raggiungimento dei requisiti per il pensionamento. 

Il comma 1 dell’art. 4 della legge n. 92 del 2012 prevede che “nei casi di eccedenza di personale, accordi tra datori di lavoro che impieghino mediamente più di quindici dipendenti e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello aziendale possono prevedere che, al fine di incentivare l'esodo dei lavoratori più anziani, il datore di lavoro si impegni a corrispondere ai lavoratori una prestazione di importo pari al trattamento di pensione che spetterebbe in base alle regole vigenti, ed a corrispondere all'INPS la contribuzione fino al raggiungimento dei requisiti minimi per il pensionamento”.

A tale iniziale previsione l’articolo 34, comma 54, lettere b) e c) del Decreto Legge 179 del 2012 (convertito in legge n. 221 del 17 dicembre 2012) ha introdotto ulteriori due fattispecie. La stessa prestazione può essere oggetto di accordi sindacali nell’ambito:

  • di procedure ex articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223 (procedure di mobilità);
  •  ovvero nell’ambito di processi di riduzione di personale dirigente conclusi con accordo firmato da associazione sindacale stipulante il contratto collettivo di lavoro della categoria”.

Quindi sono tre le ipotesi previste dalla Riforma del Lavoro Fornero in materia di uscita anticipata, e agevolata, dei lavoratori con maggiore anzianità: incentivo all’esodo mediante accordo aziendale, accordi sindacali durante le procedure di mobilità e processi di riduzione del personale dirigente.

Requisiti di accesso alla pensione nei 4 anni successivi. I lavoratori coinvolti nel programma del comma  1  debbono raggiungere i requisiti minimi per il pensionamento, di  vecchiaia  o anticipato, nei quattro anni successivi alla cessazione dal  rapporto di lavoro.

Necessaria una domanda all’Inps e la validazione. Allo scopo di dare efficacia all'accordo di cui al comma  1, il datore di lavoro interessato presenta apposita  domanda  all'INPS, accompagnata dalla  presentazione  di una fideiussione bancaria a garanzia della solvibilità in relazione agli obblighi. L'accordo di cui al comma 1 diviene efficace a seguito della validazione da parte dell'INPS, che effettua l'istruttoria in ordine alla presenza dei requisiti in capo al lavoratore  ed  al  datore  di lavoro.

L’accettazione dell’Inps ed i versamenti previdenziali a carico del datore di lavoro. A seguito dell'accettazione dell'accordo di cui al  comma  1  il datore di lavoro è obbligato  a  versare  mensilmente  all'INPS  la provvista per la prestazione e per la  contribuzione  figurativa.  In ogni caso, in assenza del  versamento  mensile  di  cui  al  presente comma, l'INPS è tenuto a non erogare le prestazioni. In caso di mancato versamento l'INPS  procede  a  notificare  un avviso di pagamento. Decorsi centottanta giorni dalla notifica  senza l'avvenuto   pagamento   l'INPS   procede   alla   escussione della fideiussione.

Il pagamento al lavoratore. Il pagamento della prestazione avviene da parte dell'INPS con le modalità  previste  per  il  pagamento  delle  pensioni.  L'Istituto provvede contestualmente all'accredito della  relativa  contribuzione figurativa.  Le  disposizioni  di  cui  ai  commi da 1 a 7 trovano applicazione anche nel caso in cui  le  prestazioni  spetterebbero  a carico di forme sostitutive dell'assicurazione generale obbligatoria.

Resta ferma per il datore di lavoro la possibilità di  effettuare nuove assunzioni anche presso le unità produttive interessate  dai  licenziamenti  in deroga al diritto di precedenza di cui all'articolo 8, comma 1, della legge n. 223 del 1991.

I chiarimenti del Ministero sugli incentivi all’esodo

Elencati tutti i commi della norma della Riforma Fornero, art. 4 della Legge n. 92 del 2012 (Riforma del mercato del lavoro), il Ministero del Lavoro con la circolare n. 24 del 19 giugno 2013 ha chiarito le tre distinte fattispecie indicate nel comma 1 dell’art. 4 stesso. Vediamo i chiarimenti ministeriali nella circolare n. 24 del 19 giugno 2013: 

  • Incentivo all’esodo mediante accordo aziendale. La prima fattispecie si riferisce al caso in cui, in presenza di eccedenze di personale, il datore di lavoro stipuli un accordo con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello aziendale. Tale accordo, anche nel caso in cui individui, in via diretta o indiretta, i lavoratori coinvolti, assumerà valore vincolante nei confronti dei singoli dipendenti solo a seguito dell’accettazione da parte dei medesimi. A ciò infatti conduce l’espressione testuale della norma, secondo cui l’accordo è finalizzato ad “incentivare” l’esodo dei lavoratori più anziani.

Si tratta pertanto di una fattispecie a formazione progressiva, che si compone di un accordo tra le due parti (il datore di lavoro e le organizzazioni sindacali aziendali) e della successiva adesione da parte del lavoratore; la cessazione del rapporto di lavoro sarà pertanto frutto di una risoluzione consensuale. 

  • Accordi sindacali nell’ambito di procedure di mobilità. La seconda fattispecie, introdotta dal decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, si riferisce al caso in cui la stessa prestazione, di importo pari al trattamento di pensione che spetterebbe in base alle regole vigenti, sia oggetto di accordi sindacali nell’ambito di procedure ex articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223. In questo caso il legislatore prevede semplicemente che la procedura di licenziamento collettivo, di cui agli articoli 4 e 24 della legge 223 del 1991, possa sfociare in un accordo (con le rappresentanze sindacali aziendali) che preveda l’impegno del datore di lavoro a farsi carico dei costi legati alla prestazione in questione.

Trattamento di pensione in luogo dell’indennità di mobilità. È evidente, precisa il Ministero nella circolare, che in questo caso il criterio di scelta di cui all’articolo 5, comma 1, della legge 223 sarà costituito dalla prossimità al raggiungimento dei requisiti per il pensionamento (da raggiungere comunque entro 4 anni dalla data di cessazione del rapporto di lavoro). A seguito dell’accordo, la procedura di licenziamento collettivo procederà secondo il suo iter naturale con l’unica differenza che il licenziamento darà luogo in tal caso non alla mobilità, bensì alla corresponsione della prestazione di importo pari al trattamento di pensione fino a quel momento maturato.

Per questa fattispecie è inoltre previsto, al comma 7-ter, che il datore di lavoro possa procedere al recupero delle somme pagate “ai sensi dell’articolo 5, comma 4, della legge n. 223 del 1991, relativamente ai lavoratori interessati”. Il Ministero chiarisce che nonostante il richiamo 3 all’articolo 5, comma 4, della legge 223 del 1991, è da ritenere che il legislatore si riferisca non già al contributo di ingresso alla mobilità (in relazione al quale non vi sarebbe alcun obbligo, data la mancata corresponsione dell’indennità) quanto alle somme corrisposte, in apertura della procedura di mobilità, a titolo di anticipazione del contributo stesso.

Nessun contributo di licenziamento Aspi. Non trova comunque applicazione l’articolo 2, comma 31, della legge stessa, ossia l’obbligo di corrispondere il contributo previsto per la cessazione del rapporto di lavoro: il diritto alla prestazione pari alla pensione sostituisce infatti anche il diritto all’ASpI ed il conseguente venir meno dell’obbligo al versamento del contributo di compartecipazione al finanziamento della stessa. Per maggiori informazioni vediamo il contributo di licenziamento Aspi.

In virtù della finalità della norma, volta a consentire una uscita anticipata dal mercato del lavoro, e come espressamente stabilito dal citato comma 7-ter, ai lavoratori licenziati in base all’accordo non si applica il diritto di precedenza nelle nuove assunzioni effettuate dal medesimo datore di lavoro nei sei mesi successivi al licenziamento. 

  • Processi di riduzione di personale dirigente. Si tratta del caso in cui l’accordo sulla prestazione di importo pari al trattamento di pensione si collochi nell’ambito di processi di riduzione del personale dirigente. L’individuazione di una ulteriore fattispecie da parte della norma è finalizzata in questo caso a precisare che in tal caso l’associazione sindacale legittimata a stipulare l’accordo è quella “stipulante il contratto collettivo di lavoro della categoria”, a prescindere dalla rappresentatività della stessa presso il datore di lavoro coinvolto.

Se si prescinde da tale precisazione, la fattispecie sembra in tutto e per tutto analoga a quella relativa all’accordo con incentivo all’esodo (ossia la prima ipotesi prevista dalla norma), onde anche in questo caso si darà luogo ad una fattispecie a formazione progressiva, con l’adesione del lavoratore all’accordo siglato dal datore di lavoro. 

L’accettazione del lavoratore: quando è necessaria.  L’accettazione da parte del lavoratore costituisce condizione della cessazione del rapporto di lavoro esclusivamente nei casi che riguardano nei quali l’adesione individuale all’accordo è parte della fattispecie, quindi si tratta dei casi di incentivo all’esodo mediante accordo aziendale (che rappresenta una risoluzione consensuale), primo caso previsto dal comma 1 dell’art. 4, ed i processi di riduzione di personale dirigente, terzo caso previsto dal comma 1.

Nel secondo caso previsto dall’art. 4 comma 1, ossia gli accordi sindacali nell’ambito di procedure di mobilità, la cessazione del rapporto di lavoro si produce per effetto del licenziamento, secondo quanto previsto dall’articolo 4, comma 9, della legge n. 223 del 1991, e l’accettazione da parte del lavoratore riguarda esclusivamente la scelta tra la prestazione in oggetto e le altre prestazioni connesse alla cessazione del rapporto di lavoro.

Requisiti dei datori di lavoro e dei lavoratori

Secondo quanto previsto dal comma 1 dell’articolo 4, la disciplina in oggetto si applica ai datori di lavoro che impieghino mediamente più di quindici dipendenti. Da un primo punto di vista si può pertanto osservare che non rileva la qualità di impresa del datore di lavoro, potendo interessare anche i datori di lavoro che non rivestano tale qualità.

Computo dei 15 dipendenti. Con riferimento al numero di dipendenti, la media dei dipendenti sarà calcolata con riferimento al semestre precedente la data di stipula dell’accordo. Andranno computati i dipendenti di qualunque qualifica, con l’esclusione degli apprendisti, dei lavoratori con contratto di inserimento lavorativo o con contratto di reinserimento. 

Requisiti dei lavoratori. Quanto ai requisiti dei lavoratori coinvolti, il comma 2 prevede che questi debbano raggiungere i requisiti minimi per il pensionamento, di vecchiaia o anticipato, nei quattro anni successivi alla cessazione dal rapporto di lavoro. Tale requisito sarà verificato dall’Inps e sarà condizione per la validità della cessazione del rapporto di lavoro. Nel caso di accordo con adesione del lavoratore, infatti, quest’ultima sarà resa invalida dalla mancata sussistenza dei presupposti.

Qualora, invece, ci si trovi nell’ipotesi di accordo nell’ambito di una procedura di licenziamento collettivo di cui agli articoli 4 e 24 della legge 223/1991, sarà il coinvolgimento del lavoratore nella procedura ad essere inficiato.

Si computano anche gli incrementi della speranza di vita ma fino a 48 mesi. Il raggiungimento, nei quattro anni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro, dei requisiti per il pensionamento, andrà verificato con riferimento alle regole vigenti al momento della cessazione del rapporto di lavoro, comprensive degli adeguamenti all’incremento della speranza di vita residua, secondo la previsione effettuata con riferimento allo scenario demografico Istat (centrale, base 2007) nella relazione tecnica al disegno di legge di conversione del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, nonché degli eventuali maggiori adeguamenti previsti dai decreti direttoriali attuativi dell’art. 12, comma 12-bis, del decreto-legge 78/2010 (convertito nella legge 122/2010) tempo per tempo adottati, fermo restando che la prestazione in questione non può in ogni caso oltrepassare la durata di 48 mesi.

Interessati i lavoratori iscritti ad Inps, Inpdap, Enpals ed anche Inpgi. Con riferimento alle gestioni pensionistiche interessate dalla norma, il Ministero specifica che il carattere generale delle disposizioni commentate ne implica la riferibilità, fatto salvo quanto previsto dall’art. 1, commi 7 e 8, della legge 92/2012 relativamente all’applicazione delle disposizioni in questione ai dipendenti della pubblica amministrazioni, ai soggetti le cui prestazioni pensionistiche debbano essere liquidate a carico di qualsiasi gestione dell’Inps (ivi comprese quelle confluite in Inps a seguito della incorporazione di Inpdap ed Enpals.

In aggiunta, il comma 7-bis dell’art. 4, nell’affermare che “le disposizioni di cui ai commi da 1 a 7 trovano applicazione anche nel caso in cui le prestazioni spetterebbero a carico di forme sostitutive dell’assicurazione generale obbligatoria”, estende l’applicazione delle disposizioni in oggetto anche alle forme sostitutive dell’AGO, gestite da enti privati o privatizzati (l’Inpgi in primo luogo).

Procedure amministrative: la domanda all’Inps

Il comma 3 dell’articolo 4 afferma che “allo scopo di dare efficacia all’accordo di cui al comma 1, il datore di lavoro interessato presenta apposita domanda all'INPS, accompagnata dalla presentazione di una fideiussione bancaria a garanzia della solvibilità in relazione agli obblighi”.

La domanda, successiva alla stipula dell’accordo tra datore di lavoro e rappresentanze sindacali, ovvero dell’accordo di cui all’articolo 4 della legge n. 223 del 1991, dovrà essere presentata all’Inps, con le modalità definite dall’Istituto, comprensiva della lista dei lavoratori coinvolti.

Su tale lista l’Istituto svolgerà le attività di verifica dei requisiti soggettivi in capo al datore di lavoro ed al lavoratore: con riferimento a questi ultimi, in particolare, l’Inps emetterà l’estratto conto certificato, validando le singole posizioni individuali e calcolando, in relazione ad ognuna, l’importo iniziale della prestazione e l’onere connesso con la contribuzione figurativa ad essa correlata.

L’accertamento della mancanza dei requisiti soggettivi, in capo ad uno o più lavoratori coinvolti, comporta l’invalidazione dell’accordo, salvo conferma da parte delle medesime parti stipulanti. L’accordo può inoltre prevedere che la cessazione del rapporto di lavoro (ed il conseguente accesso alla prestazione di importo pari al trattamento di pensione fino a quel momento maturato) si produca al raggiungimento dei requisiti soggettivi (raggiungimento entro quattro anni dei requisiti per minimi per il pensionamento, di vecchiaia o anticipato). L’Inps comunicherà inoltre al datore di lavoro l’importo complessivo dell’onere, ai fini della presentazione di una idonea fideiussione bancaria a garanzia della solvibilità.

Qualora i lavoratori coinvolti maturino i requisiti per l’accesso alla prestazione in anni diversi, l’importo complessivo sarà comunicato annualmente, in relazione ai singoli contingenti annuali.

A seguito della validazione dei requisiti soggettivi (in capo al datore di lavoro ed al lavoratore) da parte dell’Inps, il datore di lavoro sarà obbligato alla presentazione di una idonea fideiussione bancaria; tale presentazione è condizione di efficacia dell’accordo nei confronti dei lavoratori coinvolti. Il datore di lavoro è liberato dall’obbligo di prestazione della fideiussione nel caso in decida di effettuare il versamento della provvista in unica soluzione.

Conclusa la fase di verifica da parte dell’Inps, il lavoratore, cui sarà comunicata l’importo iniziale della prestazione, dovrà accettare la prestazione stessa.

Gli adempimenti a carico del datore di lavoro costituiscono sempre condizione di efficacia dell’accordo collettivo. Nei casi che riguardano gli accordi sindacali nell’ambito di procedure di mobilità ex articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, il mancato rispetto dell’accordo da parte del datore di lavoro inficerà la legittimità del licenziamento collettivo. 

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