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Quando i riposi giornalieri per allattamento spettano al padre

I permessi orari di 1 o 2 ore giornaliere per allattamento, retribuiti dall’Inps con una indennità, possono spettare anche al padre lavoratore, in luogo della madre. Si tratta dei casi in cui la madre è casalinga, lavoratrice autonoma, parasubordinata o a progetto, oppure quando c’è l’affidamento al padre o la morte o grave infermità della madre. Vediamo tutti gli aspetti.
A cura di Antonio Barbato
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permessi retribuiti per allattamento al padre lavoratore

La tutela della maternità nel mondo del lavoro consente alla lavoratrice madre di poter fruire di alcune assenze dal lavoro nel periodo del lieto evento, prima della gravidanza, poi della nascita del bambino. I permessi, retribuiti e non, sono concessi dalla legge fino al compimento dell’ottavo anno di età del bambino.

Restando al periodo della gravidanza e fino al primo di vita del bambino, il Decreto Legislativo n. 151 del 2001, ossia il Testo unico delle disposizioni legislativa in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, prevede per le lavoratrici incinte la possibilità di fruire del congedo di maternità, l’astensione obbligatoria dal lavoro fino al terzo mese di età del bambino, poi la possibilità di fruire del congedo parentale (fino a 6 mesi per la madre e fino a 7 per il padre, per complessivi 10 mesi nei primi 8 anni di vita del bambino).

Nel primo anno di vita del bambino, la legge consente alla madre anche dei piccoli ma quotidiani permessi dal lavoro, si tratta dei riposi orari per allattamento del bambino neonato, mirati a consentire alla madre l’importante funzione di nutrimento del neonato nei primi mesi di vita.

I permessi per l’allattamento spettano:

  • Per due ore al giorno se l’orario di lavoro risulta pari o superiore a 6 ore giornaliere (inteso come pari o superiore a 5 ore e 59 minuti);
  • Per un ora al giorno, se l’orario di lavoro è inferiore alle 6 ore giornaliere.

Si tratta di permessi retribuiti, cioè il datore di lavoro è tenuto ad erogare la retribuzione come se fossero ore lavorate. L’Inps eroga una indennità per le ore di allattamento fruite dalla lavoratrice.

Dal punto di vista legislativo, in termini di assenza giustificata dal lavoro, in termini di retribuzione e accredito dei contributi figurativi, tale diritto è esteso in alcuni casi anche al padre. Ossia, possono spettare anche al padre, i riposi orari per allattamento, anche se ovviamente il padre non svolge l’effettiva funzione o ruolo dell’allattamento vero e proprio del figlio.

Quando i permessi per allattamento passano al padre

Quando il diritto passa al padre. Nel caso in cui la madre non appartiene ad una delle categorie che hanno diritto all’agevolazione, oppure nel caso in cui il bambino è stato affidato al padre, quest’ultimo può essere destinatario del diritto alle ore di riposo (e all’accredito dei contributi figurativi). In questo caso l’entità dei riposi orari, di una o due ore, dipende dall’orario giornaliero del padre.

Riposi giornalieri del padre. Il padre lavoratore ha diritto di fruire dei riposi orari per allattamento nelle seguenti situazioni (art. 40 del D. Lgs. 151 del 2001):

  • nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre;
  • in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga;
  • nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente;
  • in caso di morte o di grave infermità della madre.

Si precisa che all’ipotesi “in cui i figli sono stati affidati al padre”, per effetto della sentenza della Cassazione n. 1/1987 è equiparata quella del decesso o grave infermità della madre, indipendentemente dalla condizione di lavoratrice o meno.

Quindi se il bambino è rimasto privo dell’assistenza a seguito del decesso della madre durante o dopo il parto, oppure c’è una grave infermità della madre, indipendentemente se è stata lavoratrice dipendente o meno, il padre ha il diritto di fruire dei riposi orari per allattamento e al riconoscimento della contribuzione figurativa per le ore di riposo.

Il padre del bambino ha diritto a fruire dei riposi orari e dell’accredito contributivo anche quando la madre presta attività ma come lavoratrice non dipendente, cioè come lavoratrice autonoma, libera professionista. Inoltre il padre ha diritto a riposi aggiuntivi, e relativi contributi figurativi, di una o due ore secondo il suo orario di lavoro, anche in caso di parto plurimo.

Madre casalinga e allattamento al padre. C’è stata una importante sentenza del Consiglio di stato sulla situazione familiare, non inusuale, col padre lavoratore e la madre casalinga, cioè non lavoratrice dipendente. In questo caso il diritto alla fruizione dei riposi giornalieri p riconosciuto al padre.

Più precisamente, la sentenza 9 settembre 2008 n. 4293 del Consiglio di Stato, ripresa dalla lettera circolare del Ministero del Lavoro n. 19605 del 2009 e dalla circolare Inps n. 118 del 2009, ha stabilito il diritto al padre lavoratore a fruire dei riposi giornalieri è riconosciuto anche nel caso di madre casalinga, che deve essere considerata alla stregua della lavoratrice non dipendente, senza eccezioni ed indipendentemente dalla sussistenza di situazioni che determinano l’oggettiva impossibilità della madre stessa di accudire il bambino.

Riposo orari per allattamento al padre e lavoratrici domestiche o a domicilio. L’Inps ha precisato che l’ipotesi di riconoscimento al padre del diritto ai riposi in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga, è comprensiva anche del caso di lavoratrice dipendente che non si può avvalere dell’astensione facoltativa, in quanto appartenente a categoria di lavoratori non aventi diritto ai congedi per allattamento. E’ il caso delle lavoratrici a domicilio o di quelle domestiche. Mentre non comprende il caso della madre che non se ne avvalga perché sta fruendo di astensione obbligatoria o facoltativa.

Permessi per allattamento del padre e congedo per maternità o parentale della madre. La madre ha diritto ad usufruire dei riposi durante il congedo parentale del padre. Il padre invece non può utilizzare i riposi giornalieri durante il congedo di maternità o il congedo parentale della madre, neppure nei casi in cui la madre non si avvalga dei riposi in quanto assente dal lavoro per cause che determinano una sospensione del rapporto di lavoro (cioè nel caso di aspettative, permessi non retribuiti, pause lavorative previste nei contratti part-time di tipo verticale di tipo settimanale, mensile o annuale), mentre li può utilizzare in alternativa alla madre che non si avvale in quanto è in congedo di maternità o parentale per un altro figlio.

Riposi al padre e madre lavoratrice autonoma. Se la madre è artigiana, commerciante, coltivatrice diretta o colona, imprenditrice agricola, una lavoratrice parasubordinata (lavoratrice a progetto), una libera professionista (con o senza cassa), il padre può fruire dei riposi dal giorno successivo a quello finale del periodo di trattamento economico spettante alla madre dopo il parto, ossia il congedo di maternità per le lavoratrici parasubordinate, o il congedo di maternità per le lavoratrici autonome. Questo sempre che la madre non abbia chiesto di fruire ininterrottamente, dopo il periodo di astensione obbligatoria, del congedo parentale, ossia l’astensione facoltativa.

La domanda di permesso per allattamento da parte del padre

Il padre lavoratore dipendente che vuole usufruire di permessi orari dal lavoro per allattamento, nei casi in cui è previsto, deve fare la richiesta. La domanda va presentata all’Inps e al proprio datore di lavoro. Le modalità sono diverse a seconda dell’ipotesi ricorrente che dà diritto al padre di fruire dell’astensione facoltativa dal lavoro.

Nei casi in cui i figli siano affidati al padre, la domanda deve essere corredata dai seguenti documenti:

  • dal certificato di nascita da cui risulti la paternità e la maternità o da una certificazione attestante gli stessi elementi ovvero da una dichiarazione sostitutiva;
  • da un provvedimento formale da cui risulti l’affidamento esclusivo del bambino al padre;
  • l’impegno del richiedente a comunicare eventuali variazioni successive.

Nel tragico evento della morte della madre, la domanda del padre deve essere corredata dai seguenti documenti:

  • dal certificato di nascita da cui risulti la paternità e la maternità o da una certificazione attestante gli stessi elementi ovvero da una dichiarazione sostitutiva;
  • da una certificazione, o dichiarazione sostitutiva, di morte della madre;
  • dall’impegno del richiedente a comunicare eventuali variazioni successive.

Nel caso di grave infermità della madre, i documenti da allegare alla domanda sono i seguenti:

  • dal certificato di nascita da cui risulti la paternità e la maternità o da una certificazione attestante gli stessi elementi ovvero da una dichiarazione sostitutiva;
  • da una certificazione sanitaria attestante la grave infermità della madre;
  • dall’impegno del richiedente a comunicare eventuali variazioni successive.

Nel caso in cui il padre intenda godere i riposi giornalieri in alternativa alla madre lavoratrice dipendente e nel caso di parto plurimo la domanda deve essere corredata dai seguenti documenti:

  • dal certificato di nascita da cui risulti la paternità e la maternità o da una certificazione attestante gli stessi elementi ovvero da una dichiarazione sostitutiva;
  • da una dichiarazione della madre relativa alla non fruizione delle ore di riposo, confermata dal relativo datore di lavoro;
  • dall’impegno di entrambi i genitori, padre e madre, a comunicare eventuali variazioni successive.

Nel caso in cui la madre sia lavoratrice non dipendente, e nel caso di parto plurimo, i documenti da allegare sono i seguenti:

  • dal certificato di nascita da cui risulti la paternità e la maternità o da una certificazione attestante gli stessi elementi ovvero da una dichiarazione sostitutiva;
  • da una dichiarazione della madre relativa alla sua attività di lavoro non dipendente;
  • dall’impegno di entrambi i genitori, padre e madre, a comunicare eventuali variazioni successive.

Quest’ultimo caso è quello relativo alla presenza di un padre lavoratore e della madre casalinga, oggetto della importante sentenza del Consiglio di Stato.

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