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Rinuncia ai riposi giornalieri lavoratrice madre: niente sanzioni per il datore di lavoro

La lavoratrice madre ha diritto a riposi giornalieri per allattamento durante il primo anno di vita del bambino. Il datore di lavoro è obbligato a concederli, pena una sanzione amministrativa. Ma che succede se la lavoratrice intende rinunciare ai riposi per allattamento? Lo chiarisce il Ministero del lavoro in un interpello.
A cura di Antonio Barbato
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riposi per allattamento come rinunciare
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Le lavoratrici madri possono richiedere i riposi giornalieri per allattamento, in alternativa al congedo parentale, durante il primo anno di vita del bambino. Le ore di allattamento sono due al giorno. Ma che succede se la lavoratrice dopo aver richiesto i riposi giornalieri intende rinunciare agli stessi? Il Ministero del Lavoro ha risposto in un interpello chiarendo che, se la rinuncia è spontanea e per esigenze proprie personali, la rinuncia è possibile ed il datore di lavoro non rischia le sanzioni previste dal Testo unico sulla maternità e paternità (il D. Lgs. N. 151 del 2011).

La normativa sui riposi per allattamento. Andiamo per ordine. La legge, il D. Lgs. N. 151 del 2011 all’art. 39 prevede che “Il datore di lavoro deve consentire alle lavoratrici madri, durante il primo anno di vita del bambino, due periodi di riposo, anche cumulabili durante la giornata. Il riposo è uno solo quando l'orario giornaliero di lavoro è inferiore a sei ore”. Inoltre “I periodi di riposo hanno la durata di un'ora ciascuno e sono considerati ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro. Essi comportano il diritto della donna ad uscire dall'azienda. I periodi di riposo sono di mezz'ora ciascuno quando la lavoratrice fruisca dell'asilo nido o di altra struttura idonea, istituiti dal datore di lavoro nell'unita' produttiva o nelle immediate vicinanze di essa”.

Lo stesso Decreto Legislativo n. 151 del 2011 prevede che l’inosservanza di queste disposizioni è punita con la sanzione amministrativa da 516 euro a 2.582 euro.

L’interpello n. 23/2015

Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro ha avanzato istanza di interpello per conoscere il parere del Ministero in merito alla corretta interpretazione dell’art. 39, D.Lgs. n. 151/2001 afferente alla disciplina dei riposi giornalieri per la lavoratrice madre durante il primo anno di vita del bambino.

In particolare l’istante ha chiesto se, nelle ipotesi in cui la lavoratrice madre non intenda usufruire, spontaneamente e per proprie esigenze, dei permessi già richiesti al datore di lavoro ex art. 39 di cui sopra, possa trovare o meno applicazione nei confronti di quest’ultimo la sanzione contemplata dall’art. 46 del medesimo decreto legislativo.

E’ possibile quindi rinunciare ai riposi per allattamento? Il datore di lavoro rischia sanzioni?

La risposta del Ministero. “Il diritto di fruire dei riposi in questione ha natura di diritto potestativo, inteso quest’ultimo quale situazione giuridica soggettiva consistente nell’attribuzione di un potere alla lavoratrice madre cui corrisponde dal lato del datore una posizione giuridica passiva di soggezione e non di obbligo; il datore deve, infatti, consentire alla madre la fruizione dei permessi qualora la stessa presenti esplicita richiesta.

Nello specifico, a differenza di quanto avviene nell’ipotesi di astensione obbligatoria per maternità, la lavoratrice madre può scegliere se esercitare o meno il proprio diritto, fruendo dei summenzionati riposi; nell’ipotesi in cui decida di esercitarlo e il datore di lavoro non le consenta il godimento dei periodi di riposo troverà applicazione la sanzione amministrativa pecuniaria stabilita dall’art. 46.

Diversamente, qualora la lavoratrice madre presenti una preventiva richiesta al datore di lavoro per il godimento dei permessi giornalieri e successivamente, in modo spontaneo e per proprie esigenze non usufruisca degli stessi per alcune giornate, non sembra ravvisabile la violazione dell’art. 39 e di conseguenza non potrà trovare applicazione la misura sanzionatoria ad essa collegata.

Resta ferma la possibilità, da parte degli organi di vigilanza, di effettuare eventuali verifiche in ordine alla spontaneità della rinuncia della lavoratrice circa il godimento dei permessi in questione. Al riguardo appare pertanto opportuno che la suddetta rinuncia sia giustificata da ragioni che rispondano in modo inequivocabile ad un interesse della lavoratrice (ad es. frequenza di un corso di formazione, impossibilità di rientrare in casa in ragione di uno sciopero dei mezzi pubblici ecc.)”.

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