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Salario minimo garantito: ai lavoratori un compenso orario minimo dal Jobs Act

Con il Jobs Act il Governo promette di prevedere un salario minimo garantito ai lavoratori. Più precisamente un compenso orario minimo stabilito dalla legge in quei settori non coperti dalla contrattazione collettiva. Si tratta di un primo passo verso l’introduzione di una retribuzione oraria minima che si affianca a quella prevista dai contratti collettivi CCNL. Vediamo tutte le novità.
A cura di Antonio Barbato
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compenso orario minimo

Il Jobs Act di Renzi interviene nel mondo del lavoro con tante importanti novità che hanno fatto discutere molto l’opinione pubblica: dalla cancellazione delle tutele dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, al nuovo contratto a tutele crescenti, fino alla cancellazione del contratto a progetto con l’indennità di disoccupazione Aspi che sarà probabilmente erogata anche ai collaboratori coordinati e continuativi o con contratto a progetto. Ma nel testo del Decreto c’è anche l’introduzione del compenso orario minimo, ossia il lancio di un salario minimo. E si tratta di una novità che potrà rappresentare una retribuzione come minimo garantito ai lavoratori.

A stabilire il compenso orario minimo sono generalmente i contratti collettivi i quali prevedono la paga base e l’indennità di contingenza, e gli altri emolumenti fissi e continuativi indicati normalmente nelle buste paga degli italiani. Il totale competenze che il lavoratore trova indicato nel cedolino è quindi frutto di quanto previsto dalla contrattazione collettiva. Nei CCNL infatti oltre al salario mensile c’è anche il divisore mensile (173 o 168, ecc.) con il quale di fatto si può determinare il compenso orario minimo spettante secondo il CCNL e in base al proprio livello contrattuale e la propria mansione.

Il Governo con il Jobs Act intende fare di più, intende lanciare un compenso orario minimo di legge. Ossia un salario minimo. Nei settori non coperti dai CCNL.

Nel testo del Jobs Act si legge testualmente, come obiettivo di Governo, emanare un decreto che oltre che rafforzare le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro da parte di coloro che sono in cerca di occupazione, oltre che riordinare i contratti di lavoro vigenti per renderli maggiormente coerenti con le attuali esigenze del contesto occupazionale e produttivo, ha come obiettivo “l’introduzione, eventualmente anche in via sperimentale, del compenso orario minimo, applicabile ai rapporti aventi ad oggetto una prestazione di lavoro subordinato, nonché, fino al loro superamento, ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, nei settori non regolati da contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, previa consultazione delle parti sociali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”. Questo quanto previsto dall’art. 1, comma 7, lettera g) della delega, il Jobs Act al Governo.

Leggendo la norma, l’introduzione del salario minimo sarà garantita ai settori non coperti dalla contrattazione collettiva, anche di secondo livello. In realtà sono pochissimi i settori che non hanno un proprio CCNL. Inoltre si parla di via sperimentale, quindi di una specie di prova che il Governo vuole fare. Ovviamente sentendo le organizzazioni sindacali e le parti sociali.

Dalla lettura della norma sembra che se il settore ha propri CCNL sottoscritti dai sindacati comparativamente più rappresentativi non è possibile l’emanazione di un decreto legislativo finalizzato all’introduzione di un salario minimo inferiore o superiore a quello previsto dai CCNL stessi.

C’è da sottolineare che in molti paesi d’Europa il salario minimo garantito è stabilito dalla legge mentre nel nostro paese il potere di decidere una retribuzione minima oraria spettante ai lavoratori è in mano alla contrattazione collettiva, che ha efficacia sostanzialmente erga omnes, ossia per tutti i lavoratori di quel settore, in quanto i giudici prendono a riferimento, nelle loro sentenze in caso di contenzioso, proprio quanto previsto dai CCNL.

C’è da dire che se sarà lanciato il compenso orario minimo garantito stabilito dalla legge, i giudici potrebbero prendere a riferimento tali compensi stabiliti dal Governo.

I settori più in sofferenza riguardo ai salari minimi garantiti ai lavoratori sono i settori della logistica, delle pulizie, l’agricoltura e l’edilizia. In questi settori nonostante la presenza della contrattazione collettiva, ci sono molti lavoratori che lavorano ad un livello retributivo inferiore probabilmente al compenso orario minimo che ha intenzione di introdurre il Governo.

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