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Sanzioni al lavoratore che rientra al lavoro prima della fine della malattia

Il lavoratore che rientra a lavoro prima della fine della malattia è obbligato a presentare un certificato di guarigione anticipata, rettificando tramite il medico curante il certificato di malattia telematico. Inoltre, senza tale rettifica, per la normativa sulla salute e sicurezza sul lavoro, il datore di lavoro non può far lavorare il dipendente. A ricordarlo è l’Inps con la circolare n. 79/2017 nella quale sottolinea adempimenti e soprattutto sanzioni per i lavoratori concernenti il rischio di perdita dell’indennità di malattia.
A cura di Antonio Barbato
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certificato medico malattia rientro anticipato a lavoro

Ogni lavoratore dipendente in stato di malattia che ha presentato il certificato medico, in caso di rientro anticipato al lavoro, è obbligato a rettificare la prognosi dichiarando la guarigione anticipata tramite il proprio medico. L’Inps con la circolare n. 79 del 2 maggio 2017 ha previsto delle sanzioni al lavoratore che rientra al lavoro prima della fine della malattia, senza ottemperare all’obbligo di recarsi dal medico curante per far rettificare il certificato telematico di malattia attestando quindi la propria guarigione anticipata. Sanzioni che possono arrivare fino alla perdita dell’indennità di malattia.

Come più volte ribadito dall’Istituto, in caso di assenza per malattia, il rientro anticipato può avvenire solo con un certificato medico di guarigione.

L’Istituto con la circolare n. 79/2017 e un comunicato stampa ha evidenziato che molti lavoratori disattendono tale obbligo riguardante la temporanea incapacità lavorativa per malattia e gli obblighi in termini di riduzione periodo di prognosi.

Con la circolare 79 del 2 maggio 2017, vengono forniti chiarimenti sull’obbligo di rettifica della prognosi in caso di variazioni rispetto al certificato in corso.

La data di fine malattia nel certificato medico

L’ente previdenziale, nella circolare, sottolinea l’importanza della prognosi riportata nel certificato medico telematico di malattia rilasciato dal medico curante.

L’Inps sottolinea che uno dei dati più importanti indicati nel certificato di malattia è la data di fine prognosi, ossia la data della fine della malattia che, in assenza di ulteriore certificazione, costituisce il termine ultimo ai fini dell’erogazione della prestazione economica di malattia, assumendo un significato di rilievo da un punto di vista amministrativo previdenziale.

E’ evidente, tuttavia, che sul piano medico legale, tale data rappresenta un elemento ”previsionale” sul decorso clinico e sull’esito dello stato patologico riportato in diagnosi, formulato da parte del medico certificatore sulla base di un giudizio tecnico.

Appare, conseguentemente, suscettibile di possibili variazioni sia in termini di prolungamento sia di riduzione, in base ad un decorso rispettivamente più lento o più rapido della malattia.

Nell’ipotesi di un prolungamento dello stato morboso, il lavoratore – per prassi già consolidata – provvede a farsi rilasciare dal medico uno o più certificati di continuazione, solo a fronte dei quali è possibile, sul piano previdenziale, il riconoscimento, per l’ulteriore periodo di incapacità temporanea al lavoro, della tutela per malattia.

Ugualmente, nel caso di una guarigione anticipata, l’interessato è tenuto a richiedere una rettifica del certificato in corso, al fine di documentare correttamente il periodo di incapacità temporanea al lavoro.

Poiché ciò non costituisce a tutt’oggi una prassi seguita dalla generalità dei lavoratori, l’Inps con la circolare ha sottolineato sia gli obblighi dei lavoratori che la normativa vigente in materia anche di sanzioni per i dipendenti stessi.

Quali sono gli obblighi dei lavoratori in caso di guarigione anticipata

L’Istituto ricorda ai lavoratori, che in caso di guarigione anticipata, il lavoratore in malattia è tenuto a richiedere una rettifica del certificato medico, al fine di documentare correttamente il periodo di incapacità temporanea al lavoro.

La rettifica della data di fine prognosi è un adempimento obbligatorio per il lavoratore, sia nei confronti del datore di lavoro, che nei confronti dell’Inps.

L’Istituto, infatti, con la presentazione del certificato di malattia, avvia l’istruttoria per il riconoscimento della prestazione previdenziale, senza necessità di presentare alcuna specifica domanda.

Il certificato medico, pertanto, per i lavoratori cui è garantita la tutela della malattia, assume di fatto il valore di domanda di prestazione.

A tal fine l’Inps sottolinea nella circolare che il lavoratore “è tenuto a garantire la massima collaborazione e correttezza verso l’Istituto nei confronti del quale, con la presentazione del certificato di malattia – anche se avvenuta mediante la modalità della trasmissione telematica da parte del proprio medico curante – ha inteso instaurare uno specifico rapporto di natura previdenziale con conseguente possibile erogazione – in presenza di tutti i requisiti normativamente previsti – della relativa indennità economica di malattia.

Il lavoratore è, quindi, tenuto a comunicare, mediante la rettifica del certificato telematico, il venir meno della condizione morbosa di cui al rischio assicurato, presupposto della richiesta di prestazione economica all’Istituto.

Guarigione anticipata da comunicare prima del ritorno a lavoro

Affinché la rettifica venga considerata tempestiva, non è sufficiente che essa sia effettuata prima del termine della prognosi originariamente certificata, bensì è necessario che intervenga prima della ripresa anticipata dell’attività lavorativa.

Essa va richiesta al medesimo medico che ha redatto il certificato, riportante una prognosi più lunga.

Anche nel caso in cui il medico si trovi nella condizione di dover utilizzare il servizio alternativo di Contact Center per la presentazione dei certificati di malattia on line, previsto dal disciplinare tecnico del decreto ministeriale citato in premessa, ciò dovrà esser fatto tempestivamente e prima del rientro anticipato al lavoro del soggetto.

Nei casi di residuali certificati redatti per causa di forza maggiore in modalità cartacea, il lavoratore dovrà farsi rilasciare apposito certificato di fine prognosi che dovrà essere inviato immediatamente all’Inps e al datore di lavoro.

Il dipendente non può lavorare senza certificato medico di guarigione anticipata

L’Inps nella circolare sottolinea che in presenza di un certificato con prognosi ancora in corso, il datore di lavoro non possa consentire al lavoratore la ripresa dell’attività lavorativa ai sensi della normativa sulla salute e sicurezza dei posti di lavoro.

L’art. 2087 del codice civile, infatti, impegna il datore di lavoro ad adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica dei prestatori di lavoro e l’art. 20 del D.lgs. n. 81/2008 obbliga il lavoratore a prendersi cura della propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro.

Ne consegue che il dipendente assente per malattia che, considerandosi guarito, intenda riprendere anticipatamente il lavoro rispetto alla prognosi formulata dal proprio medico curante potrà essere riammesso in servizio solo in presenza di un certificato medico di rettifica della prognosi originariamente indicata.

Sanzioni per i lavoratori

Come detto la corretta e tempestiva rettifica del certificato non costituisce a tutt’oggi una prassi seguita dalla generalità dei lavoratori.

L’Inps sottolinea che “Succede non di rado che a seguito dell’effettuazione di visita medica di controllo domiciliare disposta d’ufficio, l’Istituto venga a conoscenza del fatto che un lavoratore abbia ripreso l’attività lavorativa prima della data di fine prognosi contenuta nel certificato di malattia, senza aver provveduto a far rettificare la suddetta data, a fronte ovviamente di un datore di lavoro consenziente”.

Il suddetto comportamento da parte del lavoratore e dell’azienda crea evidenti difficoltà all’Inps, evidenziandosi un disallineamento tra la durata effettiva dell’evento e la certificazione prodotta. Il mancato tempestivo aggiornamento della prognosi, inoltre, può indurre l’Istituto, in prima battuta, a ritenere che l’evento di malattia sia ancora in corso e, quindi, ad effettuare conseguentemente valutazioni di competenza non appropriate (inviando, ad esempio, inopportuni controlli domiciliari con derivanti oneri a carico dell’Istituto stesso).

A tal proposito, nella circolare, l’ente previdenziale ricorda ai lavoratori che l’assenza a visita medica di controllo domiciliare (VMCD) disposta dall’Istituto comporta specifiche sanzioni (in termini di mancato indennizzo di periodi di malattia).

Con la circolare 79/2017 si chiarisce che l’assenza a visita medica di controllo domiciliare (VMCD) sarà sanzionata allo stesso modo anche quando sia dovuta ad un rientro anticipato al lavoro in assenza di tempestiva rettifica del certificato contenente la prognosi. Anche in questo specifico caso, infatti, il lavoratore risulta assente a VMCD in un giorno in cui è ancora da considerare inabile al lavoro, in base alla certificazione medica inviata all’Inps e sulla base della quale è stata disposta la visita domiciliare.

Pertanto, nei casi in cui emerga, a seguito di assenza a visita di controllo domiciliare e/o ambulatoriale, la mancata o tardiva comunicazione della ripresa anticipata dell’attività lavorativa, verranno applicate, nei confronti del lavoratore, le sanzioni già previste per i casi di assenza ingiustificata a visita di controllo, nella misura normativamente stabilita per tali fattispecie e ossia le seguenti sanzioni:

  • 100% dell'indennità per massimo 10 giorni, in caso di 1° assenza;
  • 50% dell'indennità nel restante periodo di malattia, in caso di 2° assenza;
  • 100% dell'indennità dalla data della 3° assenza (circolare n. 166 del 26 luglio 1988).

La sanzione sarà comminata al massimo fino al giorno precedente la ripresa dell’attività lavorativa, considerando tale ripresa come una dichiarazione “di fatto” della fine prognosi (avvenuta nella giornata immediatamente precedente) dell’evento certificato.

Il lavoratore, che si trovi nelle ipotesi sopra descritte e che, non trovato al domicilio di reperibilità, venga invitato a visita ambulatoriale, dovrà, comunque, produrre una dichiarazione attestante la ripresa dell’attività lavorativa.

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