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Spese di pubblicità e rappresentanza: deducibilità e detraibilità IVA

Le spese di pubblicità e propaganda sono deducibili al 100% nell’esercizio in cui sono sostenute, mentre per le spese di rappresentanza ci sono dei limiti percentuali di deducibilità dei costi legati ai ricavi. L’IVA è detraibile al 50%. Vediamo la normativa sulla deducibilità dei costi ai fini Irpef, Ires, Irap, la detraibilità IVA, l’ammortamento e come distinguere le spese di pubblicità dalle spese di rappresentanza e sponsorizzazione.
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A cura di Antonio Barbato
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Tra le spese a cui un’impresa o un professionista va incontro nell’arco della propria attività ci sono sicuramente le spese di pubblicità e propaganda. Tali spese sono interamente deducibili, a differenza delle spese di rappresentanza, che sono parzialmente deducibili dal reddito, ed è necessaria la presenza dei requisiti di inerenza e congruità. L’IVA è invece detraibile nella misura del 50%.

Per classificare bene le spese, iniziamo dicendo subito che non è cosa facile per le imprese distinguere in maniera netta le spese di pubblicità e propaganda dalle spese di rappresentanza. Sebbene possano considerarsi appartenenti alla stessa famiglia di costi c’è un confine sottilissimo tra le spese di pubblicità e propaganda e quelle di rappresentanza che ne modifica il trattamento fiscale sia ai fini delle imposte dirette che dell’IVA.

Premesso che non è possibile definire in modo statico quando ci si trova di fronte a spese di pubblicità e propaganda e quando, invece, si ci trova di fronte alle spese di rappresentanza, esaminiamo cosa dice la legge in merito alle stesse.

SOMMARIO:
Normativa spese di pubblicità
Spese di rappresentanza
Deducibilità costi spese pubblicità
Limiti e deducibilità spese di rappresentanza
Detraibilità IVA
Dedubilità IRAP e IRES
Ammortamento
Spese di sponsorizzazione
Società sportive

Normativa e definizione delle spese di pubblicità e propaganda

Una definizione di spese di pubblicità e propaganda è stata fornita dall’Agenzia delle Entrate, attraverso la R.M. 11 febbraio 1998, n. 6/E, in essa l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che “il concetto di prestazioni pubblicitarie va riferito ad un’operazione oggettivamente riconoscibile come relativa ad un’attività di promozione ben individuata” e che “nelle prestazioni pubblicitarie debba intendersi ricompresa ogni attività indirizzata alla trasmissione di un messaggio promozionale, relativo a beni e servizi, purché le prestazioni rese siano riconducibili ad un unicum, rappresentato dalla prestazione principale (e prevalente), qualificabile come attività pubblicitaria”

Vediamo ora come si esprime il TUIR, il Testo unico sulle imposte sui redditi, in merito alle spese di pubblicità e propaganda.

Deducibilità spese di pubblicità e propaganda secondo il TUIR.  La normativa italiana, attraverso il TUIR, non fornisce una definizione precisa di spese di pubblicità e propaganda, bensì all’art. 108 comma 2 affronta esclusivamente il tema della deducibilità delle stesse.

L’art. 108, comma 2 del D.P.R. 917/1986: “Le spese di pubblicità e di propaganda sono deducibili nell'esercizio in cui sono state sostenute o in quote costanti nell'esercizio stesso e nei quattro successivi”.

Lo stesso articolo poi tratta la deducibilità delle spese di rappresentanza, che vedremo essere diverse dalle spese di pubblicità e propaganda: “Le spese di rappresentanza sono deducibili nel periodo d'imposta di sostenimento se rispondenti ai requisiti di inerenza e congruità stabiliti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, anche in funzione della natura e della destinazione delle stesse, del volume dei ricavi dell'attività caratteristica dell'impresa e dell'attività internazionale dell'impresa. Sono comunque deducibili le spese relative a beni distribuiti gratuitamente di valore unitario non superiore a euro 50”.

Il Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze è il D.M. 19 novembre 2008, il quale contiene i parametri per l’individuazione delle spese di rappresentanza, i criteri che ne fissano l’inerenza e i relativi parametri di congruità che sono proporzionati ai ricavi dell’impresa.

Affrontiamo più nel dettaglio le differenze tra le due tipologie di spese: di pubblicità e propaganda; e di rappresentanza.

Differenza tra spese di pubblicità e propaganda e spese di rappresentanza

Un’ulteriore definizione di spese di pubblicità e propaganda, ma anche di spese di rappresentanza, ci è stata fornita dalla Corte di Cassazione con pronuncia n. 9567 del 23 aprile 2007.

La Suprema Corte ha stabilito, infatti, che le spese di pubblicità e propaganda sono quelle spese relative alla realizzazione di iniziative di pubblicizzazione di prodotti e marchi e, ancora, servizi dell’azienda e comunque alla promozione dell’attività svolta dalla stessa, mentre le spese di rappresentanza sono finalizzate ad aumentare il prestigio, l’immagine ed anche lo sviluppo della società.

Inoltre, le spese di pubblicità sono il frutto di un contratto tra due parti, dove una parte ha l’obbligo di svolgere l’attività di pubblicizzazione e l’altra parte si impegna ad erogare una prestazione in denaro o in natura come corrispettivo per la prestazione di cui ha beneficiato.

Il fine delle spese di pubblicità e propaganda. Quindi le spese di pubblicità e propaganda hanno finalità promozionale e di incremento immediato o spalmato nel tempo delle vendite, attraverso ad esempio l’acquisizione di nuovi clienti oppure con l’aumento delle vendite tra coloro che sono già clienti, dando agli stessi un messaggio circa l’esistenza e le qualità di un certo prodotto o servizio.

Diamo una definizione di spese di rappresentanza. Per le spese di rappresentanza, invece, il D.M 19/11/2008 stabilisce che: “Sono considerate spese di rappresentanza le spese per erogazioni a titolo gratuito di beni e servizi, effettuate con finalità promozionali o di pubbliche relazioni e il cui sostenimento risponda a criteri di ragionevolezza in funzione dell’obiettivo di generare anche potenzialmente benefici economici per l’impresa ovvero sia coerente con pratiche commerciali di settore”.

Tali spese si differenziano dalle spese di pubblicità e propaganda perché vengono sostenute per creare, mantenere, aumentare il prestigio societario senza però creare aspettative di incremento delle vendite. Inoltre, elemento fondamentale e caratteristico delle spese di rappresentanza è quello della gratuità, cioè l’assenza di una controprestazione o di un corrispettivo in capo a chi fruisce dei beni e dei servizi collegati a tali spese.

La circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 34/2009 definisce le spese di pubblicità come “caratterizzate dalla circostanza che il loro sostenimento è frutto di un contratto a prestazioni corrispettive, la cui causa va ricercata nell'obbligo della controparte di pubblicizzare/propagandare – a fronte della percezione di un corrispettivo – il marchio e/o il prodotto dell’impresa al fine di stimolare la domanda”. E pertanto se c’è assenza di gratuità la spesa di rappresentanza diventa spesa di pubblicità.

Deducibilità costi spese di pubblicità e propaganda

Vediamo ora quali sono le percentuali e le modalità di deducibilità delle spese di pubblicità e propaganda.

In merito al tema della deducibilità delle spese di pubblicità e propaganda, la normativa italiana dà alle imprese la possibilità di portare totalmente a deduzione tali costi dal reddito d’impresa.

La norma che contiene tale principio, come abbiamo visto, è contenuta nell’art. 108 comma 2 del TUIR. Tale articolo recita: “Le spese di pubblicità e di propaganda sono deducibili nell’esercizio in cui sono state sostenute o in quote costanti nell’esercizio stesso e nei quattro successivi”.

Quindi, le spese di pubblicità e propaganda sono deducibili al 100 per cento nell’esercizio in cui sono state sostenute oppure ammortizzabili, per decisione del contribuente, in 5 anni.

Il contribuente (impresa o anche professionista) ha, quindi, la possibilità di operare una scelta circa le modalità di deduzione del costo relativo a spese di pubblicità e propaganda; il soggetto può scegliere alternativamente:

  • di addossare in termini fiscali completamente il costo all’esercizio in cui è stato sostenuto e quindi operare una deduzione completa del costo stesso;
  • scegliere di ripartire il costo su 5 esercizi, tenendo conto che sarà obbligato a “scaricare” tale costo a quote costanti.

Le spese di pubblicità sono deducibilità per cassa o competenza? Le spese di pubblicità e propaganda per poter godere della deducibilità totale sono assoggettate al possesso di necessari requisiti validi, comunque, in via generale nel calcolo del reddito d’impresa tali spese di pubblicità e propaganda devono rispondere a criteri di:

  • competenza;
  • certezza;
  • inerenza.

Devono quindi essere imputata (secondo il criterio della competenza) all’esercizio in cui sono state sostenute e qualora dovessero (come spesso accade) riferirsi a prestazioni svolte a cavallo fra due esercizi ad ognuno di tali esercizi dovrà essere addossata la rispettiva quota di spesa. Questo principio al fine di evitare che le deducibilità delle spese di pubblicità possa essere oggetto di manovre da parte del contribuente.

Per quanto riguarda la certezza, si chiede che il costo sia documentato da fattura che lo attesti; infine per il criterio dell’inerenza, tali spese di pubblicità e propaganda devono godere di un collegamento con i ricavi attesi.

Spese di rappresentanza deducibili ma entro dei limiti percentuali

La più importante differenza tra le spese di pubblicità e propaganda e le spese di rappresentanza sta nella possibilità di “scaricare” i relativi costi. Infatti la deducibilità delle spese di rappresentanza è inferiore rispetto alle spese di pubblicità e molto spesso l’Agenzia delle Entrate riconduce le spese di pubblicità sostenute da un contribuente (impresa, lavoratore autonomo, professionista) alle spese di rappresentanza, con relativo abbattimento delle possibilità di portare in detrazione il costo. Vediamo quindi la deducibilità delle spese di rappresentanza.

Le spese di rappresentanza, come abbiamo visto nell’art. 108 del TUIR, sono diverse dalle spese di pubblicità e propaganda in materia di deducibilità dei costi.

Sotto il profilo della deducibilità ai fini delle imposte dirette, le spese di di pubblicità, ai sensi dell’art. 108 TUIR, sono integralmente deducibili nell’anno in cui sono state sostenute oppure in quote costanti nell’esercizio stesso e nei quattro successivi. E sono interamente deducibili, quindi al 100%.

Anche le spese di rappresentanza sono deducibili al 100% ma secondo determinati limiti imposti dalla legge.

Prima di vedere i limiti massimi di deducibilità, è bene ricordare che secondo l’art. 108 del TUIR “Sono comunque deducibili le spese relative a beni distribuiti gratuitamente di valore unitario non superiore a euro 50”. Il riferimento è agli omaggi ai clienti distribuiti gratuitamente soprattutto nel periodo natalizio. Ebbene, fino a 50 euro per ogni omaggio, la deducibilità è del 100%.

Vediamo ora i limiti massimi di deducibilità imposti dalla legge, oltre i quali scatta l’indeducibilità delle spese di rappresentanza. Tali limiti sono cambiati nel 2016 rispetto al 2015 e gli anni precedenti.

Limiti di deducibilità delle spese di rappresentanza fino al 2015. Nel caso delle spese di rappresentanza, la deducibilità avviene nel periodo di sostenimento, se rispondenti ai requisiti di inerenza e congruità stabiliti dal D. M. 19 novembre 2008 e, quindi, in misura forfetaria in base al volume dei ricavi dell’impresa, vale a dire:

  • l’1,3% per ricavi fino a 10.000.000 euro;
  • lo 0,5% per ricavi da 10.000.000 fino a 50.000.000 euro;
  • lo 0,1% per ricavi oltre 50.000.000 euro.

Ma tali percentuali sono in vigore fino al 2015. Mentre a partire dall’anno 2016 i limiti di deducibilità sono stati modificati dal Decreto internazionalizzazione, il D. Lgs. n. 147/2015. L’art. 9 infatti modifica la deducibilità dal reddito d’impresa delle spese di rappresentanza, mantenendo però invariati i principi e requisiti di inerenza e congruità stabiliti dal D.M. 19 novembre 2008, “anche in funzione della natura e della destinazione delle stesse, del volume dei ricavi dell’attività caratteristica dell’impresa e dell’attività internazionale dell’impresa”.

Limiti di deducibilità delle spese di rappresentanza dal 2016. La deducibilità delle spese di rappresentanza avviene nel periodo di sostenimento, se rispondenti ai requisiti di inerenza e congruità stabiliti dal D. M. 19 novembre 2008 e, quindi, in misura forfetaria in base al volume dei ricavi dell’impresa, vale a dire:

  • l’1,5% per ricavi fino a 10.000.000 euro;
  • lo 0,6% per ricavi da 10.000.000 fino a 50.000.000 euro;
  • lo 0,4% per ricavi oltre 50.000.000 euro.

Il requisito di inerenza delle spese di rappresentanza. Le spese di rappresentanza si considerano inerenti se sono:

  • sostenute con finalità promozionali e di pubbliche relazioni;
  • ragionevoli in funzione dell’obiettivo di generare benefici economici;
  • coerenti con gli usi e le pratiche commerciali del settore.

Oltre al requisito di inerenza, c’è il requisito di congruità, che appunto è disciplinato dai limiti sopra descritti. In sostanza, oltre ad essere inerenti, le spese di rappresentanza nel loro ammontare annuo vanno rapportate ai ricavi e proventi della gestione caratteristica dell’impresa risultanti dalla dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in cui sono sostenute. In questa ottica dal Decreto viene posto un  limite quantitativo entro il quale le spese di rappresentanza sono da considerare congrue rispetto al volume dei ricavi dell’attività caratteristica dell’impresa. E si tratta dei limiti sopra descritti dell’1,3-1,5% dei ricavi fino a 10 milioni di euro.

Le spese eventualmente eccedenti i limiti sopra descritti sono indeducibili e saranno oggetto di apposita variazione in aumento in dichiarazione dei redditi.

Detraibilità IVA sulle spese di pubblicità e sulle spese di rappresentanza

Il Decreto sulle semplificazioni fiscali (D. Lgs. 21 novembre 2014, n. 175) ha unificato la detrazione forfettaria dell’IVA sulle spese di pubblicità e propaganda e sulle spese di rappresentanza nella misura pari al 50%.

Quindi sia le spese di sponsorizzazione sia quelle di pubblicità sono soggette ad una misura di detrazione forfettaria dell’IVA pari al 50%.

Esistono concrete possibilità che il Fisco a seguito di controlli possa riprendere a tassazione i costi sostenuti di sponsorizzazione qualificandoli come spese di rappresentanza anziché che come spese di pubblicità, con tutte le conseguenze riguardanti la deducibilità dei costi, che come abbiamo visto nel caso delle spese di rappresentanza è parziale mentre per le spese di pubblicità e propaganda è totale.

L’art. 29 del Decreto sulle semplificazioni fiscali ha modificato l’art. 74, comma 6, del D.P.R. n. 633/1972, per effetto del quale si aumenta al 50% la detrazione forfettaria IVA riconosciuta per le operazioni di sponsorizzazioni. Prima del Decreto del 21 novembre 2014 la detrazione IVA era sempre del 50% ma tale si riduceva a 1/10 per le operazioni di sponsorizzazioni e a 1/3 per le cessioni e concessioni di ripresa televisiva e trasmissione telefonica.

Con il Decreto Semplificazioni è stata disposta un'unica percentuale di detrazione IVA per le spese di pubblicità e propaganda e delle spese di rappresentanza (ivi compreso gli omaggi a clienti e dipendenti) nella misura del 50%.

Spese di pubblicità detraibili IVA anche in caso di assenza di inerenza. Una pronuncia della Commissione Tributaria Regionale toscana del 2015, sentenza n. 873, in linea a quanto già affermato in ambito comunitario dalla Corte di Giustizia, ha chiarito che “il diritto alla detrazione rimane acquisito se non vi è dimostrazione di circostanze fraudolente o abusive” imputabili al soggetto interessato.

La Corte di Giustizia ha osservato che il diritto alla detrazione “costituisce parte integrante del meccanismo dell’Iva e non può essere soggetto a limitazioni”, salvo nei casi di “frode conclamata”, in modo da garantire la neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche.

Secondo la Corte UE, il Fisco italiano, per negare il diritto alla detrazione IVA sulle spese di pubblicità, deve dimostrare, con elementi certi, che il contribuente abbia partecipato alla frode fiscale a danno dell’Erario. Quindi l’onere della prova ricade sul Fisco italiano.

Spese di pubblicità: deducibilità ai fini IRAP e IRES

Per quanto riguarda il trattamento delle spese di pubblicità e propaganda ai fini delle imposte sul reddito, tali spese sono deducibili al 100 per cento nell’esercizio in cui sono state sostenute oppure ammortizzabili, per decisione del contribuente, in 5 anni. Quindi sarà cura del contribuente operare tale scelta e godere di una forma di deducibilità piuttosto che dell’altra.

Ai fini IRAP, invece, bisogna tener presente che la Legge finanziaria del 2008 ha modificato la disciplina relativa alla determinazione della base imponibile IRAP, prevedendo il metodo di Bilancio: per le società di capitali ed enti commerciali, imprese individuali e società di persone in contabilità ordinaria che hanno esercitato la relativa opzione; ed il metodo fiscale riservato alle imprese individuali e alle società di persone in genere.

Indipendentemente dal metodo utilizzato comunque, le spese di pubblicità e propaganda, essendo classificate come costi per servizi sono integralmente deducibili ai fini IRAP.

Discorso diverso, invece, se per le spese di pubblicità e propaganda si sceglie una deducibilità a quote costanti in 5 anni, così come previsto dalla norma. In quel caso, non essendo classificate come costi per servizi, ma come quote di ammortamento di beni immateriali, per le spese di pubblicità e propaganda si propende ad una non deducibilità ai fini IRAP.

Spese di pubblicità: ammortamento

In relazione alle spese di pubblicità, anche in merito a quanto finora c’è da dire che il D.lgs. 139/2015 ha introdotto novità nella redazione del Bilancio d’esercizio delle società di capitali. Tale decreto ha abolito la possibilità dal 2016 di capitalizzare i costi di pubblicità e, avendo effetto retroattivo, tale decreto porta a cambiamenti nella rappresentazione in bilancio delle spese di pubblicità già iscritte.

Se fino al 31/12/2015 i costi di pubblicità potevano essere capitalizzati nello Stato Patrimoniale ma solo quando presentavano determinate condizioni, (altrimenti andavano imputati per intero a Conto Economico e classificati come costi di esercizio); dal 01/01/2016 è prevista l’eliminazione della possibilità di capitalizzare le spese per la ricerca e la pubblicità.

Tale decreto prevede anche la modifica della voce B.I. della Stato Patrimoniale che passa da “costi di ricerca, sviluppo e pubblicità” ad essere “costi di sviluppo”.

Concludendo, quindi, dal 1 gennaio 2016 le spese di pubblicità e sviluppo diventano costi di esercizio non capitalizzabili, e saranno iscritti esclusivamente nel Conto Economico. Per le spese di ricerca e sviluppo capitalizzate prima del 2016 e parzialmente ammortizzate, gli eventuali residui da ammortizzare dovranno essere girati a costo in conto economico.

Spese di sponsorizzazione

Accanto alle spese di pubblicità e propaganda possiamo citare le spese di sponsorizzazione.

Ma cosa si intende per sponsorizzazione? Sul tema è intervenuta l’Agenzia delle Entrate con risoluzione del 14 novembre 2002, n. 356/E, in cui si stabilisce che per sponsorizzazione si intende “un contratto bilaterale a prestazioni corrispettive, in base al quale il soggetto sponsorizzato o sponsee si obbliga nei confronti dello sponsor ad effettuare determinate prestazioni pubblicitarie dietro versamento di un corrispettivo che può consistere in una somma di denaro, in beni o servizi, che lo sponsor deve erogare direttamente o indirettamente”.

Si possono esaminare due caratteristiche di distinguo tra i contratti di sponsorizzazione e i contratti di pubblicità: innanzitutto nelle sponsorizzazioni non c’è diffusione diretta del messaggio pubblicitario, inoltre la sponsorizzazione è un contratto più aleatorio rispetto a quello pubblicitario trattandosi di una forma pubblicitaria indiretta.

Ai fini fiscali le spese di sponsorizzazione godono dello stesso trattamento di quelle di pubblicità sempreché lo scopo ultimo delle stesse sia quello di reclamizzare un prodotto commerciale, il nome o il marchio dell’azienda e che tali spese siano il frutto di un obbligo contrattuale tra le parti.

Tuttavia sono numerose le sentenze della Corte di Cassazione in merito alle spese di sponsorizzazione, questo perché non c’è una soluzione normativa univoca per tali spese e l’amministrazione finanziaria frequentemente accerta casi di indeducibilità dei costi di sponsorizzazione. Ad esempio, con sentenza n. 25100 del 25 settembre 2014, la Corte di Cassazione ha stabilito che la deducibilità dei costi relativi alla sponsorizzazione del marchio è legata alla capacità di dimostrare che tale sponsorizzazione abbia portato utilità per lo sviluppo commerciale, abbia influenzato le scelte della clientela e che venga dimostrata l’effettività delle prestazioni e la congruità delle spese sostenute.

Detraibilità dell’IVA per le spese di pubblicità e di sponsorizzazione. Ai fini IVA, la circolare 31/E dell’Agenzia delle Entrate, fornisce alcuni chiarimenti in merito al trattamento ai fini IVA delle spese di sponsorizzazione.

L’art. 29 del decreto legislativo 21 novembre 2014 n.175, dal titolo “Detrazione forfetaria per prestazioni di sponsorizzazione”, ha modificato la disciplina relativa all’IVA per le spese di sponsorizzazione contenuta nell’art.74, sesto comma del d.P.R. n. 633/72. In precedenza, tale articolo, prevedeva una detrazione IVA del 50% dell’imposta relativa alle operazioni imponibili, ma detta detrazione si riduceva a 1/10 per le operazioni di sponsorizzazioni e a 1/3 per le cessioni e concessioni di ripresa televisiva e trasmissione telefonica.

Il decreto sulle Semplificazioni fiscali ha invece disposto un’unica percentuale di detrazione sia per le spese di pubblicità e propaganda che per quelle di sponsorizzazione, pari al 50% dell’imposta relativa alle operazioni imponibili.

C’è comunque da puntualizzare che il succitato art. 29 del decreto è intervenuto solo in merito alla forfettizzazione delle prestazioni di sponsorizzazione ed ha lasciato immutate tutte le altre disposizioni dell’art.74, sesto comma, del d.PR n. 633 del 1972, in merito ai destinatari del regime e alle modalità applicative del regime stesso in relazione alle diverse categorie di soggetti.

La circolare 31/E dell’Agenzia delle Entrate, a cui ci rifacciamo, ricorda che sempre in relazione all’ar.74 d.PR 633/72 “il regime forfettario IVA di cui trattasi è riservato, per espressa previsione normativa, ai soggetti che organizzano attività di intrattenimento di cui alla tariffa allegata al dPR n. 640 del 1972 ed è esteso, ai sensi dell’art. 9 del dPR n. 544 del 1999, anche agli enti che esercitano l’opzione per l’applicazione delle disposizioni agevolative di cui alla legge n. 398 del 1991”.

Spese di pubblicità società sportive

Lo strumento della sponsorizzazione è, per le Associazioni e le Società Sportive Dilettantistiche (SSD), una notevole fonte di entrate.

L’art. 90 della legge 289/2002, al comma 8 recita: “Il corrispettivo in denaro o in natura in favore di società, associazioni sportive dilettantistiche e fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, nonché’ di associazioni sportive scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili riconosciuta dalle Federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva costituisce, per il soggetto erogante, fino ad un importo annuo complessivamente non superiore a 200.000 euro, spesa di pubblicità, volta alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del beneficiario, ai sensi dell’articolo 74, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917”.

Tale norma sta a significare che i corrispettivi in denaro o in natura erogati da un soggetto (titolare di reddito d’impresa) a titolo di sponsorizzazione ad associazioni o società sportive dilettantistiche rappresentano per chi li eroga spese di pubblicità fiscalmente deducibili se non superano i 200mila euro.

Affinché si possa godere della deducibilità di tali spese è necessario che le erogazioni abbiano fine promozionale dell’immagine e dei prodotti del soggetto erogante, tramite azioni messe in atto dei beneficiari, in questo caso società o associazioni sportive dilettantistiche iscritte al registro CONI.

E se le spese superano i 200mila euro? Con risoluzione 57/E del 20 giugno 2010, l’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti circa il caso in cui vengano erogati, ad associazioni o società sportive dilettantistiche, importi superiori ai 200mila euro. Nello specifico l’Agenzia stabilisce che “l’eccedenza in discorso sarà deducibile dal reddito d’impresa del soggetto erogante ai sensi dell’art. 108, comma 2, primo periodo, del TUIR a condizione, ovviamente, che la natura del rapporto contrattuale presenti tutti i requisiti formali e sostanziali riscontrabili in un rapporto di sponsorizzazione o di altra prestazione pubblicitaria”.

Inoltre la stessa circolare precisa che: “ai fini della deducibilità dal reddito d’impresa delle spese in argomento devono altresì essere soddisfatti, secondo i principi generali recati dal TUIR all’art. 109, i requisiti della competenza, della certezza, quanto all’esistenza del costo, e dell’oggettiva determinabilità dello stesso, quanto al relativo ammontare, nonché dell’inerenza della spesa ad attività o beni da cui derivino ricavi o altri proventi imponibili”.

Vediamo ora alle problematiche relative al soggetto ricevente la sponsorizzazione. Le associazioni e le società sportive dilettantistiche che nel periodo d’imposta abbiano non conseguito proventi per un importo superiore a 250.000 euro possono scegliere il regime fiscale agevolato previsto dalla legge n. 398 del 16 dicembre 1991. Attraverso tale scelta godranno dei benefici legati ad una determinazione agevolata del reddito imponibile ai fini delle imposte sul reddito, della possibilità di applicare il regime agevolato dell’IVA (art. 74, sesto comma d.P.R 633/72) e di alcune agevolazioni relative agli adempimenti contabili.

Per le associazioni e le Società Sportive Dilettantistiche la difficoltà sta nel fare in modo che non venga superato il limite dei 250mila euro, essendo condizione essenziale per rimanere nel regime di vantaggio. Tenendo conto che le somme percepite tramite contratti di sponsorizzazione, in quanto proventi dell’attività commerciale concorrono alla formazione dell’importo su richiamato, qualora il limite dei 250mila euro venga superato, ci sarà la decadenza di tali vantaggi e l’applicazione del regime ordinario.

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