Associazioni e società sportive dilettantistiche: aspetti fiscali e contributivi
Le verifiche in materia di lavoro e legislazione sociale risultano particolarmente complesse nell’ambito sportivo dilettantistico, in virtù della speciale disciplina fiscale, previdenziale e assicurativa che connota il settore delle Associazioni e società sportive dilettantistiche. Le peculiarità riscontrabili attengono non tanto allo scopo non lucrativo degli enti in esame, quanto piuttosto alla natura giuridica delle prestazioni rese dagli sportivi dilettanti.
Le associazioni o le società sportive dilettantistiche (d’ora in avanti A.s.d. o S.s.d.), infatti, oltre alla possibilità di “contrattualizzare” gli sportivi secondo le regole ordinarie (lavoro subordinato, autonomo o parasubordinato), hanno la facoltà d’inquadrare il regime dei compensi di tali prestazioni nell’alveo dell’art. 67, comma 1, lettera m) del Tuir (Testo unico sui redditi), la cui disciplina presenta non poche peculiarità dal punto di vista fiscale e previdenziale.
Il testo così recita:
Sono redditi diversi se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell'esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, ne' in relazione alla qualita' di lavoratore dipendente:
m) le indennità di trasferta, i rimborsi forfetari di spesa, i premi e i compensi erogati ai direttori artistici ed ai collaboratori tecnici per prestazioni di natura non professionale da parte di cori, bande musicali e filo-drammatiche che perseguono finalita' dilettantistiche, e quelli erogati nell'esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche dal CONI, dalle Federazioni sportive nazionali, dall'Unione Nazionale per l'Incremento delle Razze Equine (UNIRE), dagli enti di promozione sportiva e da qualunque organismo, comunque denominato, che persegua finalità sportive dilettantistiche e che da essi sia riconosciuto. Tale disposizione si applica anche ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale resi in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche;
Il linea generale, lo sportivo che rende le proprie prestazioni a favore del sodalizio potrebbe essere inquadrato secondo un regime giuslavoristico ordinario e, pertanto, le A.s.d./S.s.d. saranno soggette ad un prelievo fiscale, previdenziale ed assicurativo simile a quello previsto per il macro-settore industriale.
In particolare, gli sportivi e gli istruttori, inquadrati come lavoratori dipendenti, saranno per lo più soggetti alla disciplina collettiva propria del settore “palestre ed impianti sportivi”, anche se non è da escludere che l’associazione possa applicare un contratto appartenente ad un settore diverso
Sotto il profilo previdenziale, il prelievo contributivo da parte dell’Enpals sarà identico sia in caso di lavoro subordinato, autonomo che parasubordinato, sempre che si tratti di una delle figure rientranti nella categoria di cui all’art.1, nn. 20 e 22 del D.M. 15 marzo 2005, ovvero in quella degli ”impiegati, operai, istruttori e addetti agli impianti e circoli sportivi di qualsiasi genere, palestre, sale fitness, stadi, sferisteri, campi sportivi, autodromi, nonché di direttori tecnici, massaggiatori, istruttori e dipendenti delle società sportive”. In particolare, l’aliquota contributiva è pari al 33% della retribuzione (di cui il 9,19% a carico del lavoratore e 23,81% a carico del datore di lavoro/committente), mentre la base imponibile va calcolata in base ai giorni effettivi di lavoro, tenendo presente il minimale giornaliero.
Va precisato, tuttavia, che nell’ipotesi di lavoro dipendente, il sodalizio sarà soggetto anche al prelievo Inps in relazione alle “assicurazioni minori” (disoccupazione involontaria, a.n.f., malattia, maternità).
Sotto il profilo fiscale, gli sportivi “contrattualizzati” saranno soggetti ad un identico prelievo sia come dipendenti che come collaboratori coordinati e continuativi.
Così come accennato nel titolo, però, vige una disciplina speciale per le prestazioni rese in favore delle A.s.d./S.s.d.
Le A.s.d. o S.s.d, infatti, come sovente accade, possono giovarsi delle prestazioni sportive degli istruttori o quelle di natura amministrativo – gestionali (parificate a quelle sportive dal terzo comma dell’art. 90 della L. n.289/02), inquadrando i relativi compensi nell’ambito della speciale disciplina sotto richiamata:
Art. 69 comma 2: “Le indennità, i rimborsi forfettari, i premi e i compensi di cui alla lettera m) del comma 1 dell'articolo 81 non concorrono a formare il reddito per un importo non superiore complessivamente nel periodo d'imposta a 7.500 euro. Non concorrono, altresì, a formare il reddito i rimborsi di spese documentate relative al vitto, all'alloggio, al viaggio e al trasporto sostenute in occasione di prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale”.
E’ importante comunque precisare che il presupposto fondamentale affinchè le ASD giovino di questi particolari trattamenti di favore , è che le stesse siano riconosciute dal CONI .
Tutto ciò premesso, in termini di vigilanza, è necessario evidenziare come, sia la complessità che la specificità della disciplina renda le attività ispettive svolte nei confronti di tali realtà sempre caratterizzate dai lunghi contenziosi.
Già in sede di primo accesso ispettivo, gli organi di vigilanza più che controllare se le prestazioni tecnico-sportive siano state regolarmente denunciate agli enti di competenza, dovranno valutare il corretto inquadramento normativo delle stesse.
Dopo aver identificato e acquisito le dichiarazioni di coloro che effettuano una prestazione sportiva a favore dell’associazione in verifica, gli ispettori del lavoro dovranno accertare la natura sportivo dilettantistica della stessa, attraverso l’acquisizione dell’iscrizione al registro Coni “unico organismo certificatore della effettiva attività sportiva svolta dalle società e dalle associazioni dilettantistiche”.
Questo primo e formale controllo risulta indispensabile ai fini del godimento della normativa di favore di cui sopra e, pertanto, la mancata iscrizione condurrà inevitabilmente all’inquadramento delle prestazioni sopra descritte nell’alveo della normativa generale.
In caso contrario, gli ispettori procederanno alla valutazione degli elementi istruttori acquisiti al fine di accertare il corretto utilizzo dei benefici concessi dall’art.67. A tal proposito, occorre tenere a mente tre aspetti fondamentali:
1) la L. n.14/09, in sede di interpretazione autentica dell’art.67, co.1, lett. m) del Tuir, considera svolta nell’esercizio diretto di un’attività dilettantistica anche quella di natura didattica, formativa, di assistenza e di preparazione, ancorché non funzionale alla manifestazione sportiva. Pertanto, anche gli istruttori o i maestri, che tengano dei corsi in favore dei soci/clienti del sodalizio, potrebbero essere regolarmente inquadrati nell’alveo della predetta normativa di favore. Tuttavia, occorre precisare che tali prestazioni dovranno trovare la propria ragione economico-individuale nel perseguimento dei fini istituzionali dell’ente e non in una normale causa di scambio.
In altre parole, la prestazione sportiva sarà regolarmente inquadrata nell’alveo dell’art.67 solo se trova la propria ragione nel rapporto associativo che lega l’istruttore/maestro al sodalizio e non anche quando il compenso ricevuto sia strettamente legato all’assunzione di un obbligo di fare.
Appare evidente che la mancata partecipazione alla vita associativa del sodalizio, o la ricezione di un compenso rapportato a logiche di mercato, possa far vacillare la natura sportivo dilettantistica di quella prestazione. Alla stessa stregua, non sarà da inquadrare in tale ambito l’attività dello sportivo dilettante, qualora venga resa nel corso di una manifestazione sportiva professionistica (es. arbitro dilettante ad una gara professionistica).
2) in secondo luogo, l’attività tecnico-sportiva non deve essere resa nell’esercizio di un’attività professionale. La normativa in esame, ai fini della definizione del concetto di professionalità, non si riferisce tanto al contesto in cui la prestazione viene resa (se in ambito professionistico o dilettantistico-amatoriale), bensì alle caratteristiche intrinseche dell’attività svolta. Tale circostanza è resa palese dalla normativa in analisi nel momento in cui qualifica i compensi percepiti dagli sportivi dilettanti come “redditi diversi” che, per definizione, sono quelli non conseguiti “nell’esercizio di arti, professioni o in relazione alla qualità di lavoratore dipendente”.
La professionalità va valutata secondo criteri ontologici come l’abitualità dell’attività, che sta ad indicare un insieme di comportamenti caratterizzati da ripetitività, stabilità e sistematicità. Non integra il concetto de quo la prevalenza dell’attività sportiva resa a favore delle A.s.d., rispetto ad altre eventuali occupazioni di cui sia titolare lo sportivo dilettante.
Proprio l’Enpals chiarisce che “la professionalità ricorre anche se vi siano normali interruzioni nell’esercizio dell’attività. D’altro canto, attività professionale non significa attività esclusiva e neppure attività prevalente; la professionalità non è infatti incompatibile con il compimento di un singolo affare, in quanto lo stesso può implicare una molteplicità di atti tali da fare assumere all’attività carattere stabile. Infine, si rileva che, poiché il professionista è per definizione un soggetto che si rivolge ad una committenza indeterminata, l’esistenza di una committenza plurima, effettiva o potenziale, è certamente indice della presenza di attività professionale”.
Sempre per l’Enpals un ragionevole indice di non professionalità sarebbe rinvenibile nella marginalità dei compensi erogati ed il cui ammontare non dovrebbe essere superiore ad €4.500. Infine, va considerata attività professionale quella che implica specifiche conoscenze tecnico-scientifiche.
3) la valutazione della ragione economico-individuale della prestazione sportiva nonché il carattere professionale della stessa assumono una rilevanza marginale nell’ipotesi in cui il rapporto che lega l’istruttore al sodalizio presenti dei chiari sintomi di subordinazione, come ad esempio la soggezione ad un orario di lavoro e/o a direttive organizzativo/funzionali, retribuzione a tempo ecc..
In ultimo, d’obbligo, chiarire che alla luce della ampia definizione normativa di lavoratore e di datore di lavoro dettata dal D. Lgs. n. 81/2008 alle lettere a) e b) dell’art. 2, nonché del campo di applicazione di cui all’art. 3 comma 1, che ricomprende tutti i settori di attività e tutte le tipologie di rischio, il mondo del non profit in generale e pertanto anche le associazioni o società sportive dilettantistiche, rientrano nel campo di applicazione del decreto in esame.
Infatti il lavoratore è “la persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge una attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, ancheal solo fine di apprendere un mestiere un’arte o una professione…”, mentre la definizione di datore di lavoro è ormai svincolata dalla titolarità della responsabilità dell’impresa, e deriva invece, più in generale, dalla responsabilità dell’organizzazione delle prestazioni lavorative o alle stesse equiparate.a come dipendenti che come collaboratori coordinati e continuativi.
Articolo a cura del Dott. Andrea Cascione, Consulente del Lavoro membro del Centro Studi Ancl Regione Campania "On. Mancini"