Diffida accertativa negata verso la società fallita
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con la nota prot. n. 4684 del 19 marzo 2015, ha fornito al personale ispettivo alcune indicazioni in materia di diffida accertativa per crediti patrimoniali emessa nei confronti di una società fallita.
La diffida accertativa, prevista dall’art. 12 del D. Lgs. 124/2004, costituisce un valido e rapido strumento attraverso il quale il personale ispettivo delle Direzioni del lavoro può intervenire a tutela del credito patrimoniale vantato dal lavoratore nei confronti del datore di lavoro per la prestazione lavorativa resa.
Infatti, se durante l’attività di vigilanza emergono inosservanze della disciplina contrattuale dalle quali possono scaturire crediti patrimoniali in favore dei prestatori di lavoro, il personale ispettivo delle Direzioni del lavoro provvede con specifico atto a diffidare il datore di lavoro a corrispondere gli importi risultanti dagli accertamenti entro un termine predeterminato.
Avverso il provvedimento di diffida il datore di lavoro può promuovere nel termine di 30 giorni dalla notifica dell’atto, un tentativo di conciliazione presso la DTL.
In caso di accordo la diffida accertativa perde efficacia secondo quanto previsto in tema di conciliazione. Se il termine per esperire la conciliazione è decorso inutilmente oppure se l’accordo fra le parti non viene raggiunto in sede conciliativa, la diffida accertativa acquista, con apposito provvedimento del Direttore della DTL, valore di accertamento tecnico, con efficacia di titolo esecutivo, peraltro, il datore di lavoro può impugnare la diffida accertativa divenuta titolo esecutivo entro trenta giorni dalla notificazione, mediante ricorso al Comitato regionale per i rapporti di lavoro, il ricorso, che sospende l’esecutività della diffida, è deciso dal Comitato entro 90 giorni dalla presentazione; decorso inutilmente il termine previsto per la decisione, il ricorso si intende respinto.
Si ricorda che le tipologia dei crediti, che possono essere vantati tramite l’istituto della diffida accertativa sono:
- Crediti retributivi da omesso pagamento;
- Credito di tipo indennitario ,da maggiorazioni, TFR, ecc.. ;
- Crediti legati al demansionamento, o alla mancata applicazione di livelli minimi richiesti esplicitamente dal Legislatore in osservanza degli artt. 2103 C.C. e 36 Cost. (nonché secondo quanto previsto all’art. 7, comma 4, D.L. n. 248/2007, conv.to in n. 31/2008).
Affinché la diffida accertativa intimata dall’ispettore del lavoro possa assumere carattere di titolo esecutivo, tramite validazione del direttore della Dtl, deve avere il requisito dell’esigibilità. Questo è il parere espresso dal Ministero del Lavoro con la nota in oggetto riguardante la possibilità, da parte del direttore della direzione territoriale del lavoro (Dtl), di procedere alla validazione della diffida accertativa emessa nei confronti di una società fallita.
Tuttavia, la diffida accertativa, per assumere il carattere del titolo esecutivo, deve possedere tutti i requisiti previsti dall’ordinamento giuridico vigente e individuati, in particolare dall’articolo 474 del codice di procedura civile, deve cioè trattarsi di un diritto certo, liquido ed esigibile.
Pertanto, nel caso dell’accertamento nei confronti di una società fallita l’eventuale conseguente provvedimento di diffida accertativa non potrà essere legittimamente validato dal direttore in quanto, pur sussistendo, per ipotesi, il requisito della certezza e della liquidità, certamente nella circostanza manca il requisito dell’esigibilità.
Infatti, l’articolo 51 del R.D. N. 267 del 16 marzo 1942 (legge fallimentare) chiaramente stabilisce che, salvo diversa disposizione di legge, dal giorno della dichiarazione di fallimento, nessuna azione individuale esecutiva o cautelare anche per crediti maturati durante il fallimento, può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento.
Articolo a cura del Dott. Riccardo Trimarco – Consulente del Lavoro membro del Centro Studi "On. Mancini" – ANCL SU Regione Campania