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Nuovi termini di decadenza accertamento (D. Lgs. 128/2015)

Con il Decreto Legislativo n. 128/2015 entrano in vigore nuovi termini di decadenza dell’accertamento, in particolare riguardo alla norma sul raddoppio dei termini. Vediamo tutte le novità in materia di decadenza dell’azione accertativa del Fisco.
A cura di Antonio Barbato
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I nuovi termini di decadenza dell’accertamento sono una delle novità del Decreto Legislativo n. 128/2015 in vigore dal 2 settembre 2015. Nell’ambito della delega fiscale contenuta nella legge 23/2014 volta alla realizzazione di “un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita”, l’esecutivo ha emanato il Decreto Legislativo 128/2015 con il quale, tra l’altro, è intervento sulla certezza del diritto nei rapporti con il fisco.

In tale ottica, l’art. 2 del citato decreto modifica la disciplina del raddoppio dei termini per l’accertamento aggiungendo agli articoli 43, terzo comma, del DPR 600/73 (ai fini delle II.DD.) e 57, terzo comma, del DPR 633/72 (ai fini IVA) il nuovo periodo in base al quale “il raddoppio non opera qualora la denuncia da parte dell’Amministrazione finanziaria, in cui è ricompresa la Guardia di Finanza, sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini di cui ai commi precedenti”.

Decadenza del potere di accertamento. In generale, la disciplina della decadenza dal potere accertativo prevede:

  • Un termine ordinario di quattro anni dalla presentazione della dichiarazione;
  • o cinque nell’ipotesi di omessa presentazione o dichiarazione considerata tale, che è raddoppiato qualora sia fatta denuncia all’autorità giudiziaria per uno dei reati contemplati nel D. Lgs. 74/2000.

Quando scattava il raddoppio dei termini di accertamento. Prima dell’entrata in vigore della nuova disposizione, la trasmissione di una denuncia penale per un reato tributario comportava l’automatico raddoppio dei termini relativamente all’anno oggetto di segnalazione.

Tale raddoppio operava anche se la notizia di reato era trasmessa oltre i termini ordinari. Pertanto, un’annualità per la quale gli ordinari termini di decadenza fossero oramai scaduti poteva essere “riaperta”, con relativo recupero di imposte evase ed irrogazione delle relative sanzioni, qualora fosse intervenuta una notizia criminis entro otto o dieci anni, rispettivamente dalla data di presentazione della dichiarazione o dalla data in cui questa doveva essere presentata (omessa).

Nel sistema previgente, dunque, la denuncia per uno dei reati tributari di cui al D. Lgs. 74/2000 poteva intervenire anche oltre i termini ordinari ed i relativi atti impositivi erano legittimi se notificati entro otto o dieci anni.

Cosa cambia con il D. Lgs. n. 128/2015

Con il citato intervento normativo, nell’ottica di una maggiore certezza nei rapporti tra l’amministrazione finanziaria ed il contribuente, il Governo ha fissato un termine perentorio entro cui la denuncia dovrà essere inoltrata all’Autorità giudiziaria, pena la decadenza definitiva dell’azione di accertamento.

In particolare, con l’entrata in vigore delle nuove disposizioni (quindi del Decreto Legislativo 5 agosto 2015 n. 128 in vigore dal 2 settembre 2015), il deferimento all’autorità giudiziaria andrà trasmessa entro gli ordinari termini di decadenza. Viceversa, spirato tale termine, l’azione di accertamento dei tributi sarà inibita anche se dalla constatazione di violazioni di norme fiscali sarebbe emerso uno dei reati contemplati nel citato D. Lgs. 74/2000.

A tutela delle attività di contrasto all’evasione già in essere, il comma 3 prevede comunque che siano fatti salvi gli effetti:

  • degli avvisi di accertamento;
  • degli atti di irrogazione di sanzioni amministrative tributarie;
  • degli altri atti impugnabili con i quali l’Agenzia delle Entrate fa valere la pretesa impositiva;

a condizione che gli stessi siano, però, notificati alla data di entrata in vigore del decreto.

Nello specifico, gli avvisi di recupero di imposte o gli atti sanzionatori dai quali emergono constatazioni di violazioni tributarie penalmente rilevanti conservano la loro efficacia purché la notifica sia avvenuta entro il giorno di entrata in vigore del decreto citato.

Parimenti, sono fatti salvi gli effetti:

  • degli inviti a comparire di cui all’art. 5 del D. Lgs. 218/97 notificati entro la data di entrata in vigore del decreto (c.d. inviti definibili);
  • dei processi verbali di constatazione consegnati al contribuente entro la data di entrata in vigore del decreto e sempreché il relativo atto impositivo o sanzionatorio sia notificato entro il 31 dicembre 2015.

A titolo esemplificativo, saranno validi gli avvisi di accertamento e gli atti di irrogazione sanzioni relativi a processi verbali di constatazione regolarmente consegnati al contribuente entro il giorno di entrata in vigore delle nuove disposizioni e purché il atto impositivo sia notificato entro il termine del 31 dicembre 2015.

In conclusione, con l’introduzione del nuovo comma, l’azione accertativa sarà definitivamente decaduta se entro i termini ordinari di quattro (per le dichiarazioni presentate) e cinque anni (per le dichiarazioni omesse o considerate tali) non saranno trasmesse all’autorità giudiziaria denunce di reati tributari.

Sul piano pratico, il mancato intervento di una segnalazione penale comporterà, allo scadere dei termini ordinari, l’impossibilità definitiva per l’amministrazione finanziaria di far valere la propria pretesa tributaria.

Raddoppio dei termini anche senza notizia di reato

La Corte di Cassazione con la sentenza an. 20043 dell’8 ottobre 2015 ha stabilito che è legittimo il raddoppio dei termini anche se il reato è prescritto e anche se la notizia di reato non è stata inviata.

Nel caso specifico la contribuente rilevava che la notizia di reato era stata inoltrata per un soggetto terzo, ossia il legale rappresentare della società di cui era socia. Mentre nei suoi confronti non esisteva alcun delitto ascrivibile, anche alla luce del fatto che in ogni caso lo stesso sarebbe stato prescritto.

Secondo i giudici di merito la contribuente non poteva ritenersi estranea alle omissioni poste in essere dalla società. La Corte di Cassazione ha confermato le pronunce di merito dando torto alla contribuente.

Nella sentenza vengono richiamati i principi della sentenza n. 247 del 2011 secondo cui è compito del giudice tributario verificare l’eventuale uso strumentale della notizia di reato, volta cioè ad un mero allungamento dei termini di decadenza.

Secondo la Corte di Cassazione per il raddoppio dei termini rileva l’astratta configurabilità di un’ipotesi di reato e l’intervenuta prescrizione non è di per sé stessa impedimento all’applicazione del maggior termine. Non rileva quindi l’esercizio dell’azione penale da parte del PM, ma solo la sussistenza di riferire all’autorità giudiziaria l’esistenza di una notizia di reato.

La decisione della Corte di Cassazione quindi conferma la legittimità del maggior termine di accertamento, anche in assenza della notizia di reato.. Il D. Lgs. n. 128/2015 come abbiamo visto sembra confermare che anche in passato la denuncia dovesse essere inoltrata all’autorità per il raddoppio del termine.

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