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Permessi per motivi di studio

I lavoratori dipendenti hanno diritto a dei permessi per motivi di studio e per esami scolastici o universitari. Si tratta di permessi giornalieri retribuiti che spettano a tutti gli studenti che intendono conseguire titoli di studio riconosciuti. I lavoratori hanno anche diritto ai congedi per la formazione continua ed extralavorativa. Vediamo tutti gli aspetti.
A cura di Antonio Barbato
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permessi retribuiti per studiare e per esami universitari

Tra le assenze da lavoro tutelate dalla legge ci sono i permessi per motivi di studio. I lavoratori dipendenti generalmente hanno diritto ad assentarsi per sostenere degli esami universitari oppure per esercitare il proprio diritto allo studio. Si tratta di permessi giornalieri retribuiti generalmente riconosciuti in base al CCNL applicato dal datore di lavoro. 

La legislazione italiana prevede, a favore del prestatore di lavoro, diversi strumenti, tra cui permessi giornaliericongedi per la formazione e particolari agevolazioni, per l’esercizio concreto di tale diritto.

A prevedere il diritto allo studio e ad ottenere permessi per studio e formazione è la Costituzione Italiana che all’art. 35 nello stabilire che “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni” stabilisce anche la cha Repubblica “cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori”.

Sulla base di quanto disposto dalla Costituzione i lavoratori hanno diritto ad usufruire di permessi per la realizzazione del diritto allo studio ed a periodi di aspettativa non retribuita con conservazione del posto di lavoro.

I lavoratori studenti, che siano iscritti regolarmente a corsi di studio in scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale statali o legalmente riconosciute, secondo quanto previsto dall’art 10, Legge n. 300/1970, hanno diritto a turni di lavoro che permettano la frequenza ai corsi e la preparazione agli esami.

Il lavoratore studente ha diritto, inoltre, a dei benefici riguardanti l’orario di lavoro in particolare sui turni di lavoro, nonché all’esonero dal lavoro straordinario, al fine di agevolare la preparazione degli esami e consentire la frequenza ai corsi.

Quando i permessi per studio sono retribuiti. A stabilirlo è lo Statuto dei Lavoratori all’art. 10 stabilisce il diritto allo studio dei lavoratori italiani.

Permessi per frequenza a corsi di studio. L’art. 10 della Legge n. 300 del 1970 infatti stabilisce che “ I lavoratori studenti, iscritti e frequentanti corsi regolari di studio in scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, statali, pareggiate o legalmente riconosciute o comunque abilitate al rilascio di titoli di studio legali, hanno diritto a turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi e la preparazione agli esami e non sono obbligati a prestazioni di lavoro straordinario o durante i riposi settimanali”.

Stabilisce inoltre che “I lavoratori studenti, compresi quelli universitari, che devono sostenere prove di esame, hanno diritto a fruire di permessi giornalieri retribuiti. Il datore di lavoro potrà richiedere la produzione delle certificazioni necessarie all'esercizio dei diritti allo studio”.

Lo stesso trattamento spetta a coloro che frequentano i corsi professionali di cui alla legge n. 845 del 1978.

I contratti collettivi generalmente integrano la disciplina legale contenuta nello Statuto dei lavoratori riconoscendo ai lavoratori condizioni di miglior favore, quali ad esempio la concessione di un maggior numero di ore per il diritto allo studio a carico di un monte ore costituito a livello aziendale per la frequenza di corsi mirati al miglioramento della propria preparazione, anche in relazione all’attività aziendale.

Quindi per sapere quante ore di diritto allo studio spettano bisogna consultare il CCNL per verificare i propri diritti relativamente ai permessi per studio. Generalmente le ore di studio concesse dai contratti collettivi non sono inferiori a 150 ore in un triennio.

I contratti collettivi stabiliscono anche le percentuali di lavoratori che possono contemporaneamente assentarsi per l’esercizio del diritto allo studio.

Il lavoratore studente ha diritto, inoltre, a dei benefici riguardanti l’orario di lavoro in particolare sui turni di lavoro, nonché all’esonero dal lavoro straordinario, al fine di agevolare la preparazione degli esami e consentire la frequenza ai corsi.

In caso di rifiuto da parte del datore di lavoro a concedere il permesso senza valida motivazione, deve risarcire il lavoratore con il pagamento della retribuzione spettante per i giorni di permesso.

Permessi per esami

I lavoratori studenti, compreso quelli universitari, e compreso gli studenti universitari fuori corso, che devono sostenere prove d’esame, hanno diritto a fruire di permessi giornalieri retribuiti al fine di sostenere gli esami. Come abbiamo visto tale diritto è previsto dall’art. 10 dello Statuto dei Lavoratori.

La concessione del permesso non è subordinata all’esito dell’esame, ma esclusivamente al fatto che il lavoratore lo abbia sostenuto.

Sono valide le clausole dei contratti collettivi che stabiliscono periodi e modalità diverse per la fruizione dei permessi.

In caso di rifiuto da parte del datore di lavoro a concedere il permesso senza valida motivazione, deve risarcire il lavoratore con il pagamento della retribuzione spettante per i giorni di permesso (Pretura Milano, 20 febbraio 1982).

Secondo la giurisprudenza i permessi in questione spettano a tutti gli studenti che intendano conseguire titoli di studio riconosciuti dall’ordinamento giuridico statale.

Alcuni contratti collettivi integrano la disciplina legale prevedendo la concessione di ulteriori permessi (retribuiti e non) per la preparazione degli esami.

Il datore di lavoro può richiedere la produzione delle certificazioni necessarie all’esercizio del diritto.

La Corte Suprema della Cassazione ha affermato che nelle ipotesi in cui il contratto collettivo riconosca il diritto a permessi retribuiti per motivi di studio anche per il tempo strettamente necessario per recarsi a scuola dal luogo di lavoro, è correttamente motivata l’interpretazione del giudice di merito che ha ritenuto la disciplina contrattuale indicativa dell’intento delle parti stipulanti di riferirsi a corsi di studio interferenti con l’orario di lavoro e di contenere la durata del permesso al tempo strettamente necessario per tale spostamento, e non a quello maggiore occorrente per soddisfare esigenze di comodità del lavoratore. Lo ha stabilito la Cassazione in una sentenza del 1993.

Quante ore di permesso per studio spettano secondo il CCNL

I contratti collettivi prevedono la concessione di un determinato numero di ore retribuite, normalmente pari a 150 ore, in un arco temporale generalmente pari a 3 anni, nel rispetto di limiti di utilizzo contemporaneo, a favore dei lavoratori che intendono frequentare corsi di studio presso istituti pubblici, paritetici o legalmente riconosciuti.

I corsi devono avere per oggetto l’aggiornamento culturale e professionale del lavoratore o il recupero della scuola dell’obbligo. Sono considerati tali anche i corsi di alfabetizzazione e di apprendimento della lingua italiana a favore dei lavoratori stranieri.

Ad esclusione dei corsi di recupero, in generale, il numero delle ore del corso deve risultare pari al doppio delle ore di permesso retribuito.

Quindi, il lavoratore ha diritto alla retribuzione di 150 ore, qualora frequenti un corso di studi che abbia una durata minima di 300 ore.

contratti collettivi spesso introducono ulteriori disposizioni più favorevoli per il miglioramento della professionalità del lavoratore, in particolare nei casi in cui il corso risulti funzionale alle esigenze dell'azienda.

Sono ancora i CCNL a stabilire la percentuale massima di dipendenti che possono accedere al diritto in contemporanea.

Scuola serale. Il Tribunale di Macerata, con sentenza del 7 marzo 1991, ha stabilito che non compete alcun diritto a permessi qualora le lezioni siano serali, tranne il caso in cui il lavoratore sia adibito a turni di lavoro serali.

Per quanto riguarda la partecipazione ai corsi delle università telematiche, la circostanza che il lavoratore non sia tenuto a rispettare un orario di frequenza del corso in orari prestabiliti, fa venire meno ogni necessità di fruizione dei permessi per motivi di studio. Infatti, non essendo obbligato a partecipare necessariamente alle lezioni in orari prestabiliti, come avviene nella Università ordinaria, il lavoratore potrebbe scegliere orari di lezione compatibili con l’orario di lavoro. Lo stesso MIUR, nel proprio parere Prot. 09/207/RET/2 del 20 settembre 2009, che pure ha determinato l’insorgenza di dubbi applicativi, afferma che: “la metodologia di e-learning non implica la frequenza dei corsi in orari prestabiliti”.

Adempimenti del lavoratore.  A stabilire la procedura alla quale il lavoratore deve attenersi se interessato a partecipare ai corsi sono i contratti collettivi, che prevedono di presentare domanda scritta entro un determinato lasso di tempo, di norma stabilito a livello aziendale.

I contratti collettivi fissano generalmente un termine massimo, antecedente i corsi, per la presentazione della domanda.

Il lavoratore, inoltre, ha l’onere di documentare la partecipazione ai corsi sia con il certificato di iscrizione che con attestazioni di frequenza.

In caso di omessa presentazione della documentazione il lavoratore perde il diritto al pagamento delle ore di permesso.

Congedi per diritto allo studio

La legge n. 53/2000 prevede inoltre i seguenti congedi per la formazione:

  • Permessi per il diritto allo studio (massimo 11 mesi per lavoratori con 5 anni di anzianità di servizio);
  • Permessi per formazione continua (attivabile in tutto l’arco della vita, in base ai criteri definiti dai contratti collettivi);
  • Permessi per riqualificazione (attivabili dopo una sospensione prolungata dal lavoro, in base ai criteri definiti dai contratti collettivi).

Congedi per la formazione extralavorativa

La legge n. 53 del 2000 all’art. 5 stabilisce che tutti i lavoratori, sia pubblici che privati, con almeno cinque anni di anzianità presso la medesima azienda, hanno la possibilità di richiedere una sospensione del rapporto di lavoro per formazione, per un periodo non superiore a 11 mesi anche frazionato, nell’arco dell’intera vita lavorativa.

I permessi per il diritto allo studio di cui alla legge n. 53/2000 sono finalizzati:

  • al completamento della scuola dell'obbligo;
  • al conseguimento del titolo di studio di secondo grado;
  • al conseguimento del diploma universitario o di laurea;
  • alla partecipazione di attività formative diverse da quelle poste in essere dal datore di lavoro.

Durante il periodo di congedo per la formazione il dipendente conserva il posto di lavoro e non ha diritto alla retribuzione.

Tale periodo non è computabile nell'anzianità di servizio e non è cumulabile con le ferie, con la malattia e con altri congedi.

Una grave e documentata infermità, individuata sulla base dei criteri stabiliti dal medesimo decreto di cui all'art. 4, comma 4, intervenuta durante il periodo di congedo, di cui sia data comunicazione scritta al datore di lavoro, dà luogo ad interruzione del congedo medesimo.

Il datore di lavoro può non accogliere la richiesta di congedo per la formazione ovvero può differirne l'accoglimento nel caso di comprovate esigenze organizzative. I contratti collettivi prevedono le modalità di fruizione del congedo stesso, individuano le percentuali massime dei lavoratori che possono avvalersene, disciplinano le ipotesi di differimento o di diniego all'esercizio di tale facoltà e fissano i termini del preavviso, che comunque non può essere inferiore a trenta giorni.

Il lavoratore può procedere al riscatto del periodo di cui al presente articolo, ovvero al versamento dei relativi contributi, calcolati secondo i criteri della prosecuzione volontaria.

periodi di assenza non sono utili all'anzianità di servizio e non sono cumulabili con le ferie, la malattia e altri congedi, ma è comunque prevista la conservazione del posto di lavoro. L’INPS, con la Circolare n. 15 del 23 gennaio 2003, ha chiarito che il lavoratore ha la possibilità di coprire tali periodi richiedendone il riscatto ovvero la prosecuzione contributiva volontaria.

Congedi per la formazione continua e la riqualificazione

L’art. 6 della Legge n. 54 del 2000 tratta i congedi o permessi per la formazione continua, riconoscendo ai lavoratori, occupati e non occupati, il diritto di proseguire i percorsi di formazione al fine di accrescere conoscenze e competenze professionali, per tutto l’arco della vita.

L’art. 6: “I lavoratori, occupati e non occupati, hanno diritto di proseguire i percorsi di formazione per tutto l'arco della vita, per accrescere conoscenze e competenze professionali. Lo Stato, le regioni e gli enti locali assicurano un'offerta formativa articolata sul territorio e, ove necessario, integrata, accreditata secondo le disposizioni dell'art. 17 della legge 24 giugno 1997, n. 196 e successive modificazioni, e del relativo regolamento di attuazione. L'offerta formativa deve consentire percorsi personalizzati, certificati e riconosciuti come crediti formativi in ambito nazionale ed europeo. La formazione può corrispondere ad autonoma scelta del lavoratore ovvero essere predisposta dall'azienda, attraverso i piani formativi aziendali o territoriali concordati tra le parti sociali in coerenza con quanto previsto dal citato art. 17 della legge n. 196 del 1997 e successive modificazioni.

La contrattazione collettiva di categoria, nazionale e decentrata, definisce il monte ore da destinare ai congedi di cui al presente articolo, i criteri per l'individuazione dei lavoratori e le modalità di orario e retribuzione connesse alla partecipazione ai percorsi di formazione. Gli interventi formativi che rientrano nei piani aziendali o territoriali di cui al comma 1 possono essere finanziati attraverso il fondo interprofessionale per la formazione continua, di cui al regolamento di attuazione del citato art. 17 della legge n. 196 del 1997.

Anticipazione TFR per congedo per la formazione continua. Il lavoratore può chiedere un anticipazione del TFR per spese da sostenere durante il godimento del congedo, ai sensi dell’art. 7 della legge n. 53 del 2000.

L'anticipazione è corrisposta unitamente alla retribuzione relativa al mese che precede la data di inizio del congedo. Le medesime disposizioni si applicano anche alle domande di anticipazioni per indennità equipollenti al trattamento di fine rapporto, comunque denominate, spettanti a lavoratori dipendenti di datori di lavoro pubblici e privati.

Secondo la giurisprudenza, tale disposizione, prevedendo espressamente ipotesi diverse da quelle di cui all’art. 2120 del codice civile, non richiederebbe il requisito degli 8 anni di anzianità per fruire degli anticipi per congedi formativi.

Congedi per la riqualificazione. I contratti collettivi possono regolamentare le modalità di partecipazione ad eventuali corsi di formazione del personale, che riprendono l’attività lavorativa dopo una sospensione prolungata del lavoro.

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