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Abuso del diritto ed elusione fiscale unificati in un’unica norma

Con il D. Lgs. n. 128/2015 il Governo ha introdotto una nuova norma che unifica l’abuso del diritto e l’elusione fiscale eliminando la differenza sul piano fiscale. Il reato di abuso del diritto è stato depenalizzato, ma quando e come l’Agenzia delle Entrate lo contesta? Ecco tutte informazioni su cosa è l’abuso del diritto e l’elusione fiscale, come viene notificato l’avviso di accertamento e quali sono i termini di prescrizione.
A cura di Antonio Barbato
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abuso del diritto depenalizzato

In attuazione della delega fiscale il Governo interviene su abuso del diritto ed elusione fiscale. L’art. 1 del D. Lgs. 128/2015 recante disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente, in attuazione della legge delega n. 23/2014, aggiunge allo Statuto del contribuente (legge n. 212/2000) l’art. 10 bis che introduce nel nostro sistema fiscale una norma sull’abuso del diritto, principio finora elaborato dalla giurisprudenza ma privo di normazione nel sistema fiscale nazionale.

Cosa è l’abuso del diritto in materia fiscale. Si tratta del divieto per il contribuente di trarre degli indebiti vantaggi fiscali dall’utilizzo distorto di strumenti giuridici al principale fine di ottenere un risparmio fiscale. Si tratta quindi di un comportamento con il quale il contribuente abusa delle disposizioni normativa, pur non violandole, per portare a sé dei vantaggi fiscali consistenti in un risparmio fiscale. E tutto ciò in difetto di altre ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione. L’abuso del diritto è quindi da considerarsi un elusione fiscale. Secondo la giurisprudenza, c’è quindi un divieto di abuso del diritto che è una vera e propria clausola antielusiva di carattere generale.

L’abuso del diritto, infatti, era assunto a principio generale dell’ordinamento tributario a seguito della famosa sentenza della Corte di giustizia del 21 febbraio 2006 (c.d. sentenza “Halifax”) con la quale, per la prima volta, chiamati a giudicare circa il comportamento “non conforme” ai fini IVA di un istituto bancario inglese, i giudici comunitari avevano censurato le operazioni commerciali che “nonostante l’applicazione formale delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della sesta direttiva e della legislazione nazionale che la traspone” erano idonee a “procurare un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all’obiettivo perseguito da quelle stesse disposizioni”.

Unica clausola codificata del nostro ordinamento che permetteva la contestazione, per altro limitata a fattispecie tassative, di operazioni formalmente corrette poste in essere al solo fine di eludere le imposte era contenuta nell’art. 37 bis del DPR 600/73.

Contemporaneamente all’entrata in vigore della nuova normativa, il citato articolo 37 bis viene interamente abrogato essendo ora il concetto di elusione fiscale ricompreso nella più generale fattispecie dell’abuso del diritto.

Quando si configura l’abuso del diritto. Secondo la nuova disciplina l’abuso del diritto (o l’elusione) si configura allorquando una o più operazioni pur formalmente rispettose delle norme fiscali:

  • siano prive di sostanza economica ovvero inidonee a produrre effetti diversi dai vantaggi fiscali;
  • realizzino dei vantaggi fiscali indebiti ovvero in contrasto con le finalità delle norme o con i principi dell’ordinamento tributario.

Quindi i tre presupposti sono l’assenza di sostanza economica delle operazioni effettuate; la realizzazione di un vantaggio fiscale indebito; la circostanza che il vantaggio è l’effetto essenziale dell’operazione.

Quando e come l’Agenzia delle Entrate contesta l’abuso del diritto

Al ricorrere delle suddette condizioni tali operazioni sono inopponibili all’amministrazione finanziaria che può disconoscere i vantaggi conseguiti dal contribuente determinando i tributi dovuti sulla base delle norme e dei principi elusi.

Elemento, dunque, determinante affinché si configuri l’abuso del diritto è la circostanza che il vantaggio fiscale conseguito costituisca il fulcro su cui si incentra l’intera operazione.

Al contrario, il Fisco non potrà contestare le operazioni che rispondono a valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa ovvero dell’attività professionale del contribuente (comma 3 dell'art. 1 del D. Lgs. 128/2015).

Nell’ottica della collaborazione tra le parti del rapporto fiscale, il comma 5 del citato articolo 10 bis sancisce la possibilità per il contribuente di ricorrere alla procedura di interpello, di cui all’art. 11 del medesimo Statuto del contribuente, al fine di conoscere se il comportamento che intende adottare o ha già adottato costituisca o meno abuso del diritto. Ovviamente, l’istanza dovrà essere presentata prima della scadenza dei termini di presentazione delle dichiarazioni o per l’assolvimento di altri obblighi tributari connessi alla fattispecie per cui l’istanza è promossa.

Sul piano strettamente procedimentale, la nuova disciplina stabilisce che la fattispecie abusiva dovrà essere necessariamente accertata mediante l’emissione di specifico atto impositivo, fermo restando l’accertamento di ulteriori e diverse fattispecie fiscalmente rilevanti attraverso diverso avviso di accertamento. Tuttavia, in difesa del principio di contraddittorietà, è previsto che, a pena di nullità, l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate, prima dell’emissione dello specifico atto di recupero, dovrà fare richiesta di chiarimenti indicando i motivi per i quali ritiene configurabile un abuso del diritto. Avviato il procedimento, Il contribuente avrà 60 giorni dalla notifica dell’invito per fornire ogni chiarimento in ordine alla fattispecie attenzionata dal fisco.

Termini di notifica al contribuente. L’invito in parola dovrà essere notificato al contribuente secondo quanto prescritto dall’art. 60 del D.P.R. 600/73 e comunque entro gli ordinari termini decadenziali dell’accertamento (31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione o quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione doveva essere presentata). Tuttavia, qualora il termine decadenziale sia ricompreso all’interno dei giorni assegnati al contribuente, lo stesso, in deroga a quello ordinario, sarà automaticamente prorogato fino a concorrenza dei sessanta giorni. In sostanza il termine decadenziale ordinario sarà suscettibile di proroga automatica qualora in prossimità della scadenza il contribuente riceverà l’invito a fornire chiarimenti in ordine a fattispecie potenzialmente abusive/elusive.

Per quanto concerne il contenuto dell’avviso di accertamento, la nuova disposizione prevede che, a pena di nullità, sarà onere dell’amministrazione finanziaria motivare in ordine alla condotta abusiva, alle norme o ai principi elusi, agli indebiti vantaggi fiscali realizzati, nonché ai chiarimenti forniti dal contribuente. In altre parole, espletata la fase preliminare del contraddittorio, per poter procedere al recupero delle imposte evase l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate dovrà dimostrare l’esistenza di una condotta abusiva, indicare quali sono le norme e i principi oggetto di elusione, i vantaggi fiscali indebitamente conseguiti attraverso il comportamento ritenuto abusivo nonché motivare le ragioni del rigetto dei chiarimenti forniti dal contribuente. In assenza di tali elementi l’atto impositivo sarà nullo.

Il comma 10 dell’articolo 10-bis prevede che nell’ipotesi di sentenza di primo grado favorevole all’Ufficio, i tributi accertati in applicazione della disciplina sull’abuso del diritto unitamente ai relativi interessi, escluse quindi le sanzioni, sono già iscritti a ruolo.

Particolare tutela viene riservata ai soggetti che non hanno partecipato all’operazione abusiva ma che in relazione ad essa hanno sostenuto un maggior carico tributario. Costoro possono ottenere la restituzione dell’eventuale eccedenza d’imposta versata a seguito dell’operazione contestata mediante la presentazione di apposita istanza di rimborso entro un anno dalla notifica dell’avviso di accertamento.

Secondo la nuova disciplina l’abuso del diritto si configura quale fattispecie residuale poiché può essere oggetto di contestazione solo se i vantaggi fiscali non possono essere disconosciuti contestando la violazione di specifiche disposizioni tributarie.

Relativamente al profilo penale, il comma 13 stabilisce che le operazioni abusive non danno luogo a fatti penalmente rilevanti secondo le leggi penali tributarie rilevando esclusivamente sotto il profilo delle sanzioni ammnistrative tributarie.

Le disposizioni in commento trovano applicazione a far data dal primo ottobre 2015 anche relativamente alle operazioni poste in essere anteriormente a tale data per le quali non sia stato notificato alla data di entrata in vigore del decreto legge il relativo avviso di accertamento.

Pertanto, anche le operazioni non ancora oggetto di accertamento, seppur precedenti alla data di entrata in vigore del decreto, vengono sottoposte all’iter procedimentale previsto dalla nuova disciplina.

Perché l’abuso del diritto è stato depenalizzato

Molti contribuenti si saranno chiesti “abuso del diritto, cos’è la depenalizzazione?”

La Corte di cassazione ha emesso la prima sentenza sul nuovo articolo 10 bis dello Statuto del contribuente e ciò porta alla depenalizzazione dell’abuso del diritto con proscioglimento in quando “il fatto non è più previsto dalla legge come reato”. E ciò anche per chi è stato condannato due volte.

Con la sentenza n. 40272 della Terza sezione penale, la Corte di Cassazione ha applicato la riforma entrata in vigore dal 1 ottobre 2015. Un rappresentate legale, sanzionato sia in primo grato che in appello di giudici di Milano per il reato di dichiarazione infedele è stato assolto. Ciò perché in base dall’art. 10 bis, comma 13 della legge n. 212 del 2000 (dopo la riforma) il reato di elusione fiscale e abuso del diritto non è più punibile sul piano penale, ma solo su quello amministrativo.

Il Fisco può imporre una sanzione dal 100% al 200% della maggiore imposta ma non può richiedere condanne sul piano penale.

La decisione della Corte di Cassazione è in applicazione del favor rei. Secondo la Corte di Cassazione, eventuali violazioni passate, per il principio del favor rei, non potranno essere più penalmente perseguite.

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