Accordi collettivi sui rinnovi dei contratti a termine vanificati dal Decreto Lavoro
Il Ministero del Lavoro ha pubblicato una importante nota riguardo gli accordi stipulati dalla contrattazione collettiva per la riduzione degli intervalli nei contratti a termine. Tali accordi avevano efficacia nel periodo post Riforma Fornero, mentre risultano superati dagli interventi di riduzione degli intervalli del Decreto Lavoro. E’ quanto chiarito in una nota. In sostanza valgono solo gli accordi stipulati dopo l’entrata in vigore del Decreto n. 76 del 2013.
Arriva quindi un ulteriore chiarimento riguardo la disciplina del cosiddetto stop and go nel contratto a termine, ossia gli intervalli che si devono rispettare tra il termine di un contratto a tempo determinato e l’inizio di un altro contratto a termine tra le parti, per mansioni equivalenti. Ma andiamo per gradi.
La nota riguarda l’intervento della contrattazione collettiva, la quale può disciplinare nel CCNL una riduzione degli intervalli introdotti dalla Riforma Fornero. Ossia ridurre a 20 e 30 giorni la durata ordinaria degli intervalli di 60 e 90 giorni.
L’aumento degli intervalli a 60 o 90 giorni della Riforma Fornero. La legge n. 92 del 2012 ha introdotto, tra non poche polemiche, un aumento degli intervalli tra contratti a termine: attesa di 60 giorni per il rinnovo di contratti a tempo determinato ultimati della durata fino a 6 mesi; attesa di 90 giorni per i rinnovi di contratti a termine oltre i 180 giorni. Per maggiori informazioni vediamo l’aumento degli intervalli della Riforma Fornero.
L’intervento della contrattazione collettiva per la riduzione degli intervalli a 20 o 30 giorni. In successiva fase, viste le difficoltà nelle quali si trovavano soprattutto i lavoratori, costretti a stare a casa senza lavoro e stipendio, è stata introdotta dal Ministero del Lavoro con la circolare n. 27 del 7 novembre 2012, la possibilità, per la contrattazione collettiva, anche aziendale, di reintrodurre i vecchi intervalli precedenti alla Riforma Fornero, ossia rispettivamente 20 giorni, in caso di contratto con termine scaduto di durata inferiore a 6 mesi, 30 giorni per quelli superiori a 6 mesi. Per maggiori informazioni vediamo riduzione intervalli: potere ai CCNL.
La modifica definitiva del Decreto Lavoro. Con il Decreto n. 76 del 2013 il Governo Letta ha fatto completamente marcia indietro, reintroducendo i vecchi intervalli per lo stop and go di 20 e 30 giorni, rispettivamente per i contratti a termine fino a 6 mesi e quelli superiori a 6 mesi. Per maggiori informazioni vediamo Decreto Lavoro: ridotti gli intervalli.
A questo punto in molti si sono chiesti se gli accordi della contrattazione collettiva, che hanno ridotto gli intervalli a 20 e 30 giorni in deroga alla riforma Fornero, fossero ancora validi ed efficaci. Il Ministero del Lavoro è intervenuto a chiarire questo aspetto con la nota n. 5426 del 4 ottobre 2013:
“Sono pervenuti a questo Ministero una serie di quesiti in ordine ai profili interpretativi della disposizione di cui all'articolo 7 comma 1 lettera c) del D.L. n. 76 del 2013 convertito dalla Legge 99 del2013 sostitutivo dell'articolo 5, comma 3, del D. Lgs. n. 368 del 2001 in materia di intervalli temporali tra due contralti a termine.
Più specificatamente si chiede se gli accordi stipulati da parte della contrattazione collettiva anche aziendale, che avevano ridotto la durata degli intervalli a 20 e 30 giorni in deroga alla precedente formulazione del predetto articolo 5 comma 3 che prevedeva una durata "ordinaria" di 60 e 90 giorni dei citati intervalli, conservino ancora la loro efficacia o siano stati superati dal nuovo dettato normativo.
Al riguardo si precisa che i predetti accordi vanno necessariamente contestualizzati nel quadro normativo previgente, che aveva allungato notevolmente la durata degli intervalli fra due contratti a termine e sono intervenuti a "flessibilizzare" la disciplina al momento vigente entro i limiti legali consentiti e cioè di 20 e 30 giorni in relazione alla durata infrasemestrale o ultrasemestrale dei relativi contratti.
Appare però evidente che tale regolamentazione contrattuale, allora di miglior favore, appare oggi superata a seguito del più recente intervento normativo che ha ridotto "in via ordinaria" lo spazio temporale tra due contratti a 10 e 20 giorni, superando, e in qualche modo "vanificando", gli interventi di flessibilizzazione già posti in essere ed inevitabilmente legati a minimi di durata legale dell'interruzione (20 e 30 giorni) superiori agli attuali periodi normativamente previsti.
Validi gli accordi post Decreto Lavoro. Continua la nota: “Quanto invece agli accordi collettivi stipulati a decorrere dall'entrata in vigore del D.L 76/2013 convertito dalla Legge 99/2013, questi ultimi potranno validamente prevedere una riduzione o addirittura un azzeramento dei predetti intervalli di 10 e 20 giorni nelle ipotesi definite dalla disciplina pattizia con effetti "normativi" nei confronti di tutti i soggetti rientranti nel campo di applicazione dei citati accordi.
Resta ovviamente fermo che la contrattazione collettiva, nell'ambito della sua autonomia, possa prevedere intervalli anche di maggior durata ma, stante la valenza della previsione normativa in esame, tali disposizioni non potrebbero che produrre effetti sul piano ‘"obbligatorio" e quindi esclusivamente nei confronti delle parti stipulanti”.