Caro Governo Renzi, non si taglia la pensione di reversibilità alle vedove
C’è un allarme che è stato lanciato in queste ore. Il Governo starebbe pensando di trasformare la pensione di reversibilità da prestazione previdenziale a prestazione assistenziale, legando il diritto alla pensione ai superstiti al reddito familiare e all’indicatore ISEE, determinando la perdita del diritto per moltissimi titolari dell’assegno di reversibilità.
Sul tavolo della Commissione Lavoro alla Camera dei Deputati è infatti giunto un disegno di legge di riordino delle prestazioni assistenziali che punta a modificare la normativa sulla pensione di reversibilità, legando il diritto all'assegno a parametri economici di reddito familiare molto più stringenti degli attuali.
Probabilmente nel tentativo di riequilibrare le casse dell’Inps al Governo si sta pensando di tagliare addirittura una delle prestazioni previdenziali cardine del sistema previdenziale italiano quale è la pensione ai superstiti, una pensione che interviene a tutelare la capacità reddituale delle famiglie colpite da un gravissimo lutto familiare, quale è la perdita del marito o della moglie, del padre lavoratore o della madre lavoratrice.
Ciò è grave e potrebbe rappresentare l’ennesimo colpo ai diritti acquisiti, un colpo basso del Governo alle vedove italiane, soprattutto, ma in generale a tutte quelle famiglie che hanno perso un familiare che era lavoratore e padre o madre di famiglia.
Ricordiamo che la pensione ai superstiti è quella pensione che spetta ai familiari in caso di morte del lavoratore o della lavoratrice. Ma anche alla morte del pensionato. E spetta non solo alla vedova o al vedovo, ma anche ai figli del defunto, in presenza dei requisiti. Per maggiori informazioni ecco la guida alla pensione di reversibilità.
Trasformare la pensione di reversibilità da prestazione previdenziale (legata ai contributi versati dal familiare morto) a prestazione assistenziale, con tanto di limite di reddito legato all’indicatore ISEE vuol dire fare una rivoluzione nella normativa sulla pensione ai superstiti.
Come dire, in caso di morte del padre e marito lavoratore, la vedova oggi percepisce la pensione di reversibilità come prestazione previdenziale calcolata sulla base dei contributi versati dal marito defunto, mentre domani, in caso di approvazione del disegno di legge, il suo diritto alla pensione ai superstiti sarebbe legato al reddito suo e dei familiari superstiti. Con l’introduzione di un indicatore ISEE, probabilmente basso, molti perderebbero il diritto alle pensione di reversibilità. E ciò coinvolge, ovviamente, anche i mariti e figli superstiti di madre lavoratrice defunta.
Il danno, secondo i dati statistici, è soprattutto per le donne e per il loro assegno di vedovanza. Ed si è subito scatenata la polemica su più fronti.
A lanciare l’allarme è stato il segretario generale dello Spi-Cgil che sul Fatto Quotidiano ha appunto denunciato l’arrivo in Commissione Lavoro alla Camera dei Deputati del disegno di legge delega dove viene prevista, tra le misure di di riordino delle prestazioni assistenziali, la modifica della normativa sulla pensione di reversibilità.
I requisiti per la pensione ai superstiti. Attualmente, come detto, la pensione ai superstiti, che prende il nome di pensione di reversibilità in caso di morte del lavoratore padre e marito o della lavoratrice madre e moglie, spetta in presenza di requisiti contributivi. Il lavoratore o la lavoratrice, al momento della morte, deve aver avuto, in alternativa, o 15 anni di contributi versati oppure 5 anni di contributi versati di cui almeno 3 anni nel quinquennio precedente la data del decesso.
Per il diritto alla pensione di reversibilità attualmente quindi contano i contributi versati. Infatti si parla di prestazione di tipo previdenziale, che non è influenzata, se non marginalmente dal reddito familiare.
Il reddito della vedova o del vedovo e/o dei familiari superstiti titolari della pensione di reversibilità, infatti, secondo la normativa attuale, possono determinare solo una riduzione dell’importo spettante, che è calcolato sulla base dei contributi versati durante la carriera lavorativa dal familiare defunto.
E di quanto è questa riduzione? è del 25%, se il reddito dei superstiti è superiore a 3 volte il trattamento minimo (ossia superiore a circa 19.500 euro). Quindi una cifra comunque importante. Poi sono previste riduzioni del 40% se il reddito familiare supera i 26 mila euro e del 50% se il reddito familiare supera i 32 mila euro.
Nel disegno di legge invece ci sarebbe una trasformazione della prestazione da previdenziale ad assistenziale con l’introduzione di indicatori ISEE molto più bassi dei 19.500 euro, una novità normativa che ridurrebbe notevolmente la platea dei beneficiari dell’assegno di reversibilità, che sottolineiamo è una prestazione erogata dall’Inps ad una famiglia che è stata colpita da un evento di morte di un familiare. Un familiare lavoratore, nella maggior parte dei casi anche principale fonte di reddito della famiglia stessa.
Se gli obiettivi del Governo e dell'Inps sono quelli di riequilibrare le casse previdenziali, la strada da perseguire non è certamente quella di colpire i diritti acquisiti (si sottolinea ancora che la pensione di reversibilità è riconosciuta in favore dei superstiti di un lavoratore che ha comunque versato per anni i contributi all'Inps), i diritti fondamentali, i diritti costituzionalmente garantiti.
Il diritto non può essere subordinato alle esigenze di cassa, caro Governo.