Coronavirus: quali sono gli spostamenti di lavoro giustificati
L'emergenza Coronavirus ha costretto il Governo italiano a disporre una serie di decreti legge di contenimento della diffusione del Covid-19. I DPCM 8 e 9 marzo 2020 impongono a lavoratori e datori di lavoro una valutazione su quali sono gli spostamenti di lavoro giustificati nel periodo di contrasto al Coronavirus fino al 3 aprile 2020.
Molte attività lavorative sono sospese per effetto dell'entrata in vigore dei due decreti, o precedenti decreti, alcune attività sono sospese per decisione del datore di lavoro, altre attività si svolgono in modalità lavoro agile o smart working.
Ci sono una serie di aziende che stanno continuando, legittimamente secondo legge, a svolgere le proprie attività lavorative nella sede aziendale con la presenza dei lavoratori nelle propri postazioni di lavoro. Diventa fondamentale capire secondo le normative sul Coronavirus quali sono gli spostamenti di lavoro autorizzati dalla legge.
La premessa è d'obbligo: tutti i decreti del Governo, tutte le conferenze stampa del Premier Conte, di tutti i Presidenti regionali e coloro che devono attuare le norme, invitano tutti i cittadini a limitare al massimo i contatti, chiamando in causa l'enorme senso di responsabilità delle aziende e dei lavoratori, pertanto nei decreti viene fortemente consigliato il ricorso al lavoro agile o smart working, o comunque adottare le massime precauzioni.
Il lavoro agile non è imposto ai datori di lavoro e per alcune aziende è oggettivamente impossibile evitare gli spostamenti per motivi di lavoro.
In attesa che il Governo provveda a definire il quadro degli ammortizzatori sociali utili a tutte le aziende del territorio italiano per programmare eventuali periodi di chiusura con diritto a sostegno economico, vediamo quali sono i comportamenti che datore di lavoro e lavoratore devono tenere in rispetto delle norme sul Coronavirus emanate dal Governo italiano.
- 1Coronavirus: normativa sugli spostamenti
- 2Quali sono le comprovate esigenze lavorative?
- 3Coronavirus: spostamenti tragitto casa-lavoro consentiti
- 4Trasferte di lavoro: obblighi datore e lavoratore
- 5Prestazione lavorativa svolta in esterno: obblighi e diritti
- 6Evitare spostamenti non necessari
- 7Il lavoratore può rifiutare gli spostamenti?
- 8Divieto assoluto di assembramenti
Coronavirus: normativa sugli spostamenti
Il DPCM 9 marzo 2020 ha esteso quanto previsto dall'art. 1 del DPCM 8 marzo 2020 a tutta Italia.
Pertanto, fino a 3 aprile 2020, la normativa di riferimento per gli spostamenti in tempo di Coronavirus è quella prevista dall'art. 1, comma 1, lettera a) del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2020. Il testo ufficiale è il seguente:
"Allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19" in tutto il territorio Italiano, "sono adottate le seguenti misure:
a) evitare ogni spostamento delle persone fisiche in entrata e in uscita dai territori di cui al presente articolo, nonché all'interno dei medesimi territori, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessita' ovvero spostamenti per motivi di salute. E' consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza".
La prima cosa da sapere che sono vietati tutti gli spostamenti in Italia.
Esistono delle eccezioni che sono gli spostamenti motivati da:
- comprovate esigenze lavorative;
- situazioni di necessità;
- Spostamenti per motivi di salute.
E poi è consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza.
Quali sono le comprovate esigenze lavorative?
Tralasciando le altre motivazioni che consentono gli spostamenti ai cittadini, va chiarito che le comprovate esigenze lavorative, devono essere autocertificate dal cittadino.
Vediamo di rispondere alla domanda: quali sono le comprovate esigenze lavorative?
La prima risposta è sicuramente tutti gli spostamenti che per motivi di lavoro non si possono evitare, secondo la massima intelligenza del lavoratore e del datore di lavoro. Pertanto il richiamo è all'assoluto buon senso del buon padre di famiglia.
Ma la valutazione sugli spostamenti non è affidata al cittadino, ma anche alla valutazione di chi deve applicare quanto disposto dalla Legge e da quanto definito dal Ministero dell'Interno. In altre parole, i lavoratori possono essere fermati e subire un controllo durante il loro spostamento per motivi di lavoro, ivi compreso il tragitto casa-lavoro.
Autocertificazione del lavoratore
Il Ministero dell'Interno, a seguito dei DPCM 8 marzo 2020 e DPCM 9 marzo 2020, ha emesso delle indicazioni per l'attuazione in una Direttiva. E in tale direttiva vi è anche il modulo di autodichiarazione del lavoratore.
Quanto dichiarato è di responsabilità esclusivamente del lavoratore, va subito chiarito. Nel senso che le sanzioni penali ai sensi dell'art. 650 del codice penale sono del lavoratore.
Documenti richiesti dal Ministero dell'Interno
Il Ministero dell'Interno ha chiarito che il lavoratore deve esibire "elementi documentali comprovanti l'effettiva esistenza di esigenze lavorative, anche non differibili, a condizione naturalmente che l'attività lavorativa o professionale dell'interessato non rientri tra quelle sospese ai sensi delle vigenti disposizioni contenute nei diversi provvedimenti emanati per far fronte alla diffusione del Covid-19″.
Continua il Ministero nella propria comunicazione: "ovvero di situazioni di necessità che, in sostanza, devono essere identificate in quelle ipotesi in cui lo spostamento è preordinato allo svolgimento di un'attività indispensabile per tutelare un diritto primario non altrimenti efficacemente tutelabile".
Vediamo di capirci meglio, con i principali casi che possono capitare.
Coronavirus: spostamenti tragitto casa-lavoro consentiti
Il Governo, nei propri decreti di contrasto al Coronavirus Covid-19, affida sempre al cittadino italiano il più ampio buon senso, sia che sia datore di lavoro che sia un lavoratore, pertanto fornisce inevitabilmente indicazioni a carattere generale, essendo interessato l'intero popolo italiano, con la conseguenza che le situazioni, anche inerenti alle esigenze lavorative, possono essere molteplici.
Il lavoro rientra tra i diritti primari
Il lavoro è sicuramente un'attività indispensabile per tutelare un diritto primario, quale è il diritto alla retribuzione, che ai sensi dell'art. 36 della Costituzione ha come obiettivo "assicurare a sé (lavoratore) e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa".
E' sicuramente giustificato il lavoratore che deve recarsi dalla propria abitazione alla sede lavorativa, pertanto il tragitto casa-lavoro.
Documentazione comprovante tragitto casa-lavoro
Il lavoratore con il modulo ministeriale compilato può autocertificare tale esigenza, dimostrando la sussistenza del rapporto di lavoro, la sede di lavoro, attraverso "elementi documentali".
Essi possono essere sia il contratto di lavoro, che una busta paga, che una comunicazione aziendale dove si evince la sede lavorativa ed il rapporto di lavoro in essere.
Può essere consigliabile anche dimostrare documentalmente il proprio domicilio o residenza o luogo di dimora del tragitto casa-lavoro.
In altre parole, giustificare sia il luogo da dove si parte che il luogo al quale si arriva per motivi di lavoro.
Trasferte di lavoro: obblighi datore e lavoratore
Fermo restante l'invito del Governo ai datori di lavoro ed ai lavoratori di tutelare la salute come obiettivo primario, laddove non sia possibile evitare, per esigenze lavorative, le trasferte di lavoro, quest'ultime devono essere comprovate sia dalla documentazione indicata per il tragitto casa-lavoro, quindi autocertificazione del lavoratore e documenti comprovanti il rapporto di lavoro, che soprattutto da una disposizione aziendale scritta inerenti la trasferta di lavoro, che giustifichi il tragitto sede lavorativa-luogo o luoghi di trasferta del lavoratore.
In altre parole, il lavoratore deve giustificare tutti i tragitti che effettua nello svolgimento della propria attività lavorativa. E pertanto ha diritto a ricevere da parte del datore di lavoro una disposizione aziendale scritta, debitamente firmata e timbrata dal legale rappresentate o da colui che ha potere di disposizione, che va mostrata in caso di controllo.
Prestazione lavorativa svolta in esterno: obblighi e diritti
Molte attività lavorative si concretizzano nello svolgimento della prestazione lavorativa in esterna, anche per attività lavorative di primaria importanza come la rete di distribuzione alimentare.
In questo caso è consigliabile che il lavoratore sia munito dell'autocertificazione secondo il modulo del Governo, dei documenti comprovanti il rapporto di lavoro e di una disposizione aziendale che giorno dopo giorno impartisce al lavoratore i luoghi dove egli deve rendere la prestazione lavorativa in esterno.
Anche in questo caso, il lavoratore ha diritto ad avere una disposizione aziendale scritta, debitamente firmata e timbrata dal legale rappresentante o da colui che ha potere di disposizione, che va mostrata in caso di controllo.
Evitare spostamenti non necessari
I datori di lavoro che violano le restrizioni di legge, anche riguardo all'orario di apertura al pubblico disposto dai DPCM 8 e 9 marzo 2020, incorrono nella sospensione dell'attività lavorativa.
E' fatto assoluto richiamo ai datori di lavoro, inoltre, anche con riferimento agli obblighi in materia di salute e sicurezza sul lavoro, che in generale devono essere garantiti al lavoratore attraverso la valutazione dei rischi, la dotazione dei necessari Dispositivi di protezione individuali, di evitare gli spostamenti dei lavoratori non necessari.
Si ricorda che sono consentiti solo gli spostamenti indifferibili. In altre parole, i datori di lavoro devono ridurre o azzerare gli spostamenti dei lavoratori, anche con riferimento al tragitto casa-lavoro (in questo caso adozione lavoro agile o smart working), laddove possibile. Questo fino al 3 aprile 2020, salvo proroghe.
Il lavoratore, per la propria salute, ma anche per non incorrere nella violazione dei DPCM disposti dal Governo, non può deviare i propri percorsi dal normale tragitto casa-lavoro, né dal normale tragitto riguardante le disposizioni aziendali per attività lavorativa in esterna o in trasferta. Resta sua assoluta responsabilità rispettare le indicazioni governative indicate nel DPCM, essendo lo stesso lavoratore il firmatario dell'autodichiarazione necessaria per gli spostamenti.
Il lavoratore può rifiutare gli spostamenti?
Il lavoratore non può rifiutare gli spostamenti dovuti al tragitto casa-lavoro, non può imporre l'adozione del lavoro agile o smart working, non può rifiutare la disposizione datoriale scritta inerente allo svolgimento dell'attività lavorativa all'interno o all'esterno dell'azienda, anche in trasferta.
E' sicuramente diritto del lavoratore pretendere di ricevere in dotazione i DPI necessari e tutte le tutele in materia di salute e sicurezza sul lavoro, inserite nella valutazione dei rischi aziendale aggiornata al rischio Coronavirus.
E' sicuramente diritto del lavoratore, essendo obbligo dello stesso in caso di controllo, autocertificare la motivazione del proprio spostamento, essere dotato di una disposizione aziendale scritta che giustifichi tutti i tragitti effettuati per motivi di lavoro, a parte il normale tragitto casa-lavoro.
Divieto assoluto di assembramenti
Il DPCM 9 marzo 2020 dispone all'art. 1 comma 2 che "Sull'intero territorio nazionale è vitata ogni forma di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico".
Tali disposizioni di contrasto al Coronavirus sono da rispettare anche nell'esecuzione della prestazione lavorativa.
In particolare, il datore di lavoro è tenuto ad assicurare ai lavoratori la distanza di almeno 1 metro da qualsiasi altra persona.
Il lavoratore è tenuto a rispettare sia all'interno dell'azienda, che all'esterno dell'azienda, quando disposto dai DPCM, quindi le disposizioni riguardanti il mantenere la distanza di un metro da altre persone ed il divieto assoluto di assembramento sia nella sede aziendale che nell'esecuzione della prestazione lavorativa in luoghi esterni.
In altre parole, il lavoratore che viola tali disposizioni incorre nelle sanzioni di legge e può incorrere anche in provvedimenti disciplinari datoriali.