Dipendenti pubblici: illegittima la trattenuta Tfr del 2,5% in busta paga. Come fare per il rimborso
UPDATE – Il Governo è intervenuto su questa problematica con un Decreto Legge del 26 ottobre 2012 ripristinando il TFS ed estinguendo tutti i processi pendenti. Per maggiori informazioni vediamo Il ritorno al TFS con effetto da gennaio 2011. Nel presente articolo, del 24 ottobre 2012, è spiegato il motivo del contenzioso e dell'importante sentenza a favore dei lavoratori del settore pubblico:
Era nell’aria ed è arrivata. La sentenza della Corte Costituzionale n. 223 del 2012 pone fine al contenzioso sulla trattenuta del 2,5% applicata in busta paga ai dipendenti pubblici dal 2011 ad oggi. Ad inizio anno 2011 c’è stato il passaggio dal TFS al TFR per i trattamenti di fine servizio o rapporto dei dipendenti pubblici. Nonostante il passaggio di sistema, i dipendenti pubblici si sono visti finora addebitare la quota mensile del 2,5% che era da sempre dovuta, ma per il vecchio sistema di calcolo del trattamento di fine servizio (TFS).
Col passaggio al trattamento di fine rapporto (TFR), il sistema di calcolo previsto per i lavoratori del settore privato, i dipendenti pubblici avevano diritto ad essere equiparati a quelli del settore privato, ossia non pagare alcuna quota a loro carico. E invece gli enti finora hanno continuato ad addebitare in busta paga un 2,5% a loro carico.
Gli enti pubblici in questi mesi continuavano a sostenere che la percentuale a carico del lavoratore era ancora dovuta. La Corte Costituzionale ha messo la parola fine alla questione: dando ragione ai lavoratori del settore pubblico che fino ad oggi avevano aperto numerosi contenziosi.
I dipendenti pubblici hanno diritto alla restituzione del 2,5% dell’80% della retribuzione mensile, trattenuto dagli enti di cui sono dipendenti, in tutte le buste paga dal 2011 ad oggi (quasi 2 anni). Si tratta del 2% dello stipendio lordo (base contributiva), una cifra che per molti dipendenti statali è vicina ai 40-50 euro mensili, che in due anni significano oltre 1.000 euro.
Sulla questione relativa alle ritenute subite, erano già intervenuti alcuni Tribunali e TAR su scala nazionale, condannando l’ente pubblico di turno alla restituzione. Restituzione, come detto, negata a più riprese. Con la sentenza della Corte Costituzionale è ormai certo il diritto al rimborso. Entriamo nel dettaglio della sentenza e soprattutto su come fare per la restituzione delle somme.
SOMMARIO:
La sentenza della Corte Costituzionale
Come fare per la restituzione della trattenuta del 2,5%
La sentenza della Corte Costituzionale n. 223 del 2012
La Corte Costituzionale nella sentenza dichiara “l’illegittimità costituzionale dell’articolo 12, comma 10, del Decreto Legge n. 78 del 2010, nella parte in cui non esclude l’applicazione a carico del dipendente della rivalsa pari al 2,50% della base contributiva, prevista dall’art. 37, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032 (Approvazione del testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato)”.
L’art. 12, comma 10, del Decreto Legge n. 78 del 2010, aveva esteso l’applicazione della disciplina del TFR a tutti i dipendenti pubblici, a partire dal 1 gennaio 2011: “Con effetto sulle anzianità contributive maturate a decorrere dal 1 gennaio 2011, per i lavoratori alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, per i quali il computo dei trattamenti di fine servizio, comunque denominati, in riferimento alle predette anzianità contributive non è già regolato in base a quanto previsto dall'articolo 2120 del codice civile in materia di trattamento di fine rapporto (TFR), il computo dei predetti trattamenti di fine servizio si effettua secondo le regole di cui al citato articolo 2120 del codice civile, con applicazione dell'aliquota del 6,91 per cento”. Applicazione del 6,91% che non prevede quote a carico dei lavoratori.
Quindi a partire dal 1 gennaio 2011 il sistema di calcolo usato dagli enti pubblici per i propri dipendenti è quello relativo al trattamento di fine rapporto (TFR), arrestando quindi al 31 dicembre 2010 il calcolo secondo il sistema relativo al trattamento di fine servizio (TFS). E proprio su questo cambiamento di calcolo, e sulla equiparazione ai dipendenti privati, che sono stati presentati numerosi ricorsi da parte dei dipendenti statali, essendo il sistema TFR, quello per i lavoratori dipendenti privati per intenderci, senza l’applicazione della ritenuta del 2,5% trattenuta in busta paga ai lavoratori, come già detto.
La corte Costituzionale ha ritenuto illegittima la non esclusione dell’applicazione della rivalsa pari al 2,50% della base contributiva, applicata e trattenuta mensilmente nelle buste paga dei lavoratori dipendenti. Tale rivalsa era prevista nell’art. 37 comma 1 del D.P.R. 1032 del 1973, ma per il sistema relativo al TFS.
Quindi a partire dal 1 gennaio 2011, mese in cui parte l’applicazione della disciplina del TFR per i dipendenti statali, tutte le trattenute del 2,5% operate dagli enti pubblici nelle buste paga dei propri dipendenti, andranno restituite ai lavoratori.
La quantificazione del danno economico subito dal lavoratore dipendente pubblico dipende dal livello di inquadramento e dallo stipendio dello stesso. La cifra si evidenzia in busta paga, nella parte inferiore dove ci sono anche i calcoli previdenziali. La trattenuta è del 2,5% sull’80% della retribuzione mensile percepita dal dipendente. Facendo un esempio: se 1.500 euro è la retribuzione lorda, il 2,5% dell’80% della stessa è pari a 30 euro mensili. In due anni di trattenuta mensile, considerando le 24 mensilità, il danno subito è di 720 euro lordi (al mese di dicembre 2012). Se la retribuzione è di 2.000 euro lordi, il danno ammonta a 960 euro lordi (sempre calcolando al mese di dicembre 2012). Si tratta di cifre comunque importanti per le quali si ha diritto alla restituzione.
Come fare per avere il rimborso della ritenuta del 2,5% su TFR o TFS
UPDATE – Il Governo è intervenuto su questa problematica con un Decreto Legge del 26 ottobre 2012 ripristinando il TFS ed estinguendo tutti i processi pendenti. Per maggiori informazioni vediamo Il ritorno al TFS con effetto da gennaio 2011.
Prima di tutto va chiarito che si tratta di un problema nazionale, di un problema per il Governo, per i vari enti interessati, i dipendenti pubblici sono milioni. E le cifre da rimborsare arrivano a milioni di euro per gli enti pubblici. Si è in attesa di una reazione ufficiale su come gli enti intendono rimborsare quanto trattenuto in questi due anni (reazione ufficiale avvenuta col Decreto Legge). Agire per le vie legali, tramite ricorso in Tribunale, è solo l’ultimo degli atti da compiere, se si è costretti per il reiterato rifiuto degli enti a rimborsare. Ad oggi, forti della sentenza della Corte Costituzionale, si possono attivare procedure iniziali di richiesta formale e legale di restituzione delle somme. Misure meno costose, meno impegnative. E che interrompono qualsiasi prescrizione.
La diffida e la messa in mora. E’ possibile inviare una raccomandata con ricevuta di ritorno, anche tramite Avvocato, con la quale si diffida e si mette in mora il proprio ente richiedendo la cessazione immediata della trattenuta del 2,50% sull’80 per cento della retribuzione lorda (con conseguente richiesta di versamento della quota intera del Tfr a carico dell’amministrazione) e il rimborso di quanto trattenuto nel biennio 2011-2012, dando 30 giorni di tempo all’ente per l’erogazione delle somme. Andrà indicata nell’atto di diffida e messa in mora anche l’interruzione della prescrizione, che è di cinque anni. E’ bene chiarire quindi che per la rivendicazione delle cifre il lavoratore ha 5 anni di tempo, da calcolarsi da gennaio 2011. Nell’atto di diffida è bene indicare l’ammontare delle cifre trattenute e per le quali si richiede il rimborso.
Dove si leggono in busta paga le trattenute del 2,50% subite. Si pone il problema di individuare le cifre e calcolare la cifra totale da chiedere a rimborso. Si tratta mediamente di una cifra intorno agli 800 – 1.000 euro, che dipende dal proprio stipendio (è il 2% della retribuzione lorda mensile). Le somme si evidenziano in busta paga (normalmente), quindi è possibile evincere la cifra mensile in ogni busta paga da gennaio 2011 in poi. La cifra è indicata nella parte bassa del cedolino o la parte relativa ai calcoli previdenziali / TFR (Inadel – Previdenza – TFR). In molti casi viene applicata anche nel corpo centrale della busta paga con la voce "Abbattimento Lordo TFR". Si tratta del 2% della retribuzione lorda quindi, se non si riesce a trovarla, è possibile individuare la cifra parametrandola sul proprio stipendio lordo (base contributiva). Nel caso non fosse possibile, o fosse troppo difficile, è necessario rivolgersi ad un esperto del settore, come un Consulente del Lavoro o un Patronato o un sindacato, esibendo tutte le buste paga dal 2011 in poi.
L’azione legale e il contributo unificato ridotto al 50%. Se l’ente non rimborsa quanto trattenuto dopo la diffida e la messa in mora, si rende necessario agire per le vie legali, in Tribunale. In questo caso, oltre alle spese legali del proprio avvocato, bisognerà tener conto dei costi relativi al contributo unificato, che per le controversie di lavoro è ridotto del 50% ma pur sempre 18,50 euro per le controversie fino a 1.100 euro (oltre dicembre 2012 molti supereranno questa cifra), mentre per le controversie oltre 1.100 euro è pari a 42,50 euro. A queste cifre va aggiunta in ogni caso una marca da bollo di 8 euro. E il compenso del proprio legale ovviamente.