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I nuovi interpelli all’Agenzia delle Entrate

Il Decreto Legislativo n. 156/2015 in vigore dal 24 settembre semplifica dal 1° gennaio 2016 la procedura per il ricorso all’istituto dell’interpello all’Agenzia delle Entrate con l’obiettivo di assicurare maggiore celerità e certezza al rapporto Fisco – contribuente. Vediamo le quattro nuove tipologie di interpello: ordinario, probatorio, anti-abuso e disapplicativo. E tutte la nuova normativa.
A cura di Antonio Barbato
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interpelli fiscali

Con la revisione degli interpelli diventa più facile il dialogo con il Fisco. In ossequio alla delega fiscale con la quale il Parlamento aveva demandato l’attuazione di una profonda revisione del sistema tributario, l’esecutivo del Governo Renzi ha introdotto con il D. Lgs. 156/2015, in vigore dal 24 settembre 2015, importanti novità in tema di interpello. La revisione degli interpelli, con l’introduzione di nuovi interpelli all’Agenzia delle Entrate, rende più facile il dialogo con il Fisco italiano, vediamo perché.

Cos’è l’interpello. L'Agenzia delle Entrate ci fornisce la definizione di interpello: è un'istanza che il contribuente rivolge all'Agenzia delle Entrate prima di attuare un comportamento fiscalmente rilevante, per ottenere chiarimenti in merito all'interpretazione di una norma obiettivamente incerta, relativa a tributi erariali, da applicare a casi concreti e personali.

Quindi mediante l’istituto dell’interpello il contribuente può conoscere preventivamente il parere dell’amministrazione finanziaria in ordine all’interpretazione di una norma tributaria obiettivamente incerta che incida su fattispecie concrete e personali al fine di assumere un comportamento fiscale corretto o chiedere la disapplicazione, in presenza di comprovate obiettive ragioni, di disposizioni altrimenti fiscalmente penalizzanti.

Le novità introdotte dal D. Lgs. 156/2015

Il Governo Renzi ha emanato il Decreto Legislativo n. 156/2015 in vigore dal 24 settembre 2015. Gli articoli da 1 ad 8 disciplinano la nuova normativa in materia di istanze di interpello.

In particolare, l’art. 11 della legge n. 212/2000 recante lo Statuto del contribuente, che disciplina gli interpelli, viene interamente riscritto accogliendo le diverse tipologie di interpello con la finalità di migliorare il rapporto tra fisco e contribuente.

Quando è possibile presentare un interpello. Il novellato articolo 11 prevede che a partire dal primo gennaio 2016 il contribuente può interpellare l’amministrazione finanziaria relativamente a fattispecie concrete e personali per le quali:

  • vi siano obiettive condizioni di incertezza sulla corretta applicazione di disposizioni tributarie per le quali non sia attivabile la nuova procedura dell’accordo preventivo delle imprese esercenti attività internazionali di cui all’art. 31-ter del D.P.R. 600/73;
  • si richiede di conoscere la sussistenza delle condizioni richieste dalla legge in ordine a particolari regimi;
  • vi siano dubbi sull’applicazione della normativa sull’abuso del diritto.

La possibilità di ricorrere alla procedura di interpello, è altresì prevista con riferimento alla disapplicazione di norme antielusive che limitano deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta o altre posizioni soggettive altrimenti ammesse dell’ordinamento. Resta fermo che, oltre che in chiave preventiva, è facoltà del contribuente, che abbia ottenuto parere non favorevole, fornire la dimostrazione, sia in sede accertativa che contenziosa, che gli effetti elusivi non possono verificarsi nel suo caso concreto.

Le nuove tipologie di interpello ed i termini di risposta del Fisco

In sostanza, le previgenti tipologie di interpello previste in diverse norme vengono ora racchiuse all’interno dell’articolo 11 dello Statuto del Contribuente ovvero:

  • interpello ordinario (comma 1, lettera a). Questo interpello consente a ogni contribuente di chiedere un parere riguardo un caso concreto e personale al quale applicare una norma tributaria di incerta interpretazione o dove c’è incertezza sulla corretta quantificazione;
  • interpello probatorio (comma 1, lettera b). Quando c’è la necessità di una risposta in merito alla sussistenza delle condizioni e la valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l’adozione di specifici regimi fiscali;
  • interpello anti-abuso (comma 1, lettera c). Quando c’è incertezza riguardo l’applicazione della disciplina dell’abuso del diritto ad una specifica fattispecie;
  • interpello disapplicativo (comma 2, lettera a). Questo interpello consente di dimostrare che, per determinate operazioni, non sussistono gli elementi di elusività contrastati da specifiche norme dell'ordinamento tributario, delle quali si chiede pertanto la disapplicazione.

Dal punto di vista procedimentale, il contribuente che abbia richiesto un parere riguardante la corretta applicazione di disposizioni dubbie (interpello ordinario) avrà diritto di ottenere una risposta scritta e motivata entro il termine di 90 giorni dalla presentazione della relativa istanza.

Per le istanze presentate per le altre finalità (comma 1 lettere b) e c) e comma 2), ossia l’interpello probabotorio, anti-abuso e disapplicativo, il legislatore prevede un termine più lungo pari a 120 giorni.

Quando il contribuente può interpellare il Fisco. Il contribuente interpella l'amministrazione finanziaria per la disapplicazione di norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d'imposta, o altre posizioni soggettive del soggetto passivo altrimenti   ammesse dall'ordinamento tributario, fornendo la dimostrazione che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non possono verificarsi.

Nei casi in cui non sia stata resa risposta favorevole, resta comunque ferma la possibilità per il contribuente di fornire la dimostrazione anche ai fini dell'accertamento in sede amministrativa e contenziosa.

Cosa succede se il Fisco risponde all’interpello. La risposta, scritta e motivata, vincola ogni organo della amministrazione con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell'istanza e limitatamente al richiedente.

Interpello e termini di decadenza o prescrizione. La presentazione delle istanze di interpello non ha effetto sulle scadenze previste dalle norme tributarie, né sulla decorrenza dei termini di decadenza e non comporta interruzione o sospensione dei termini di prescrizione.

Quando vengono pubblicati gli interpelli dall’Agenzia delle Entrate. L'amministrazione provvede alla pubblicazione mediante la forma di circolare o di risoluzione delle risposte rese nei casi in cui un numero elevato di contribuenti abbia presentato istanze aventi ad oggetto la stessa questione o questioni analoghe fra loro, nei casi in cui il parere sia reso in relazione a norme di   recente approvazione o per le quali non siano stati resi chiarimenti ufficiali, nei casi in cui siano segnalati comportamenti non uniformi da parte degli uffici, nonché in ogni altro caso in cui ritenga di interesse generale il chiarimento fornito. Resta ferma, in ogni caso, la comunicazione della risposta ai singoli istanti.

La regola del silenzio assenso, gli atti difformi e non impugnabilità del parere

Vediamo ora cosa succede se il Fisco non risponde all’interpello presentato all’Agenzia delle Entrate. Quando la risposta non è comunicata al contribuente entro il termine previsto, il silenzio equivale a condivisione, da parte dell'amministrazione, della soluzione prospettata dal contribuente.

Di non poca rilevanza è l’introduzione di questa regola del silenzio assenso ovvero in mancanza di una risposta scritta e motivata da parte dell’Ufficio entro i termini previsti (90 e 120 giorni) la soluzione prospettata dal contribuente sarà considerata condivisa dall’Amministrazione finanziaria.

Va precisato che secondo il nuovo testo normativo, per poter presentare istanza di interpello nel merito ci devono essere condizioni di obiettiva incertezza. Secondo la norma non ricorrono condizioni di obiettiva   incertezza quando l'amministrazione ha compiutamente fornito la soluzione per fattispecie corrispondenti a quella rappresentata dal contribuente mediante atti pubblicati ai sensi dell'articolo 5, comma 2 del Decreto 156/2015 stesso.

A tutela dell’affidamento del contribuente, tutti gli atti impositivi e/o sanzionatori emessi dall’amministrazione finanziaria in difformità del parere, scritto o tacito, sono nulli.

Tale efficacia si estende ai comportamenti successivi del contribuente riconducibili alla fattispecie oggetto di interpello, salvo rettifica della soluzione interpretativa da parte dell'amministrazione con valenza esclusivamente per gli eventuali comportamenti futuri dell'istante.

Ponendo fine ad un dibattito che ha interessato la dottrina e la giurisprudenza nel corso degli anni, è stato previsto che le risposte negative alle istanze di interpello non posso essere impugnate poiché espressione di un potere consultivo affidato all’Amministrazione finanziaria. Al contrario, le risposte fornite in occasione di interpello disapplicativo, ravvisandosi in tale fattispecie l’esercizio di una attività impositiva, sono suscettibili di impugnazione.

In attesa delle regole procedurali. Con riferimento alla regole procedurali, l’art. 8 del citato decreto prevede che con provvedimento dei Direttori delle Agenzie fiscali sono stabilite le modalità di presentazione delle istanze e indicati gli uffici cui le medesime istanze sono trasmesse e quelli da cui perverranno le risposte, le modalità di comunicazione delle medesime, nonché ogni altra regola concernente la procedura.

Come e dove presentare l'istanza d'interpello

Delle istanze di interpello non sono ancora stati diramati fac-simile o testi bozza. L’art. 3 del Decreto però ci indica quale deve essere il contenuto delle istante di interpello. L'istanza deve espressamente fare riferimento alle disposizioni che disciplinano il diritto di interpello e deve contenere:

a) i dati identificativi dell'istante ed eventualmente del suo legale rappresentante, compreso il codice fiscale;

b) l'indicazione del tipo di istanza di interpello;

c) la circostanziata e specifica descrizione della fattispecie;

d) le specifiche disposizioni di cui si richiede l'interpretazione, l'applicazione o la disapplicazione;

e) l'esposizione, in modo chiaro ed univoco, della soluzione proposta;

f) l'indicazione del domicilio e dei recapiti anche telematici dell'istante o dell'eventuale domiciliatario presso il quale devono essere effettuate le comunicazioni dell'amministrazione e deve essere comunicata la risposta;

g) la sottoscrizione dell'istante o del suo legale rappresentante ovvero del procuratore generale o speciale incaricato. In questo ultimo caso, se la procura non è contenuta in calce o a margine dell'atto, essa deve essere allegata allo stesso.

All'istanza di interpello deve essere allegata copia della documentazione, non in possesso dell'amministrazione procedente o di altre amministrazioni pubbliche indicate dall'istante, rilevante ai fini della risposta.

Nei casi in cui le istanze siano carenti dei requisiti sopra descritti, l'amministrazione invita il contribuente alla loro regolarizzazione entro il termine di 30 giorni. I termini per la risposta iniziano a decorrere dal giorno in cui la regolarizzazione è stata effettuata.

Documentazione integrativa e nuovo termine di risposta all’interpello. Quando non è possibile fornire risposta sulla base dei documenti allegati, l'amministrazione chiede, una   sola   volta, all'istante di integrare la documentazione presentata. In tal caso il parere è reso entro   sessanta giorni dalla ricezione   della documentazione integrativa.

La mancata presentazione della documentazione intergrativa richiesta entro il termine di un anno comporta rinuncia all'istanza di interpello, ferma restando la facoltò di presentazione di una nuova istanza, ove ricorrano i presupposti previsti dalla legge.

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