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IRES 2017 [GUIDA]: normativa, calcolo, aliquote, base imponibile e pagamento

L’IRES è l’imposta sul reddito delle società con aliquota proporzionale del 27,5%, che dal 2017 dovrebbe essere ridotta al 24%. Il calcolo va fatto sulle risultanze di bilancio dopo aver apportato una serie di variazioni in aumento e diminuzione. L’imposta è versata in due scadenze Ires: primo acconto il 16 giugno e secondo acconto il 30 novembre. Vediamo nello specifico la normativa, i soggetti passivi dell’imposta, l’aliquota ed il calcolo, nonché la dichiarazione Ires e le modalità di versamento dell’Ires.
A cura di Antonio Barbato
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normativa guida IRES

L’IRES 2017 è l’imposta sul reddito delle società, che ha sostituito l’Irpeg. Si tratta di un tributo calcolato sulla base delle risultanze di bilancio, quindi sul reddito prodotto dalle società e dagli enti con un’aliquota proporzionale al reddito che è fissata al 27,50%.

L’imposta IRES va calcolata in base alle risultanze della dichiarazione dei redditi e versata in due acconti: il primo acconto entro il 16 giugno ed il secondo acconto entro il 30 novembre di ogni anno d’imposta.

La Legge di Stabilità 2016 ha disposto l’abbassamento dell’aliquota IRES 2017 dal 27,50% al 24% per il periodo d’imposta 2017 (art. 1, comma 61 della Legge n. 208/2015).

Il riferimento normativo dell’IRES è il D.P.R. 917/1986 ovvero il T.U.I.R. (Testo unico delle imposte sui redditi).

Affrontiamo quindi un’analisi approfondita della normativa IRES con lo studio dei soggetti passivi (quali società sono tenute a pagare l’IRES), dell’aliquota, del metodo di calcolo IRES e dei principi applicativi previsti dalla legge.

IRES cosa è

L’Imposta sul reddito delle società, più semplicemente detta IRES, viene istituita nel 2003 ed è il risultato del processo di riforma fiscale avviato tramite legge del 7 aprile 2003. Il processo di riforma aveva come obiettivo quello di armonizzare il sistema fiscale italiano con quello degli altri paese membri dell’Unione europea, presi come riferimento in quanto considerati più efficienti e moderni perché caratterizzati da razionalità e semplicità e soprattutto da una pressione tributaria inferiore rispetto a quella italiana. Il D.lgs. istitutivo dell’IRES è il n. 344/2003, l’imposta ha decorrenza dal 1° gennaio 2004 e sostituisce la già presente Irpeg.

Come già accennato in precedenza, per il periodo d’imposta 2017 è stato previsto un abbassamento dell’aliquota IRES al 24% che in seguito approfondiremo.

Il presupposto dell’IRES

Il presupposto per l’assoggettamento ad IRES del reddito della società è stabilito all’art. 72 del Tuir, “presupposto dell’imposta sul reddito delle società è il possesso dei redditi in denaro o in natura rientranti nelle categorie indicate nell’articolo 6”. Quest’ultimo si compone di 3 comma che classificano i redditi nel seguente modo:

i singoli redditi sono classificati nelle seguenti categorie:

  1. redditi fondiari;
  2. redditi di capitale;
  3. redditi di lavoro dipendente;
  4. redditi di lavoro autonomo;
  5. redditi di impresa;
  6. redditi diversi.

I proventi conseguiti in sostituzione di redditi, anche per effetto di cessione dei relativi crediti, e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti. Gli interessi moratori e gli interessi per dilazione di pagamento costituiscono redditi della stessa categoria di quelli da cui derivano i crediti su cui tali interessi sono maturati. I redditi delle società in nome collettivo e in accomandita semplice, da qualsiasi fonte provengano e quale che sia l’oggetto sociale, sono considerati redditi di impresa e sono determinati unitariamente secondo le norme relative a tali redditi”.

Il reddito quindi è acquisizione di ricchezza, ora tale reddito viene diversamente determinato a seconda dei diversi tipi di soggetti passivi.

Esistono, di conseguenza, diverse normative per le società commerciali, gli enti non commerciali aventi per oggetto esclusivo o principale attività commerciale e per le società ed enti non residenti.

Aliquote IRES e periodo d’imposta

L’IRES è un’imposta periodica ed “il periodo d’imposta è costituito dall’esercizio o periodo di gestione della società o dell’ente determinato dalla legge o dall’atto costitutivo” così come stabilito dall’art. 76 comma 2 del TUIR, che continua stabilendo che “se la durata dell’esercizio o periodo di gestione non è determinata dalla legge o dall’atto costitutivo, o è determinata in due o più anni, il periodo di imposta è costituito dall’anno solare”.

L’IRES è un’imposta ad aliquota proporzionale e non progressiva come per l’Irpef, fissata dal 2008 al 27,5% (in precedenza era del 33%).

I soggetti passivi

soggetti passivi dell’IRES e cioè i soggetti obbligati a pagare l’imposta, sono elencati all’articolo 73 del TUIR e sono i seguenti:

  1. “le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le di mutua assicurazione, nonché le società europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 e le società cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 residenti nel territorio dello Stato”;
  2. “gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali”;
  3. “gli enti pubblici e privati diversi dalle società, i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale nonché gli organismi di investimento collettivo del risparmio, residenti nel territorio dello Stato”;
  4. “le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato”.

Al comma 2 dell’art. 73 TUIR si specifica che: “tra gli enti diversi dalle società, di cui alle lettere b) e c) del comma 1, si comprendono, oltre alle persone giuridiche, le associazioni non riconosciute, i consorzi e le altre organizzazioni non appartenenti ad altri soggetti passivi, nei confronti delle quali il presupposto dell’imposta si verifica in modo unitario e autonomo. Tra le società e gli enti di cui alla lettera d) del comma 1 sono comprese anche le società e le associazioni indicate nell’articolo 5. Nei casi in cui i beneficiari del trust siano individuati, i redditi conseguiti dal trust sono imputati in ogni caso ai beneficiari in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell’atto di costituzione del trust o in altri documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali”.

Da quanto appena detto, si evince che sono escluse dalla tassazione IRES le società di persone e quelle ad esse assimilate, i cui redditi sono assoggettati ad Irpef una volta distribuiti ai singoli soci.

Inoltre, c’è da dire che per una corretta applicazione dei criteri di determinazione del reddito è necessario precisare il significato di residenza e commercialità ai fini IRES.

All’art. 73 del TUIR sono stabiliti i criteri per l’individuazione dei soggetti passivi dell’IRES ovvero:

  • residenza (3° comma articolo 73);
  • oggetto dell’attività (4° e 5° comma dell’articolo 73).

In base al 3° comma del suddetto articolo “ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato. Si considerano altresì residenti nel territorio dello Stato gli organismi di investimento collettivo del risparmio istituiti in Italia e, salvo prova contraria, i trust e gli istituti aventi analogo contenuto istituiti in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168-bis, in cui almeno uno dei disponenti ed almeno uno dei beneficiari del trust siano fiscalmente residenti nel territorio dello Stato. Si considerano, inoltre, residenti nel territorio dello Stato i trust istituiti in uno Stato diverso da quelli di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168-bis, quando, successivamente alla loro costituzione, un soggetto residente nel territorio dello Stato effettui in favore del trust un’attribuzione che importi il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, nonché’ vincoli di destinazione sugli stessi”.

Per quanto riguarda, invece, l’oggetto dell’attività il comma 4 dell’art. 73 chiarisce che: “l’oggetto esclusivo o principale dell’ente residente è determinato in base alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata. Per oggetto principale si intende l’attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto” e che “in mancanza dell’atto costitutivo o dello statuto nelle predette forme, l’oggetto principale dell’ente residente è determinato in base all’attività effettivamente esercitata nel territorio dello Stato; tale disposizione si applica in ogni caso agli enti non residenti” (comma 5 art.73 Tuir).

Infine il concetto di commercialità presuppone che il soggetto IRES abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali ossia produttive di reddito d’impresa.

Soggetti esclusi. Sono esclusi dall’applicazione dell’IRES, a norma dell’art. 74 “gli organi e le amministrazioni dello Stato, compresi quelli ad ordinamento autonomo, anche se dotati di personalità giuridica, i comuni, i consorzi tra enti locali, le associazioni e gli enti gestori di demanio collettivo, le comunità montane, le province e le regioni”.

Non comportano assoggettamento ad Ires, in quanto non sono caratterizzate dal requisito della commercialità le seguenti attività:

  • funzioni statali da parte di enti pubblici;
  • l’esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie da parte di enti pubblici istituiti esclusivamente a tal fine, comprese le aziende sanitarie locali nonché’ l’esercizio di attività previdenziali e assistenziali da parte di enti privati di previdenza obbligatoria.

Sono inoltre escluse dalla tassazione IRES le società di persone e quelle ad esse assimilate, i cui redditi sono assoggettati ad Irpef una volta distribuiti ai singoli soci.

Base imponibile IRES

Il TUIR all’art.75 non fornisce una definizione di base imponibile, bensì dispone semplicemente un rinvio alle disposizioni dettate per le singole categorie d’imposta.

Il dettato normativo stabilisce che “l’imposta si applica sul reddito complessivo netto, determinato secondo le disposizioni della sezione I del capo II, per le società e gli enti di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 73, del capo III, per gli enti non commerciali di cui alla lettera c) e dei capi IV e V, per le società e gli enti non residenti di cui alla lettera d)”. (comma 1, art. 75 TUIR)

Le società residenti di cui alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 73 e quelle non residenti di cui alla lettera d) possono determinare il reddito secondo le disposizioni del capo VI”. (comma 2, art. 75 TUIR)

Il reddito da assoggettare ad IRES, quindi la base imponibile IRES, viene determinata con criteri diversi previsti per:

  • Società ed enti commerciali residenti;
  • Enti non commerciali residenti;
  • Società ed enti commerciali non residenti;
  • Enti non commerciali non residenti;
  • Imprese marittime (per queste si veda Tonnage tax).

Quindi la determinazione del reddito complessivo netto avviene in base a regole diverse a seconda della natura dei soggetti, ovvero viene calcolato a seconda che l’ente sia commerciale o non commerciale, ovvero residenti o non residenti.

Vediamo nello specifico come si determina la base imponibile caso per caso.

Calcolo Ires Enti commerciali e società di capitali

Vediamo prima di tutto come calcolare l’IRES in caso di enti commerciali e società di capitali residenti in Italia.

L’art. 83 del TUIR stabilisce che “il reddito complessivo è determinato apportando all’utile o alla perdita risultante dal conto economico, relativo all’esercizio chiuso nel periodo d’imposta, le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all’applicazione dei criteri stabiliti nelle successive disposizioni della presente sezione”.

Le variazioni in aumento o diminuzione avvengono secondo il principio di derivazione, stabilite dalle norme contenute nella sezione I del capo II del TUIR.

Quindi il reddito d’impresa non coincide perfettamente con il risultato d’esercizio emergente dal conto economico. L’utile o la perdita di bilancio funge infatti da base di partenza per il calcolo del reddito d’impresa sul quale poi verrà calcolato l’IRES da versare.

Trattamento fiscale delle perdite. L’art. 84 del TUIR disciplina il trattamento fiscale delle perdite ed il riporto delle stesse ai periodi successivi.

Il D.L. 98/2011 convertito poi in legge 111/2011, stabilisce che la perdita di un periodo d’imposta, può essere portata in diminuzione del reddito dei periodi d’imposta successivi per un massimo dell’ottanta per cento del reddito imponibile di ciascuno di essi e per l’intero importo che trova capienza in tale ammontare.

È venuto meno quindi il limite temporale dei 5 anni per la riportabilità delle perdite.

E se le perdite sono realizzate nei primi tre periodi d’imposta? A tale disposizione però si aggiunge un’eccezione e cioè: “le perdite realizzate nei primi tre periodi d’imposta dalla data di costituzione possono, con le modalità previste al comma 1, essere computate in diminuzione del reddito complessivo dei periodi d’imposta successivi entro il limite del reddito imponibile di ciascuno di essi e per l’intero importo che trova capienza nel reddito imponibile di ciascuno di essi a condizione che si riferiscano ad una nuova attività produttiva” (comma 2 art. 84 TUIR).

Sempre all’art.84 comma 1 del TUIR è stabilito che: “La perdita è diminuita dei proventi esenti dall’imposta diversi da quelli di cui all’ articolo 87, per la parte del loro ammontare che eccede i componenti negativi non dedotti ai sensi dell’articolo 109, comma 5. Detta differenza potrà tuttavia essere computata in diminuzione del reddito complessivo in misura tale che l’imposta corrispondente al reddito imponibile risulti compensata da eventuali crediti di imposta, ritenute alla fonte a titolo di acconto, versamenti in acconto, e dalle eccedenze di cui all’articolo 80”.

È inoltre prevista la deducibilità dal reddito IRES, dell’IRAP pagata sul costo del lavoro e il 10% dell’IRAP forfettariamente riferita all’imposta dovuta sulla quota imponibile degli oneri finanziari.

Vediamo ora il calcolo IRES enti non commerciali residenti ed enti non residenti.

Enti non commerciali residenti. Gli enti non commerciali residenti sono soggetti passivi Ires. Tali soggetti sono classificati come enti non commerciali in base all’oggetto esclusivo o principale dell’ente. L’oggetto è determinato dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto, qualora esista, in forma di atto pubblico o scrittura privata, o in mancanza in base all’attività effettivamente esercitata.

L’art. 143 del TUIR stabilisce che “il reddito complessivo degli enti non commerciali di cui alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 73 è formato dai redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi, ovunque prodotti e quale ne sia la destinazione, ad esclusione di quelli esenti dall’imposta e di quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva”, sono esclusi anche i redditi di lavoro, autonomo e dipendente.

L’art. 145 del TUIR stabilisce che gli enti non commerciali in contabilità semplificata possono optare per la determinazione forfetaria del reddito d’impresa, applicando all’ammontare dei ricavi conseguiti nell’esercizio di attività commerciali il coefficiente di redditività corrispondente alla classe di appartenenza secondo la tabella prevista dall’articolo di cui sopra. Tale possibilità è rinnovabile anno per anno qualora non si superino i limiti stabiliti per poterne godere.

Enti non residenti commerciali e non commerciali. Con il decreto “crescita ed internazionalizzazione” del 2015 sono state introdotte numerose novità per la determinazione del reddito delle società e degli enti non residenti con efficacia dal 2016.

Secondo l’art. 151 comma 1 del TUIR “Il reddito complessivo delle società e degli enti commerciali non residenti di cui alla lettera d) del comma 1 dell’articolo 73 è formato soltanto dai redditi prodotti nel territorio dello Stato, ad esclusione di quelli esenti dall’imposta e di quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva”.

Tuttavia bisogna precisare che per le società e gli enti non residenti è necessario distinguere tre casi specifici:

  • Società ed enti non residenti ma che hanno una stabile organizzazione nel territorio dello Stato;
  • Società ed enti non residenti prive di stabile organizzazione nel territorio dello Stato;
  • enti non commerciali non residenti.

Le società e gli enti non residenti ma che hanno una stabile organizzazione nel territorio dello Stato il reddito è determinato in base agli utili o le perdite riferibili alla stabile organizzazione, ricavabili dal bilancio d’esercizio redatto in base ai principi contabili nazionali, apportando le variazioni in aumento e diminuzione previste ai fini Ires per i soggetti residenti. Questo perché la stabile organizzazione viene considerata un’unità separata ed indipendente che svolge le stesse attività della casa madre.

Nel secondo caso, cioè, per i soggetti che non hanno una stabile organizzazione in Italia, il reddito è determinato dalla somma dei redditi di cui all’art.23 del Tuir. Da questo si deducono gli oneri di cui all’art. 10 comma 1 lettere a) e g) del Tuir e cioè nello specifico: “i canoni, livelli, censi ed altri oneri gravanti sui redditi degli immobili che concorrono a formare il reddito complessivo, compresi i contributi ai consorzi obbligatori per legge o in dipendenza di provvedimenti della pubblica amministrazione; sono in ogni caso esclusi i contributi agricoli unificati”; “i contributi, le donazioni e le oblazioni erogati in favore delle organizzazioni non governative idonee ai sensi dell’articolo 28 della legge 26 febbraio 1987, n. 49, per un importo non superiore al 2 per cento del reddito complessivo dichiarato”.

Infine, per gli enti non residenti il reddito complessivo è formato dal solo reddito prodotto in Italia, ad esclusione dei redditi esenti, da quelli soggetti a ritenuta di imposta o ritenuta alla fonte, redditi assoggettati ad imposta sostitutiva.

Per tali enti valgono le stesse regole di deduzione previste per i soggetti privi di stabile organizzazione e sono inoltre deducibili gli oneri di cui all’art. 153 del TUIR.

Calcolo IRES

Una volta calcolato il reddito complessivo secondo quanto appena detto, apportate le modifiche necessarie in merito alle variazioni in aumento o diminuzione, nonché le deduzioni, le eventuali perdite pregresse ed i crediti di imposta, si arriva al reddito imponibile e se positivo si procede al calcolo dell’imposta applicando l’aliquota del 27,5% stabilita dalla L. 244/2007, a decorrere dal 1° gennaio 2008, prima fissata al 33%.

L’importo scaturente da tale calcolo, costituisce, assieme ad altre imposte dell’esercizio per esempio l’IRAP (Imposta regionale sulle attività produttive), alle imposte differite e imposte anticipate, le imposte di competenza economica dell’esercizio.

Novità per il 2017. Tra le novità fiscali inserite nella Legge di Bilancio 2017 c’è l’abbassamento dell’aliquota Ires al 24% a vantaggio dei redditi di società e persone giuridiche. La revisione dell’aliquota era già prevista dalla Legge di Stabilità 2016, ma è con la manovra finanziaria 2017/2019 del Governo Renzi che tale modifica è stata confermata e sarà applicata dopo l’entrata in vigore del decreto fiscale.

I soggetti passivi Ires calcolano la deducibilità e la detraibilità dei costi inerenti alla loro attività in modo da ridurre la base imponibile.

Tali costi possono essere portati in detrazione tramite dichiarazione dei redditi modello Unico 2017 e devono essere correlati all’esercizio dell’imprese. Il fine di tale manovra sarebbe quello di diminuire la pressione fiscale per le società soggette ad Ires in modo da rilanciare l’occupazione e l’attività d’impresa.

Nella Legge di Bilancio 2017 sono state inserite tuttavia importanti novità per le imprese e non soltanto la riduzione dell’Ires al 24% per le società e le persone giuridiche.

Tra gli interventi previsti è stata inserita la nuova Iri, l’imposta sul reddito imprenditoriale e novità riguardanti l’Irpef. Pertanto si rimanda all’articolo sulla Legge di Stabilità 2017.

IRES e deduzione Irap

Ai fini delle deduzioni dalle imposte sui redditi è ammesso in deduzione il 10 per cento dell’IRAP versata nel periodo d’imposta medesimo.

È inoltre deducibile l’importo dell’IRAP relativo alla quota imponibile delle spese per il personale dipendente e assimilato al netto delle deduzioni spettanti ai sensi dell’art. 11, commi 1, lett. a), 1-bis, 4-bis, 4-bis.1 e 4- octies del decreto legislativo n. 446 del 1997, versato nel periodo d’imposta, sia a titolo di saldo che di acconto.

Dall’altro lato va detto che esiste una possibilità di dedurre ai fini IRAP le spese per il personale dipendente. La deduzione è analitica, in quanto l’importo deducibile nell’analoghe modalità sopra previste.

Quali sono le spese per il personale dipendente deducibili ai fini IRAP. Si tratta di tutte le spese previste dall’art. 49 del TUIR, quindi le retribuzioni (stipendio lordo), gli oneri sociali (quali sono i contributi previdenziali versati all’Inps), i contributi assistenziali (quale è il premio INAIL), le quote del trattamento di fine rapporto (TFR) accantonato annualmente, le quote di accantonamento alla previdenza complementare, ma anche i rimborsi chilometrici erogati ai dipendenti, le indennità di trasferta, ecc. Non sono invece deducibili ai fini IRAP i compensi, intesi come tali i compensi erogati ai lavoratori inquadrati con un contratto di collaborazione coordinata e continuativa (anche contratto a progetto) nonché i compensi per gli amministratori di società

ACE: l’aiuto alla crescita economica come deduzione IRES

L’art.1 del D.L 201/2011, convertito, dalla Legge 214/2011 ha introdotto nel nostro ordinamento il termine l’ACE o anche “aiuto crescita economica” (allowance for corporate equity).

L’ACE è un incentivo alla capitalizzazione delle imprese con capitale proprio favorendone il trattamento fiscale rispetto alle imprese che si finanziano con capitale di debito.

Si tratta di un’agevolazione che consiste nella deduzione dal reddito imponibile ai fini delle imposte sul reddito per un importo corrispondente all’incremento di capitale proprio moltiplicato per un rendimento nozionale prestabilito che ad esempio per il 2016 è pari al 4,75 %.

Possono applicare l’ACE:

  • le società e gli enti residenti di cui all’art. 73, comma 1, lettere a) e b), del TUIR DPR 917/86;
  • le società e gli enti non residenti di cui alla lettera d) dello stesso comma 1, con riguardo alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato Italiano;
  • i soggetti IRPEF che in regime di contabilità ordinaria esercitano attività d’impresa.

Sono escluse dall’applicazione dell’ACE le società assoggettate alle procedure di:

  1. fallimento;
  2. liquidazione coatta;
  3. amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.

Ma in cosa consiste l’ACE? L’ACE consiste in una variazione assoluta in diminuzione pari al rendimento nozionale prefissato per la variazione del capitale proprio.

Ai sensi dell’art. 5 del decreto ACE, per i soggetti IRES la variazione in aumento di capitale proprio rilevante per l’ACE consiste nell’incremento rispetto al patrimonio netto esistente alla chiusura dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010, con esclusione dell’utile di esercizio. L’incremento di capitale proprio cui applicare il rendimento figurativo è determinato da:

incrementi che consistono in:

  • utili accantonati a riserva, ad esclusione di quelli destinati a riserve non disponibili;
  • conferimenti in denaro;
  • gli accantonamenti a riserve disponibili derivanti dalla “riclassificazione” di riserve indisponibili a seguito del venir meno della condizione di indisponibilità.

decrementi, cioè:

  • riduzioni di patrimonio netto con attribuzione ai soci;
  • acquisti di partecipazioni di società controllate;
  • acquisti d’aziende o di rami d’azienda.

Il meccanismo di applicazione dell’ACE è il seguente:

  • si determina il reddito complessivo netto;
  • si determina l’incremento ACE per l’esercizio;
  • se l’importo della base di calcolo ACE supera il reddito complessivo netto l’eccedenza di rendimento nozionale può essere riportata nei periodi d’imposta successivi, senza alcun limite quantitativo e temporale ovvero è fruibile come credito d’imposta applicando a questa eccedenza l’aliquota di cui all’articolo 77 del TUIR.

Il credito d’imposta è utilizzato in diminuzione dell’IRAP e va ripartito in cinque quote annuali di pari importo (art. 19, comma 1, lettera b), decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116); la disposizione ha effetto a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014.

L’ACE nel modello Unico. La deduzione ACE, non ha subito modifiche sul calcolo, quello che cambia è solo il rendimento nozionale:

  • i dati per la il calcolo della deduzione ACE per i soggetti IRES devono essere indicati nel rigo RS113 dell’Unico SC;
  • è stato inserito un nuovo campo nel prospetto ACE rigo RS115 per indicare gli elementi conoscitivi, previsti con apposito provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, che il contribuente, che intende fruire dell’agevolazione, deve fornire al fine di dimostrare che in relazione alle disposizioni con finalità antielusiva specifica le operazioni effettuate non comportano duplicazioni dell’agevolazione.

Dichiarazione società di capitali (Unico Sc)

Il modello Unico società di capitali (Srl, SpA e Sapa), enti commerciali ed equiparati (Unico Sc) è un modello che permette di presentare la dichiarazione dei redditi, dove viene dichiarato il calcolo IRES, e dell’imposta sul valore aggiunto (Iva).

Devono compilare la dichiarazione in forma unificata (dichiarazione dei redditi e dichiarazione IVA che confluiscono nell’Unico Società di Capitali) i contribuenti tenuti alla presentazione sia della dichiarazione dei redditi sia della dichiarazione Iva se hanno un periodo d’imposta coincidente con l’anno solare.

I contribuenti che vogliono utilizzare in compensazione o chiedere a rimborso il credito risultante dalla dichiarazione Iva, possono presentarla separatamente dal modello Unico Sc.

Sono obbligati a presentare il modello Unico Sc i soggetti Ires e cioè:

  • le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative, comprese le società cooperative che abbiano acquisito la qualifica di Onlus e le cooperative sociali, le società di mutua assicurazione, nonché le società europee (di cui al regolamento Ce n. 2157/2001 e le società cooperative europee di cui al Regolamento Ce n. 1435/2003), residenti nel territorio dello Stato;
  • gli enti commerciali (enti pubblici e privati, diversi dalle società e i trust, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali), residenti nel territorio dello Stato;
  • le società di ogni tipo, tranne le società semplici, le società e le associazioni equiparate (art. 5, Dpr n. 917/1986) e gli enti commerciali non residenti nel territorio dello Stato, compresi i trust, che hanno esercitato l’attività nel territorio dello Stato mediante stabile organizzazione.

Il modello Unico Sc deve essere presentato entro 9 mesi dalla chiusura del periodo d’imposta. Quindi, se la società o l’ente ha l’esercizio coincidente con l’anno solare, la scadenza di presentazione è fissata al 30 settembre.

La dichiarazione deve essere presentata in via telematica:

  • dai contribuenti tenuti alla presentazione della dichiarazione Iva;
  • dai soggetti tenuti alla presentazione della dichiarazione dei sostituti d’imposta;
  • dai soggetti tenuti alla presentazione della dichiarazione Irap;
  • dai soggetti tenuti alla presentazione del modello per la comunicazione dei dati relativi all’applicazione degli studi di settore e dei parametri;
  • dagli intermediari abilitati, i curatori fallimentari e i commissari liquidatori.

Dichiarazione Unico Enti non commerciali (Enc)

Il modello Unico Enti non commerciali ed equiparati (Unico Enc) è un modello unificato che permette di presentare la dichiarazione dei redditi e dell’Iva.

Devono compilare la dichiarazione in forma unificata i contribuenti tenuti alla presentazione sia della dichiarazione dei redditi sia della dichiarazione Iva, se hanno un periodo d’imposta coincidente con l’anno solare.

Tuttavia, i contribuenti che intendono utilizzare in compensazione o chiedere a rimborso il credito risultante dalla dichiarazione Iva, possono presentarla separatamente dal modello Unico Enc.

Presentano il Modello “UNICO ENC – Enti non commerciali ed equiparati”:

  • enti non commerciali (enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali), residenti o non residenti nel territorio dello Stato;
  • organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) di cui all’art. 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, ad eccezione delle società cooperative comprese le cooperative sociali);
  • società semplici, società ed associazioni ad esse equiparate ai sensi dell’art. 5 del TUIR, non residenti nel territorio dello Stato;
  • società non residenti, compresi i trust, che non hanno esercitato attività nel territorio dello Stato mediante stabili organizzazioni; a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 (7 ottobre 2015), i predetti soggetti presentano il modello UNICO SC;
  • curatori di eredità giacenti se il chiamato all’eredità è soggetto all’IRES e se la giacenza dell’eredità si protrae oltre il periodo di imposta nel corso del quale si è aperta la successione.

Sono esclusi dalla presentazione gli organi e le amministrazioni dello Stato (compresi quelli a ordinamento autonomo, anche se dotati di personalità giuridica), dei Comuni, dei consorzi fra enti locali, delle associazioni e degli enti gestori di demanio collettivo, delle Comunità montane, delle Province e delle Regioni.

Le tempistiche per la presentazione sono le stesse del modello unico SC e cioèo entro l’ultimo giorno del nono mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta. Se l’esercizio coincide con l’anno solare, la scadenza di presentazione è fissata al 30 settembre.

La dichiarazione va presentata in via telematica dai contribuenti tenuti alla presentazione della dichiarazione relativa all’Iva; dai soggetti tenuti alla presentazione della dichiarazione dei sostituti d’imposta; dai soggetti tenuti alla presentazione della dichiarazione Irap; dai soggetti tenuti alla presentazione del modello per la comunicazione dei dati relativi all’applicazione degli studi di settore e dei parametri; dagli intermediari abilitati, i curatori fallimentari e i commissari liquidatori.
I contribuenti non obbligati alla presentazione telematica possono presentare il modello Modello Unico presso un ufficio postale.

Acconto IRES

I versamenti di acconto dell’IRES sono effettuati in due rate, a meno che il versamento della prima rata non superi euro 103.

L’acconto non è dovuto se l’imposta relativa al periodo d’imposta precedente al netto delle detrazioni, dei crediti d’imposta e delle ritenute d’acconto è di ammontare non superiore a 20,66 euro.

La percentuale dell’acconto dell’IRES è fissata nella misura del 100 per cento di cui:

  • il 40 per cento dell’acconto dovuto è versato alla scadenza della prima rata;
  • il 60 per cento dell’importo alla scadenza della seconda.

Il versamento va effettuato:

  • per la prima rata, nel termine previsto per il versamento del saldo dovuto dalle resultanze della dichiarazione, e cioè entro il giorno 16 del sesto mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta, ad esempio se la chiusura dell’anno è il 31 dicembre 2016, il pagamento dell’Ires 2017 deve essere effettuato entro il 16 giugno 2017.
  • Il versamento della prima rata può essere prorogato entro il trentesimo giorno successivo al termine ordinario di scadenza, maggiorando le somme da versare dello 0,40 per cento a titolo di interesse corrispettivo. Per coloro che effettuano la compensazione, la maggiorazione si applica solamente sulla differenza tra debiti e crediti, se positiva;
  • per la seconda o unica rata, entro l’ultimo giorno dell’undicesimo mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta cui si riferisce la presente dichiarazione quindi se la chiusura dell’anno è il 31 dicembre 2016, il pagamento deve essere effettuato entro il 30 novembre 2017.

Nel calcolo dell’acconto, non si tiene conto, nella misura del 70 per cento, delle ritenute sugli interessi, premi e altri frutti dei titoli di cui all’art. 1 del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, scomputate per il periodo d’imposta precedente (cfr. art. 13, comma 1, del decreto legislativo n. 239 del 1996).

In caso di adesione al regime di tassazione per trasparenza (artt. 115 e 116 del TUIR), l’obbligo di versamento dell’acconto resta anche in capo alla società partecipata nel primo periodo d’imposta di efficacia dell’opzione.

In caso di esercizio dell’opzione per il consolidato nazionale o mondiale, al versamento dell’acconto è tenuta esclusivamente la società o ente consolidante. Per il primo esercizio la determinazione dell’acconto dovuto dalla controllante è effettuato sulla base dell’imposta, al netto delle detrazioni, dei crediti di imposta e delle ritenute d’acconto, corrispondente alla somma algebrica dei redditi relativi al periodo precedente come indicati nelle dichiarazioni dei redditi presentate per il periodo stesso dalle società singolarmente considerate, ovvero, sulla base di quanto disposto dall’art. 4 del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 69, convertito dalla legge 27 aprile 1989, n. 154.

Il versamento dell’acconto dell’imposta dovuta sui redditi derivanti da partecipazioni in soggetti esteri residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto o al provvedimento emanati ai sensi del comma 4 dell’art. 167 del TUIR assoggettati a tassazione separata nel quadro RM della presente dichiarazione va effettuato secondo i termini e le modalità sopra indicate. L’acconto va, tuttavia, determinato autonomamente rispetto all’acconto per i redditi assoggettati in via ordinaria ad IRES.

Pagamento IRES: codici tributo, rateizzazione ed esenzione

Vediamo ora come e quando si paga l’IRES, insieme alle altre imposte come l’IRAP.

I soggetti Ires devono versare sia il saldo che l’acconto con il modello F24 dell’Agenzia delle Entrate, scaricabile gratis ossia compilabile direttamente online.

Cosa indicare nel modello. Nel modello vanno indicati i dati di chi effettua il versamento per cui i dati della società, l’anno di riferimento, il codice tributo, l’importo dell’imposta da pagare, eventuali crediti d’imposta da utilizzare e la data del pagamento.

Ad esempio se l’impresa pertanto deve pagare il saldo 2016 e l’acconto 2017, deve indicare nell’F24:

  • Erario, codice tributo 2002;
  • Anno saldo 2016;
  • Acconto anno 2017, barrando le due caselle indicando i relativi importi;
  • Data 16 giugno 2017 o 6 luglio 2017.

Esenzione dal pagamento IRES

Molti contribuenti si chiedono come non pagare l’IRES. Ebbene, bisogna precisare che come tutti gli altri tributi, tale imposta che colpisce il reddito delle società è ovviamente dovuta e obbligatoria. Chiaramente, se per effetto del ricavi e dei costi, il reddito della società o dell’ente commerciale e non commerciale, è di minore entità, di conseguenza, sarà dovuta un IRES inferiore. Tutto dipende dal bilancio societario, con opportune variazioni in aumento e in diminuzione ai fini fiscali, riportato e dichiarato nell’apposita dichiarazione dei redditi unificata.

Esenzione dal pagamento dell’IRES. In termini di dichiarazione dei redditi, coloro che evidenziano nel quadro RN del modello una perdita fiscale o comunque un utile fiscale di valore pari o inferiore a 20,66 euro, sono esentati dal pagamento dell’acconto. E’ altresì possibile prevedere una perdita fiscale per l’anno successivo e, applicando il metodo previsionale, si può optare per il non versamento dell’acconto IRES.

Rateizzazione debiti IRES

Tutti i contribuenti possono avvalersi della facoltà di rateizzare i versamenti delle somme dovute a titolo di saldo e di primo acconto in un numero massimo di sei rate.

I dati relativi alla rateazione e cioè numero di rata da pagare e numero di rate prescelto vanno riportati nella colonna “rateazione/regione/prov.” del Modello di versamento F24.

Sono esclusi dalla rateazione solo gli importi a titolo di seconda o unica rata di acconto IRES.

Le rate successive alla prima devono essere pagate entro il giorno 16 di ciascun mese di scadenza per i soggetti titolari di partita IVA, ovvero entro la fine di ciascun mese per gli altri soggetti.

Sulle somme rateizzate sono dovuti gli interessi nella misura del 4 per cento annuo secondo quanto previso dall’art. 5 del decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 21 maggio 2009 da calcolarsi secondo il metodo commerciale, tenendo conto del periodo decorrente dal giorno successivo a quello di scadenza della prima rata fino alla data di scadenza della seconda.

Sugli importi da versare con le rate mensili successive, si applicano gli interessi dello 0,33 per cento in misura forfetaria, a prescindere dal giorno in cui è eseguito il versamento. Ad esempio, qualora la prima rata di versamento scada il 16 giugno 2016 la seconda scade il successivo 18 luglio (il 16 luglio cade di sabato) con l’applicazione degli interessi dello 0,33 per cento.

I soggetti che effettuano i versamenti entro il trentesimo giorno successivo ai termini di scadenza previsto per ciascuno di essi, devono preventivamente maggiorare le somme da versare dello 0,40 per cento a titolo di interesse corrispettivo (all’art. 17, comma 2, del d.P.R. 7 dicembre 2001, n. 435 e successive modificazioni).

IRES associazioni sportive dilettantistiche

Analizziamo singolarmente i casi più rilevanti di assoggettamento all’Ires per enti non commerciali residenti nel territorio dello stato, affrontando il caso delle associazioni sportive dilettantistiche (IRES per ASD). 

Le associazioni sportive dilettantistiche (ASD) rientrano tra gli enti non commerciali. Ai sensi dell’articolo 73, comma 1, lettera c), Dpr 917/1986 (Tuir), sono tali “gli enti, pubblici o privati, diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali”.
La qualifica di ente non commerciale, si ottiene e si conserva se l’attività istituzionale effettivamente esercitata abbia esclusivo o prevalente carattere non commerciale.
La definizione di oggetto esclusivo o principale è dettata dal comma 4, articolo 73, Tuir, in base al quale “l’oggetto esclusivo o principale dell’ente residente è determinato in base alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata. Per oggetto principale si intende l’attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto”.

Lo status di ente non commerciale va determinato con riferimento all’attività effettivamente svolta, non essendo sufficiente la semplice analisi delle indicazioni contenute nell’atto costituivo e nello statuto.

Il regime fiscale Ires degli enti non commerciali. Le associazioni sportive dilettantistiche sono generalmente enti non commerciali rientrano nel regime fiscale naturale degli enti non commerciali.
Gli enti non commerciali sono soggetti all’Ires con aliquota del 27,5% (articolo 77 del Tuir) e il loro reddito complessivo è dato dalla somma dei redditi fondiari, di capitale, d’impresa e diversi ovunque prodotti e quale ne sia la destinazione, ad esclusione dei redditi esenti e di quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o a imposta sostitutiva.

Regime ordinario e regime forfettario. Gli enti non commerciali possono essere titolari di un reddito d’impresa derivante da un’attività commerciale esercitata occasionalmente e secondaria rispetto all’attività istituzionale.

Il reddito d’impresa può essere determinato mediante il regime ordinario ovvero, ricorrendone i presupposti, mediante il regime forfettario di cui all’articolo 145 del Tuir. In questo caso il reddito d’impresa degli enti non commerciali è determinato dalla differenza tra i proventi conseguiti e i costi sostenuti, riferibili all’attività commerciale. Specifiche disposizioni sono previste per i componenti promiscui, relativi cioè sia all’attività commerciale sia a quella istituzionale.
Per l’attività commerciale eventualmente esercitata, gli enti non commerciali hanno l’obbligo di tenere una contabilità separata (articolo 144, comma 2, Tuir).

L’articolo 145 del Tuir prevede un regime forfettario di determinazione del reddito d’impresa per gli enti non commerciali ammessi al regime di contabilità semplificata ex articolo 18 del Dpr 600/1973 e cioè per le imprese che, nell’anno precedente a quello in corso e relativamente a tutte le attività esercitate, abbiano conseguito ricavi non superiori a 400mila euro, se esercenti attività di prestazioni di servizi, ovvero a 700mila euro, se esercenti altre attività.
Gli enti non commerciali possono optare per il regime forfettario. In tal caso, il reddito d’impresa si determina applicando all’ammontare dei ricavi conseguiti dall’esercizio dell’attività commerciale le seguenti percentuali di redditività:

prestazioni di servizi:

  • 15% per ricavi fino a 15.493,71 euro;
  • 25% per ricavi compresi tra 15.493,71 e 400.000 euro;

Ricavi di altre attività:

  • 10% per ricavi fino a 25.822,84 euro;
  • 25% per ricavi compresi tra 25.822,84 e 700.000 euro.

Il reddito così determinato sarà sottoposto a tassazione secondo l’ordinaria aliquota Ires.

L’opzione è esercitata nella dichiarazione annuale dei redditi e ha effetto dall’inizio del periodo d’imposta nel corso del quale è esercitata fino a quando non è revocata e, comunque, per un triennio.
Gli enti non commerciali sono tenuti a presentare la dichiarazione annuale  secondo il modello Unico-Enc. Tuttavia, le associazioni sportive dilettantistiche che svolgono solo attività istituzionali e non hanno anche redditi fondiari, di capitale, d’impresa o diversi e non hanno dipendenti, collaboratori o lavoratori occasionali, non sono obbligate a presentare la dichiarazione dei redditi.

Società sportive

Secondo l’art.90 L. 289/2002 le disposizioni dettate per le ASD si applicano anche alle società sportive dilettantistiche costituite come società di capitali senza scopo di lucro riconosciute dal Coni quale unico organismo certificatore dell’effettivo svolgimento delle attività sportive da parte di queste società ed associazioni.

Va sempre verificato se la percezione dei compensi da parte dei soci e i canoni di locazione, siano o meno indiretta distribuzione di proventi dell’attività sociale, che comporterebbe la disapplicazione del regime agevolativo.

IRES per le Onlus

Nell’ambito della disciplina degli enti non commerciali rilievo assumono le disposizioni concernenti le organizzazioni non lucrative di utilità sociale o meglio conosciute come Onlus, dettate dagli articoli 10 e seguenti del Dlgs 460/1997.

La qualifica di Onlus costituisce un "contenitore fiscale" nell’ambito del quale possono confluire, a determinate condizioni, diversi soggetti giuridici (prevalentemente enti non commerciali) destinatari di un regime tributario di favore.

La legge indica i soggetti interessati, le tipologie di attività agevolate e i requisiti statutari necessari per essere qualificata come Onlus.

In Gazzetta Ufficiale n. 141 del 18 giugno 2016 è stata pubblicata la legge 6 giugno 2016, n. 106, “Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale”, in vigore dal 3 luglio 2016.

Ma cos’è il terzo settore? Il Terzo settore viene definito come “il complesso degli enti privati costituiti con finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale che, senza scopo di lucro, promuovono e realizzano attività d’interesse generale, mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi, in coerenza con le finalità stabilite nei rispettivi statuti o atti costitutivi”.

All’interno del Terzo settore, le Onlus sono una categoria rilevante ai soli fini fiscali, alla quale è destinato un regime tributario di favore per le finalità di solidarietà sociale perseguite.

Affinché si possa assumere la qualifica di Onlus si devono avere finalità di solidarietà sociale rivolta ad apportare benefici a persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, sociali, economiche o familiari, oppure a componenti di collettività estere relativamente agli aiuti umanitari.

Non producendo reddito d’impresa, le organizzazioni non lucrative di utilità sociale sono assoggettate all’Ires relativamente ai soli redditi fondiari, redditi di capitale e redditi diversi

L’articolo 150 del Tuir stabilisce che:

  • per le Onlus, ad eccezione delle società cooperative, non costituisce esercizio di attività commerciale lo svolgimento delle attività istituzionali nel perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale;
  • i proventi derivanti dall’esercizio delle attività direttamente connesse non concorrono alla formazione del reddito imponibile.

Il legislatore ha operato una distinzione tra attività istituzionali, e attività direttamente connesse svolte dalle Onlus. Le prime, sono del tutto escluse dall’area della commercialità ("decommercializzazione") e, quindi, sono completamente irrilevanti ai fini delle imposte sui redditi.

Le seconde, invece, mantengono la natura di attività commerciali, ma ex lege non concorrono comunque alla formazione del reddito imponibile. Per queste attività l’ente deve tenere le scritture contabili richieste dalla disciplina vigente per gli esercenti imprese commerciali.
Si ricordi, inoltre, che l’esercizio delle attività connesse è consentito a condizione che, in ogni esercizio, le stesse non siano prevalenti rispetto a quelle istituzionali e che i relativi proventi non superino il 66% delle spese complessive dell’organizzazione (articolo 10, comma 5, secondo periodo, Dlgs 460/1997).

Tale disciplina cioè quella dettata dall’articolo 150 del Tuir non si applica nei confronti delle Onlus costituite in forma di società cooperative, che, sono assoggettate alla normativa Ires ordinaria delle società di capitali, fatta salva, ove ne ricorrano le condizioni, l’applicabilità delle agevolazioni previste.

Da quanto detto sopra, si ricava che le Onlus sono assoggettate all’Ires relativamente ai soli redditi fondiari (terreni e fabbricati), redditi di capitale e redditi diversi.

L’articolo 26 del Dlgs 460/1997 stabilisce che alle Onlus si applicano, se compatibili, le disposizioni relative agli enti non commerciali. Il reddito imponibile delle Onlus deve essere determinato in base ai criteri generali previsti per tali enti.

Anche con riferimento agli adempimenti richiesti per l’inizio dell’attività e ai fini dichiarativi, trovano applicazione le disposizioni in materia di enti non commerciali.

Anche ai fini Irap la base imponibile è determinata secondo le regole proprie degli enti non commerciali, per maggiori dettagli si veda l’approfondimento su Irap 2017.

Gli immobili delle Onlus adibiti allo svolgimento delle attività istituzionali (collegi, ricoveri, case di cura, ospedali) sono produttivi di reddito fondiario
e concorrono alla formazione del reddito complessivo, in base alle norme sul reddito fondiario, anche gli immobili di proprietà delle Onlus oggetto di locazione a terzi, anche se di tratta di immobili di interesse storico artistico.

IRES per le società di comodo

L’articolo 30 della legge 724/1994, stabilisce che sono considerate “di comodo” le società che non superano il test di operatività, nonché quelle i cui ricavi “figurativi” sono superiori rispetto ai ricavi effettivi.

Quindi rientrano tra le società “di comodo” le società non operative o in perdita sistematica.

Possono essere considerate società di comodo, sempre secondo l’articolo di cui sopra, le società di capitali, di persone ad eccezione della società semplice, nonché le società e gli enti di ogni tipo non residenti, con stabile organizzazione in Italia.

Sono considerate società di comodo tutte quelle società i cui ricavi, aumentati delle rimanenze e dei proventi (non straordinari) siano inferiori alla somma dei seguenti elementi:

  • 2% del valore delle partecipazioni, degli strumenti finanziari simili alle azioni, delle obbligazioni e dei titoli similari, nonché delle quote detenute in società di persone e assimilate;
  • 6% del valore delle immobilizzazioni costituite da immobili o navi, anche se in leasing;
  • 15% del valore delle altre immobilizzazioni anche se in locazione finanziaria.

Se la media triennale dei ricavi effettivi sia inferiore alla media triennale presunta calcolata come appena detto, il reddito delle società di comodo non potrà essere inferiore alla somma dei seguenti valori:

  • 1,50% del valore delle partecipazioni;
  • 4,75% del valore dei beni immobili, anche in locazione finanziaria, per gli immobili destinati ad uso abitativo, acquistati e rivalutati nell’esercizio o nei due precedenti, tale percentuale è ridotta al 3%; per gli immobili classificati come A/10 la percentuale è del 4%, mentre è dello 0,90% quella degli immobili ubicati in comuni con meno di 1.000 abitanti;
  • 12% del valore delle altre immobilizzazioni, anche in leasing.

Aliquota IRES società di comodo. L’art. 2 al comma 36 quinquies stabilisce che: “l’aliquota dell’imposta sul reddito delle società di cui all’articolo 75 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, dovuta dai soggetti indicati nell’articolo 30, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, è applicata con una maggiorazione di 10,5 punti percentuali. Sulla quota del reddito imputato per trasparenza ai sensi dell’articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi dai soggetti indicati dall’articolo 30, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, a società o enti soggetti all’imposta sul reddito delle società trova comunque applicazione detta maggiorazione”.

Quindi per le società di comodo, l’aliquota Ires risulta essere del 38% e cioè all’aliquota ordinaria del 27,5% si somma una maggiorazione di 10,5 punti, così da scoraggiare la nascita di società di fatto.

La base imponibile sulla quale calcolare tale maggiorazione è il reddito imponibile del periodo in cui la società è considerata di comodo. Tale reddito è dato o dal reddito medio presunto o, in caso sia superiore, dal reddito ordinariamente determinato ed in questo caso si potrà tenere conto delle perdite dei periodi precedenti.

IRES società cooperative

La disciplina delle società cooperative prevede un trattamento fiscale differenziato per le cooperative in relazione all’ipotesi che siano a “mutualità prevalente” o cooperative “diverse”.

Dopo la riforma del diritto societario, sono solo le cooperative a mutualità prevalente che possono beneficiare di una tassazione agevolata, rispetto a quelle a mutualità diversa cioè non prevalente.

Il legislatore ha innalzato la tassazione dell’utile delle società cooperative a mutualità prevalente del 10% (comma 36-bis, dell’articolo 2, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138), quindi l'esclusione dal reddito imponibile delle somme destinate a riserve indivisibili prevista dall’articolo 12, della Legge n. 904/1977, dal periodo di imposta 2012, non si applica per la quota del:

  • 20% degli utili netti annuali delle cooperative agricole e loro consorzi di cui al D.lgs. n. 228/2001, nonché delle cooperative della piccola pesca e loro consorzi (e delle cooperative forestali);
  • 40% degli utili netti annuali delle altre cooperative (edilizie, di lavoro, ecc.) e loro consorzi;
  • 65% degli utili netti annuali, per le cooperative di consumo e loro consorzi.

Tale non applicabilità dell’articolo 12, della Legge n. 904/1977, per le percentuali indicate, riguarda, più precisamente, la parte di utile destinato a “riserva indivisibile” che eccede la percentuale minima del 30%

Un’ulteriore modifica dal periodo di imposta 2012 riguarda l’esclusione dal reddito di cui all'articolo 12 della Legge n. 904/1977 che non si applica alla quota del 10% degli utili netti annuali destinati alla riserva minima obbligatoria (cfr. articolo 6, comma 1, D.L. n. 63/2002, come modificato dal D.L. n. 138/2011).

Ne consegue che detti utili, benché destinati alla riserva minima obbligatoria, restano tassabili in misura pari al 3% del loro ammontare.

Per le cooperative “diverse” da quelle a mutualità prevalente, l'esclusione dal reddito imponibile è pari al 30% delle somme destinate a riserva indivisibile, ferma restando l’applicabilità del predetto articolo 6, comma 1, D.L. n. 63/2002, per cui l’esclusione è destinata a ridursi del 3% e ad attestarsi quindi al 27%.

Dall’esercizio 2015, la percentuale delle somme destinate a riserva indivisibile esclusa da tassazione è diminuita al 23% per le cooperative di consumo e loro consorzi “diverse” da quelle a mutualità prevalente secondo quanto stabilito dall’articolo 17-bis, D.L. n. 91/2014, convertito nella Legge n. 16/2014, tale percentuale che si riduce ulteriormente al 20%, per effetto dell’imponibilità del 3% (10% del 30%) degli utili netti annuali destinati alla riserva minima obbligatoria di cui sopra.

Ai sensi dell’articolo 10, del D.P.R. n. 601/1973, le cooperative agricole e loro consorzi sono “esenti” dall’IRES per i redditi conseguiti mediante l’allevamento di animali, con mangimi ottenuti per almeno un quarto dai terreni dei soci nonché mediante la manipolazione, conservazione, valorizzazione, trasformazione e alienazione di prodotti agricoli e zootecnici e di animali conferiti prevalentemente dai soci. Detta esenzione però non si applica con riferimento alla quota tassabile del 20% degli utili netti annuali destinati a riserve indivisibili, quindi, si deve comunque tassare il 20% dell’utile, oltre al 10% della quota di utili netti annuali destinati a riserva legale.

A partire dal periodo di imposta 2014, le cooperative agricole qualificate come “società agricole”, di cui all’articolo 2, del D.lgs. n. 99/2004, come modificato dal successivo D.lgs. n. 101/2005, possono, per opzione, determinare il proprio reddito come reddito agrario, in luogo dei criteri ordinari applicati per la determinazione del “reddito d’impresa”.

Le cooperative di produzione e lavoro sono esenti dall’IRES, ai sensi dell’articolo 11, del D.P.R. n. 601/1973, se l’ammontare delle retribuzioni effettivamente corrisposte ai soci che prestano la loro opera con carattere di continuità, in cui sono comprese le somme erogate ai soci lavoratori a titolo di integrazione delle retribuzioni fino al limite dei salari correnti aumentati del 20%, non sia inferiore al 50% della somma di tutti gli altri costi tranne quelli relativi alle materie prime e sussidiarie; ma se le retribuzioni sono inferiori al 50% ma non al 25% dell’ammontare complessivo degli altri costi, l’imposta è ridotta alla metà, l’esenzione, però, è limitata alla sola quota di reddito da tassare ai fini IRES e non può essere considerata ai fini dell’IRAP 

Le cooperative sociali e i loro consorzi, che perseguono scopi coincidenti con l’interesse generale alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini (L. 8 novembre 1991, n. 381), tassano il 10% delle somme destinate a riserva minima obbligatoria e applicano le agevolazioni previste agli articoli 10 e 11, del D.P.R. n. 601/1973 che prevedono la non imponibilità per il reddito, escludendo dalla tassazione anche le riprese di natura fiscale.

Infine, preme ricordare che, le società cooperative sono obbligate a destinare una quota pari al 3% degli utili annuali ai “Fondi Mutualistici”, (articolo 11, della Legge n. 59/1992), costituiti dalle associazioni nazionali di rappresentanza del movimento cooperativo, potendo però dedurre fiscalmente la quota assegnata.

Ires e Tonnage tax società marittime

Vediamo ora la determinazione della base imponibile per le imprese marittime (Tonnage tax).

La Tonnage tax è un regime opzionale rispetto a quello ordinario, di determinazione del reddito imponibile dei soggetti di cui all’art. 73, comma 1, lett. a) del TUIR e dei soggetti di cui alla lett. d) del medesimo articolo che esercitano nel territorio dello Stato un’attività di impresa mediante stabile organizzazione, derivante dall’utilizzo delle navi iscritte al Registro internazionale di cui al decreto-legge 30 dicembre 1997, n. 457, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1998, n. 30, e dagli stessi armate, nonché delle navi noleggiate il cui tonnellaggio non sia superiore al 50 per cento di quello complessivamente utilizzato.

La tonnage tax può essere applicata:

  • Alle S.p.A, S.a.p.a, S.r.l., società cooperative o di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato;
  • Alle società o enti, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello stato, ma che esercitano l’attività mediante stabile organizzazione, A seguito della finanziaria del 2008 anche alle società di persone commerciali;

le cui navi sono destinate  all’esercizio di attività previste dall’art. 8-bis co.1, lett a), D.P.R. 633/72 e cioè “le cessioni di navi destinate all'esercizio di attività commerciali o della pesca o ad operazioni di salvataggio o di assistenza in mare, ovvero alla demolizione, escluse le unità da diporto di cui alla L. 11 febbraio 1971, n. 50”

Tali navi, aventi un tonnellaggio superiore alle 100 tonnellate di stazza netta, devono svolgere attività di:

  • trasporto merci;
  • trasporto passeggeri;
  • soccorso in mare, rimorchio in mare qualora si tratti di una prestazione di trasporto, trasporto e posa in opera di impianti offshore ed assistenza marittima in alto mare.

Sono incluse nell’imponibile anche i proventi derivanti dalle attività accessorie direttamente connesse, strumentali e complementari alle attività di cui sopra, tassativamente indicate dal comma 2, art. 6, del decreto ministeriale 23 giugno 2005, se svolte dal medesimo soggetto che esercita le attività marittime principali mentre sono esclusi dal regime i proventi derivanti dalla vendita di prodotti di lusso, di prodotti e servizi che non sono consumati a bordo, dai giochi d’azzardo, dalle scommesse e dai casinò, ferma restando l’applicazione dell’agevolazione di cui all’art. 4, comma 2, del decreto-legge 30 dicembre 1997, n. 457, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1998, n. 30.

Il regime della Tonnage Tax può essere applicato previa opzione. L’opzione per la Tonnage tax deve essere esercitata con riferimento a tutte le navi aventi i requisiti di cui sopra, gestite dallo stesso gruppo di imprese alla cui composizione concorrono la società controllante e le controllate ai sensi dell’art. 2359 del codice civile.

Nel rigo RJ1 del modello Unico deve essere indicato il codice fiscale della società controllante che ai sensi dell’art. 3, comma 2, del D.M. 23 giugno 2005 ha comunicato all’Agenzia delle entrate l’esercizio dell’opzione o del soggetto che ne ha perfezionato l’adesione.

L’opzione può essere rinnovata solo in seguito alla decorrenza del periodo originario, salvo l’assoggettamento al controllo di un’impresa che ne ha optato.

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