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L’offerta di conciliazione agevolata prevista dal Jobs Act

Il D. Lgs. n. 23/2015 prevede un nuovo rito di conciliazione stragiudiziale: l’offerta di conciliazione. Il datore di lavoro può offrire un assegno circolare pari una somma al lavoratore, che va da 2 a 18 mensilità in base agli anni di servizio, esente da tassazione e contribuzione. Ed è previsto anche un obbligo di comunicazione dell’offerta di conciliazione. Vediamo tutti gli aspetti.
A cura di Antonio Barbato
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Con il Decreto del Jobs Act che ha introdotto le tutele crescenti in caso di licenziamento, è stata introdotta una nuova opportunità di conciliazione per datori di lavoro e lavoratori: l’offerta di conciliazione agevolata. E’ possibile firmare un accordo in una delle sedi protette con il quale il datore di lavoro offre al lavoratore una cifra, esente da tassazione e contribuzione, da due a diciotto mensilità, in base agli anni di servizio. L’accettazione dell’offerta di conciliazione conclude il rapporto di lavoro evitando ulteriori contenziosi.

L’importo offerto (pari ad una mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto strettamente correlata ad ogni anno di servizio, in misura non inferiore a due e non superiore a diciotto), erogabile al lavoratore solo nella forma dell’assegno circolare, viene incassato in misura piena dal lavoratore in quanto la cifra ricevuta è netta. L’importo percepito infatti non sarà considerato nei redditi imponibili del lavoratore.

Lavoratori interessati. L’offerta di conciliazione si riferisce a tutti i lavoratori assunti a tempo indeterminato (con esclusione dei dirigenti) a partire dal 7 marzo 2015, a tutti coloro che sono interessati da una trasformazione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato o da un consolidamento del rapporto di apprendistato al termine del periodo formativo, già in essere prima della data sopra citata e ai dipendenti già in forza presso un’azienda che per effetto delle nuove assunzioni intervenute, superano la soglia fatidica delle quindici unità dipendenti.

E’ il Decreto Legislativo n. 23 del 2015 che ha introdotto l’offerta di conciliazione. Si tratta di un nuovo rito di conciliazione stragiudiziale esperibile nelle sedi indicate dall’art. 2113 e dall’art. 82, comma 1 del Decreto Legislativo 276/2003 e applicabile alle eventuali controversie legate a licenziamenti illegittimi di rapporti di lavoro a cui si riferisce la norma.

La conciliazione prevede che il datore di lavoro offra al lavoratore che impugna il licenziamento una somma predeterminata, in modo da risolvere la controversia al di fuori delle sedi giudiziali, quindi senza ricorrere all’avvocato, fare ricorso giudiziario ed attendere la pronuncia del giudice. L’importo, erogabile solo nella forma dell’assegno circolare, una volta accettato non sarà considerato nei redditi imponibili del lavoratore.

L’art. 6 del D. Lgs. n. 23/2015: “In caso di licenziamento dei lavoratori con qualifica di operai, impiegati e quadri, assunti a tempo indeterminato, al fine di evitare il giudizio e ferma restando la possibilità per le parti di addivenire a ogni altra modalità di conciliazione prevista dalla legge, il datore di lavoro può sottoporre al lavoratore l’offerta di conciliazione, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento (ossia entro 60 giorni dal licenziamento), in una delle sedi di cui all'articolo 2113, quarto comma, del codice civile, e all'articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni”.

Le sedi di cociliazione sono le seguenti:

  • avanti alla commissione provinciale di conciliazione, istituita presso la Direzione territoriale del lavoro (art. 410 c.p.c.);
  • in sede sindacale (art. 411 c.p.c.);
  • o presso una delle sedi di certificazione (ad esempio, presso gli ordini provinciali dei consulenti del lavoro, presso le Università accreditate, ecc.) individuate dal D.Lgs. n. 276/2003.

A quanto ammonta l’offerta di conciliazione. E’ la legge stesso che lo indica: “un importo che non costituisce reddito imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e non è assoggettato a contribuzione previdenziale, di ammontare pari a una mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superiore a diciotto mensilitàè, mediante consegna al lavoratore di un assegno circolare”.

Le somme appena citate sono ridotte della metà e con un tetto massimo di sei mensilità nelle imprese dimensionate sotto le sedici unità e nelle organizzazioni di tendenza.

L'accettazione dell'assegno in tale sede da parte del lavoratore comporta due conseguenze:

  • l'estinzione del rapporto alla data del licenziamento;
  • e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l'abbia già proposta.

Le eventuali ulteriori somme pattuite nella stessa sede conciliativa a chiusura di ogni altra pendenza derivante dal rapporto di lavoro sono soggette al regime fiscale ordinario.

Lofferta per la conciliazione è facoltativa, non è obbligatoria. Ma potrebbe essere di grosso interesse per il datore di lavoro intenzionato a licenziare un lavoratore ma anche ad evitare il contenzioso giudiziario. Con l’offerta di conciliazione infatti si può offrire una cifra esente da imposizione al lavoratore, molto vicina a quanto potrebbe ottenere in caso di giudizio favorevole.

Il lavoratore potrebbe avere interesse economicamente ad accettare l’offerta di conciliazione, tenendo conto anche dei tempi della giustizia. Va detto che egli ha 68 giorni di tempo per impugnare il licenziamento, mentre il datore di lavoro ha 60 giorni di tempo per presentare l’offerta di conciliazione e farla accettare al lavoratore, visto che entro 60 giorni è obbligato ad inoltrare la comunicazione telematica relativa all’offerta di conciliazione stessa.

Calcolo dell’offerta di conciliazione. La norma fa riferimento ad una “mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superiore a diciotto mensilità”. A questo punto ai fini del calcolo dell’offerta di conciliazione bisogna chiarire quale è la “retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR”. A tal fine bisogna risalire a quanto previsto dall’art. 2120 del codice civile laddove stabilisce che “nella retribuzione da accantonare annualmente vanno computate tutte le somme corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro a titolo non occasionale, comprese quelle in natura ed escluse quelle che trovano la loro ragione nel rimborso spese”. Il Ministero del lavoro con l’interpello n. 43 del 3 ottobre 2008 ha chiarito che se il Ccnl prevede espressamente quali elementi della retribuzione vanno calcolati e quali no, il datore è tenuto a rispettarlo. Per calcolare la retribuzione utile ai fini del calcolo del Tfr si potrebbe partire dalla retribuzione annuale accantonata con le modalità previste dal codice civile, divisa per i mesi dell’anno.

Offerta di conciliazione e differenze retributive. L’art. 6 stabilisce anche che “eventuali ulteriori somme pattuite nella stessa sede conciliativa a chiusura di ogni altra pendenza derivante dal rapporto di lavoro sono soggette al regime fiscale ordinario”. Con questa dicitura il legislatore intende confermare che il datore di lavoro può, con la sottoscrizione del verbale di conciliazione, chiudere anche le altre questioni eventualmente correlate all’intercorso rapporto di lavoro (trattamento di fine rapporto, differenze paga, lavoro straordinario, ferie non godute, danno biologico, ecc.). Ma la legge stessa tiene a precisare che sono assoggettate ad imposizione fiscale, restando esenti da tassazione solo le cifre offerte come offerta di conciliazione vera e propria.

Mancato accordo, offerta di conciliazione e successiva causa di lavoro. L’accettazione dell’offerta di conciliazione, così come l’offerta di conciliazione stessa, è facoltativa. Quindi la mancata risposta del lavoratore all’offerta del datore non può essere, in alcun modo, qualificata negativamente dal giudice, cosa che, invece, non si rileva nel tentativo obbligatorio di conciliazione ex art. 7 della legge n. 604/1966.

Offerta di conciliazione: spetta l’indennità di disoccupazione Naspi. Il licenziamento con la successiva risoluzione di ogni contenzioso attraverso l’accettazione dell’offerta di conciliazione permette al lavoratore, in presenza dei requisiti previsti, di percepire l’indennità di disoccupazione Naspi. I requisiti della Naspi sono lo stato di disoccupazione, il possesso di almeno 13 settimane di contribuzione negli ultimi quattro anni e almeno trenta giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi precedenti che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione.

Il Ministero del Lavoro con l’interpello n. 13 del 24 aprile 2015, rispondendo ad una specifica richiesta della Cisl, ha affermato che l’accettazione dell’offerta di conciliazione non muta il titolo della risoluzione del rapporto che resta il licenziamento e che comporta, per espressa previsione

normativa, la rinuncia all’impugnativa, intendendosi tale fattispecie quale ipotesi di «disoccupazione involontaria conseguente ad atto unilaterale di licenziamento del datore di lavoro». Lo stesso discorso vale nel caso del licenziamento disciplinare in quanto l’adozione del provvedimento disciplinare è sempre rimessa alla libera determinazione del datore di lavoro e costituisce esercizio del potere discrezionale (Cass. n. 4382/1984) e che sotto l’aspetto dell’impugnabilità lo stesso potrebbe essere ritenuto illegittimo in sede giudiziaria.

La comunicazione obbligatoria sull’offerta di conciliazione

Nel Decreto Legislativo n. 23 del 2015, l’articolo 6 sull’offerta di conciliazione contiene anche questa dicitura: “Accanto alla comunicazione obbligatoria telematica di cessazione del rapporto di cui all'articolo 4-bis del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni, il datore di lavoro è tenuto ad inviare anche una ulteriore comunicazione, da effettuarsi da parte del datore di lavoro entro 65 giorni dalla cessazione del rapporto, nella quale deve essere indicata l'avvenuta ovvero la non avvenuta conciliazione (offerta di conciliazione) e la cui omissione è assoggettata alla medesima sanzione prevista per l'omissione della comunicazione di cui al predetto articolo 4-bis”.

Si tratta della comunicazione obbligatori sull’offerta di conciliazione a cui sono tenuti tutti i datori di lavoro che formalizzano l’offerta di conciliazione al lavoratore licenziamento.

La comunicazione, prevista dall’articolo 6 del Decreto Legislativo n. 23/2015, dovrà essere effettuata, entro 65 giorni dalla cessazione del rapporto, qualora si proceda ad attivare la procedura conciliativa facoltativa prevista dallo stesso articolo 6, per:

  • lavoratori assunti a tempo indeterminato dal 7 marzo 2015;
  • lavoratori trasformati da un rapporto di lavoro a termine in rapporto a tempo indeterminato dal 7 marzo 2015;
  • lavoratori qualificati da un rapporto di apprendistato 7 marzo 2015;
  • lavoratori presenti in aziende che dal 7 marzo 2015 hanno superato la soglia dei 15 dipendenti.

La comunicazione non va inviata qualora non ci sia stata alcuna offerta di conciliazione da parte del datore di lavoro o per i recessi intimati durante il periodo di prova.

La sanzione per la mancata comunicazione telematica dell’offerta di conciliazione è applicabile solo nel caso in cui, a seguito di licenziamento di lavoratori a cui si applica il contratto a tutele crescenti, sia stata proposta al lavoratore la conciliazione.

Quando ricorrano i presupposti, qualora non si comunichi entro 65 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro l'avvenuta, ovvero la non avvenuta, conciliazione, al datore di lavoro è applicabile la sanzione amministrativa che va da euro 100,00 ad euro 500,00 per ogni lavoratore interessato.

La sanzione ridotta ex art. 16, Legge n. 689/1981 è pari ad euro 166,66 per ogni lavoratore interessato e, nel caso di specie, si ritiene applicabile la diffida ex art. 13, D.Lgs. n. 124/2004 (sanzione amministrativa pari ad euro 100,00 per ogni lavoratore interessato).

Niente comunicazione di offerta di conciliazione per mancato superamento della prova. Ad ogni modo si ricorda che la comunicazione in questione non va effettuata quando il rapporto di lavoro si risolva durante il periodo di prova.

Come si invia la comunicazione dell’offerta di conciliazione. La Nota direttoriale del 27 maggio 2015, integrata dalla successiva Nota del 22 luglio 2015, ha definito le modalità operative con cui dovrà avvenire la comunicazione telematica dell’offerta di conciliazione, a partire dal 1° giugno 2015.

Dal 1° giugno 2015 è quindi possibile inviare la comunicazione integrativa di cessazione tramite il modello UNILAV-conciliazione, disponibile nella sezione “Adempimenti”.

Il datore di lavoro o il soggetto abilitato ad effettuare la comunicazione dovrà essere registrato al Portale ed accedere nella propria area riservata. Nell’applicazione “Offerta di conciliazione” andrà inserito il codice della comunicazione di cessazione.

Tramite il modello online UNILAV-conciliazione, dovrà essere inserito non solo l’esito dell’offerta: se il procedimento è andato a buon fine, dovranno essere inserite alcune informazioni aggiuntive, come la sede della conciliazione e l’importo erogato.

Al termine dell’adempimento, sarà possibile salvare e stampare il riepilogo della comunicazione effettuata.

Tra i datori di lavoro obbligati figurano anche le agenzie per il lavoro qualora risolvano dei rapporti di lavoro con il proprio personale.

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