La tassazione dei fringe benefit: dall’auto aziendale ai prestiti
Nel prospetto di busta paga, nella voce relativa agli elementi retributivi, possono essere inserite alcune voci relative a particolari compensi percepiti dai lavoratori. Si tratta dei fringe benefit, che sono dei beni o dei servizi che l’azienda o il datore di lavoro mette a disposizione del lavoratore, il quale può usufruirne gratuitamente oppure a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle di mercato. Si tratta ad esempio del auto aziendale in uso promiscuo, oppure un fabbricato concesso in locazione. La quantificazione dettagliata nel prospetto paga ha la finalità di sottoporre a tassazione e pagamento dei contributi su tali compensi in natura.
Il principio di onnicomprensività. L’art. 51 del TUIR (Testo unico delle imposte sui redditi) stabilisce appunto l’onnicomprensività del concetto di reddito di lavoro dipendente. Ed è proprio sulla base di questo principio che tutto ciò che il lavoratore percepisce dall’azienda va considerato come reddito, va inserito quindi in busta paga, e va a formare il reddito imponibile fiscale sul quale si calcolano le imposte dovute. Quindi oltre allo stipendio normale, alle mensilità aggiuntive quali la tredicesima o la quattordicesima, sono inseriti in busta paga anche i fringe benefit, che rappresentano una forma alternativa di retribuzione, diversa da quella in denaro.
Quali sono i fringe benefit. I fringe benefit sono molteplici e possono essere costituiti da beni e servizi messi a disposizione dell’azienda per il libero utilizzo quotidiano del dipendente, come ad esempio un’automobile aziendale, un immobile. Possono altresì essere costituiti da vere e proprie cessioni dei beni o servizi al dipendente. Un ulteriore forma di fringe benefit concessa ai dipendenti può essere costituita da particolari condizioni di favore per i dipendenti dell’azienda come ad esempio la concessione di prestiti a tasso agevolato.
Esenzione fiscale fino a 258,23 euro annui. Essendo il valore del fringe benefit assoggettato a tassazione quale componente del reddito di lavoro dipendente, è importante sottolineare che l’art. 51 comma 3 del TUIR indica un limite di esenzione fiscale. Se i compensi in natura rientrano nel limite di 258,23 euro annui, tale cifra non andrà assoggettata né ad Irpef né a contributi. Nel caso di superamento di tale cifra, scatterà l’imposizione fiscale e contributiva. Ed anche sulla cifra di 258,23 euro. Cioè viene considerata tutto il valore dei fringe benefit non la quota eccedente i 258,23 euro di esenzione fiscale.
Vediamo in questo apprendimento quali sono i fringe benefit, il trattamento in materia fiscale degli stessi attraverso l’attribuzione di un valore, che è quello indicato in busta paga e assoggettato ad imposizione fiscale.
Il valore normale dei fringe benefit
Il valore normale. L’indicazione del valore dei fringe benefit in busta paga consente l’applicazione delle imposte dovute come reddito di lavoro dipendente, su tutti l’imposta sul reddito delle persone fisiche (lrpef), nonché la determinazione dei contributi previdenziali dovuti. A tal fine è fondamentale la valutazione dei fringe benefit, cioè determinare in che ammontare questi compensi in natura concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente del lavoratore e quindi rientrano nell’imponibile fiscale. Per la determinazione del valore dei beni e servizi assegnati o offerti ai dipendenti si applicano le disposizioni relative al criterio generale del valore normale dell’art. 9 del TUIR.
Per valore normale si intende il prezzo o il corrispettivo mediamente praticato per i beni ed i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e nello stesso stadio di commercializzazione, nel tempo e nei luoghi più prossimi. Può essere inteso come tale ad esempio il prezzo scontato che il fornitore pratica sulla base di apposite convenzioni ricorrenti nella prassi commerciale, compreso l’eventuale convenzione stipulata con il datore di lavoro.
La valutazione dei beni e dei servizi va operata tenendo conto di una serie di fattori. Bisogna tener conto della natura del soggetto che cede o presta il bene o il servizio, cioè se è un produttore, un grossista o un dettagliante. Poi bisogna tener conto dei listini prezzi o delle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi. Se tali prezzi mancano, possono essere presi a riferimento anche i listini delle camere di commercio e le tariffe professionali. Ai fini della determinazione del valore nominale bisognerà tener conto anche degli sconti d’uso.
Valore normale dei beni prodotti in azienda. Se invece bisogna determinare il valore normale dei beni prodotti in azienda e ceduti ai dipendenti può essere preso in considerazione il prezzo mediamente praticato dalla stessa azienda nella cessione al grossista. Tale disposizione non è applicabile se è riferito ai dipendenti delle aziende che producono beni per la sola vendita al dettaglio o producono servizi o effettuano soltanto commercializzazione di beni. Quindi solo per le aziende che poi cedono a grossisti o sia a grossisti che dettaglianti.
Fringe benefit non assoggettati a tassazione. Non concorre a formare il reddito il valore normale dei beni ceduti dei servizi prestati nel caso in cui l’importo complessivo non è superiore a 258,23 euro nel periodo d’imposta. Se il valore è superiore concorre interamente alla formazione del reddito e non sulla quota oltre i 258,23 euro. Ai fini del predetto limite non vanno considerate le erogazioni liberali, cioè se il bene o il servizio è concesso in occasioni di festività o ricorrenze e non supera i 258,23 euro di valore.
Fringe benefit tassati in misura convenzionale
Alcuni benefit sono tassati in maniera diversa rispetto al sistema del valore normale. Il comma 5 dell’art. 41 del TUIR introduce un criterio forfettario o convenzionale per la determinazione del valore di alcuni fringe benefit. Il legislatore ha inteso semplificare il conteggio di alcuni compensi in natura consentendo al datore di lavoro un determinazione del reddito del dipendente più semplice.
I beni e servizi tassati con il criterio convenzionale sono elencati tassativamente. Sono i seguenti:
- Autoveicoli assegnati dal datore di lavoro ad un proprio dipendente per lo svolgimento dell’attività di lavoro e poi concessi anche per uso personale (si tratta dell’uso promiscuo);
- Fabbricati concessi in locazione, oppure in uso o in comodato d’uso, ai propri dipendenti, con o senza dimora;
- Prestiti ai dipendenti concessi direttamente dal datore di lavoro.
Per queste tipologie di fringe benefit, come abbiamo detto, non si determina il valore normale da sottoporre a tassazione in busta paga, ma si determina un valore di tipo convenzionale. Vediamo le caratteristiche.
Automobili e veicoli aziendali in uso promiscuo
Per gli autoveicoli, i motocicli ed i ciclomotori concessi in uso promiscuo ai dipendenti (cioè per un uso sia aziendale che personale del lavoratore), si assume come valore convenzionale il 30% dell’importo corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15.000 km, calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile dalle tabelle nazionali dell’Automobile club d’Italia (ACI), al netto delle somme eventualmente trattenuti al dipendente. Lo stabilisce l’art. 51 comma 4, lettera a) del TUIR.
Si precisa che tale deroga al principio della valutazione al valore normale del benefit riguarda gli autoveicoli, i ciclomotori o i motocicli concessi in uso promiscuo. Qualora il datore di lavoro conceda il veicolo aziendale esclusivamente per l’utilizzo personale o familiare del dipendente, per la determinazione del reddito imponibile in caso al dipendente occorre far riferimento al valore normale del bene. Quindi nessuna deroga. Non concorre invece a formare il reddito del dipendente l’utilizzo di veicoli aziendali per l’effettuazione di trasferte di lavoro.
Le tabelle ACI sulla base delle quali si calcola il valore convenzionale sono elaborate anno per anno entro in 30 novembre e sono pubblicate dal Ministero delle Finanze entro il 31 dicembre di ogni anno ed hanno effetto per l’anno successivo. L’importo così determinato in misura convenzionale viene poi indicato in busta paga e forma l’imponibile fiscale sul quale si calcola l’Irpef, le addizionali regionali e comunali dovute dal dipendente.
Calcolo del valore convenzionale. Trattandosi di determinazione annuale del valore convenzionale del veicolo (o motociclo o ciclomotore) concesso al dipendente come fringe benefit, l’importo andrà ripartito per tutte le mensilità in cui viene concesso al dipendente. Quindi se l’auto aziendale è stata concessa al dipendente per tutti e 12 i mesi, il valore convenzionale annuale, calcolato su una percorrenza di 15.000 km e secondo tabella ACI, andrà ripartito (e suddiviso) per i 12 mesi d’uso, conteggiando il numero dei giorni per i quali il veicolo è stato assegnato, indipendentemente dal numero dei giorni in cui è stato effettivamente utilizzato dal dipendente.
Valore calcolato sui giorni di assegnazione, non di utilizzo. In altri termini, va diviso l’importo del valore convenzionale per 365 giorni e moltiplicato il risultato ottenuto (il valore giornaliero del fringe benefit) per il numero di giorni nel mese in cui il bene è assegnato al dipendente. L’importo ottenuto è la cifra che verrà indicata in busta paga e che farà parte della retribuzione imponibile.
Quali sono gli autoveicoli. Gli autoveicoli sono veicoli a motore con almeno quattro ruote, esclusi i motoveicoli. Si distinguono in:
- Autovetture, cioè veicoli destinati al trasporto di persone, aventi al massimo 9 posti, compreso quello del conducente;
- Autoveicoli per trasporto promiscuo, cioè i veicoli aventi una massa complessiva a pieno carico non superiore a 3,5 tonnellate o a 4,5 tonnellate se a trazione elettrica o a batteria, destinati al trasporto di persone e di cose e capaci di contenere al massimo 9 posti compreso quello del conducente;
- Autocaravan, cioè veicoli aventi una speciale carrozzeria ed attrezzati permanentemente per essere adibiti al trasporto e all’alloggio di sette persone al massimo, compreso il conducente.
Le somme trattenute al dipendente per l’uso privato. Il valore convenzionale determinato secondo quanto stabilito dall’art. 51 comma 4 del TUIR, come accennato prima, deve essere al netto delle somme eventuali trattenuta al dipendente. Si tratta di delle somme relative ad eventuali trattenute in busta paga effettuate dall’azienda per l’uso privato del bene concesso come benefit. Il dipendente in questo caso paga l’uso personale del bene, per decisione aziendale.
Tale valore dell’uso personale del bene, essendo portato in diminuzione del valore convenzionale e quindi dell’imponibile fiscale, essendo una trattenuta in busta paga stabilita dall’azienda (al lordo dell’IVA), non concorre ovviamente all’imponibile fiscale del dipendente, non costituisce retribuzione e non ha alcuna incidenza sul calcolo di istituti contrattuali come ad esempio il trattamento di fine rapporto (TFR).
Si pone il problema dell’eventuale richiesta del lavoratore di ricevere un addebito in busta paga sui giorni di utilizzo e non sui giorni di assegnazione, in quanto il dipendente potrebbe avere avuto a disposizione l’auto aziendale per tutto il mese, utilizzandola poi effettivamente per pochi giorni.
Va precisato che l’importo così determinato ha una valenza forfettaria e convenzionale. Cioè l’azienda così come calcola l’importo convenzionale sulla base di 15.000 km e secondo tabella ACI, senza poter considerare gli effettivi chilometri percorsi dall’auto aziendale, analogamente calcola le trattenute al dipendente sulla base dei giorni assegnazione del veicolo, indipendentemente da quanti giorni il dipendente poi effettivamente usa l’automobile (o il motociclo) per uso aziendale e privato. Così come è del tutto irrilevante che il dipendente sostenga a proprio carico alcuni dei costi o tutti i costi relativi all’uso del veicolo, come ad esempio le spese di carburante o per la manutenzione.
Fabbricati in locazione, uso o comodato
L’azienda può concedere al dipendente l’uso, il comodato d’uso o anche la locazione di fabbricati. In questo caso il valore da attribuire al fringe benefit ai fini della tassazione è pari alla differenza tra la rendita catastale del fabbricato, aumentata di tutte le spese inerenti il fabbricato stesso, compreso le utenze non a carico dell’utilizzatore (il dipendente), e quanto corrisposto dal dipendente per il godimento del fabbricato stesso. Questo per i fabbricati iscritti al catasto. Tale disposizione, contenuta nell’art. 51 comma 4 lettera c) del TUIR, si applica sia per i fabbricati di proprietà del datore di lavoro che a quelli presi in locazione dall’azienda stessa.
Per i fabbricati che non devono essere iscritti al catasto si assume come valore del fringe benefit la differenza tra il valore del canone di locazione determinato in regime vincolistico o, in mancanza, quello determinato in regime di libero mercato, e quanto corrisposto dal dipendente per il godimento del fabbricato stesso.
Le spese di gestione (come quelle per l’ordinaria manutenzione, o di assicurazione o relative al condominio) che sono state incluse nella determinazione della rendita catastale, ovviamente non devono poi essere cumulate alla rendita stessa, onde evitare un doppio addebito a carico del dipendente.
Esempio di calcolo del fringe benefit. Al dipendente viene concesso un appartamento in uso. La rendita catastale è di 500 euro. Le spese condominiali sono ad esempio di 1.000 euro, interamente a carico azienda, mentre le utenze (luce, gas, telefono) sono a carico del lavoratore. In questo caso il benefit concesso al lavoratore è di 1.500 euro e quindi l’importo mensile da inserire in busta paga come fringe benefit è pari a 125 euro. Analogo calcolo anche nell’ipotesi in cui il datore di lavoro paghi un canone di locazione a terzi per concedere in uso il bene al dipendente.
Abitazioni o alloggio concesso ai portieri o al guardiano. In questo caso si tratta di un dipendente con particolari funzioni, ivi compreso l’obbligo di dimorare nell’alloggio stesso. Pertanto la determinazione del valore dell’alloggio concesso come fringe benefit è diversa. In questo caso si calcola come reddito di lavoro dipendente, assoggettato alle imposte, il 30% della differenza già detta tra la rendita catastale aumentata delle spese inerenti al fabbricato stesso, compreso le utenze non a carico dell’utilizzatore (acqua, luce, gas, telefono, rifiuti, spese condominiali), e quanto corrisposto dal dipendente per il godimento del fabbricato stesso. Analogamente, nel caso di fabbricati che non devono essere iscritti nel catasto, il sistema di calcolo sarà lo stesso precedentemente descritto, sempre nella misura del 30% da inserire nel reddito imponibile del dipendente e in busta paga.
Fabbricato concesso a più dipendenti. In questo caso l’importo determinato secondo i criteri già descritti, andrà ripartito in capo a tutti i soggetti che hanno usufruito del benefit, secondo il periodo di fruizione di ognuno dei dipendenti.
Canone di affitto pagato dal dipendente. Nel caso in cui a provvedere al pagamento del canone di affitto per motivi di lavoro è il dipendente stesso e l’azienda eroga al suo lavoratore dei contributi per il canone pagato, il datore di lavoro è tenuto a sottoporre a tassazione il contributo concesso al dipendente. Quindi andrà indicato in busta paga l’importo e rientrerà nell’imponibile fiscale.
Prestiti ai dipendenti a tasso ridotto
L’azienda può concedere ai dipendenti dei presti di favore, a tasso ridotto. Anche in questo caso occorrerà determinare il valore fiscale del fringe benefit concesso al lavoratore dal datore di lavoro, indicato in busta paga e sottoposto ad imposizione fiscale mensilmente. Il momento in cui trova applicazione tale disposizione è quello del pagamento delle singole rate del prestito, previste dal piano di ammortamento.
L’art. 54 comma 4 stabilisce che in caso di prestiti, sia concessi direttamente dal datore di lavoro che da terzi, si assume come valore il 50% della differenza tra l’importo degli interessi calcolato al tasso ufficiale di sconto (TUS) vigente al termine di ciascun anno e l’importo degli interessi calcolato al tasso applicato sugli stessi. Il tasso ufficiale di sconto è il TUR, il tasso ufficiale di riferimento determinato dalla Banca Centrale Europea. Ovviamente se la differenza dovesse dare risultato negativo non sussiste alcun benefit.
Prestiti aziendali sclusi dall’imponibile fiscale. Tali disposizioni in materia di fringe benefit sui prestiti ai dipendenti a condizioni di favore non trova applicazione nei seguenti casi:
- Per i prestiti stipulati anteriormente al 1 gennaio 1997;
- Per i prestiti di durata inferiore ai 12 mesi concessi, a seguito di accordi aziendali, dal datore di lavoro ai dipendenti con contratto di solidarietà, o in cassa integrazione guadagni (CIG o CIGS), e ai dipendenti vittime dell’usura o di richieste estorsive.
Calcolo del benefit sui prestiti aziendali. Durante l’anno il datore di lavoro che eroga il prestito al dipendente deve calcolare la ritenuta sul beneficio tassabile, da includere in busta paga come fringe benefit, considerando il TUS (o TUR) vigente alla fine del periodo d’imposta precedente, salvo poi effettuare in sede di conguaglio fiscale di fine anno, il ricalcolo avendo a conoscenza il nuovo TUS stabilito alla fine dell’anno di competenza del prestito stesso. In caso di cessazione del rapporto di lavoro in corso d’anno, andrà considerato il tasso ufficiale di riferimento vigente al momento della risoluzione del rapporto di lavoro.
Esempio: TUR al 31 dicembre 2010 pari all’1%, TUR al 31 dicembre 2011 ad esempio pari all’1,25%. Tasso ufficiale di interesse applicato dal datore di lavoro pari al 50% quindi lo 0,5%. Capitale pari a 15.000 euro. Il valore del benefit calcolato dal datore di lavoro è pari alla differenza tra l’1% del TUR e lo 0,50% su 12.000 euro di captiale. Quindi abbiamo 150 euro (1% di 15.000) – 75 euro (0,50% di 15.000) = 75 euro a cui si applica il 50%. La cifra del fringe benefit è di 37,5 euro, che verrà ripartito nei 12 mesi per una cifra mensile di 3,12 euro. Quindi nel periodo di paga il datore di lavoro inserirà nella busta paga un fringe benefit di 3,12 euro, che concorre alla formazione del reddito. E quindi il lavoratore pagherà le imposte su 3,12 euro.
Il TUR però a fine 2011 è stabilito nella misura pari ad 1,25%, quindi c’è il conguaglio da effettuare (il datore di lavoro ha effettuato i calcolo su una percentuale presunta dell’1%). Pertanto in sede di conguaglio fiscale di fine anno verrà ricalcolato il valore del benefit è che pari alla differenza tra 187,5 euro (1,25% di 15.000) – 75 euro (0,50% di 15.000) = 112,50 euro, a cui applica il 50%. La cifra finale del fringe benefit è di 56,25 euro. Essendo il fringe benefit concesso al dipendente inferiore a 258,23 euro del limite dell’esenzione fiscale, il datore di lavoro non dovrà inserire nell’imponibile fiscale della busta paga di conguaglio (es. dicembre) la differenza tra 56,25 ricalcolati e 37,50 euro già inclusi nell’imponibile, ma dovrà conguagliare nell’imponibile fiscale i 37,50 già inseriti, portandoli in diminuzione dell’imponibile fiscale e restituendo le imposte trattenuta sui 37,50 euro.
Interessi del mutuo pagati direttamente dal dipendente. Nel caso in cui il datore di lavoro paga direttamente sul conto corrente che il dipendente mutuatario ha dedicato al pagamento del mutuo di terzi, il contributo aziendale a copertura di una quota degli interessi maturati, erogato con modalità che rendono certa e strettamente collegata l’erogazione al piano di ammortamento del mutuo, è considerato un vantaggio economico, concesso al dipendente in termini di minor importo della rata da pagare alla banca che ha concesso il mutuo, e come tale va considerato come un fringe benefit e rientra nel imponibile fiscale del dipendente come reddito, secondo i criteri di valorizzazione previsti per i prestiti concessi ai dipendenti.