Le nuove sanzioni penali tributarie
A seguito della delega fiscale conferita dal Parlamento con la legge n. 23/2014, il Governo ha provveduto, in base alle indicazioni ricevute, alla completa revisione del sistema sanzionatorio penale tributario. In particolare, il D. Lgs. 185/2015 ha riformato in maniera incisiva il testo del D. Lgs. 74/2000 contenente l’impianto normativo sanzionatorio relativo alle condotte fiscali che configurano reati. Sono state introdtte quindi nuove sanzioni penali tributarie.
Le novità più rilevanti riguardano, nella maggior parte dei casi, l’aumento delle soglie di punibilità affinché si configuri il reato con la conseguenza che, per l’applicazione del principio del favor rei, anche fatti commessi e sanzionabili secondo il testo previgente potrebbero, alla luce delle nuove norme, essere ora comportamenti non più perseguibili. Inoltre, per i fatti commessi prima dell’entrata in vigore del D. Lgs. 185/2015 si applicherà la sanzione più favorevole tra quella in vigore al momento della commissione del reato e quella attualmente vigente.
Quasi tutti gli articoli del Decreto Legislativo n. 74/2000 hanno subito modifiche, vediamo cosa cambia e cosa resta immutato.
L’articolo 1 del citato decreto contiene, come nel previgente testo, le definizioni fondamentali del sistema sanzionatorio penale tributario. Anche tali definizioni hanno subito talune modifiche. Secondo la nuova disciplina, infatti, per:
- “fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” devono intendersi i documenti aventi rilievo probatorio ai fini tributari (fatture o altri documenti attestanti costi, oneri e/o spese) emessi a fronte di operazioni in tutto o in parte mai realizzate o con imponibile ed I.V.A. indicati in misura maggiore di quella effettiva (c.d. operazioni oggettivamente inesistenti in tutto o in parte) nonché riferibili ad operazioni poste in essere da soggetti diversi da quelli esposti nel documento fiscale (c.d. operazioni soggettivamente insistenti);
- “elementi attivi e passivi” devono intendersi tutti i componenti che concorrono alla formazione del reddito o delle basi imponibili ai fini delle imposte sui redditi e dell’I.V.A. nonché le componenti che incidono direttamente sull’imposta dovuta ovvero ritenute e crediti d’imposta. Resta, pertanto, ancora esclusa dalla punibilità ogni violazione inerenti l’imposta regionale sulle attività produttive rilevando penalmente soltanto il comportamento tenuto ai fini dell’IRPEF, dell’IRES e dell’IVA;
- “dichiarazioni” devono intendersi le dichiarazioni fiscali previste dalla legge presentate in qualità di amministratore, liquidatore o rappresentante di società, enti o persone fisiche o di sostituto d’imposta (modelli 730, UNICO, 770);
- “fine di evadere le imposte” e “fine di consentire a terzi l’evasione” vanno intesi non solo l’abbattimento delle proprie o altrui imposte ma anche il consentire a se stessi o a terzi di ottenere un indebito rimborso o il riconoscimento di un credito d’imposta altrimenti non spettante. Quando l’illecito penale tributario è commesso da persona che agisce in qualità di amministratore, liquidatore o rappresentante di società, enti o persone fisiche il fine di evadere le imposte o di sottrarsi al pagamento sono da riferirsi alla società, ente o persona fisica per la quale si agisce. Pertanto, il fine “evasivo” andrà sempre ravvisato in capo al soggetto, fisico o giuridico, che ha indebitamente tratto vantaggio fiscale dal comportamento fraudolento del proprio rappresentante;
- “imposta evasa” va considerata l’imposta effettivamente dovuta e quella esposta in dichiarazione ovvero l’intera imposta dovuta nei casi di omessa dichiarazione, al netto di eventuali imposte versate e/o ritenute subite prima della scadenza del termine di presentazione della dichiarazione. Non configura imposta evasa quella teorica cioè quella non effettivamente dovuta ma connessa ad una rettifica in diminuzione di una perdita fiscale. In sostanza, l’eventuale rettifica di una perdita esposta in dichiarazione per un importo superiore al limite di cui all’art. 4 del D. Lgs. 74/2000 e che comporta in astratto un’imposta teorica superiore al secondo limite dello stesso articolo non rappresenterà un fatto penalmente rilevante. Al contrario, nel calcolo dell’imposta evasa per determinare il superamento delle soglie di punibilità andrà considerata anche l’imposta connessa ad un indebito rimborso richiesto o l’inesistente credito d’imposta esposto in dichiarazione. Pertanto, nella determinazione del superamento della soglia di punibilità, nell’ipotesi di rettifica di una dichiarazione presentata, andrà considerata soltanto l’imposta effettivamente dovuta e non quella scaturente da rettifiche di perdite, aumentata dell’eventuale rimborso indebito richiesto e/o del credito d’imposta non spettante ma indicato nella medesima dichiarazione;
- “operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente” si considerano tutte le operazioni, diverse da quelle rientranti nella nozione di abuso del diritto, effettuate con la volontà di non realizzarle, anche solo parzialmente, e le operazioni riferite a soggetti fittiziamente interposti. Da sottolineare che alla luce di tale definizione non costituisce comportamento censurabile la fattispecie dell’abuso del diritto;
- “mezzi fraudolenti” devono intendersi quelle condotte artificiose attive o le omissioni realizzate in violazione di un obbligo giuridico che comportano una rappresentazione non veritiera della realtà.
Il nuovo articolo 2 amplia il concetto di “dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”. Eliminando, infatti, la locuzione “annuali”, il reato ora si commette anche con riferimento alle altre dichiarazioni relative alle imposte sui redditi e all’I.V.A. Resta, al contrario, immutata la pena che va da un anno e sei mesi a sei anni di reclusione. Affinché si configuri il reato occorre che la fattura o i documenti attestanti operazioni fittizie siano stati registrati nella contabilità obbligatoria o siano detenuti quale mezzo di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria.
Modifiche rilevanti sono state apportate anche al successivo articolo 3 rubricato “Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici”. Tale norma rappresenta un completamento del precedente articolo ricomprendendo tutti quei casi che non ricadono nell’ipotesi di dichiarazione fraudolenta ma che configurano comunque comportamenti fiscali particolarmente pericolosi. Nello specifico, viene punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto compiendo operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente ovvero avvalendosi di documenti falsi o altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento e ad indurre in errore l’amministrazione finanziaria, indica in una delle dichiarazioni relative a tali imposte elementi attivi minori rispetto a quelli effettivi o elementi passivi fittizi o crediti e ritenute fittizi quando congiuntamente vengono superati i seguenti limiti:
- l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, ad euro 30.000;
- l’ammontare degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al 5% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione o comunque è superiore ad euro 1.500.000, ovvero quando l’ammontare complessivo dei crediti e delle ritenute fittizie è superiore al 5% dell’imposta medesima o comunque ad euro 30.000.
Rispetto al testo previgente viene di fatto ampliata la platea dei potenziali autori del reato ricomprendendosi ora non solo i soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili ma chiunque, soggetto fisico o giuridico, imprenditore, lavoratore autonomo o privato cittadino che sia in base alla legge fiscale obbligato a presentare la dichiarazione dei redditi o ai fini I.V.A.
Modificata anche la soglia di punibilità riferita all’ammontare degli elementi attivi sottratti ad imposizione che passa da 1.000.000 a 1.500.000.
Ai sensi del nuovo articolo 4 del D. Lgs. 74/2000 si configura il reato di “dichiarazione infedele”, con applicabilità della pena della reclusione da un anno a tre anni, allorquando, al fine di evadere le imposte sul reddito o l’I.V.A., un contribuente (anche non obbligato alla tenuta delle scritture contabili) indica in una delle dichiarazioni annuali relative alle predette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi inesistenti se congiuntamente si verificano le due condizioni:
- l’imposta evasa, con riferimento a taluna delle singole imposte, è superiore ad euro 150.000;
- l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti a tassazione, anche mediante l’indicazione di elementi passivi inesistenti, è superiore al 10% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi esposti in dichiarazione o comunque superiore ad euro 3.000.000.
Novità rispetto al passato è l’inserimento dei commi 1 bis e 1 ter in base ai quali vanno esclusi dal calcolo delle soglie di punibilità:
- le errate classificazioni di bilancio;
- le errate valutazioni purché vengano indicati i criteri applicati;
- le violazioni dei principi di competenza (indicazione di un elemento in un esercizio diverso da quello di corretta deducibilità), di inerenza (riferibilità del componente negativo all’attività d’impresa) e di documentabilità di componenti negativi se effettivamente esistenti.
Pertanto, rispetto alla precedente formulazione, il citato articolo ha elevato la soglia di punibilità relativa all’imposta da euro 50.000 ad euro 150.000 e relativa al valore degli elementi attivi sottratti ad imposizione da euro 2.000.000 ad euro 3.000.000.
Importante elemento di novità rispetto al passato è rappresentato dalla esclusione ai fini del calcolo della soglia di punibilità dei componenti negativi dedotti in violazione dei principi di competenza, inerenza ed oggettiva determinazione. In altre parole, un costo, anche se fiscalmente indeducibile e oggetto di contestazione da parte del Fisco per violazione dell’art. 109 del TUIR, non concorrerà alla determinazione della seconda soglia se la spese è quantomeno esistente.
Anche il reato di “omessa dichiarazione” disciplinato all’articolo 5 è stato oggetto di profonde modifiche sia per quanto riguarda la soglia di punibilità che relativamente alla introduzione del reato di omessa dichiarazione del sostituto d’imposta.
In particolare, è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni chiunque:
- al fine di evadere le imposte sui redditi o l’I.V.A. non presenta, seppur obbligato, una delle dichiarazioni prescritte ai fini delle predette imposte quando l’imposta evasa è superiore ad euro 50.000 (in precedenza la soglia di punibilità era fissata ad euro 30.000);
- non presenta, essendovi obbligato, la dichiarazione dei sostituti d’imposta quando l’ammontare delle ritenute non versate è superiore ad euro 50.000.
In aderenza a quanto previsto in ambito strettamente fiscale, non viene considerata omessa la dichiarazione presentata entro i novanta giorni dalla data di scadenza del termine ordinario. Penalmente irrilevante è anche la dichiarazione presentata nei termini ma ritenuta omessa ai fini fiscali in quanto non recante la sottoscrizione o redatta su modello non conforme a quello previsto.
A norma del successivo articolo 6, peraltro non modificato dall’intervento normativo, rimangono non punibili a titolo di tentativo i reati previsti per dichiarazione fraudolenta (articoli 2 e 3) ed infedele (articolo 4).
Abrogato per intero, invece, l’articolo 7 le cui previsioni in tema di fatti non punibili (criteri e valutazioni contabili) sono state ora inserite direttamente negli articoli 3 e 4.
Nessuna novità, al contrario, per l’articolo 8 rubricato “emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”. Resta, pertanto, punito con la reclusione ad un anno e sei mesi a sei anni chiunque al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia, fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.
Immutato anche il successivo articolo 9 recante le previsioni in tema di “concorso di persone nei casi di emissione o utilizzazione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”. Resta non punibile a titolo di concorso nel reato di dichiarazione fraudolenta mediante l’utilizzo di fatture o documenti per operazioni inesistenti colui che emette la fattura o redige i documenti attestanti operazioni non effettuate né è punibile a titolo di concorso per il reato di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti colui che si avvale delle stesse.
Innalzate le pene per i reati contenuti nell’articolo 10 del D. Lgs. 74/2000. Infatti, dai sei mesi a cinque anni della previgente normativa si passa ora per i reati di occultamento o distruzione di documenti contabili commessi a partire dal 01/01/2016 da un anno e sei mesi a sei anni di reclusione. Tali reati si perfezionano allorquando un soggetto (“chiunque”) al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto da esso stesso dovute o di consentire a terzi l’evasione delle predette imposte occulta (ovvero nasconde le scritture contabili) o distrugge (elimina materialmente le scritture contabili) i documenti contabili la cui conservazione è obbligatoria in modo da non consentire la ricostruzione del reddito o del volume d’affari proprio o altrui.
Modificata anche la norma contenuta nell’articolo 10 bis relativa alla sanzione penale per l’omesso versamento di ritenute dovute o certificate. Innanzitutto, la nuova norma innalza la soglia di punibilità portandola da euro 50.000 ad euro 150.000 di ritenute non versate per singolo periodo d’imposta. Inoltre, a differenza del passato dove era punito colui che non versava ritenute certificate per un ammontare superiore alla predetta soglia, con la nuova formulazione dell’art. 10 bis è suscettibile di reclusione da sei mesi a due anni il sostituto che non versi entro il termine di presentazione della dichiarazione dei sostituti d’imposta (modello 770) le ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o comunque certificate al sostituito. Pertanto, sarà punibile colui che essendo chiamato ad effettuare ritenute in qualità di sostituto le dichiari senza versarle ovvero le certifichi al soggetto sostituito ma di fatto non le versi all’erario. In entrambi i casi il reato scatta quando l’ammontare delle ritenute non versate risulta superiore ad euro 150.000.
La riforma del sistema sanzionatorio penale tributario ha riguardato anche l’ipotesi di omesso versamento dell’I.V.A. annuale. Infatti, l’articolo 10 ter del D. Lgs. 74/2000 prevede ora una soglia di punibilità più alta del passato. Viene, infatti, punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell’acconto del periodo d’imposta successivo, un’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale per un ammontare complessivo superiore ad euro 250.000 in un singolo periodo d’imposta in luogo del precedente importo di euro 50.000.
Cambia anche la formulazione dell’articolo 10 quater relativo alle indebite compensazioni. Dall’entrata in vigore della nuova norma è punito:
- con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versi somme dovute utilizzando in compensazione crediti non spettanti per un ammontare annuo superiore ad euro 50.000 (comma 1);
- con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque non versi somme dovute utilizzando in compensazione crediti inesistenti per un importo annuo superiore ad euro 50.000 (comma 2).
Il legislatore separa, quindi, l’ipotesi di utilizzo in compensazione di crediti sussistenti ma non utilizzabili al momento della presentazione del modello F24 dall’ipotesi di utilizzo in compensazione di crediti radicalmente inesistenti. In ragione del diverso grado di pericolosità fiscale, la riforma ha previsto una più elevata pena per la seconda ipotesi.
Immutati invece gli articoli 11 e 12 che, rispettivamente, prevedono il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte e le pene accessorie conseguenti la condanna per uno dei reati previsti nel decreto legislativo 74/2000.
Altro elemento di novità è costituito dalla introduzione della confisca in ambito fiscale mediante l’aggiunta dell’art. 12 bis. In particolare, nelle ipotesi di condanna o applicazione della pena per uno dei reati tributari del D. Lgs. 74/2000, su richiesta delle parti, sarà sempre ordinata la confisca dei beni che rappresentano il profitto o il prezzo del reato, salvo che non appartengano a persona estranea al reato, oppure, quando essa non è possibile sarà ordinata la confisca dei beni di cui il reo ha la disponibilità fino a concorrenza del profitto o del prezzo del reato. La confisca non si applica per la parte che il reo si impegna a pagare all’Erario. Tuttavia, nell’ipotesi in cui questi non adempia sarà sempre ordinata la confisca.
L’attuazione della delega fiscale ha comportato la modifica anche dell’articolo 13 rubricato “cause di non punibilità”. Nella nuova formulazione il citato articolo rende non punibile alcuni reati fiscali allorquando l’agente abbia rimosso il danno arrecato all’Erario. Pertanto, non sono punibili i reati di omesso versamento di ritenute dovute o certificate, di omesso versamento I.V.A. e di indebita compensazione per crediti non spettanti qualora, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il debito tributario, comprensivo di sanzioni ed interessi, sia stato interamente pagato, anche a seguito delle procedure di conciliazione e accertamento con adesione previste dalle norme fiscali. Occorre sottolineare che il citato articolo, facendo specifico riferimento ai reati di cui agli arti 10 bis, 10 ter, e 10 quater primo comma, esclude che il pagamento integrale della indebita compensazione con crediti inesistenti possa costituire causa di non punibilità (10 quater, secondo comma).
Analogamente, a norma del comma 2 del nuovo articolo 13, rappresentano cause di non punibilità per i reati di infedele ed omessa dichiarazione le ipotesi in cui il debito tributario (con le relative sanzioni e gli interessi) siano stati estinti attraverso il pagamento, a seguito di ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, sempreché il ravvedimento o la presentazione della dichiarazione omessa siano intervenuti prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni o verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o penale. In tali ipotesi il legislatore premio colui che prima dell’inizio di attività di accertamento tributario o penale si adopera spontaneamente per rimuovere gli effetti della sua condotta illecita (il danno erariale).
Infine, a norme del terzo comma qualora, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il debito sia in fase di estinzione mediante rateizzazione è riconosciuto un termine di tre mesi per il pagamento dell’importo residuo. Riconoscendo, anche in questo caso, una condotta positiva dell’agente nel rimuovere l’effetto, il termine per il pagamento dell’intero debito erariale viene prorogato di ulteriori tre mesi.
L’articolo 13 bis, anch’esso modificato, prevede che, al di fuori dei casi di non punibilità, viene riconosciuta una diminuzione di pena fino alla metà e la non applicazione delle pene accessorie qualora il debito tributario sia estinto prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado.
Al contrario, con l’intento di disincentivare il concorso nel reato tributario di professioni o intermediari finanziari attraverso la c.d. “vendita di pacchetti di evasione fiscale”, l’ultimo comma dell’articolo 13 bis stabilisce che le pene possono essere aumentate fino alla metà qualora il concorrente agisca in qualità di consulente fiscale.
Ultima modifica introdotta dalla legge delegata ha riguardato l’inserimento dell’articolo 18 bis relativo alla “custodia giudiziale dei beni sequestrati”. Si prevede ora che i beni, diversi dal denaro e dalle disponibilità finanziarie, sequestrati nell’ambito dei procedimenti penali relativi ai delitti tributari possano essere affidati dall’autorità giudiziaria in custodia giudiziale agli organi dell’amministrazione finanziaria che ne facciano richiesta per le proprie esigenze.