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Licenziamento: dormire sul lavoro non comporta giusta causa

La sentenza della Corte di appello n. 6437/2010 ha accolto il ricorso di una guardia giurata che, addormentatasi in servizio, è stata licenziata dall’azienda.
A cura di Danilo Massa
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Lunga veglia notturna per divertimento o insonnia, poi stanchezza e noia sul posto di lavoro: l'irresistibile chiusura delle palpebre, uno sbadiglio come un saluto ed eccoci nel mondo dei sogni vicino al nostro datore di lavoro. Ebbene, buona notizia per i dipendenti: addormentarsi durante l'orario di lavoro non costituisce una giusta causa di licenziamento. Certo: che capiti una volta e non si tratti di un abitudine. E a patto, ovviamente, di mettere in conto la reazione non entusiasta del principale.

Con la sentenza 6437/2010 del 17 marzo 2010, la Corte di cassazione ha infatti accolto il ricorso di una guardia giurata caduta nella trappola di Orfeo nell'orario lavorativo. Ovviamente – e va precisato – la pennicchella può essere punita anche in maniera grave, senza tuttavia costituire giusta causa di licenziamento. La Corte di cassazione, infatti, ha precisato che "il licenziamento motivato da una condotta colposa o comunque manchevole del lavoratore […] deve essere considerato di natura disciplinare e, quindi, deve essere assoggettato alle garanzie dettate in favore del lavoratore".

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