Obblighi di sicurezza degli studi professionali infermieristici
Il Ministero del lavoro ha chiarito in un interpello quali sono gli obblighi di sicurezza degli studi professionali infermieristici e più precisamente quando gli infermieri associati vengono considerati lavoratori dipendente e quando invece sono da considerarsi lavoratori autonomi, con tutti i differenti obblighi in materia di salute e sicurezza del lavoro previsti nei due specifici casi.
Nell’interpello viene chiarito che “Gli infermieri associati devono essere considerati “lavoratori”, come definiti all’art. 2, co 1 lett. a) del Decreto Legislativo n. 81/2008, qualora svolgano la propria attività professionale “nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato”, oppure prestino la propria attività per conto di una società, un’associazione o un ente in qualità di soci lavoratori fermo restando il rispetto della normativa giuslavoristica.
Al contrario, gli infermieri associati dovranno essere considerati assoggettati alla disciplina dettata dall’articolo 21 del d.lgs. n. 81/2008, quindi come lavoratori autonomi, qualora gli stessi prestino la propria attività in autonomia e “senza vincolo di subordinazione” nei confronti del committente o dell’associazione”.
Le due distinzioni sono importanti proprio perché cambiano gli obblighi ed i diritti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, ai sensi del Decreto Legislativo n. 81 del 2008.
Quali sono gli obblighi di sicurezza
Nel caso in cui gli infermieri associati sono considerati lavoratori, quindi svolgono la propria attività professionale in favore di un datore di lavoro oppure prestano la propria attività per conto di una società, un’associazione o un ente in qualità di soci lavoratori, allora la normativa sulla salute e sicurezza andrà rispettata dal datore di lavoro.
Più in particolare quest’ultimo dovrà adempiere a tutti gli obblighi che vanno dagli obblighi di formazione informazione, alla sorveglianza sanitaria, dall’obbligo di effettuazione della valutazione dei rischi nonché l’obbligo di redazione del documento di valutazione dei rischi o DVR. Il lavoratore, quindi l’infermiere associato considerato come lavoratore, dovrà ovviamente dal lato suo rispettare la normativa in materia di sicurezza, consentire la sorveglianza sanitaria e quindi sottoporsi alle visite disposte dal medico competente nonché rispettare tutti gli obblighi previsti per il lavoratore in materia di sicurezza.
Nel caso in cui gli infermieri associati sono considerati lavoratori autonomi devono rispettare gli obblighi dell’art. 21 del D. Lgs n. 81 del 2008. Quindi i lavoratori autonomi che compiono opere o servizi ai sensi dell'articolo 2222 del codice civile, devono:
a) utilizzare attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni di cui al titolo III del Decreto Legislativo n. 81 del 2008;
b) munirsi di dispositivi di protezione individuale ed utilizzarli conformemente alle disposizioni di cui al titolo III;
c) munirsi di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le proprie generalità, qualora effettuino la loro prestazione in un luogo di lavoro nel quale si svolgano attività in regime di appalto o subappalto.
Gli infermieri associati come lavoratori autonomi, relativamente ai rischi propri delle attività svolte e con oneri a proprio carico hanno facoltà di:
a) beneficiare della sorveglianza sanitaria secondo le previsioni di cui all'articolo 41, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali;
b) partecipare a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle attività svolte.
I lavoratori autonomi quindi gli infermieri associati, dall’altro lato, non saranno obbligati a redigere il documento di valutazione dei rischi, atteso che tale obbligo incombe unicamente in capo a chi riveste la qualifica di datore di lavoro.
Vediamo ora nel dettaglio il contenuto dell’interpello.
L’interpello n. 5 del 2016
La Federazione Nazionale dei Collegi degli Infermieri Professionali, Assistenti Sanitari e Vigilatrici d’Infanzia (IP.AS.VI.) ha avanzato istanza di interpello al Ministero del Lavoro per conoscere il parere della Commissione interpelli in merito all’applicabilità del D. Lgs. n. 81/2008 (e quindi tutta la normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro) agli studi professionali infermieristici, in particolare chiedendo “se:
- gli infermieri associati rientrano nella definizione di “lavoratore”;
- gli studi professionali a cui gli infermieri sono associati sono considerati “datori di lavoro”;
- agli infermieri è applicabile l’art. 21 del decreto in parola;
- gli infermieri che prestano la loro attività in strutture esterne (RSA e case di cura) e queste strutture esterne sono datori di lavoro rientrano nel campo di applicazione dell’art. 26;
- se tale articolo 26 è fuori causa quando è diretto il rapporto fra lo studio associato e il cliente”.
La normativa citata dal Ministero del Lavoro:
“Al riguardo la Commissione rileva, preliminarmente, che la materia di cui trattasi è oggi disciplinata dall’art. 10 della legge 12 novembre 2011 n. 183, che ha profondamente novellato la previgente disciplina – costituita dalla L. 23 novembre 1939 n. 1815 – eliminando lo storico divieto di costituire società per l’esercizio delle professioni c.d. “ordinistiche” e prevedendo la possibilità di ricorrere ai modelli societari di cui ai Titoli V e VI del Libro V del codice civile.
La forma organizzativa dell’associazione professionale (c.d. “studio associato”) disciplinato dalla L. n. 1815/1939 è, invero, sopravvissuta alla riforma, essendo espressamente fatta salva dall’articolo 10 succitato: ne deriva, pertanto, che oggi è ancora possibile esercitare tali professioni nella forma di “studio associato” costituito sotto la vigenza della L. n. 1815/1939.
La definizione di lavoratore secondo il D. Lgs. n. 81/2008. La Commissione ricorda, poi, che l’articolo 2, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 81/2008 definisce come “lavoratore” la “persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un'attività lavorativa nell'ambito dell'organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un'arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari. Al lavoratore così definito è equiparato: il socio lavoratore di cooperativa o di società, anche di fatto, che presta la sua attività per conto delle società e dell'ente stesso; l'associato in partecipazione di cui all'articolo 2549, e seguenti del codice civile…”.
La definizione di datore di lavoro secondo il D. Lgs. n. 81/2008. La successiva lettera b), del medesimo articolo 2, definisce il “datore di lavoro” come il “soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell'organizzazione stessa o dell'unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa”.
Nelle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale, individuato dall'organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo conto dell'ubicazione e dell'ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta l'attività, e dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa. In caso di omessa individuazione, o di individuazione non conforme ai criteri sopra indicati, il datore di lavoro coincide con l'organo di vertice medesimo”.
Obblighi di sicurezza dei lavoratori autonomi. Va considerato, inoltre, che il successivo articolo 3, comma 11, del d.lgs. n. 81/2008, limita l’applicazione delle disposizioni in tema di sicurezza per i “lavoratori autonomi di cui all’articolo 2222 del codice civile” ai soli artt. 21 e 26 del decreto medesimo.
L’art. 21 individua, in particolare, i doveri a cui è tenuto il lavoratore autonomo che compie opere o servizi nell’ambito di un contratto d’opera professionale, mentre il successivo articolo 26 pone in capo al datore di lavoro committente specifici obblighi di coordinamento nella gestione dei rischi interferenti “… in caso di affidamento di lavori, servizi e forniture all'impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi …”.
Va premesso, inoltre, che sulla base del dettato dell’articolo 299 del d.lgs. n. 81/2008, nell’ambito della normativa di salute e sicurezza sul lavoro, le posizioni di garanzia dei soggetti in possesso di poteri direttivi devono essere ricercate sulla base del loro effettivo esercizio di fatto.
La risposta del Ministero del Lavoro:
Gli infermieri associati devono essere considerati “lavoratori”, come definiti all’art. 2, co 1 lett. a) del decreto in parola, qualora svolgano la propria attività professionale “nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato”, oppure prestino la propria attività per conto di una società, un’associazione o un ente in qualità di soci lavoratori fermo restando il rispetto della normativa giuslavoristica.
Al contrario, gli infermieri associati dovranno essere considerati assoggettati alla disciplina dettata dall’articolo 21 del d.lgs. n. 81/2008 e quindi come lavoratori autonomi, qualora gli stessi prestino la propria attività in autonomia e “senza vincolo di subordinazione” nei confronti del committente o dell’associazione.