Perché la cassa integrazione non è l’80% dello stipendio in busta paga
Perché la cassa integrazione non è l'80% dello stipendio in busta paga? E' la domanda di molti lavoratori alle prese con la prima busta paga relativa alla cassa integrazione ordinaria per emergenza Coronavirus causale Covid-19. La risposta è nella normativa: ogni anno l’Inps emette una circolare nella quale comunica i massimali CIG, ossia gli importi massimi dei trattamenti di integrazione salariale. Nella sostanza comunica per la cassa integrazione l’importo massimo mensile lordo, ed al netto dei contributi, che può essere concesso al lavoratore, aldilà del sistema di calcolo dell’80% della retribuzione globale previsto dalla norma.
Chiarire ai lavoratori perché la cassa integrazione non è l'80% dello stipendio ma è molto più bassa come netto in tasca, da un lato è semplice e dall'altro lato è complicato.
Soprattutto se si pensa al fatto che il lavoratore spesso non sa che nell'importo percepito della cassa integrazione sono compresi anche i ratei di tredicesima, quattordicesima e che se la cassa integrazione è a zero ore si perde anche la maturazione delle ferie e dei permessi durante i periodi di integrazione salariale.
Semplice chiarire che il sistema di calcolo della cassa integrazione in Italia indica un parametro dell'80% della retribuzione globale, ma solo se quest'ultimo non è superiore ai massimali CIG. E quest'ultimi frenano il diritto retributivo dei lavoratori durante la CIG. Complicato è invece spiegare come funziona il calcolo, ma per capirlo occorre leggere quanto previsto dal Decreto Legislativo n. 148/2015.
I massimali CIG riducono l'80%
La cassa integrazione ordinaria viene calcolata ai sensi dell'articolo 3 del Decreto Legislativo n. 148 del 2015, che:
al comma 1 prevede che "Il trattamento di integrazione salariale ammonta all'80 per cento della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate, comprese fra le ore zero e il limite dell'orario contrattuale. Il trattamento si calcola tenendo conto dell'orario di ciascuna settimana indipendentemente dal periodo di paga";
Però poi al comma 5, opportunamente rivalutato ai sensi del comma 6 e in base alla circolare Inps n. 20 del 2020, prevede "L'importo del trattamento di cui al comma 1 è soggetto alle disposizioni di cui all'articolo 26 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, e non può superare per l'anno 2020 gli importi massimi mensili seguenti, comunque rapportati alle ore di integrazione salariale autorizzate e per un massimo di dodici mensilità, comprensive dei ratei di mensilità aggiuntive:
a) euro 998,18 quando la retribuzione mensile di riferimento per il calcolo del trattamento, comprensiva dei ratei di mensilità aggiuntive, è pari o inferiore a euro 2.159,48;
b) euro 1.199,72 quando la retribuzione mensile di riferimento per il calcolo del trattamento, comprensiva dei ratei di mensilità aggiuntive, è superiore a euro 2.159,48.
Le disposizioni di cui all'art. 26 della Legge n. 41 del 1986 dispongono che durante il periodo di cassa integrazione il lavoratore paga i contributi a proprio carico con l'aliquota degli apprendisti pari al 5,84%.
A fare la differenza sono i massimali CIG perché nella maggior parte dei casi di applicano questi massimali previsti dal comma 5, se il calcolo ai sensi del comma 1, ossia il famoso 80% non dello stipendio ma della retribuzione globale (quindi stipendio più tredicesima, eventuale quattordicesima e mensilità aggiuntive) è superiore al massimale.
Questa normativa si applica a tutte le integrazioni salariali, quindi alla cassa integrazione ordinaria (CIGO), cassa integrazione straordinaria (CIGS), anche per causale Covid-19, così come per l'assegno ordinario del Fondo di integrazione salariale e la cassa integrazione in deroga (CIG in deroga).
Quando si prende per ogni ora di cassa integrazione?
Il sistema funziona in questo modo: il lavoratore deve prendere il proprio lordo di stipendio, aggiungerci uno o due ratei di mensilità aggiuntive, ossia 1/12 se percepisce solo la tredicesima o 2/12 se percepisce anche la quattordicesima e poi sulla somma deve calcolare l'80% della retribuzione globale. Questa non è la cifra lorda dell'80% dello stipendio, ma un 80% della retribuzione globale che è il primo step. Occorre verificare se tale cifra supera il massimale CIG. Se supera il massimale, non si percepisce l'80% ma il massimale CIG, che è inferiore.
In tutti i casi per calcolare l'importo orario dell'integrazione salariale occorre dividere per i mesi di marzo e aprile 2020 la cifra percepita per il divisore 176.
Lavoratore con stipendio di 1.200 euro lordi
Poniamo l'esempio del lavoratore che percepisce 1.200 euro di stipendio lordo in busta paga. Compreso tredicesima e quattordicesima, tale lavoratore ha una retribuzione lorda di 1.400 euro. L'80% è pari a 1.120 euro. Tale cifra supera il massimale di 998,18 euro, che è quello di riferimento dei lavoratori che hanno una retribuzione mensile di riferimento, compreso ratei di mensilità aggiuntive, non superiore a 2.159,48 euro. Il lavoratore in questione quindi non percepirà né l'80% della retribuzione globale (1.120 euro), né l'80% dello stipendio (960 euro) che è un calcolo errato comunque, ma la cifra di 998,18 euro lordi.
Tale lavoratore percepisce un po' di più dell'80% dello stipendio, ossia 998,18 euro anziché 960 euro. Tale effetto positivo svanisce al superamento di circa 1.247 euro di stipendio lordo compreso ratei di tredicesima e quattordicesima.
Il lavoratore che percepisce la cifra del massimale, per ogni ora di integrazione salariale avrà diritto alla cifra di 998,18 euro diviso il divisore 176, ossia 5,67 euro lordi ad ora.
Per calcolare l'importo orario netto in tasca occorre fare due operazioni. La prima è quella di calcolare i contributi a carico del lavoratore pari all'aliquota agevolata per apprendisti 5,84%, che su 5,67 euro lordi sono pari a 0,33 euro. Il lavoratore in questione percepisce quindi 5,34 euro al netto dei contributi previdenziali a proprio carico ma sono 5,34 euro, compreso ratei di tredicesima e quattordicesima, da assoggettare a tassazione.
A quel punto l'Inps, o il datore di lavoro in caso di anticipazione della cassa integrazione, calcolerà l'importo orario netto tenendo conto sia delle aliquote Irpef che della detrazione per lavoro dipendente spettante per i periodi di cassa integrazione. Tale calcolo viene effettuato sul reddito presunto del lavoratore tenendo conto dello stipendio mensile di 1.200 euro lordi per quattordici mensilità, quindi al lavoratore verrà applicata dall'Istituto (o dal datore di lavoro) l'aliquota media. Allo stesso lavoratore, l'Istituto (o il datore di lavoro) riconoscerà la detrazione per lavoro dipendente, che è parametrata ai giorni di calendario in cassa integrazione nel mese. Il lavoratore, applicando la tassazione, potrebbe attestarsi intorno ai 4,80 – 5 euro netti in tasca per ogni ora di CIG.
Lavoratore con stipendio di 1.500 euro lordi
Poniamo ora un esempio di un lavoratore che percepisce 1.500 euro di stipendio lordo in busta paga, in quel caso la retribuzione globale compreso ratei di tredicesima e quattordicesima è di 1.750 euro circa. L'80% sarebbe 1.400 euro, ma tale lavoratore percepisce 998,18 euro in base al massimale CIG. La logica conseguenza è che il lavoratore non percepisce né l'80% della retribuzione globale previsto dall'art. 3 comma 1 della norma (1.400 euro), né l'80% dello stipendio (1.200 euro).
Egli percepisce ai sensi dei commi 5 e 6 dell'art. 3 del Decreto Legislativo n. 148 del 2015, esattamente la cifra di 998,18 euro su base mensile, che su base oraria è, analogamente all'esempio precedente pari a 5,67 euro lordi. Sulla stessa il lavoratore versa i contributi previdenziali secondo l'aliquota agevolata per apprendisti del 5,84%, quindi sempre 0,33 euro. Ma sulla cifra di 5,34 euro, che è sostanzialmente l'imponibile fiscale per ogni ora di cassa integrazione, l'Inps, come sostituto d'imposta, applica la tassazione Irpef, che è basata sul reddito presunto. La tassazione Irpef per tale lavoratore è superiore a quella dell'esempio di 1.200 euro, in quanto il reddito è più alto. In questo caso, il lavoratore, applicando la tassazione, potrebbe attestarsi intorno ai 4,50 – 4,80 euro netti in tasca.
Lavoratori part-time
Si tratta di parametri indicativi, applicabili anche al lavoratore part-time, che inevitabilmente percepisce una retribuzione inferiore ai parametri, ma a livello di retribuzione oraria si attesta come per il lavoratore full-time sugli stessi importi. Pertanto, anche per il lavoratore full-time valgono gli stessi ragionamenti, quindi percepirà per ogni ora di cassa integrazione il minimale CIG diviso 176, quindi 5,34 euro lordi ad ora, ai quali applicare la tassazione, che nel caso del lavoratore part-time potrebbe portare ad un'imposta lorda azzerata dalla detrazione per lavoro dipendente, con tassazione Irpef che non incide sui 5,34 euro ad ora.