Redditi esclusi dall’imponibile Inps sui quali non sono dovuti i contributi
Sugli emolumenti percepiti in busta paga dai lavoratori sono dovuti, e calcolati dal datore di lavoro, i relativi contributi previdenziali da versare all’Inps. La normativa prevede che alcuni elementi retributivi sono esclusi dalla base imponibile previdenziale e quindi non sono assoggettati ai versamenti di contributi, né nella quota a carico del lavoratore (trattenuta in busta paga) né nella quota a carico del datore di lavoro, versata applicando all’imponibile previdenziale del lavoratore le aliquote contributive.
L’imponibile contributivo è definito dal Decreto Legislativo n. 314 del 1997. L’art. 6 del Decreto ha fornito una nozione di reddito e di base imponibile previdenziale molto vicina alla determinazione del reddito imponibile ai fini Irpef definito nel Testo Unico sulle imposte sui redditi (TUIR).
Lo stesso articolo 6, così come l’art. 51 del TUIR prevedono specificamente le erogazioni ai lavoratori escluse dalla base imponibile previdenziale fiscale. Analizziamo quali emolumenti sono esclusi dalla base imponibile previdenziale e sui quali non sono dovuti i contributi all’Inps.
Il comma 4 dell’art. 6 del Decreto Legislativo n. 314 del 1997 elenca gli elementi retribuiti esclusi dalla base imponibile previdenziale e sui quali sono dovuti i contributi. Sono esclusi dalla base imponibile previdenziale (Inps e non solo):
a) le somme corrisposte a titolo di trattamento di fine rapporto (TFR);
b) le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro al fine di incentivare l'esodo dei lavoratori, nonché quelle la cui erogazione trae origine dalla predetta cessazione, fatta salva l'imponibilità dell'indennità sostitutiva del preavviso;
c) i proventi e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento danni;
d) le somme poste a carico di gestioni assistenziali e previdenziali obbligatorie per legge; le somme e le provvidenze erogate da casse, fondi e gestioni di cui al successivo punto f) e quelle erogate dalle Casse edili di cui al comma 4; i proventi derivanti da polizze assicurative; i compensi erogati per conto di terzi non aventi attinenza con la prestazione lavorativa;
e) nei limiti ed alle condizioni stabilite dall'articolo 2 del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, le erogazioni previste dai contratti collettivi aziendali, ovvero di secondo livello, delle quali sono incerti la corresponsione o l'ammontare e la cui struttura sia correlata dal contratto collettivo medesimo alla misurazione di incrementi di produttività, qualità ed altri elementi di competitività assunti come indicatori dell'andamento economico dell'impresa e dei suoi risultati;
f) i contributi e le somme a carico del datore di lavoro, versate o accantonate, sotto qualsiasi forma, a finanziamento delle forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni e integrazioni, e a casse, fondi, gestioni previste da contratti collettivi o da accordi o da regolamenti aziendali, al fine di erogare prestazioni integrative previdenziali o assistenziali a favore del lavoratore e suoi familiari nel corso del rapporto o dopo la sua cessazione.
I contributi e le somme predetti, diverse dalle quote di accantonamento al TFR, sono assoggettati al contributo di solidarietà del 10 per cento di cui all'articolo 9-bis del decreto-legge 29 marzo 1991, n. 103, convertito, con modificazioni, dalla legge 1 giugno 1991, n. 166, e al citato decreto legislativo n. 124 del 1993, e successive modificazioni e integrazioni, a carico del datore di lavoro e devoluto alle gestioni pensionistiche di legge cui sono iscritti i lavoratori.
Resta fermo l'assoggettamento a contribuzione ordinaria nel regime obbligatorio di appartenenza delle quote ed elementi retributivi a carico del lavoratore destinati al finanziamento delle forme pensionistiche complementari e alle casse, fondi e gestioni predetti. Resta fermo, altresì, il contributo di solidarietà a carico del lavoratore nella misura del 2 per cento di cui all'articolo 1, comma 5, lettera b), del decreto legislativo 14 dicembre 1995, n. 579;
g) i trattamenti di famiglia di cui all'articolo 3, comma 3, lettera d), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
L'elencazione degli elementi esclusi dalla base imponibile à tassativa. Per la determinazione della base imponibile ai fini del calcolo delle contribuzioni dovute per i soci di cooperative di lavoro si applicano le norme dell’art. 6 come per i lavoratori dipendenti.
L’elencazione richiama gli elementi indicati dall’art. 51 comma 2 del TUIR, D.P.R. n. 917 del 1986, che sono esclusi in tutto o in parte dall’imponibile previdenziale, come:
- i contributi previdenziali e assistenziali versati dal datore di lavoro o dal lavoratore in ottemperanza a disposizioni di legge;
- somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro e le indennità sostitutive;
- servizi di trasporto ferroviario di persone prestati gratuitamente e le prestazioni di servizi di trasporto collettivo alla generalità o a categorie di dipendenti
- i compensi reversibili;
- l'utilizzazione delle opere e dei servizi di utilità sociale;
- erogazioni a fini di educazione ed istruzione a favore dei dipendenti (frequenza degli asili nido e di colonie climatiche da parte dei familiari, nonché per borse di studio a favore dei medesimi familiari);
- il valore delle azioni ai dipendenti e piani di stock option. Dal 28 giugno 2008 c’è una specifica disciplina ai fini contributivi;
- Gli oneri deducibili dal reddito;
- Mance dei croupiers;
- I fringe benefit, beni e servizi offerti ai dipendenti: generi in natura, veicoli in uso promiscuo, prestiti, locazioni di immobili, polizze assicurative;
- Le indennità di trasferta e per i trasfertisti, le indennità di trasferimento;
- I redditi derivanti da attività lavorativa all’estero.
TFR e indennità sostitutiva del preavviso
L’art. 6 del Decreto Legislativo n. 314 del 1997, come abbiamo visto, al comma 4 include la lettera a) “le somme corrisposte a titolo di trattamento di fine rapporto (TFR)” tra i redditi esclusi dalla base imponibile ai fini previdenziali. Quindi sul TFR, l’indennità di buonuscita, ecc., non sono dovuti in contributi all’Inps. Sono escluse anche le quote di TFR destinate alle forme pensionistiche complementari.
La lettera b) dello stesso art. 6 comma 4, nell’escludere dalla contribuzione le somme a titolo di incentivo all’esodo, di cui parleremo in seguito, fa salva “l'imponibilità dell'indennità sostitutiva del preavviso”. L’Inps ha precisato nella circolare n. 14 del 1982 integrata dalla circolare n. 170 del 1990, che rileva ai fini dell’imponibile contributivo, indipendentemente dalla qualificazione attribuita dalle parti, quella erogata dal datore di lavoro nei seguenti casi:
- recesso prima della scadenza del contratto, da parte del datore di lavoro;
- immediato licenziamento del lavoratore dimissionario;
- dimissioni del lavoratore per giusta causa, ai sensi dell'articolo 2119 c.c.;
- dimissioni delle lavoratrici madri, durante il periodo per cui e previsto, a norma dell'art. 2 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204 il divieto di licenziamento;
- risoluzione del rapporto da parte dell'azienda per giustificato motivo ai sensi dell'art. 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604.
Inoltre anche il licenziamento per raggiungimento dei limiti di età pensionistica, l’indennità sostitutiva del preavviso diviene rilevante ai fini contributivi, qualora difetti una clausola contrattuale che stabilisca l’automatica estinzione del rapporto di lavoro al raggiungimento dell’età stabilità.
In tutti gli altri casi l’indennità viene esclusa dall’imponibile contributivo solo se riconducibile alla fattispecie di erogazione per incentivare l’esodo del lavoratore. Si tratta dei seguenti casi previsti in elenco dalla circolare Inps n. 14 del 1982:
- dimissioni volontarie del lavoratore;
- recesso anticipato del contratto per esplicito accordo tra le parti;
- recesso del datore di lavoro per giusta causa ai sensi dell'art. 2119 c.c.;
- risoluzione del rapporto per raggiunti limiti di età del lavoratore o per morte dello stesso;
- risoluzione anticipata del contratto di lavoro da parte dell'azienda o del lavoratore per avere quest'ultimo superato il periodo di conservazione del posto fissato per determinate fattispecie di legge.
Indennità di preavviso addebitata al lavoratore dimissionario: non rientra nell’imponibile previdenziale. L’indennità trattenuta a titoli di penale dal datore di lavoro, a norma dell’art. 2118, comma 2 del codice civile, al lavoratore dimissionario che non rispetti il periodo di preavviso contrattualmente previsto, non ha alcuna natura retributiva ma risarcitoria e non è pertanto soggetta ad imposizione contributiva.
Incentivi all’esodo
Tornando alla lettera b) del comma 4 dell’art. 6 del D. Lgs. n. 314 del 1997, come abbiamo visto, essa esclude dall’imponibile previdenziale “le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro al fine di incentivare l'esodo dei lavoratori, nonché quelle la cui erogazione trae origine dalla predetta cessazione, fatta salva l'imponibilità dell'indennità sostitutiva del preavviso”. Dell’indennità sostitutiva ne abbiamo appena parlato, vediamo ora l’incentivo all’esodo.
La circolare Inps n. 170 del 1990, che parla appunto degli “emolumenti corrisposti al lavoratore in occasione della cessazione del rapporto di lavoro” e del loro “assoggettamento a contribuzione”, specifica proprio il caso relativo alle “somme corrisposte per incentivare l'esodo dei lavoratori”. L’Inps precisa quanto segue: “E’ stato deliberato che sulla base del disposto normativo vadano considerate esenti da contribuzione previdenziale ed assistenziale tutte quelle somme erogate in occasione della cessazione del rapporto di lavoro in eccedenza alle normali competenze comunque spettanti ed aventi lo scopo di indurre il lavoratore ad anticipare la risoluzione del rapporto di lavoro, rispetto alla sua naturale scadenza”.
Possono ricondursi a somme di incentivo ad esodo i seguenti emolumenti riconosciuti ai lavoratori:
- le somme corrisposte nei casi di prepensionamento;
- quelle erogate in caso di cessazione anticipata del rapporto di lavoro a tempo indeterminato laddove la disciplina contrattuale o legale ponga al datore di lavoro limitazioni al potere di recesso individuale dal rapporto di lavoro e, quindi, segnatamente nelle ipotesi di rapporti di lavoro assistiti dal regime di stabilità;
- le somme erogate per cessazione del rapporto di lavoro a termine prima della scadenza di questo;
- le somme corrisposte allo scopo di attuare riduzioni di personale attraverso licenziamenti collettivi.
Somme erogate in occasione della cessazione del rapporto di lavoro non finalizzate ad incentivare l'esodo. In relazione all'orientamento espresso in materia dalla Corte di Cassazione, le somme erogate ai lavoratori in occasione della cessazione del rapporto di lavoro che non siano finalizzate alla incentivazione dell'esodo, e che non abbiano i connotati essenziali dell'indennità di anzianità o del trattamento di fine rapporto (TFR), debbono essere assoggettate a contribuzione comunque siano denominate, ad esempio premi di fedeltà previsti per i dipendenti che risolvano il rapporto di lavoro avendo maturato una determinata anzianità di lavoro, gratifiche di fine rapporto, ecc.
Indennità a titolo di risarcimento anni, rivalutazione e interessi
La lettera c) del comma 4 dell’art. 6 esclude dalla base imponibile previdenziale anche “i proventi e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento danni”. Queste erogazioni non hanno natura retributiva, non hanno una funzione remunerativa, ma hanno una funzione di reintegro patrimoniale delle perdite subite dal lavoratore in dipendenza del rapporto di lavoro.
L’esenzione non si applica a quanto versato al lavoratore per indennizzarlo della mancata percezione di reddito da lavoro dipendente, nel qual caso, peraltro, la contribuzione, indipendentemente dalla quantificazione del danno, nel perdurare del rapporto di lavoro ed in assenza di trattamenti mutualistici obbligatori, va commisurata alla retribuzione che risulterebbe contrattualmente dovuta, nel rispetto altresì dei minimi giornalieri.
Rientrano nell’esclusione:
- le indennità liquidate dal giudice a titolo di risarcimento danno in caso di reintegrazione nel posto di lavoro per illegittimo licenziamento secondo quanto previsto dall'art. 1, comma 5, della legge 11/5/1990, n. 108, nonché quelle pari a 15 mensilità spettanti al lavoratore in caso di rinuncia alla reintegrazione nel posto di lavoro disposta dal giudice. Resta fermo peraltro l'obbligo del pagamento della contribuzione dal momento del licenziamento fino allo spirare dei termini ;
- le indennità fino ad un massimo di 14 mensilità corrisposte al lavoratore nei casi previsti dall'art. 8 della legge 15/7/1966, n. 604, in cui risulti accertato che non ricorrono gli estremi della giusta causa o del giustificato motivo e non intervenga la riassunzione entro il termine di 3 giorni;
Le somme date per rivalutazione monetaria ed interessi ex articolo 429 del codice di procedura civile sono esenti da imposizione contributiva, anche se derivano da adempimento spontaneo e non conseguono ad una pronuncia del giudice.