Richiamo alle armi in caso di guerra: quali sono i diritti dei lavoratori
La normativa italiana prevede una speciale normativa in favore dei lavoratori che difendono il paese italiano in caso di conflitto militare. Il richiamo alle armi in caso di guerra porta con sé una serie di diritti dei lavoratori, dalla conservazione del posto di lavoro alla percezione di uno stipendio, o per meglio dire, di una indennità erogata dall’Inps.
Il richiamo alle armi per qualunque esigenza delle forze armate sospende il rapporto di lavoro per tutto il periodo di richiamo e il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto di lavoro. Ciò è previsto dall’art. 1 della Legge n. 653 del 1940 e dall’art. 1 della Legge n. 370 del 1955.
Quindi in caso di guerra, il lavoratore richiamato alle armi, conserva tutti i diritti derivanti dal rapporto di lavoro e dal contratto di lavoro stipulato con il datore di lavoro. E il periodo di richiamo viene considerato a tutti gli effetti un periodo di sospensione del rapporto di lavoro. Con una serie di tutele, anche in riferimento al trattamento economico.
Infatti il lavoratore durante il richiamo alle armi ha diritto ad uno stipendio, un’indennità erogata dall’Inps.
Non solo. Il periodo di richiamo alle armi è computato nell’anzianità di servizio e i contratti collettivi prevedono in alcuni casi che sia considerato utile anche ai fini degli scatti di anzianità e del trattamento di fine rapporto (TFR).
La chiamata alle armi per adempiere agli obblighi di leva (servizio militare di leva) sospende il rapporto di lavoro per tutto il periodo della ferma e il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto di lavoro. Solo durante il servizio militare di leva, il lavoratore non ha diritto alla retribuzione. Il periodo è computato nell’anzianità di servizio e i contratti collettivi prevedono, in taluni casi, che sia considerato utile ai fini degli scatti di anzianità, del preavviso e del trattamento di fine rapporto (TFR).
Entro 30 giorni dal congedo o dall’invio della licenza illimitata in attesa di congedo, il lavoratore deve porsi a disposizione del datore di lavoro per riprendere servizio. In mancanza è considerato dimissionario.
Richiamo alle armi: come stipendio spetta un indennità Inps
Vediamo ora lo stipendio spettante durante il richiamo alle armi.
Per i lavoratori che vengono richiamati alle armi è prevista la corresponsione di un’indennità e la conservazione del posto di lavoro (Legge 10 giugno 1940 n. 653).
La Legge 3 maggio 1955 n. 370, ha esteso a tutti i lavoratori, pubblici e privati, la conservazione del posto di lavoro ed il riconoscimento del periodo trascorso come richiamato alle armi, quale anzianità di servizio.
A chi spetta
Spetta ai dipendenti con qualifica di operaio, impiegato, dirigente di aziende private industriali, artigiane, dell’agricoltura, del commercio, del credito, delle assicurazioni, delle professioni ed arti, di compagnie portuali ed altre compagnie e carovane di lavoratori, soci di enti cooperativi anche di fatto, assunti con contratto a tempo indeterminato, a tempo determinato, di formazione e lavoro, stagionale, in periodo di prova, in preavviso di licenziamento, nei casi in cui gli stessi siano:
- trattenuti sotto le armi dopo il compimento del normale periodo di leva;
- si siano arruolati volontariamente, in caso di esigenze di carattere eccezionale;
- riformati, chiamati per la prima volta alle armi;
- dispensati dal servizio militare perché residenti all’estero che, rientrati in patria dopo il compimento del 32° anno, vengono chiamati per la prima volta alle armi.
Requisiti
I requisiti per aver diritto all’indennità sono:
- rapporto di lavoro in essere;
- richiamo alle armi del lavoratore, sia per esercitazioni che per servizio, da parte di corpi militari e militarizzati (ad es. richiamo alle armi croce rossa).
Quanto spetta di stipendio
I lavoratori richiamati alle armi hanno diritto a percepire per tutta la durata del richiamo un trattamento economico a carico dell’Inps secondo le seguenti modalità:
- per i primi due mesi del richiamo, il lavoratore ha diritto ad un’indennità pari all’intera retribuzione. Questo importo è concesso solo per 2 mensilità nell'arco di un anno, anche se il lavoratore è richiamato per più volte;
- per il periodo che supera i due mesi e fino alla fine del richiamo, il lavoratore ha diritto ad un’indennità pari alla differenza tra l’intera retribuzione e il trattamento militare, qualora quest’ultimo sia di importo inferiore.
Se il lavoratore è dipendente da più datori di lavoro, al momento del richiamo alle armi, ha diritto al trattamento per un importo pari al totale delle retribuzioni percepite dai diversi datori di lavoro.
L‘indennità viene sospesa:
- durante le licenze militari straordinarie illimitate o di durata superiore ai 30 giorni;
- durante le licenze di convalescenza, dopo il primo mese;
- in caso di cessazione completa dell’attività dell’azienda da cui il lavoratore interessato dipenda (il trattamento è sospeso alla data di detta cessazione);
- dimissioni del lavoratore durante il periodo di richiamo (il trattamento è sospeso con effetto dalla data di cessazione del rapporto di lavoro);
- in caso di fallimento della ditta da cui dipende il lavoratore richiamato (il diritto all’indennità ha termine con la data di chiusura del fallimento).
Il trattamento economico in questione è soggetto alle normali trattenute previdenziali ed erariali ed, per lo stesso, è previsto l’accredito della contribuzione figurativa.
Domanda indennità all'Inps
Per poter percepire l’indennità, il lavoratore dovrà presentare la domanda:
- al datore di lavoro, che provvederà direttamente al pagamento, inquadrato nei settori dell’industria, dell’artigianato, del credito e delle assicurazioni, con allegato il documento dell’autorità militare attestante la posizione di richiamato, la relativa decorrenza ed il grado di militare rivestito. Il documento ha validità di 90 giorni e deve essere rinnovato ad ogni scadenza. Se il lavoratore è dipendente da più datori di lavoro, al momento del richiamo alle armi, l’indennità è pagata dal datore di lavoro dove il richiamato presta l’attività principale (considerata in base al numero di ore o in base alla retribuzione).
Il datore di lavoro anticipa in busta paga per conto dell’Inps un importo corrispondente all’indennità spettante insieme all’assegno per il nucleo familiare eventualmente spettante e pone l’importo a conguaglio in sede di compilazione del modello uniemens.
- all’agenzia inps, esclusivamente attraverso l’invio telematicotramite uno dei seguenti canali (circolare inps n. 27 del 27.02.2012):
- web – avvalendosi dei servizi telematici accessibili direttamente dal cittadino tramite pin dispositivo attraverso il portale dell’istituto www.inps.it servizi on-line – servizi per il cittadino – invio domande di prestazione a sostegno del reddito – richiamo alle armi;
- telefono – chiamando il contact center integrato al numero 803164 gratuito da rete fissa o al numero 06164164 da rete mobile a pagamento secondo la tariffa del proprio gestore telefonico, abilitati ad acquisire le domande di prestazioni ed altri servizi per venire incontro alle esigenze di coloro che non dispongono delle necessarie capacità o possibilità di interazione con l’inps per via telematica;
- enti di patronato e intermediari autorizzati dall’istituto,che mettono a disposizione dei cittadini i necessari servizi telematici.
Prescrizione. Il diritto all’indennità si prescrive nel termine massimo di due anni dalla data di termine del periodo di richiamo alle armi.
Cosa succede dopo la chiamata alle armi
Alla fine del richiamo alle armi, il lavoratore deve porsi a disposizione del datore di lavoro per riprendere servizio nei termini stabiliti dalla legge:
- per gli impiegati (art. 30, della Legge n. 653 del 1940: Gli impiegati richiamati alle armi devono porsi a disposizione del datore di lavoro per riprendere l'impiego entro il termine di dieci giorni, dalla fine del richiamo, se il servizio militare ha avuto una durata non superiore ad un mese, di quindici giorni se ha avuto una durata superiore ad un mese e non a sei mesi, di venti giorni se ha avuto una durata superiore a sei mesi e non ad un anno, di trenta giorni se ha avuto una durata superiore ad un anno. In mancanza essi sono considerati dimissionari);
- e per gli operai (art. 5 della Legge n. 370 del 1955: Alla fine del richiamo, il lavoratore deve porsi a disposizione del datore di lavoro per riprendere la sua occupazione, entro il termine di cinque giorni se il richiamo ha avuto durata non superiore a un mese, di otto giorni se ha avuto durata superiore a un mese ma non a sei mesi, di quindici giorni se ha avuto durata superiore a sei mesi).
Divieto di licenziamento per 3 mesi. Il lavoratore non può essere licenziato prima che siano trascorsi tre mesi dalla ripresa dell’occupazione, salvo giusta causa; se, senza giustificato impedimento, non si ponga a disposizione del datore di lavoro nei termini previsti dalla legge, è considerato dimissionario.
La tutela opera anche nei confronti dei lavoratori in prova e in tal caso il termine rimane sospeso.
Il divieto di licenziamento opera anche nei confronti dei lavoratori stagionali, limitatamente alla durata del contratto);
Anche i lavoratori con un contratto di lavoro a tempo determinato o con contratto a termine hanno diritto al divieto di licenziamento. La decorrenza del termine è infatti sospesa.
La tutela opera anche nei confronti dei lavoratori in preavviso di licenziamento. Il trattamento economico previsto dal contratto collettivo o dal contratto individuale di lavoro stipulato tra le parti spetta fino al termine del richiamo alle armi.
La tutela contro il licenziamento spetta anche ai lavoratori ascritti a ferma minima di terzo grado, riformati, dispensati dall’adempiere gli obblighi di leva (perché residenti all’estero e rientrati in patria dopo il compimento del 32° anno di età) chiamati per la prima volta a prestare servizio militare in dipendenza di esigenze di carattere eccezionale.