Sanzioni tributarie, amministrative e penali in materia fiscale
La normativa fiscale italiana prevede che i contribuenti siano tenuti ad una serie di obblighi fiscali: dagli obblighi di invio delle dichiarazioni fiscali (si pensi alla dichiarazione dei redditi, modello 730 o Unico PF, ma anche alla dichiarazione IVA) agli obblighi di versamento dei tributi (dalle imposte dirette all’IVA). Per ogni inadempimento da parte del contribuente sono previste le relative sanzioni tributarie, che possono essere amministrative o, nei casi più gravi, anche penali.
Vediamo tutte le sanzioni amministrative, sia quelle riguardanti le dichiarazioni fiscali che i versamenti a cui sono tenuti i contribuenti. Vediamo poi tutte le sanzioni penali ed i vari reati nei quali sono previste.
SOMMARIO:
Sanzioni amministrative
Sanzioni IVA
Principi e regole di applicazione
Sanzioni accessorie
Monitoraggio fiscale
Come sono irrogate le sanzioni
Sanzioni penali
Le sanzioni amministrative
La violazione di un obbligo tributario comporta, come diretta conseguenza, l’applicazione di una sanzione. L’ordinamento tributario prevede due tipi di sanzioni, amministrative e penali, a seconda che la violazione costituisca, in base alla legge, rispettivamente illecito amministrativo o illecito penale.
La sanzione amministrativa consiste, generalmente, nel pagamento di una somma di denaro.
Vediamo ora le principali sanzioni amministrative.
Versamenti diretti. In caso di omessi o ritardati versamenti diretti (saldo, acconto, periodici), la sanzione è del 30% dell’imposta dovuta. La sanzione è ridotta a 1/15 per ciascun giorno di ritardo, se il versamento è effettuato entro 15 giorni.
Dichiarazione imposte dirette:
- In caso di omessa dichiarazione, la sanzione è dal 120% al 240% delle imposte dovute con un minimo di 258 euro. La sanzione è da 258 euro a 1.032 euro, se non sono dovute imposte. La sanzione è raddoppiabile per i soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili. In presenza di redditi prodotti all’estero, le relative sanzioni sono aumentate di un terzo.
- In caso di dichiarazione infedele, la sanzione è dal 100% al 200% della maggiore imposta o della differenza di credito (la sanzione si applica anche se nella dichiarazione sono esposte indebite detrazioni o deduzioni). In presenza di redditi prodotti all’estero, le relative sanzioni sono aumentate di un terzo. La sanzione è elevata del 10% in caso di omessa o infedele indicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore e per l’indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti, a condizione che il maggior reddito accertato – a seguito della corretta applicazione degli studi di settore – superi il 10% del reddito dichiarato. La sanzione è elevata del 50% quando non viene presentato il modello dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore (anche a seguito di specifico invito da parte dell’Agenzia delle Entrate), sempre che il maggior reddito accertato a seguito della corretta applicazione degli studi di settore superi il 10% di quello dichiarato.
- In caso di mancata ottemperanza a richieste di uffici finanziari o Guardia di finanza, la sanzione è da 258 euro a 2.065 euro.
Imposte sui redditi e Iva. Omessa tenuta o conservazione della contabilità. La sanzione va da 1.032 euro a 7.746 euro. Le sanzioni sono raddoppiate se dalle irregolarità emergono evasioni dei tributi diretti e dell’Iva complessivamente superiori, nell’esercizio, a 51.645,69 euro.
Imposta di registro. In caso di omessa richiesta di registrazione la sanzione va dal 120% al 240% dell’imposta dovuta. In caso di insufficiente dichiarazione di valore, la sanzione va dal 100% al 200% della maggiore imposta. In caso di occultazione di corrispettivo, la sanzione va dal 200% al 400% della differenza d’imposta (detratta l’eventuale sanzione per insufficiente dichiarazione di valore).
Imposte ipotecarie e catastali. In caso di omessa richiesta di trascrizione o di annotazioni obbligatorie, la sanzione va dal 100% al 200% dell’imposta ovvero, se soggetta a imposta fissa, da 103 a 2.065 euro.
Imposta di bollo. In caso di omesso o insufficiente pagamento, la sanzione va dal 100% al 500% dell’imposta o della maggiore imposta.
Sanzioni ai datori di lavoro come sostituto d’imposta. In caso di omessa presentazione della dichiarazione, la sanzione va dal 120% al 240% delle ritenute non versate con un minimo di 258 euro, oltre a 51 euro per ogni percipiente non indicato (se le somme dovute e non dichiarate sono state integralmente versate, la sanzione è da 258 a 2.065 euro, oltre 51 euro per ogni percipiente non indicato). In caso di dichiarazione infedele la sanzione va dal 100% al 200% dell’importo delle ritenute non versate riferibili alla differenza, con un minimo di 258 euro, se compensi, interessi e altre somme dichiarate sono inferiori a quelle accertate, oltre a 51 euro per ogni percipiente non indicato.
Compensazioni nel modello F24 di crediti inesistenti. L’indebito utilizzo in compensazione è punito con la sanzione dal 100% al 200% del credito inesistente. La sanzione è del 200% del credito inesistente se gli importi compensati superano 50.000 euro per anno solare. La sanzione si applica a tutti i crediti per imposte e contributi che possono essere utilizzati in compensazione per eseguire i versamenti. Il termine di scadenza per l’accertamento della violazione è fissato al 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di utilizzo del credito.
Per i crediti spettanti ma utilizzati oltre l’importo massimo previsto (516.456,90 euro fino al 31 dicembre 2013, 700.000 euro a decorrere dal 2014), si applica la sanzione relativa all’omesso versamento (30%). La stessa misura “ordinaria” è prevista anche per le indebite compensazioni riscontrate in sede di controllo automatizzato delle dichiarazioni.
Monitoraggio fiscale. L’omessa compilazione Modulo RW è punita con la sanzione dal 3% al 15% degli importi non dichiarati. La sanzione è dal 6% al 30% degli importi non dichiarati, per investimenti detenuti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato. La sanzione è di 258 euro, se la dichiarazione è presentata con un ritardo non superiore a 90 giorni.
Sanzioni IVA
Ecco l’elenco delle principali sanzioni amministrative pecuniarie in materia di imposta sul valore aggiunto (IVA).
Omessa presentazione dichiarazione annuale IVA. La sanzione va dal 120% al 240% del tributo dovuto per il periodo d’imposta o per le operazioni che dovevano essere indicate in dichiarazione, con un minimo di 258 euro da 258 euro a 2.065 euro, se il soggetto effettua solo operazioni per le quali non è dovuta imposta.
Infedele dichiarazione. In questo caso la sanzione va dal 100% al 200% della differenza quando nella dichiarazione presentata risulta un’imposta inferiore a quella dovuta o un’eccedenza detraibile o rimborsabile superiore a quella spettante.
La sanzione è elevata del 10% in caso di omessa o infedele indicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore e per l’indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti, a condizione che la maggiore imposta accertata o la minore imposta detraibile o rimborsabile – a seguito della corretta applicazione degli studi di settore – superi il 10% di quella dichiarata.
La sanzione è elevata del 50% quando non viene presentato il modello dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore (anche a seguito di specifico invito da parte dell’Agenzia delle Entrate), sempre che la maggiore imposta accertata o la minore imposta detraibile o rimborsabile – a seguito della corretta applicazione degli studi di settore superi il 10% di quella dichiarata.
Omessa fatturazione e registrazione operazioni imponibili. La sanzione va dal 100% al 200% dell’imposta relativa al corrispettivo non fatturato o all’imponibile non registrato (con un minimo di 516 euro).
Omessa fatturazione e registrazione operazioni non imponibili o esenti. La sanzione va dal 5% al 10% del corrispettivo non fatturato o non registrato (con un minimo di 516 euro).
Omessa o infedele Comunicazione annuale dati Iva. La sanzione amministrativa va da 258 euro a 2.065 euro.
Mancata emissione (o emissione per importi inferiori) di ricevute fiscali, scontrini fiscali o documenti di trasporto. La sanzione è del 100% dell’imposta corrispondente all’importo non documentato e, comunque, non inferiore a 516 euro.
Omessa o incompleta Dichiarazione di inizio, variazione o cessazione di attività. La sanzione va da 516 euro a 2.065 euro, in caso di omessa presentazione delle dichiarazioni o di presentazione delle stesse con dati incompleti o inesatti che non consentono di individuare il contribuente o il luogo di esercizio dell’attività o di conservazione di libri, scritture e documenti. La sanzione è ridotta a 1/5 del minimo se si regolarizza la dichiarazione presentata entro 30 giorni dall’invito dell’ufficio.
Rimborsi non spettanti. La sanzione va dal 100% al 200% della somma non spettante, quando, in difformità della dichiarazione, si chiede un rimborso non dovuto o in misura eccedente il dovuto
Principi e regole di applicazione delle sanzioni amministrative
Le regole in base alle quali si applicano le sanzioni possono essere riassunte nei seguenti punti:
1) le sanzioni hanno carattere personale e riguardano solo chi ha commesso l’infrazione (principio di personalità. Le sanzioni, quindi, non si trasmettono agli eredi;
2) la somma irrogata a titolo di sanzione non produce in nessun caso interessi;
3) nessuno può essere assoggettato a sanzioni se non in forza di una legge entrata in vigore prima della commissione della violazione (principio di irretroattività);
4) le leggi intervenute dopo il fatto si applicano se più favorevoli al contribuente (principio del favor rei), a condizione che il provvedimento di irrogazione non sia divenuto definitivo. Perciò, se il fatto commesso non è più qualificato come illecito da una norma successiva, le sanzioni non saranno più applicabili, a meno che non siano già divenute definitive. In questo caso, se rimane un debito residuo (cioè, la sanzione è già stata pagata in parte), questo si estingue, ma quanto versato non sarà restituito. Se la nuova norma punisce il fatto con una sanzione più mite, si applica quest’ultima, sempre che il provvedimento di irrogazione non sia divenuto definitivo;
5) non può essere assoggettato a sanzione chi, al momento in cui ha commesso il fatto, non aveva la capacità di intendere e di volere in base ai criteri indicati nel codice penale (principio di imputabilità) né coscienza e volontà della propria condotta (dolo o colpa);
6) se l’autore della violazione ha agito nell’interesse di una società o ente con personalità giuridica, quest’ultimo soggetto è responsabile del pagamento della sanzione. Per esempio, in caso di violazione commessa dall’amministratore, in base al “principio della riferibilità esclusiva alla persona giuridica” è responsabile la società, nei cui confronti verrà emessa la sanzione;
7) le sanzioni amministrative non si applicano:
- nei casi di obiettiva incertezza sulla portata delle disposizioni;
- quando la violazione deriva da equivocità dei modelli o delle richieste di informazioni dell’Amministrazione finanziaria;
- quando le violazioni derivano da ignoranza della legge tributaria non evitabile.
8) non sono punibili le violazioni che non arrecano pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento dei tributi
9) non è punibile il fatto commesso per causa di forza maggiore;
10) in caso di concorso di più violazioni o di violazioni continuate, anche in tempi diversi, si applica un’unica sanzione. In particolare, se le violazioni riguardano un solo periodo d’imposta, la sanzione è determinata applicando quella prevista per la violazione più grave, aumentata da un quarto al doppio. Se la violazione rileva rispetto a più tributi, la sanzione base viene preventivamente aumentata di un quinto.
Se, invece, violazioni della stessa natura vengono commesse in più periodi d’imposta, si applica la sanzione prevista per la violazione più grave aumentata dalla metà al triplo. In ogni caso, la sanzione concretamente irrogata non può essere superiore a quella risultante dal cumulo delle sanzioni previste per le singole violazioni commesse
11) le sanzioni sono ridotte anche in caso di ravvedimento spontaneo (“ravvedimento operoso”), di accettazione della sanzione o di rinuncia a impugnazioni e ricorsi (in acquiescenza, accertamento con adesione e conciliazione), secondo le specifiche normative;
12) le sanzioni devono essere sempre adeguate all’effettivo danno subito dall’erario e all’entità soggettiva e oggettiva delle violazioni, in modo da assicurare uniformità di disciplina per violazioni analoghe. Se circostanze eccezionali rendono manifesta la sproporzione tra l’entità del tributo cui la violazione si riferisce e la sanzione, questa può essere ridotta fino alla metà del minimo.
Le sanzioni accessorie
Alle sanzioni amministrative che, come abbiamo già detto e vedremo in seguito, consistono in un pagamento di una somma di denaro, possono aggiungersi, in determinati casi, sanzioni accessorie. Vediamo alcuni esempi.
La sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività commerciale. La sospensione può essere disposta per un periodo da tre giorni a un mese (o da un mese a sei mesi, quando i corrispettivi oggetto della contestazione sono superiori a 50.000 euro), nel caso in cui siano state contestate, anche unitariamente e nel corso di un quinquennio, quattro distinte violazioni, compiute in giorni diversi, dell’obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale.
La sospensione dell’iscrizione all’albo o all’ordine per i professionisti che violano l’obbligo di emissione del documento che certifica i compensi riscossi.
La sanzione accessoria per i professionisti. Si applica una sanzione accessoria nei confronti dei professionisti, iscritti in albi o a ordini professionali, che violano l’obbligo di emissione del documento che certifica i corrispettivi (articolo 2 del decreto legge n. 138/2011).
In particolare, è prevista la sospensione dell’iscrizione all’albo o all’ordine, per un periodo da tre giorni a un mese, quando sono state contestate, nel corso di cinque anni, quattro distinte violazioni dell’obbligo di emettere il documento certificativo dei corrispettivi compiute in giorni diversi. In caso di recidiva, la sospensione è disposta per un periodo da quindici giorni a sei mesi.
Il provvedimento di sospensione è immediatamente esecutivo e il relativo atto è comunicato all’ordine professionale o al soggetto competente alla tenuta dell’albo, affinché ne dia pubblicazione sul relativo sito internet.
Se le violazioni sono commesse nell’esercizio in forma associata di attività professionale, la sanzione deve essere disposta nei confronti di tutti gli associati.
Le sanzioni in materia di monitoraggio fiscale
Persone fisiche, enti non commerciali, società semplici ed equiparate, residenti in Italia, hanno l’obbligo di indicare nella dichiarazione annuale dei redditi gli investimenti all’estero ovvero le attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia (quadro RW del modello Unico).
La violazione di questo obbligo di dichiarazione è punita con la sanzione amministrativa dal 3 al 15% dell’ammontare degli importi non dichiarati.
Se gli investimenti all’estero o le attività estere di natura finanziaria sono detenuti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, la violazione dell’obbligo di dichiarazione è punita con la sanzione amministrativa dal 6 al 30% dell’ammontare degli importi non dichiarati.
Infine, quando la dichiarazione viene presentata con un ritardo non superiore a novanta giorni dalla scadenza del termine, si applica la sanzione di euro 258.
Come sono irrogate le sanzioni
La sanzione amministrativa e le sanzioni accessorie sono irrogate dall’ufficio o dall’ente competente all’accertamento dei tributi cui le violazioni si riferiscono.
L’irrogazione immediata delle sanzioni collegate al tributo Le sanzioni collegate al tributo cui si riferiscono sono irrogate con l’avviso di accertamento o di rettifica, motivato a pena di nullità.
Il contribuente (o l’obbligato in solido) può definire il provvedimento, entro il termine previsto per la proposizione del ricorso, pagando un terzo della sanzione irrogata.
La definizione può anche riferirsi esclusivamente alle sanzioni, senza acquiescenza rispetto al tributo (che, invece, comporta la rinuncia all’impugnazione e la definitività del provvedimento di accertamento).
Possono essere irrogate mediante iscrizione a ruolo, senza previa contestazione, le sanzioni per omesso o ritardato pagamento dei tributi, anche se risultanti da controlli automatizzati o formali delle dichiarazioni presentate dai contribuenti. Per queste sanzioni, non è ammessa la definizione agevolata.
L’irrogazione delle sanzioni non collegate al tributo. Per l’irrogazione delle sanzioni non collegate al tributo cui si riferiscono è prevista, invece, la notifica di un atto di contestazione.
L’atto di contestazione deve indicare, a pena di nullità:
- i fatti attribuiti al trasgressore;
- gli elementi probatori;
- le norme applicate;
- i criteri per la determinazione delle sanzioni e della loro entità;
- l’indicazione dei minimi edittali previsti dalla legge per le singole violazioni.
Se nella motivazione dell’atto di contestazione si fa riferimento a un altro documento non conosciuto o ricevuto dal trasgressore, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama, salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale.
Anche in questo caso, entro il termine previsto per proporre ricorso, il contribuente (o gli obbligati in solido) può definire la controversia con il pagamento di un terzo della sanzione indicata nell’atto. In questo caso, non possono essere irrogate eventuali sanzioni accessorie.
In alternativa, entro lo stesso termine, il contribuente può presentare deduzioni difensive. In mancanza, l’atto di contestazione si considera provvedimento di irrogazione, impugnabile in Commissione tributaria.
L’impugnazione immediata non è ammessa e, se proposta, diviene improcedibile, quando si presentano deduzioni difensive.
In pratica, l’atto di contestazione cambia natura in seguito al comportamento del contribuente e, dal momento in cui questi presenta le sue deduzioni, non è più atto di irrogazione sanzioni.
L’atto di contestazione deve inoltre contenere:
- l’invito a pagare le somme dovute nel termine di sessanta giorni dalla sua notificazione;
- l’invito a produrre nello stesso termine, se non si intende ricorrere alla definizione agevolata, le deduzioni difensive;
- l’indicazione dell’organo al quale proporre impugnazione.
Quando sono state proposte deduzioni difensive, l’ufficio ha da quel momento un anno di tempo per irrogare le sanzioni con atto motivato, anche in relazione alle deduzioni stesse.
Tuttavia, per evitare che le misure cautelari adottate perdano efficacia, il provvedimento di irrogazione deve essere notificato entro 120 giorni dalla data di presentazione delle deduzioni difensive.
Le sanzioni penali
I principali reati tributari sono connessi alle dichiarazioni fiscali e agli inadempimenti contabili e documentali, e sono disciplinati dal decreto legislativo n. 74 del 2000.
I principali reati sono:
- la dichiarazione fraudolenta, che si configura con l’utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, o avvalendosi di altri artifici. La dichiarazione fraudolenta si distingue per l’elemento della “frode”, consistente in comportamenti ulteriori, rispetto alla mera presentazione di una dichiarazione non veritiera (documentazione falsa o contraffatta, mezzi fraudolenti di qualsiasi natura);
- la dichiarazione infedele, che coincide con il mancato riporto di elementi attivi (o l’indicazione di elementi passivi fittizi) di ammontare particolarmente rilevante;
- la dichiarazione omessa, che si configura solo se si supera la soglia di punibilità;
- l’emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti;
- l’occultamento o distruzione di documenti contabili;
- l’omesso versamento di ritenute certificate o dell’Iva dovuta, in base alle risultanze della dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a 50.000 euro;
- la sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, che si configura con il compimento di atti idonei a rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva, quali una vendita simulata a soggetto terzo;
- l’utilizzazione in compensazione di crediti non spettanti o inesistenti, quando l’ammontare eccede 50.000 euro per ciascun periodo d’imposta.
Sulla materia è intervenuto il decreto legge n. 138/2011, che ha apportato numerose modifiche. In particolare, le novità hanno riguardato:
- l’abbassamento delle soglie di punibilità;
- l’aumento di un terzo dei termini di prescrizione ordinaria (per i delitti previsti dagli articoli da 2 a 10 del decreto 74/2000);
- la limitazione all’accesso a istituti premiali (patteggiamento) o a circostanze attenuanti.
Inoltre, è stata sancita la non applicazione dell’istituto della sospensione condizionale della pena (art. 163 del codice penale) quando l’ammontare dell’imposta evasa è superiore, contemporaneamente:
- al 30% del volume d’affari;
- a 3 milioni di euro.
I delitti interessati sono quelli previsti dagli articoli da 2 a 10 del decreto n.74/2000 (dichiarazione fraudolenta, omessa o infedele – emissione di documenti per operazioni inesistenti – occultamento o distruzione di documenti contabili).
Infine, riguardo alla circostanza attenuante indicata dall’art. 13 del decreto n. 74/2000, è prevista la diminuzione delle pene fino a un terzo quando, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, si effettua il pagamento dei debiti tributari.
Le attuali norme si applicano con riferimento ai fatti successivi al 17 settembre 2011 (data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto n. 138/2011).
Elenco delle sanzioni penali
Di seguito, i principali reati fiscali e le relative sanzioni, disciplinati dal decreto legislativo n. 74/2000 (normativa in vigore dal 17 settembre 2011).
Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. La sanzione penale è la reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni.
Chiunque indica in una delle dichiarazioni annuali (dei redditi o dell’Iva), elementi passivi fittizi, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Non importa che egli sia o meno il soggetto passivo d’imposta o il titolare dei redditi o l’intestatario dei beni. L’utilizzo dei predetti documenti rileva a prescindere dal loro inserimento in contabilità. Quindi, vale anche per i soggetti non obbligati a tenere le scritture contabili. Ciò che rileva è che il soggetto deve sia registrare (o detenere) detti documenti sia presentare la dichiarazione annuale (esclusa quella Irap), utilizzandoli con lo scopo di evadere le imposte.
La dichiarazione fraudolenta si distingue da quella infedele per la sua “insidiosità”, così definita per la sussistenza dell’artefazione di un impianto documentale. A seconda, poi, del tipo di artificio si distinguono le ipotesi di cui all’art. 2 da quelle di cui all’art. 3. Per l’art. 2, la frode si considera commessa con la presentazione della dichiarazione annuale, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell’Amministrazione finanziaria.
Gli atti suddetti non sono comunque punibili a titolo di tentativo (art. 6). In deroga all’art. 110 Codice penale, non è punibile a titolo di concorso nel reato di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8) chi se ne avvale e chi concorre con chi se ne avvale (art. 9, comma 1, lett. b). Né è punibile a titolo di concorso nel reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2) chi li emette e chi concorre con chi li emette (art. 9, comma 1, lett. a).
Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici. In questo caso la sanzione penale è la reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni.
A differenza dell’art. 2, può commettere questo reato solo chi è tenuto alle scritture contabili. Il reato è a formazione progressiva: prima occorre violare gli obblighi contabili (e come nell’art. 2, la condotta per configurare la fraudolenza della dichiarazione deve essere “insidiosa”, nel senso di costituire reale impedimento all’accertamento della realtà contabile), poi presentare la dichiarazione annuale sulla base della contabilità artefatta. Accertata l’insidiosità, gli artifici puniti sono tutti quelli non previsti dall’art. 2. Ma qui sono previste due soglie di punibilità.
Si commette reato quando, con mezzi fraudolenti, e al fine di evadere le imposte sui redditi o l’Iva, si indicano in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte, elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi e nello stesso tempo:
- l’imposta evasa è superiore a 30.000 euro (con riferimento a ciascuna delle singole imposte);
- l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante l’indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al 5% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o comunque è superiore a un milione di euro. Al di sotto della soglia di punibilità, la fattispecie costituisce illecito amministrativo, punibile con la sanzione prevista dal D.Lgs. 471/1997 per le dichiarazioni infedeli.
II fatto si considera commesso con mezzi fraudolenti quando l’indicazione non veritiera si fonda su una falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie e avvalendosi di mezzi fraudolenti idonei a ostacolarne l’accertamento (comma 1). Gli atti suddetti non sono comunque punibili a titolo di tentativo (art. 6).
Non danno luogo a fatti punibili:
- le rilevazioni nelle scritture contabili e nel bilancio eseguite in violazione dei criteri di determinazione dell’esercizio di competenza, ma sulla base di metodi costanti di impostazione contabile (art. 7, comma 1);
- le rilevazioni e le valutazioni estimative rispetto alle quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati in bilancio (art. 7, comma 1);
- in ogni caso, le valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differiscono in misura inferiore al 10% da quelle ritenute corrette. Degli importi compresi in tale percentuale non si tiene conto nella verifica del superamento delle soglie di punibilità (art. 7, comma 2).
Dichiarazione infedele. In questo caso il reato è punito con la sanzione penale della reclusione da 1 a 3 anni.
Ad esclusione dei casi previsti dagli articoli 2 e 3 (per le dichiarazioni fraudolente), chiunque al fine di evadere le imposte dirette o l’Iva (senza un impianto fraudolento, ma comunque consapevolmente e volontariamente) indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi e nello stesso tempo:
a) l’imposta evasa è superiore a 50.000 euro con riferimento a ciascuna delle singole imposte;b) l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi è superiore al 10% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione o, comunque, è superiore a 2 milioni di euro.
Al di sotto della soglia di punibilità per la configurazione del delitto tributario, la medesima fattispecie costituisce illecito amministrativo punibile con la sanzione amministrativa prevista per la dichiarazione infedele dal D.Lgs. 471/1997.
Il delitto non è punibile a titolo di tentativo (art. 6). Non rilevano penalmente:
- le rilevazioni nelle scritture contabili e in bilancio eseguite in violazione dei criteri di determinazione dell’esercizio di competenza, ma sulla base di metodi costanti di impostazione contabile, nonché le rilevazioni e le valutazioni estimative i cui criteri concretamente applicati sono comunque indicati in bilancio (art. 7, comma 1);
- le valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differiscono meno del 10% da quelle corrette (art. 7, comma 2). Degli importi compresi in tale percentuale non si tiene conto nella verifica del superamento delle soglie di punibilità.
Dichiarazione omessa. La sanzione penale è la reclusione da 1 a 3 anni. Chi, al fine di evadere le imposte sui redditi o l’Iva (dolo specifico), non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte, e l’imposta evasa è superiore a 30.000 euro, con riferimento a ciascuna delle singole imposte. Al di sotto dei 30.000 euro, vi è comunque illecito amministrativo punibile ai sensi del D.Lgs. 471/97 per dichiarazione omessa. Non si considera omessa, ai fini della configurazione del delitto, la dichiarazione presentata entro 90 giorni dalla scadenza e quella non sottoscritta o redatta su uno stampato non conforme al modello prescritto.
Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. La sanzione penale è la reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni. Chiunque, al fine di consentire a terzi (dolo specifico) l’evasione dell’imposta sui redditi o dell’Iva, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.
La condotta dolosa è immediatamente reato, a prescindere dall’utilizzazione o meno da parte del soggetto ricevente dei documenti falsi. Infatti, il reato si consuma all’atto dell’emissione o del rilascio del primo documento falso. La prescrizione del reato decorre a partire dall’emissione o dal rilascio dell’ultimo documento falso.
L’emissione o il rilascio di più fatture o documenti per operazioni inesistenti nel corso del medesimo periodo d’imposta si considera come un solo reato (comma 2). In deroga all’art. 110 del Codice penale, non è punibile a titolo di concorso nel reato di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8) chi se ne avvale e chi concorre con chi se ne avvale (art. 9, comma 1, lett. b). Né è punibile a titolo di concorso nel reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2) chi li emette e chi concorre con chi li emette (art. 9, comma 1, lett. a).
Occultamento o distruzione di documenti. La sanzione penale è la reclusione da 6 mesi a 5 anni. Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o l’Iva, o di consentire l’evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume d’affari.
È un reato di evento: è punibile a titolo di delitto tentato nel caso in cui, nonostante l’occultamento o la distruzione, l’ufficio riesca ugualmente a ricostruire analiticamente il reddito o il volume d’affari sulla base di altri elementi. Trattandosi di un reato particolarmente “insidioso” (nel senso sopra definito), non è prevista alcuna soglia di punibilità.
Omesso versamento di ritenute certificate. La sanzione penale è la reclusione da 6 mesi a 2 anni. Chiunque non versa ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti entro il termine previsto per la dichiarazione annuale dei sostituti di imposta. Il reato si configura se il totale relativo alle ritenute certificate e non versate supera i 50.000 euro per periodo d’imposta.
Omesso versamento di Iva. La sanzione penale è la reclusione da 6 mesi a 2 anni. Chiunque non versa l’imposta sul valore aggiunto, dovuta sulla base della dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo. Il reato si configura se il totale relativo all’Iva dovuta e non versata supera i 50.000 euro per periodo d’imposta.
Indebita compensazione. La sanzione penale è la reclusione da 6 mesi a 2 anni. Chiunque non versa le somme dovute utilizzando in compensazione crediti non spettanti o inesistenti. Il reato si configura se il totale relativo ai crediti indebitamente compensati supera i 50.000 euro per periodo d’imposta. Se nel corso di uno stesso periodo d’imposta sono state effettuate compensazioni con crediti non spettanti o inesistenti per importi inferiori alla soglia, il delitto si perfeziona alla data in cui si procede, nel medesimo periodo d’imposta, alla compensazione di un ulteriore importo di crediti non spettanti o inesistenti che, sommato agli importi già utilizzati in compensazione, è superiore a 50.000 euro.
Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte. La sanzione penale è la reclusione da 6 mesi a 4 anni. Chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi, Iva o di interessi e sanzioni relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore a 50.000 euro – aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. È un reato di pericolo: è sufficiente la semplice idoneità della condotta simulata o fraudolenta a rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva. La reclusione è da 1 anno a 6 anni, se imposte, sanzioni e interessi sono superiori a 200.000 euro.
Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte: La sanzione penale è la reclusione da 6 mesi a 4 anni. Chiunque, al fine di ottenere per sé o per altri un pagamento parziale dei tributi e relativi accessori, indica nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi per un ammontare complessivo superiore a 50.000 euro.
È un reato di pericolo: è sufficiente la semplice idoneità della condotta simulata o fraudolenta a rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva. La reclusione è da 1 anno a 6 anni, se imposte, sanzioni e interessi sono superiori a 200.000 euro.