15 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

L’assegno di maternità dello Stato per le lavoratrici precarie

Le lavoratrici non occupate, o con occupazione discontinua e precaria, possono avere diritto in caso di nascita di un figlio, di adozione o affidamento, ad un congedo per maternità a carico dello Stato ed erogato dall’Inps. La misura è stabilita in misura fissa annuale. Sono necessari alcuni requisiti contributivi, diversi da quelli previsti per le indennità di maternità. Vediamo tutti gli aspetti.
A cura di Antonio Barbato
15 CONDIVISIONI

congedo di maternità per le lavoratrici precarie

L’assegno di maternità dello stato è un assegno che la madre lavoratrice o disoccupata può chiedere all’Inps per la nascita del figlio oppure per l’adozione o l’affidamento preadottivo di un minore di età non superiore a 6 anni (o a 18 anni in caso di adozioni o affidamenti internazionali). Si tratta di un trattamento di maternità diverso, o per meglio dire eventualmente integrativo, rispetto all’indennità di maternità spettante nella maggior parte dei casi alle lavoratrici dipendenti, a progetto o parasubordinate o le lavoratrici autonome.

Questa prestazione speciale, a carico dello stato ma erogata dall’Inps, è a favore delle lavoratrici non occupate o con una occupazione precaria, ma che sono comunque in possesso di un’anzianità contributiva che consente loro la percezione dell’assegno in qualità di lavoratrici precarie. Questo assegno non va confuso con l’assegno sociale dei comuni, che è invece erogato senza copertura assicurativa.

L’importo dell’assegno di maternità dello stato. La misura dell’assegno erogato dall’Inps viene stabilita annualmente da una circolare dell’ente previdenziale. Nell’anno 2012 l’importo è di 1.999,45 euro, mentre nel 2011 era di 1946,88 euro. In questo caso, quindi, l’assegno non è corrisposto mensilmente, e per 5 mesi, come per il congedo di maternità dei lavoratori dipendenti oppure indennizzato sulla base delle giornate come per i lavoratori autonomi, ma in unica soluzione, ovviamente dietro presentazione della domanda.

L’assegno spetta:

  • in misura intera, se la madre non ha diritto all’indennità di maternità (o ad altro trattamento economico per maternità);
  • per differenza (c.d. quota differenziale), nel caso in cui la madre ha diritto ad un’indennità di maternità (o ad un altro trattamento economico per maternità) di importo complessivo inferiore rispetto all’importo dell’assegno.

L’assegno viene pagato per ogni figlio. quindi, in caso di parto gemellare oppure di adozione o affidamento di più minori, l’importo dell’assegno è moltiplicato per il numero dei nati o adottati o affidati. Vediamo tutti gli aspetti relativi all’erogazione dell’assegno in misura intera e quando spetta la quota differenziale.

SOMMARIO:

A chi spetta l’assegno
Cittadinanza italiana e carta di soggiorno
Requisiti contributivi
Requisiti per la madre
Dimissioni della lavoratrice
Quando l’assegno spetta al padre
Misura dell’indennità di maternità dello stato
Domanda e modalità di pagamento

A chi spetta l’assegno di maternità dello stato

L’assegno spetta alle cittadine italiane e comunitarie residenti in Italia al momento del parto o dell’ingresso del minore adottato o affidato nella famiglia anagrafica del richiedente. Spetta inoltre alle cittadine non comunitarie residenti in Italia, sempre al momento del parto o dell’ingresso del minore adottato o affidato nella famiglia anagrafica del richiedente, ma purché la cittadina extracomunitaria sia in possesso della carta di soggiorno o del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.

L’assegno di maternità dello stato può essere richiesto dai seguenti soggetti:

  • dalla madre, anche adottante;
  • dal padre, anche adottante;
  • dall’affidataria preadottiva;
  • dall’affidatario preadottivo;
  • dall’adottante non coniugato;
  • dal coniuge della madre adottante o dell’affidataria preadottiva;
  • dall’affidatario/a (non preadottivo/a) nel caso di non riconoscibilità o non riconoscimento da parte di entrambi i genitori.

Non spetta invece per il figlio minore adottato dal coniuge quando è figlio, anche adottivo, dell’altro coniuge. Il figlio di cittadina non comunitaria nato all’estero deve essere in possesso dello stesso titolo di soggiorno della madre. Non occorre il titolo di soggiorno per il figlio nato in Italia.

Cittadinanza italiana e carta di soggiorno per il diritto all’assegno

La cittadinanza italiana o di uno Stato dell’Unione Europea, ovvero il possesso della carta di soggiorno per gli extracomunitari, devono sussistere al momento della domanda di assegno.

La carta di soggiorno, che non deve essere confusa con il “permesso di soggiorno”, è rilasciata dal Questore su richiesta dello straniero regolarmente soggiornante in Italia da almeno 5 anni e con un reddito sufficiente per sé e per la sua famiglia. Per il rilascio della carta di soggiorno ai familiari di chi è già titolare della stessa e per il rilascio della carta alla cittadina extracomunitaria coniugata con un italiano, non sono richiesti i requisiti tra cui la residenza in Italia da almeno 5 anni).

Il possesso della carta di soggiorno (autocertificabile, secondo la nuova normativa, con una dichiarazione, da allegare alla domanda di assegno, contenente tutti i dati e le notizie essenziali esistenti sulla carta; naturalmente, in alternativa, è possibile presentare la fotocopia della “carta” stessa) è un requisito previsto, al momento della domanda di assegno, anche per il figlio, se il genitore richiedente l’assegno suddetto la possiede.

Se al momento della domanda di assegno, la carta di soggiorno non è stata ancora rilasciata, può essere provvisoriamente fornita dichiarazione relativa alla richiesta della carta stessa (o fornita copia della richiesta); in tal caso il pagamento dell’assegno viene sospeso, così come il termine di 120 gg. previsto per l’erogazione da parte dell’INPS (v. par. F). L’avvenuto rilascio della carta di soggiorno va comunque dichiarato all’INPS (la carta, come detto, può essere fornita in copia).

Se la data del rilascio è molto tardiva rispetto alla domanda di assegno, le Sedi dovranno accertare presso la Questura competente la sussistenza dei requisiti per il rilascio della carta di soggiorno al momento della domanda di assegno all’INPS.

I requisiti contributivi per il diritto all’assegno

Assume particolare rilevanza il possesso dei requisiti assicurativi lavorativi che danno diritto all’assegno di maternità dello stato. SI tratta di tre mesi di contribuzione tra i 18 o i 9 mesi precedenti il parto (o l’ingresso in famiglia, in caso di adozione o affidamento). E tale copertura può essere correlata all’attività lavorativa sia di tipo subordinata e dipendente, sia di tipo parasubordinata che autonoma, per la quale sia stata versata o sia dovuta la contribuzione di maternità.

Quindi la lavoratrice precaria incinta se non accede al congedo di maternità come dipendente, oppure al congedo di maternità come parasubordinata (che ricordiamo viene maturato con l’accredito di tre mensilità nei 12 mesi precedenti i due mesi dalla data presunta dal parto), oppure come lavoratore autonoma (ad esempio iscrizione alla Gestione artigiani e commercianti Inps o lavoratrice agricola), può accedere facendo valere una copertura di tre mesi nei 18 mesi precedenti il parto, in qualsiasi gestione previdenziale essa sia.

La normativa sull’assegno di maternità dello stato e sul congedo  di maternità per le lavoratrici precarie si riferisce non solo alla donna priva di un lavoro, ma con tre mesi di contributi accreditati nel periodo richiesto ma anche alla donna lavoratrice che, alla data del parto o dell’ingresso del bambino in famiglia, ha una qualsiasi forma di tutela previdenziale della maternità in corso di godimento (ovvero di diritto al godimento della prestazione alla data suddetta) e può far valere almeno 3 mesi di contribuzione nel periodo che va dai 18 ai 9 mesi precedenti il parto o l’effettivo ingresso, nella sua famiglia anagrafica, del bambino in affidamento preadottivo o in adozione senza affidamento.

Ai trattamenti previdenziali di maternità sono equiparati, , i trattamenti economici dei dipendenti dalle amministrazioni dello Stato, dalle Regioni, dalle Province, dai Comuni e dagli altri Enti pubblici. Sono altresì equiparati i trattamenti economici corrisposti dai datori di lavoro non tenuti al versamento all’INPS dei contributi di maternità.

Computo dei tre mesi. Per il computo dei tre mesi i criteri sono diversi e dipendono dalla tipologia di lavoro effettuato tra i 18 o i 9 mesi precedenti il parto: se si tratta di lavoro dipendente, di lavoro a progetto o parasubordinato o di lavoro autonomo. In ogni caso, è possibile controllare il possesso dei requisiti consultando il proprio estratto conto contributivo dell’Inps.

Tre mesi di lavoro subordinato. Nel caso di lavoro dipendente i tre mesi di contribuzione corrispondono a:

  • 90 giorni di attività lavorativa per i lavoratori retribuiti a giornata;
  • 13 settimane di attività lavorativa per i lavoratori retribuiti a settimana;
  • 24 ore (di lavoro alla settimana), moltiplicato per 13 settimane, per i lavoratori retribuiti ad ore. Si applicano i criteri di calcolo vigenti per i lavoratori domestici, considerando valide per l’accreditamento di un contributo settimanale 24 ore settimanali lavorative.

Ai 3 mesi di attività lavorativa subordinata soggetta alla contribuzione di maternità sono equiparati i periodi di attività lavorativa subordinata svolta presso le pubbliche amministrazioni nonché di quella svolta alle dipendenze dei datori di lavoro non tenuti al versamento all’INPS del contributo di maternità.

Lavoro part-time. In caso di attività a tempo parziale, per il raggiungimento dei tre mesi di contribuzione è necessario che l’attività lavorativa prestata abbia dato luogo all’accreditamento di 13 contributi settimanali. 

Tre mesi di lavoro parasubordinato. Se il lavoro è stato svolto come lavoratrice a progetto  oppure come libera professionista senza cassa o nelle altre tipologie con obbligo di iscrizione alla Gestione separata, i tre mesi da conteggiare corrispondono a 3 mensilità della contribuzione effettiva versata nella misura dell'aliquota dello 0,72% per maternità, da reperire nei 12 mesi che precedono i due anteriori alla data del parto. 

Tre mesi di lavoro autonomo. Quando il lavoro è di tipo autonomo il requisito contributivo dei tre mesi si perfeziona con  tre mesi di contributi da lavoro autonomo che, per essere validi ai fini del diritto, devono essere stati interamente versati.

Lavoro all’estero in Paesi dell’Unione Europea. Nel caso di lavoro all’estero in Paesi dell’Unione europea i previsti requisiti contributivi possono essere raggiunti anche attraverso la totalizzazione dei periodi italiani ed esteri, se non sovrapposti e purché la lavoratrice possa far valere almeno 1 contributo in Italia. 

Lavoro all’estero in Paesi extracomunitari convenzionati. In questo caso, il requisito contributivo non può essere raggiunto attraverso la totalizzazione dei periodi italiani ed esteri.

Requisiti per la madre per l’assegno di maternità e la quota differenziale

Come accennato, la norma sull’assegno di maternità dello stato, erogato sempre dall’Inps, riguarda le donne in attività di lavoro, alle quali, spetta, generalmente, un trattamento economico di maternità, o quale prestazione previdenziale (con qualche limite per le lavoratrici domestiche o “parasubordinate” che, pur con un rapporto di lavoro in atto, potrebbero non aver raggiunto, al momento dell’evento, i requisiti contributivi previsti per la prestazione di maternità) o quale retribuzione a carico del datore di lavoro. Per le donne in attività di lavoro il riconoscimento dell’assegno in misura intera, pertanto, sembra difficilmente ipotizzabile, se non si tratti di parti, adozioni o affidamenti  plurimi.

Più probabile appare l’ipotesi del riconoscimento della quota differenziale quando, cioè, il trattamento economico erogato direttamente dall’INPS o dai datori di lavoro (compresi quelli non tenuti al versamento dei contributi di maternità all’INPS), risulta di importo contenuto, come, ad esempio, per le lavoratrici parasubordinate con mensilità di contribuzione inferiori a 9 mesi, ovvero per le lavoratrici a tempo parziale.

Assegno di maternità per differenza (quota differenziale). Alle mamme lavoratrici precarie residenti in Italia, sia cittadine italiane che comunitarie o extracomunitarie in possesso della carta di soggiorno, in possesso del requisito contributivo di almeno 3 mesi di requisiti lavorativi (conseguiti anche presso datori di lavoro non tenuti al versamento contributivo presso l’Inps, nel periodo compreso tra i 18 e i 9 mesi precedenti il parto, o l'effettivo ingresso del bambino in famiglia in caso di adozione) e che godono di una qualsiasi forma di tutela previdenziale della maternità, spetta, per ogni figlio nato dal 2 luglio 2000, ovvero adottato o dato in affidamento preadottivo, un assegno pari alla quota differenziale tra l’importo del trattamento economico di maternità, previdenziale e non previdenziale, (se inferiore) e quello dell’assegno erogato dall’Inps a carico dello Stato.

Assegno di maternità dello stato per le lavoratrici parasubordinate. Nell’ipotesi di madre lavoratrice iscritta alla Gestione Separata, che ha perso il diritto a prestazioni previdenziali o assistenziali, il diritto all'assegno di maternità dello Stato si realizza al verificarsi delle seguenti condizioni:

  • abbia svolto attività lavorativa per la quale risultino versati 3 mesi di contribuzione effettiva (non è rilevante l’arco temporale nel quale si collocano tali mesi di contribuzione);
  • abbia fruito, a seguito della suddetta attività lavorativa (per la quale risultano versati 3 mesi di contribuzione), di una delle prestazioni previdenziali di malattia, maternità, degenza ospedaliera;
  • tra l’ultimo giorno di fruizione di una delle predette prestazioni previdenziali (malattia, maternità o degenza ospedaliera) e la data del parto (o ingresso in famiglia) è necessario che non sia decorso un periodo di tempo superiore a quello di durata della prestazione stessa, periodo che, comunque, non può essere superiore a 9 mesi.

Nell’ipotesi di madre lavoratrice iscritta alla Gestione Separata, ai fini della concessione della quota differenziale dell’assegno di maternità dello Stato, occorre che siano soddisfatti i seguenti requisiti:

  • abbia diritto all’indennità di maternità a carico della Gestione Separata, sia pure in misura ridotta, in quanto risultano accreditate in favore della stessa i 3 mesi di contribuzione effettiva nei 12 mesi precedenti l’inizio del congedo obbligatorio (ordinario e/o anticipato);
  • abbia, inoltre, 3 mesi di contribuzione per la maternità, maturati anche in gestioni diverse, nel periodo compreso tra i 18 ed i 9 mesi antecedenti la data dell’evento (parto o ingresso del minore adottato/affidato nella famiglia anagrafica della richiedente).

Le prestazioni previdenziali o assistenziali il cui diritto sia stato perduto, e che danno diritto all’assegno di maternità dello stato se il diritto è perduto da meno di 9 mesi, sono state individuate dall’Inps nelle seguenti:

  • prestazioni per A.S.U. o L.P.U.;
  • indennità di mobilità;
  • indennità di disoccupazione, compresa quella con requisiti ridotti;
  • indennità di cassa integrazione, ordinaria e straordinaria,
  • indennità di malattia o di maternità.

Come data della perdita del diritto ad una delle suddette prestazioni va considerata in linea di massima quella corrispondente all’ultimo giorno di percezione della prestazione. Nel caso in cui la data in questione non sia individuabile, si deve fare riferimento al 1° gennaio dell’anno successivo a quello in cui cade l’evento che ha dato diritto alla prestazione (come ad es. per le prestazioni “non erogate a giornata”, quali l’assegno di parto o di aborto alle lavoratrici parasubordinate. Analogamente si deve fare riferimento al 1° gennaio dell’anno successivo a quello per il quale è dovuta la prestazione, se questa, pur corrisposta “a giornata”, non è suscettibile, nel suo insieme, di una esatta collocazione temporale (come ad esempio per la indennità di disoccupazione con requisiti ridotti).

Dimissioni della lavoratrice e assegno di maternità dello stato

Nel caso di recesso volontario dal rapporto di lavoro della donna lavoratrice durante il periodo di gravidanza, periodo in cui vige il divieto di licenziamento (fino ad un anno di età del bambino) e periodo in cui le dimissioni devono essere convalidate dalla Direzione provinciale del lavoro (DPL), la donna ha diritto alla percezione dell’assegno di maternità dello stato sempre a condizione che possa far valere tre mesi di contribuzione nel periodo che va dai 18 ai 9 mesi antecedenti il parto, sempre che non abbia già diritto all’indennità di maternità (se superiore) ovviamente.

Le dimissioni volontarie, intervenute durante il periodo previsto per il divieto di licenziamento durante la gravidanza e il primo anno del bambino, possono dare diritto all’indennità di disoccupazione, nonostante il recesso (sempre convalidato dalla DPL) sia per espressa volontà del lavoratore. La stessa disposizione si applica anche in caso di adozione e affidamento, entro un anno dall’ingresso del minore in famiglia.

Ne consegue che anche le dimissioni volontarie intervenute entro un anno dall’ingresso del minore nella famiglia adottante o affidataria possono dare titolo alla indennità di disoccupazione. Pertanto, se all’inizio dell’astensione obbligatoria o del periodo di astensione fruibile nei primi tre mesi dall’ingresso del bambino in famiglia, la lavoratrice è in godimento, anche teorico, della indennità di disoccupazione, la stessa ha diritto alla prestazione di maternità in luogo di quella di disoccupazione (ovviamente il problema non si pone se l’astensione inizia entro i 60 giorni corrispondenti al periodo di “protezione assicurativa”). Se l’importo della prestazione di maternità è inferiore all’importo intero dell’assegno dello Stato, può essere richiesto il pagamento della quota differenziale.

Quando l’assegno di maternità dello stato spetta al padre

Ci sono alcuni casi in cui il congedo di maternità e la relativa indennità di maternità spetta al padre, per la parte residua, ed in sostituzione della madre. In questo caso, per i lavoratori dipendenti ed i lavoratori parasubordinati c’è l’erogazione da parte dell’Inps dell’indennità di paternità. Quando il padre non svolge attività lavorativa al momento dell’evento della nascita o dell’affidamento o dell’adozione, ed ha perso il diritto alle prestazioni previdenziali, nei casi previsti, può percepire l’assegno di maternità dello stato in sostituzione della madre o della donna. Il padre deve essere residente, cittadino italiano o comunitario o extracomunitario, in possesso di carta di soggiorno. Vediamo nello specifico.

Abbandono o affidamento esclusivo del figlio al padre. L’assegno di maternità dello stato può essere richiesto dal padre in caso di abbandono del figlio da parte della madre, o di affidamento esclusivo del figlio al padre (risultante da provvedimento del giudice), sempre che il padre sia in possesso, al momento dell’abbandono o dell’affidamento esclusivo, dei requisiti 3 mesi di contribuzione fra i 18 e i 9 mesi precedenti o che abbia perso il diritto, da non più di 9 mesi, a prestazioni previdenziali o assistenziali derivanti dallo svolgimento da almeno 3 mesi di attività lavorativa purché sussistano congiuntamente le seguenti condizioni quali:

  • al momento della nascita anche la madre sia soggiornante e residente in Italia;
  • al momento della domanda, il figlio sia stato riconosciuto dal padre;
  • al momento della domanda, il figlio si trovi presso la famiglia anagrafica del padre e non sia affidato a terzi.

In presenza delle suddette condizioni l’assegno spetta “in via esclusiva” al padre e ciò anche qualora la madre abbia a suo tempo beneficiato dell’assegno o di altra prestazione di maternità.

Affidamento preadottivo. L’assegno di maternità dello stato spetta al padre affidatario preadottivo, nell’ipotesi di separazione dei coniugi intervenuta nel corso della procedura di affidamento preadottivo sempre che sia in possesso, al momento dell’affidamento, dei requisiti 3 mesi di contribuzione fra i 18 e i 9 mesi precedenti o che abbia perso il diritto, da non più di 9 mesi, a prestazioni previdenziali o assistenziali (prestazioni per A.S.U. o L.P.U., indennità di mobilità, indennità di disoccupazione, compresa quella con requisiti ridotti, indennità di cassa integrazione, ordinaria e straordinaria, indennità di malattia o di maternità) derivanti dallo svolgimento da almeno 3 mesi di attività lavorativa purché sussistano congiuntamente altre condizioni quali:

  • al momento della domanda, il minore si trovi presso la famiglia anagrafica dell’affidatario;
  • la moglie (separata) affidataria non abbia a suo tempo già usufruito dell’assegno.

Adozione del padre. L’assegno di maternità dello stato spetta anche nel caso di un padre adottante,  nell’ipotesi di adozione senza affidamento quando intervenga la separazione dei coniugi, sempre che sia in possesso, al momento dell’adozione, dei requisiti 3 mesi di contribuzione fra i 18 e i 9 mesi precedenti o che abbia perso il diritto, da non più di 9 mesi, a prestazioni previdenziali o assistenziali (sempre, indennità di mobilità, di disoccupazione, di cassa integrazione, ordinaria e straordinaria, di malattia o di maternità) derivanti dallo svolgimento da almeno 3 mesi di attività lavorativa purché sussistano congiuntamente altre condizioni quali:

  • al momento della domanda, il minore si trovi presso la famiglia anagrafica dell’adottante;
  • la moglie (separata) adottante non abbia a suo tempo già usufruito dell’assegno.

Padre adottante non coniugato. Anche in questo può spettare il diritto all’assegno e più precisamente nell’ipotesi di adozione pronunciata solo nei suoi confronti, sempre che sia in possesso, al momento dell’adozione, dei requisiti 3 mesi di contribuzione fra i 18 e i 9 mesi precedenti o che abbia perso il diritto, da non più di 9 mesi, a prestazioni previdenziali o assistenziali derivanti dallo svolgimento da almeno 3 mesi di attività lavorativa purché sussistano congiuntamente altre condizioni quali:

  • il minore, al momento della domanda, si trovi nella famiglia anagrafica dell’adottante non coniugato;
  • il minore, al momento della domanda, sia soggetto alla potestà dell’adottante non coniugato e non sia in affidamento presso terzi. 

Decesso della madre. Ha diritto all’assegno di maternità dello stato, sempre in sostituzione della madre, il padre che ha riconosciuto il neonato o coniuge della donna adottante o affidataria preadottiva (punto 3.5), in caso di decesso, rispettivamente, della madre o della donna che ha avuto il minore in adozione o in affidamento preadottivo purché sussistano congiuntamente altre condizioni al momento della domanda quali:

  • regolare soggiorno e residenza in Italia del padre o coniuge della deceduta;
  • il minore si trovi presso la sua famiglia anagrafica;
  • il minore sia soggetto alla sua potestà;
  • il minore non sia in affidamento presso terzi;
  • la donna deceduta non abbia a suo tempo già usufruito dell’assegno.

In questo caso con la presenza del tragico evento, i requisiti dei 3 mesi di contributi tra i 18 e i 9 mesi precedenti o che abbia perso il diritto, da non più di 9 mesi, a prestazioni previdenziali o assistenziali non sono richiesti in quanto il diritto all’assegno deriva dalla madre o donna deceduta.

Qualora il padre possa far valere tali requisiti, può percepire l’assegno anche a proprio titolo, presentando una domanda autonoma alla stessa sede Inps dove la donna aveva presentato la domanda o alla sede dell’ultima residenza della donna nel caso in cui la donna deceduta non avesse presentato la domanda.

Misura dell’assegno di maternità dello stato

Come già detto, l’assegno spetta in misura intera se non è stato corrisposto alcun altro trattamento economico di maternità, oppure in misura ridotta (per quota differenziale) se l’importo del trattamento economico (previdenziale e non) di maternità è inferiore a quello dell’assegno.

Parto plurimo. Una delle ipotesi in cui può verificarsi il pagamento dell’assegno di maternità dello stato per la quota differenziale è l’ipotesi di parto plurimo, situazione in cui il trattamento economico di maternità potrebbe essere inferiore in quanto, a differenza dell’assegno, non tiene conto del numero di gemelli, di adottati o affidati contemporaneamente.

Maternità non richiesta. Si potrebbe verificare, peraltro, che all’atto della concessione dell’assegno (intero) non risulti richiesto o erogato per lo stesso evento nessun altro trattamento economico di maternità, ma che ciò risulti in un momento successivo. In tal caso, l’assegno dovrà essere recuperato, ovviamente con provvedimento debitamente motivato, per l’importo intero se l’indennità e/o retribuzione è superiore, ovvero per la sola somma eccedente la quota differenziale se l’indennità e/o retribuzione è inferiore.

L’importo dell'assegno erogato dall'Inps a carico dello Stato è stabilito dall’Inps ogni anno e la comunicazione avviene tramite circolare. L’assegno di maternità dello stato (misura intera) degli ultimi anni è pari a:

  • 1.549,37 euro per l'anno 2001;
  • 1.632,58 euro per l'anno 2002;
  • 1.671,76 euro per l'anno 2003;
  • 1.713,55 euro per l'anno 2004;
  • 1.747,82 euro per l'anno 2005;
  • 1.777,53 euro per l'anno 2006;
  • 1.813,08 euro per l'anno 2007;
  • 1.843,90 euro per l'anno 2008;
  • 1.902,90 euro per l'anno 2009;
  • 1.916,22 euro per l'anno 2010;
  • 1.946,88 euro per l’anno 2011;
  • 1.999,45 euro per l’anno 2012. 

L’importo dell’assegno in misura intera e l’importo della quota differenziale sono determinati con riferimento alla data del parto o dell’ingresso del minore nella famiglia anagrafica del richiedente e, come si può evincere dagli aumenti annuali degli importi, sono rivalutati al 1° gennaio di ogni anno sulla base della variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, calcolato dall’ISTAT.

Calcolo della quota differenziale. In tutti i casi, compresi quelli in cui ne può beneficiare il padre o affidatario o adottante anche non coniugato, la quota differenziale è determinata sottraendo dall’importo intero dell’assegno moltiplicato per il numero dei figli nati o in affidamento o adozione, il trattamento retributivo o previdenziale di maternità (indennità + trattamento retributivo integrativo dell’indennità) erogato per il periodo di astensione obbligatoria (precedente e posteriore al parto, inclusi gli eventuali periodi di prolungamento dell’interdizione anticipata e/o prorogata disposti dalla Direzione provinciale del lavoro), ovvero l’importo del trattamento previdenziale e/o retributivo erogato per adozione o affidamento.

Quota differenziale per l’assegno erogato al padre. Quando la quota differenziale spetta al coniuge della donna affidataria o adottante deceduta si ha riguardo sia al trattamento di maternità spettante o percepito dalla donna, sia a quello eventualmente percepito (ovviamente in parte) anche dall’uomo richiedente a seguito del decesso della donna. In altri termini dall’importo dell’assegno intero si sottrae la somma dei due trattamenti di maternità. Lo stesso criterio si applica alle adozioni pronunciate nei confronti di più adottanti.

Cumulabilità dell’assegno di maternità dello stato e del comune. L’assegno di maternità dello Stato non è cumulabile con l’assegno concesso dai Comuni ed erogato sempre dall’Inps. Qualora quest’ultimo risulti essere già stato concesso o erogato, l’assegno di maternità dello Stato potrà essere concesso limitatamente alla quota differenziale, sempre che sussistano i necessari requisiti contributivi e lavorativi.

Dalla quota differenziale quindi si detrae anche l’assegno di maternità del Comune. Per questo motivo è di fatto inutile presentare domanda al Comune per l’assegno di sua pertinenza quando si è acquisita certezza circa il diritto all’assegno di pertinenza dell’INPS. Al contrario, la domanda di assegno respinta dall’INPS per mancanza dei requisiti, sarà trasmessa d’ufficio al Comune competente che la considererà quale richiesta di assegno di maternità del Comune, con data di presentazione uguale a quella della domanda inoltrata all’Inps.

L’assegno di maternità dello Stato è cumulabile, invece, con analoghe provvidenze di maternità erogate dalle regioni e dagli enti locali e non costituisce reddito ai fini fiscali e previdenziali.

Domanda e modalità di pagamento

L’indennità di maternità dello stato viene pagata direttamente dall’Inps entro 120 giorni dalla data di presentazione della domanda, corredata della necessaria documentazione. Il termine è sospeso in caso di documentazione insufficiente o inidonea.

Le sedi dell’Inps accertano preliminarmente che per lo stesso evento non sia già stato richiesto, concesso o erogato l’assegno dello Stato o altro trattamento economico come l’indennità di maternità. In caso di assegno indebitamente erogato provvederanno alla revoca del beneficio ed al recupero della corrispondente somma.

La domanda respinta e l’assegno erogato dal Comune. Nel caso in cui la domanda venga respinta dalla sede Inps per mancanza dei requisiti previsti, la stessa sede provvederà a trasmetterla d’ufficio al Comune di residenza del richiedente perché il Comune prenda a riferimento la relativa data di presentazione come richiesta per l’erogazione dell’assegno di maternità del Comune.

Domanda da presentare. La domanda per la concessione dell’assegno di maternità dello stato va formulata sull’apposito modulo di domanda (reperibile sul sito dell’Inps), da presentare alla sede di appartenenza (di domicilio se diverso dalla residenza), nel termine perentorio di 6 mesi, Diversamente, il diritto all’assegno si perde. Può essere utilizzato il modello disponibile nelle Sedi dell’Inps oppure sul sito internet dell’ente previdenziale. La domanda può essere spedita per posta (raccomandata con ricevuta di ritorno) o tramite un ente di patronato che offre assistenza gratuita, allegando la fotocopia del documento di identità.

Decorrenza del termine perentorio di 6 mesi. Vista la possibilità di perdita dell’assegno se la domanda è presentata fuori dai termini, assume particolare importanza la data dalla quale parte la decorrenza dei sei mesi. Essa dipende dai vari casi. Aa seconda del soggetto richiedente, decorrono i termini come di seguito indicato:

  • per  la madre legittima o naturale che ha riconosciuto il figlio: dalla data di nascita del bambino;
  • per la donna che  ha avuto un minore in affidamento preadottivo o in adozione senza affidamento: dalla data di ingresso del minore nella sua famiglia anagrafica;
  • per l’adottante non coniugato: dalla data di ingresso del minore nella sua famiglia anagrafica;
  • per il padre che si trova nelle condizioni di affidamento esclusivo o di decesso della madre, per l’affidatario preadottivo e per l’adottante che si trovano, rispettivamente, nelle condizioni relative all’affidamento preadottivo  o di adozione senza affidamento, per il coniuge della donna adottante o affidataria che ha riconosciuto il bambino, per l’affidatario o affidataria non preadottivo/a: dalla scadenza del termine concesso alla madre o alla donna adottante o affidataria.

La documentazione da presentare in allegato alla domanda è la seguente, caso per caso:

  • Documentazione o autocertificazione attestanti i requisiti generali (residenza, cittadinanza, e così via) necessari per ottenere l’assegno.
  • Cittadini non comunitari: carta di soggiorno o permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.
  • Figlio biologico: certificato di nascita del bambino o autocertificazione.
  • Padre biologico o affidatario: in caso di morte della madre o della donna adottante/affidataria è necessario presentare il certificato di morte della donna o autocerficazione;
  • abbandono del figlio da parte della madre: autocertificazione.
  • Adozioni o affidamenti nazionali: copia del provvedimento di adozione o affidamento e copia del documento dell’autorità competente da cui risulti la data di effettivo ingresso del minore in famiglia.
  • Adozioni o affidamenti preadottivi internazionali: copia dell’autorizzazione all’ingresso in Italia del minore rilasciata dalla Commissione per le Adozioni Internazionali (CAI). In caso di provvedimento straniero di adozione, copia del decreto di trascrizione nel registro di stato civile emesso dal Tribunale dei minori o autocertificazione. Inoltre è necessario allegare la copia del certificato dell’Ente autorizzato da cui risulti la data di effettivo ingresso del minore in famiglia.
  • Affidamenti non preadottivi: copia del provvedimento dell’autorità competente da cui risulta la data di effettivo ingresso del minore in famiglia.

Modalità di pagamento. L’interessata deve indicare sulla domanda una delle seguenti modalità: bonifico bancario o postale oppure allo sportello di un qualsiasi Ufficio Postale del territorio nazionale localizzato per CAP, previo accertamento dell’identità del percettore che avviene tramite un documento di riconoscimento, il codice fiscale e la consegna dell’ originale della lettera di avviso della disponibilità del pagamento trasmessa all’interessato via Postel in Posta Prioritaria. Nel caso di accredito in c/c bancario o postale devono essere indicate le coordinate bancarie o postali (IBAN).

15 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views