Il contratto a tutele crescenti lanciato dal Governo con il Jobs Act
Con l’approvazione del Jobs Act è stata data delega al Governo di emanare una serie di decreti in materia di contratti di lavoro. E’ stato previsto il lancio del nuovo contratto a tutele crescenti, nel tentativo di rafforzare il contratto a tempo indeterminato come forma comune e più conveniente per i datori di lavoro. I diritti dei lavoratori crescono in base all’anzianità di servizio maturata, in termini di tutela contro il licenziamento. Gli interventi del Governo riguarderanno anche le mansioni dei lavoratori nonché gli indennizzi economici in caso di perdita del posto di lavoro.
Il Governo si è posto l’obiettivo di “rafforzare le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro da parte di coloro che sono in cerca di occupazione, nonché di riordinare i contratti di lavoro vigenti per renderli maggiormente coerenti con le attuali esigenze del contesto occupazionale e produttivo e di rendere più efficiente l'attività ispettiva”. Per ottenere tali obiettivi con il Jobs Act il Governo è stato delegato ad adottare dei decreti legislativi.
Il primo obiettivo di Governo sarà quello di “valutare l’effettiva coerenza con il tessuto occupazionale e con il contesto produttivo nazionale e internazionale delle forme contrattuali ora esistenti (contratto a tempo determinato, contratti a progetto, ecc.)”. E l’obiettivo dichiarato è semplificare gli stessi, modificarli oppure superarli, come nel caso delle collaborazioni coordinate e continuate e/o contratto a progetto. Si tratta di un ampia delega ad intervenire sui contratti di lavoro.
E in tal senso il Jobs Act fornisce un indicazione importante: il Governo promuove, in coerenza con le indicazioni europee, “il contratto a tempo indeterminato come forma comune di contratto di lavoro rendendolo più conveniente rispetto agli altri tipi di contratto in termini di oneri diretti e indiretti”.
Si tratta di una conferma e sostanziale richiamo a quanto già previsto dall’art. 1 del D. Lgs. 368 del 2001 che già prevede che “il contratto di lavoro a tempo indeterminato costituisce la forma comune del rapporto di lavoro”.
Ma in maniera concreta è da sottolineare l’intenzione di Governo di rendere più conveniente l’assunzione con contratto a tempo indeterminato. Ciò significa che se il Governo attua quanto previsto dal Jobs Act, sarà reso conveniente in termini di costo del lavoro e di contributi previdenziali da versare, per il datore di lavoro, assumere i lavoratori con contratto a tempo indeterminato rispetto alle altre tipologie contrattuali. Ad oggi invece una delle forme più convenienti è il contratto a progetto ad esempio, ma il Governo, come si legge nel Jobs Act, punta a superarlo. Veniamo ora al contratto a tutele crescenti.
Contratto a tutele crescenti per le nuove assunzioni. Nel Jobs Act c’è testualmente la:
- previsione, per le nuove assunzioni, del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all'anzianità di servizio;
- escludendo per i licenziamenti economici la possibilità della reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro,
- prevedendo un indennizzo economico certo e crescente con l'anzianità di servizio,
- e limitando il diritto alla reintegrazione ai licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato, nonché prevedendo termini certi per l'impugnazione del licenziamento.
A breve sarà pubblicato il Decreto che introdurrà il contratto a tutele crescenti. Il Jobs Act lega le tutele all’anzianità di servizio, quindi al crescere degli anni di contratto del lavoratore, crescerà la tutela ad esso garantita. Le tutele crescenti riguarderanno l’indennizzo economico spettante al lavoratore. E’ da escludere che con il passare degli anni di lavoro presso lo stesso datore di lavoro il lavoratore poi abbia diritto alla reintegrazione in caso di licenziamento. Del resto il Jobs Act ha modificato in tal senso l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, prevedendo una sostanziale estensione della tutela obbligatoria a discapito della tutela reale.
Tutele crescenti significa crescita anno dopo anno dell’indennizzo economico spettante al lavoratore in caso di licenziamento illegittimo dichiarato dal Giudice a seguito di contenzioso e, ovviamente impugnazione del licenziamento da parte del lavoratore.
Si parla di un indennizzo che crescerà da 2 mesi di risarcimento per un anno di anzianità di servizio, per 2 mensilità per ogni anno successivo. Ciò significa che dopo 3 anni di lavoro, il lavoratore licenziato illegittimamente potrà ottenere 6 mensilità di indennizzo economico. Nel testo del Decreto è previsto un minimo di 4 mensilità ed un massimo di 24 mensilità.
Viene definito un contratto a tutele crescenti ma è decrescente rispetto al passato. Va ricordato in tal senso quanto previsto dalla legge n. 604 del 1966 che prevede in caso di licenziamento disciplinare ed economico ingiustificato “una indennità di importo compreso fra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto”. E c’è la possibilità di ottenere “fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore a dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se il dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindi prestatori di lavoro”.
Va ulteriormente ricordato che la legge 92 del 2012 ha previsto per il licenziamento disciplinare ed economico ingiustificato “una indennità risarcitoria omnicomprensiva determinata tra un minimo di dodici ed un massimo di ventiquattro mensilità” e per il licenziamento inefficace a seguito della violazione del requisito della motivazione, l’indennità risarcitoria scende “tra un minimo di sei e un massimo di dodici mensilità”.
E’ evidente che il contratto a tutele crescenti, se sarà prevista una crescita di 1,5 mensilità per ogni anno di servizio oltre il primo, comporta che per avere le stesse mensilità di risarcimento appena descritte, dovranno essere passati molti anni di lavoro con contratto a tempo indeterminato.
Tra le ulteriori novità, è prevista anche una revisione della disciplina delle mansioni, in caso di processi di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale individuati sulla base di parametri oggettivi, contemperando l'interesse dell'impresa all'utile impiego del personale con l'interesse del lavoratore alla tutela del posto di lavoro, della professionalità e delle condizioni di vita ed economiche, prevedendo limiti alla modifica dell'inquadramento. La contrattazione collettiva, anche aziendale ovvero di secondo livello, potrà individuare ulteriori ipotesi in questo senso.
Infine sarà revisionata la disciplina dei controlli a distanza sugli impianti e sugli strumenti di lavoro, tenendo conto dell'evoluzione tecnologica e contemperando le esigenze produttive ed organizzative dell'impresa con la tutela della dignità e della riservatezza del lavoratore.
Tra le intenzioni di Governo, oltre agli interventi sui contratti di lavoro sopra descritti anche il lancio del compenso orario minimo ai lavoratori. Per maggiori informazioni vediamo il salario minimo previsto dal Jobs Act.
In materia di contratti di lavoro c’è da segnalare che nella delega al Governo contenuta nel Jobs Act c’è anche la possibilità di estendere il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio per le attività lavorative discontinue e occasionali nei diversi settori produttivi, fatta salva la piena tracciabilità dei buoni lavoro acquistati.