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Il contributo di solidarietà sulle pensioni d’oro è illegittimo: via ai rimborsi

Il contributo di perequazione sulle pensioni oltre i 90.000 euro lordi, nella misura del 5% fino a 150.000 euro, 10% fino a 200.000 e del 15% oltre, è stato dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale. Viola il principio di eguaglianza dell’art. 53 della Costituzione, i criteri di progressività, ed è discriminatorio. Ora c’è il diritto alla restituzione del prelievo adottato dal 1 gennaio 2012.
A cura di Antonio Barbato
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contributo di perequazione sulle pensioni oltre 90.000 euro

Chi ha una pensione alta deve contribuire in maniera maggiore. Detta così sembra una dicitura in linea con i principi costituzionali dell’art. 53 che recita “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”. Ma il contributo di solidarietà sulle pensioni d’oro, previsto dal Decreto Legge n. 98 del 2011, è andato oltre i principi costituzionali: la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità del contributo di perequazione, c’è il diritto alla restituzione del prelievo, in favore di tutti i cittadini che hanno una pensione superiore a 90.000 euro lordi annui.

Con la sentenza n. 116 del 5 giugno 2013, la Corte Costituzionale ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’articolo 18, comma 22-bis, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, come modificato dall’articolo 24, comma 31-bis, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214”.

Si tratta del prelievo operato sulle pensioni di importo superiore a 90.000 euro lordi annui. Il contributo di perequazione è stato applicato nella misura del 5% sulla parte eccedente i 90.000 euro e fino a 150.000 euro, poi nella misura del 10% per la parte eccedente i 150.000 euro, ed infine nella misura del 15% sulla parte eccedente i 200.000 euro di trattamento pensionistico lordo annuo. Si tratta di un bel prelievo, che ha agito solo sui pensionati con reddito alto dal 1 gennaio 2012 (e fino al 31 dicembre 2017). Per maggiori informazioni vediamo il contributo di perequazione sulle pensioni. 

A porre la questione, giunta innanzi alla Corte Costituzionale è stato un magistrato Presidente della Corte dei conti in quiescenza dal 21 dicembre 2007, titolare di pensione diretta di importo superiore a euro 90.000,00 annui, il quale ha chiesto il riconoscimento del proprio diritto di percepire il trattamento pensionistico ordinario, privo delle decurtazioni introdotte dall’art. 18, comma 22-bis, del d.l. 6 luglio n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, nonché la condanna dell’Amministrazione ai conseguenti pagamenti. La Corte Costituzionale gli ha dato ragione. Vediamo ora le motivazioni. 

La violazione del principio di eguaglianza dell’art. 53 della Costituzione.  Il contributo in questione sarebbe stato adottato in violazione del principio di eguaglianza in relazione alla capacità contributiva, perché imposto nei confronti dei soli magistrati in pensione, categoria “colpita in misura maggiore rispetto ai titolari di altri redditi e, più specificamente, di redditi da lavoro dipendente”, come conseguenza indotta dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’analogo prelievo dichiarato illegittimo dalla sentenza n. 223 del 2012. La sentenza che ha reintrodotto il TFS per i dipendenti pubblici.

Continua la Consulta: “Quindi trattasi di un intervento impositivo irragionevole e discriminatorio ai danni di una sola categoria di cittadini. L’intervento riguarda, infatti, i soli pensionati, senza garantire il rispetto dei principi fondamentali di uguaglianza a parità di reddito, attraverso una irragionevole limitazione della platea dei soggetti passivi, divenuta peraltro ancora più evidente, in conseguenza della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’analogo prelievo di cui al comma 2 dell’art. 9 del d.l. n. 78 del 2010 (sentenza n. 223 del 2012)”.

Era una disparità tra cittadini, non solo tra pensionati e lavoratori. Così correttamente individuato il rapporto di comparazione fra soggetti titolari di trattamenti pensionistici erogati da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie e tutti gli altri titolari di redditi, anche e non solo da lavoro dipendente, come reso palese nelle ordinanze nn. 54 e 55 del 2013, la questione, come con la pronuncia n. 223 del 2012, va scrutinata in riferimento al contrasto con il principio della “universalità della imposizione” ed alla irragionevolezza della sua deroga, avendo riguardo, quindi, non tanto alla disparità di trattamento fra dipendenti o fra dipendenti e pensionati o fra pensionati e lavoratori autonomi od imprenditori, quanto piuttosto a quella fra cittadini.

Violato l’art. 53 della Costituzione. Va infatti, al riguardo, precisato che i redditi derivanti dai trattamenti pensionistici non hanno, per questa loro origine, una natura diversa e minoris generis rispetto agli altri redditi presi a riferimento, ai fini dell’osservanza dell’art. 53 Cost., il quale non consente trattamenti in pejus di determinate categorie di redditi da lavoro.

A fronte di un analogo fondamento impositivo, dettato dalla necessità di reperire risorse per la stabilizzazione finanziaria, il legislatore ha scelto di trattare diversamente i redditi dei titolari di trattamenti pensionistici: il contributo di solidarietà si applica su soglie inferiori e con aliquote superiori, mentre per tutti gli altri cittadini la misura è ai redditi oltre 300.000 euro lordi annui, con un’aliquota del 3 per cento, salva in questo caso la deducibilità dal reddito.

La tassazione non deve essere uniforme, ma la capacità contributiva rispetta i criteri di progressività ed il principio di eguaglianza. La Consulta ha ricordato chela Costituzione non impone affatto una tassazione fiscale uniforme, con criteri assolutamente identici e proporzionali per tutte le tipologie di imposizione tributaria; ma esige invece un indefettibile raccordo con la capacità contributiva, in un quadro di sistema informato a criteri di progressività, come svolgimento ulteriore, nello specifico campo tributario, del principio di eguaglianza, collegato al compito di rimozione degli ostacoli economico-sociali esistenti di fatto alla libertà ed eguaglianza dei cittadini-persone umane, in spirito di solidarietà politica, economica e sociale (artt. 2 e 3 della Costituzione)”. Sentenza n. 341 del 2000. 

Restituzione del contributo trattenuto nel 2013. L’Inps con un messaggio dell’11 luglio 2013 ha disposto la restituzione del contributo di perequazione, per tutte le gestioni (Inps, ex Inpdap, ex Enpals) nelle rate di pensione di luglio e agosto 2013. Rinviata la restituzione per gli anni 2011 e 2012. Per maggiori informazioni vediamo quando sarà restituito il contributo di solidarietà.

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