L’Aspi diventa Naspi: alle porte una rivoluzione
Uno dei decreti del Jobs Act del Governo Renzi contiene la riforma della disciplina degli ammortizzatori sociali. In un solo colpo (decreto) è stata introdotta la nuova Aspi, chiamata appunto Naspi, l’indennità DIS-COLL per i collaboratori coordinati e continuativi o a progetto, e un assegno di disoccupazione che spetta ai lavoratori rimasti disoccupati dopo aver percepito la Naspi.
La Nuova Assicurazione sociale per l’impiego (Naspi) è quindi la nuova indennità di disoccupazione, e accorpa in una unica prestazione sia la vecchia indennità con requisiti ordinari che quella con i ridotti. La Naspi quindi accorpa sia l’Aspi che la Mini Aspi.
Pertanto dopo la Riforma Fornero del 2012, un’altra rivoluzione sulla maggiore prestazione a sostegno del reddito arriva con il Jobs Act. La nuova prestazione Naspi sarà erogata dall’Inps a partire dagli eventi di disoccupazione verificatisi dal 1 maggio 2015 (fino al 30 aprile è infatti ancora in vigore l’Aspi 2015), e sono significative le modifiche normative soprattutto in termini di durata della prestazione, ma anche di requisiti e importi.
Vediamo perché si tratta di una rivoluzione e si trascina con sé non pochi dubbi che l’Inps deve risolvere in proprie circolari o messaggi, onde evitare forti proteste dei lavoratori rimasti disoccupati nell’anno 2015, ma anche negli anni precedenti.
Come cambiano i requisiti
Partiamo dai requisiti che deve possedere il lavoratore: I requisiti per avere diritto all’Aspi (in vigore fino al 30 aprile 2015) erano rimasti sostanzialmente gli stessi della vecchia indennità di disoccupazione con requisiti ordinari e cioè uno stato di disoccupazione involontaria certificato dal Centro per l’Impiego, due anni di anzianità assicurativa, e almeno 52 settimane di contributi nei due anni precedenti, oltre ad un contributo settimanale ancora precedente. Questo per l’Aspi.
In termini di Mini-Aspi, ex indennità con requisiti ridotti, era necessario il possesso di almeno 13 settimane di contribuzione negli ultimi 12 mesi. E anche tale prestazione è in vigore fino al 30 aprile 2015.
Con l’introduzione della Naspi a partire da maggio 2015, cambiano in maniera importante i requisiti. Oltre allo stato di disoccupazione involontaria, è necessario avere i seguenti requisiti:
- almeno 13 settimane di contribuzione negli ultimi 4 anni;
- e almeno 30 giornate di lavoro effettivo o equivalenti, a prescindere dal minimale contributivo, nei 12 mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione.
Appare evidente che i requisiti della Naspi accorpano i vecchi requisiti sia di Mini Aspi che Aspi, ossia bastano 13 settimane di contributi per avere la Naspi (come la vecchia Mini Aspi). Dall’altro lato, il periodo da considerare non è più l’ultimo anno (Mini Aspi) o biennio (Aspi) ma gli ultimi 4 anni.
Il perché del raddoppio degli anni considerati per il diritto alla prestazione è nella principale differenza tra Aspi e Naspi, ossia la durata della prestazione. E qui alle porte c’è una rivoluzione.
La durata della Naspi rispetto all’Aspi: notevoli cambiamenti
L’Aspi e la Mini Aspi ereditavano la durata dell’ex indennità di disoccupazione ordinaria e con requisiti ridotti. Fino al 2014, infatti, i lavoratori con meno di 50 anni, in presenza dei requisiti per l’Aspi, percepivano 8 mensilità di prestazione, mentre i lavoratori con età da 50 a 55 anni percepivano 12 mensilità. I lavoratori oltre i 55 anni percepivano 14 mensilità.
Durata Aspi dal 2015: da 12 a 16 mensilità percepite. Dal 2015, per effetto del periodo transitorio previsto dalla stessa Legge Fornero nel 2014, e che doveva concludersi dal 2016, prima che a cambiare tutto fosse la Naspi dal prossimo maggio, i mesi in pagamento aumentano di due mensilità. Quindi spettano 10 mensilità (non più 8) ai lavoratori che vanno in Aspi da gennaio ad aprile 2015 con un’età non superiore a 50 anni, mentre spettano sempre 12 mensilità ai lavoratori con età tra 50 e 55 anni. Aumentano a 16 le mensilità per i lavoratori oltre i 55 anni che vanno in Aspi da gennaio ad aprile 2015.
Durata della Naspi: fino a 24 mensilità percepite. Come preannunciato, con l’arrivo della Naspi cambia tutto in termini di durata, di mensilità percepite. Viene infatti introdotto una sorta di “sistema contributivo” di stampo pensionistico anche per quella che è l’indennità di disoccupazione di nuova generazione.
La durata della Naspi non è infatti prestabilita ma dipende dalla singola storia contributiva del lavoratore: “La Naspi è corrisposta mensilmente, per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni”, così recita l’art. 5 del Decreto attuativo.
Questo apre ad una vero e propria stravolgimento concettuale sulle prestazioni a sostegno del reddito in caso di disoccupazione involontaria. Le mensilità di cui ha diritto il lavoratore dipendono dalla sua stessa “capacità di contribuzione” accumulata negli ultimi 4 anni. E con questa novità, l’Istituto lega la prestazione erogata alla quantità di contribuzione percepita.
Esempi: Il lavoratore rimasto disoccupato, infatti, se ha lavorato nei 4 anni precedenti, potrà avere la Naspi per addirittura 24 mesi.
Se il lavoratore disoccupato nei 4 anni precedenti ha lavorato per 3 anni, avrà la Naspi per 1 anno e mezzo, ossia 18 mesi, 18 mensilità percepite.
Se ha lavorato 52 settimane nel biennio, avrà 26 settimane ossia solo 6 mesi di prestazione. Più settimane di contribuzione hai, più settimane di Aspi avrai, insomma.
Lo stesso articolo 5 introduce tra l’altro un limite a partire dal 2017, ossia che “per gli eventi di disoccupazione verificatisi dal 1 gennaio 2017 la durata della prestazione è in ogni caso limitata a un massimo di 78 settimane”, che sarebbero 1 anno e mezzo o 18 mensilità. Questo sarà il tetto massimo erogato dall’Inps.
Prima di parlare di importi mensili, balza a questo punto ai nostri occhi l’importante differenza di durata della prestazione tra Aspi e Naspi per i lavoratori che hanno 4 o più anni di lavoro effettuato prima di perdere il posto di lavoro. Si pensi a coloro che perdono il posto di lavoro dopo 10 o 20 anni.
Se rientrano in Aspi tra il 2014 e il 30 aprile 2015, percepiscono 8 o 10 mesi o 12 o 16 (dipende dall’età), se rientrano in Naspi, dopo maggio 2015, ben 24 mesi di prestazione (la metà dei 48 mesi di contributi versati).
Dall’altro lato, un lavoratore con 52 settimane lavorate nel biennio, in Aspi percepirebbe 10 mesi o 12 o 16 mensilità, mentre in Naspi deve accontentarsi di 6 mensilità, ossia 26 settimane.
Ciò è immediatamente balzato agli occhi attenti degli interpreti della legge ma ben presto sarà concretamente oggetto di proteste dei lavoratori (quelli ancora in Aspi), i quali si troveranno con un diverso trattamento evidente rispetto agli altri lavoratori (quelli in Naspi).
Le domande che si ci pone, che necessitano di chiarimenti da parte dell’Inps, riguardano appunto come verrà gestito il passaggio da Aspi e Naspi, soprattutto in termini di durata della prestazione ed eventuale introduzione di un periodo transitorio.
Si pensi al caso limite dei lavoratori che vanno in Aspi ad aprile 2015, avendo perso il posto di lavoro in quel mese, con 10 mensilità rispetto a quelli in Naspi, un mese dopo, a maggio 2015, che, a parità di requisiti, percepiscono 24 mensilità di prestazione. Sicuramente una situazione limite come questa potrebbe scatenare una reazione dei lavoratori e dell’opinione pubblica in merito.
L’art. 5 si conclude con una norma importante: “Ai fini del calcolo della durata non sono computati i periodi contributivi che hanno già dato luogo ad erogazione della prestazione di disoccupazione”. Quindi andrà chiarito dall’Istituto se i lavoratori che hanno già percepito l’Aspi (es. di 10 mesi) con requisiti su due anni, potranno poi percepire la Naspi residua, tenuto conto che quest’ultima ha requisiti riferiti agli ultimi 4 anni.
La Naspi in vigore dal 1 maggio: ma per chi?
Così come andranno sciolti i dubbi riguardo la data di entrata in vigore effettiva della Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’impiego (NASpI): la norma infatti dice che la Naspi sostituisce Aspi e Mini Aspi con riferimento agli “eventi di disoccupazione verificatisi dal 1 maggio 2015”, testuali parole del Decreto attuativo del Jobs Act in materia di ammortizzatori sociali. L’interpretazione della locuzione “eventi di disoccupazione verificatisi dal 1 maggio 2015” è importante per chiarire da quale data va applicata la normativa della Naspi rispetto a quella dell’Aspi.
Dal tenore della norma potrebbe interpretarsi come la data in cui il lavoratore riacquisisce lo status di disoccupato. Se l’interpretazione fosse questa, considerato che la stessa norma della Naspi consente al lavoratore di presentare la domanda entro 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro, così come avveniva per l’ex indennità di disoccupazione e successivamente per l’Aspi, allora potrebbero rientrare in Naspi tutti quei lavoratori che dichiarano al Centro per l’Impiego la propria disponibilità al lavoro dal 1 maggio in poi, anche se la cessazione del rapporto di lavoro è avvenuta fino a 68 giorni prima, quindi teoricamente anche a marzo e aprile 2015.
Se per “eventi di disoccupazione verificatisi dal 1 maggio 2015” si intende le cessazioni dei rapporti di lavoro a partire da quella data, allora in Naspi potranno confluire solo i lavoratori rimasti senza contratto di lavoro dal 1 maggio 2015 in poi.
Calcolo dell’indennità mensile: ecco le modifiche per la Naspi
Passiamo al quantum economico: il calcolo dell’importo spettante. Le modalità di calcolo sono le stesse, ma cambia il periodo di riferimento. Per l’Aspi la retribuzione di riferimento è pari alla somma degli imponibili previdenziali degli ultimi 2 anni (retribuzione esposta nell’uniemens inviato all’Inps dal datore di lavoro), divisa per le settimane coperte da contribuzione e moltiplicata per 4,33. Per la Naspi il calcolo è lo stesso ma sulla retribuzione imponibile previdenziale relativa agli ultimi 4 anni. In tutti i casi c’è limite massimo di prestazione che è di 1.195 euro mensili in caso di Aspi, mentre per la Naspi nel 2015 l’importo massimo spettante è pari a 1.300 euro mensili.
Sia per Aspi che per Naspi, nel caso in cui la retribuzione mensile sia superiore a 1.195 euro nel 2015, l’indennità spettante sarà pari al 75% del predetto importo incrementata di una somma pari al 25% del differenziale tra la retribuzione mensile e il predetto importo (ossia la parte che va oltre i 1.195 euro). Per maggiori informazioni vediamo Aspi e Mini Aspi importo mensile massimo 2015.
Importanti cambiamenti nella normativa Naspi ci sono anche riguardo alla riduzione dell’importo spettante dopo alcuni mesi di prestazione. I percettori dell’Aspi vedono ridursi l’importo del 15% dopo 6 mesi di prestazione, quindi a partire dal settimo mese, di un ulteriore 15% dopo 12 mesi e, infine, di un ulteriore 15% dopo 13 mesi. I percettori della Naspi vedranno ridursi l’importo della prestazione nella misura del 3% al mese dal primo giorno del quinto mese di fruizione nel 2015, mentre dal 2016 la riduzione mensile del 3% scatterà dal quarto mese di fruizione. Quindi col passare dei mesi ci sarà una progressiva diminuzione dell’importo della prestazione.
Passando a tutte le disposizione che non cambiano tra le due prestazioni, anche la Naspi spetta ai lavoratori che hanno rassegnato le dimissioni per giusta causa e nei casi di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro intervenuta nell'ambito della procedura di cui all'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 40 dell'articolo 1 della legge n. 92 del 2012.
Come fare la domanda
Le modalità di presentazione della domanda per la Naspi, così come la decorrenza sono le stesse dell’Aspi: la domanda per la Naspi va presentata telematicamente entro 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro e decorre dal giorno successivo alla data di presentazione della domanda e in ogni caso non prima dell’ottavo giorno successivo alla cessazione del rapporto di lavoro. La Naspi non spetta i dipendenti pubblichi, né agli operai agricoli. Per maggiori informazioni vediamo la Naspi 2015.
Naspi e nuova attività lavorativa
Così come avviene per l’Aspi, anche in caso di Naspi è possibile richiedere la liquidazione anticipata in unica soluzione della prestazione per aprire una nuova attività imprenditoriale o di lavoro autonomo o per associarsi in cooperativa.
Tra le condizioni da rispettare per continuare ad avere il diritto al pagamento della Naspi, come per l’Aspi, è necessario la permanenza dello stato di disoccupazione ai sensi dell’art. 1, comma 2, lettera c) del D. Lgs. n. 181 del 2000, ossia non superare i redditi esclusi da imposizione fiscale di 8.000 euro nell’anno, in caso di lavoro dipendente, e di 4.800 euro annui in caso di lavoro autonomo.
In caso di nuovo lavoro, analogamente come per l’Aspi, il percettore della Naspi, nel caso in cui prevede di non superare i limiti reddituali appena descritti, deve comunicare all’Inps il reddito prodotto ai fini della sospensione della prestazione e per evitare la decadenza del diritto. Così come per l’Aspi, la Naspi può essere sospesa in caso di nuovo rapporto di lavoro dipendente non superiore a 6 mesi. E la contribuzione versata durante il periodo di sospensione è utile ai fini dei requisiti (almeno 13 settimane di contributi negli ultimi 4 anni) e della durata della Naspi (pari alla metà delle settimane di contribuzione negli ultimi 4 anni).
Per maggiori, informazioni ecco l'approfondimento sulla Naspi e nuovo lavoro dipendente, anche part-time.
Per maggiori informazioni è possibile leggere l'articolo sulla Naspi e nuovo lavoro autonomo.
In conclusione, un cenno alla nuova prestazione introdotta dal Jobs Act denominata “Assegno di disoccupazione ASDI”: “A decorrere dal 1 maggio 2015 è istituito, in via sperimentale per l’anno 2015, l’Assegno di disoccupazione (ASDI), avente la funzione di fornire una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori percettori della Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego NASpI che abbiano fruito di questa per l’intera sua durata senza trovare occupazione e si trovino in una condizione economica di bisogno”.
Si tratta di ulteriori 6 mesi di assegno che spetteranno ai lavoratori che dopo aver percepito la Naspi (fino a 24 mensilità come abbiamo visto), non riescono a trovare lavoro e hanno una “condizione economica di bisogno”, ossia un determinato indicatore ISEE che sarà stabilita dal Ministero del Lavoro. Tra i privilegiati da questa prestazione, i lavoratori prossimi alla pensione. Anche l’ASDI sarà calcolato con un sistema simile a quello della Naspi. Pertanto, alcuni lavoratori potranno arrivare a percepire tra Naspi e Asdi fino a 30 mesi di prestazione.
Consulente del lavoro in Napoli. Esperto di diritto del lavoro e previdenza, di buste paga e vertenze di lavoro. Ama districarsi nell’area fiscale. E risolvere problemi dei lavoratori, delle imprese e dei contribuenti. Email: abarbato@fanpage.it.