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Covid 19

Mancato rispetto norme anti Covid-19: chiusura attività e sanzione fino 3.000 euro

Con la riapertura dal 18 maggio 2020, chi esercita attività economiche, produttive e sociali deve rispettare le normative anti Coronavirus Covid-19 contenute nel Decreto Legge n. 33 del 16 maggio 2020, nel D.P.C.M. 17 maggio 2020, nei protocolli nazionali anti contagio di ogni settore e nelle ordinanze regionali. Prevale l’ordinanza regionale, ma per il datore di lavoro si applicano le norme nazionali sulla salute e sicurezza su lavoro (D. Lgs. n. 81 del 2008) e il protocollo anti contagio nei luoghi di lavoro del 24 aprile 2020. In caso di violazione che non assicuri “adeguati livelli di protezione” scatta la sospensione dell’attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza. Prevista la sanzione amministrativa da 400 a 3.000 euro e la chiusura dell’attività da 5 a 30 giorni. Chi irroga la sanzione è il Prefetto per le norme nazionali o l’autorità regionale o locale che ha emesso l’ordinanza.
A cura di Antonio Barbato
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sospensione attività e sanzione amministrativa
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Chi esercita attività economiche, produttive sociali e professionali, anche in qualità di datore di lavoro, deve rispettare la normativa in materia di contrasto al Coronavirus, dai decreti legge ai DPCM, dai protocolli anti contagio alle ordinanze regionali e comunali. Deve altresì rispettare le norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro, che sono incluse nei protocolli. Ma quali sono le conseguenze del mancato rispetto delle norme anti Coronavirus Covid-19?

Le sanzioni sono varie, vanno dalla sospensione dell’attività lavorativa fino al ripristino delle condizioni di sicurezza alla chiusura dell’attività da 5 a 30 giorni, fino all’irrogazione di una sanzione amministrativa da 400 a 3.000 euro. Sanzioni che raddoppiano in caso di reiterata violazione, quindi chiusura attività fino a 60 giorni e sanzioni fino a 6.000 euro.

Il mancato rispetto delle misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da Covid-19 comporta anche conseguenze civili e penali in materia di salute e sicurezza sul lavoro, laddove venga accertato che il datore di lavoro non ha ottemperato alle prescrizioni del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, il Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro e non abbia ottemperato al protocollo anti-contagio sui luoghi di lavoro del 24 aprile 2020.

Occorre però far chiarezza su quali sono le sanzioni, chi deve irrogarle e cosa prevede la norma nei vari casi.

Normativa e misure fase 2 da rispettare dal 18 maggio 2020

Prima di parlare di sanzioni, enti che hanno titolo ad irrogare le sanzioni, è bene prima riepilogare le normative da seguire.

Con le riaperture dal 18 maggio 2020, le normative da rispettare sono:

Nel Decreto Legge n. 33 del 16 maggio 2020 sono contenute le "ulteriori misure per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da Covid-19". Questo decreto stabilisce le norme comportamentali, anche in materia di attività produttive, fino al 31 luglio 2020.

Nel decreto sono inserite ai commi 14 e 15 dell'art. 1 sia una norma per le attività economiche, produttive e sociali che la sospensione dell'attività in caso di mancato rispetto di protocolli, linee guida regionali e nazionali. All'art. 2 invece sono disciplinati sia le sanzioni che i controlli.

Il D.P.C.M. 17 maggio 2020 invece contiene le "Disposizioni attuative del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, recante misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19, e del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, recante ulteriori misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19″. Quindi è una norma attuativa del D. L. n. 33/2020.

Il D.P.C.M. 17 maggio 2020, con i propri allegati, riguardanti anche le misure religiose e le misure per la famiglia e i bambini, contiene i protocolli nazionali per:

  • spettacoli dal vivo e cinema;
  • Esercizi commerciali;
  • tutte le attività produttive (protocollo 24 aprile 2020);
  • cantieri;
  • trasporto e logistica;
  • trasporto pubblico (settore aereo, marittimo e portuale, TPL);
  • Linee guida Conferenza delle regioni per la riapertura delle attività economiche.

Le Linee guida Conferenza regioni per la riapertura delle attività economiche contengono i protocolli nazionali per i seguenti settori:

  • Ristorazione (ristoranti, trattorie, pizzerie, self-service, bar, pub, pasticcerie, gelaterie, rosticcerie, ecc.);
  • Attività turistiche (stabilimenti balneari e spiagge);
  • Strutture ricettive (alberghi, agriturismi, ecc.);
  • Servizi alla persona (parrucchieri, estetisti, barbieri, acconciatori, ecc.);
  • Commercio al dettaglio;
  • Commercio al dettaglio su aree pubbliche (mercati, fiere e mercatini degli hobbisti);
  • Uffici aperti al pubblico (uffici, pubblici e privati, degli studi professionali e dei servizi amministrativi che prevedono accesso del pubblico);
  • Piscine;
  • Palestre;
  • Manutenzione del verde;
  • Musei, archivi e biblioteche.

Queste linee guida sono quelle da rispettare nel singolo settore, avendo bene a mente che la Regione di riferimento della sede produttiva può emanare a propria volta ordinanze regionali, anche per lo specifico settore.

Disposizioni regionali, D.P.C.M., Decreti Legge: quale norma va applicata?

Il Decreto Legge n. 33 del 16 maggio 2020 ha introdotto norme e sanzioni fino al 31 luglio 2020. Per tutto il paese italiano. Ma anche demandato alle regioni la potestà legislativa.

Al comma 14 dell'art. 1 viene stabilito che "Le attività economiche, produttive e sociali devono svolgersi nel rispetto dei contenuti di protocolli o linee guida idonei a prevenire o ridurre il rischio di contagio nel settore di riferimento o in ambiti analoghi, adottati dalle regioni o dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome nel rispetto dei principi contenuti nei protocolli o nelle linee guida nazionali.

In assenza di quelli regionali trovano applicazione i protocolli o le linee guida adottati a livello nazionale. Le misure limitative delle attivita' economiche, produttive e sociali possono essere adottate, nel rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalita', con provvedimenti emanati ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge n. 19 del 2020 o del comma 16″.

Il Decreto Legge n. 33 del 16 maggio 2020 demanda al D.P.C.M. del 17 maggio 2020 (e alle disposizioni regionali) che a sua volta, per il periodo che va dal 18 maggio 2020 al 14 giugno 2020, indica le disposizioni attuative e dà forza di legge ai protocolli nazionali per ogni settore. Tutte le normative fanno riferimento alle eventuali ordinanze regionali per il settore, che quindi laddove esistenti vanno applicare nella sede produttiva ubicata nella regione.

Pertanto chi esercita attività economiche deve seguire le disposizioni regionali, che sono specifiche sia per il settore che per la realtà territoriale in cui opera la sede produttiva, ma deve comunque ottemperare alle norme nazionali, ai protocolli nazionali e alle disposizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro contenute nel Decreto Legislativo n. 81 del 2008 e, in materia di contrasto alla diffusione del Covid-19, in qualità di datore di lavoro deve ottemperare al protocollo contenente misure anti-contagio del 24 aprile 2020. 

Sospensione attività: quando scatta

Il Decreto Legge n. 33 del 16 maggio 2020 all'art. 1 comma 15 stabilisce che "Il mancato rispetto dei contenuti dei protocolli o delle linee guida, regionali, o, in assenza, nazionali, di cui al comma 14 che non assicuri adeguati livelli di protezione determina la sospensione dell'attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza".

Pertanto chi non rispetta il protocollo anti contagio del 24 aprile 2020 riguardo alla riorganizzazione delle attività per il contrasto al Covid-19, chi non rispetta le ordinanze regionali e i protocolli settoriali per contrastare la diffusione del contagio nei confronti di clienti e dipendenti, quindi chi "non assicura adeguati livelli di protezione", oltre a rischiare problematiche in materia di salute e sicurezza sul lavoro laddove non abbia ottemperato agli obblighi in materia di valutazione dei rischi, nomina medico competente, DVR, ecc., rischia di vedersi sospesa l'attività fino a quando non vengono ripristinate le condizioni di sicurezza, ossia quindi fino a quando non ottempera a tutte le disposizioni regionali e nazionali contenute nei vari protocolli di settore, protocolli anti-contagio, D.P.C.M. e Decreti Legge.

Chiusura attività da 5 a 30 giorni e sanzione da 400 a 3.000 euro: quando scattano

L'articolo 2 del Decreto Legge n. 33 del 16 maggio 2020, che ricordiamo è in vigore fino al 31 luglio 2020 e dà forza di legge ai protocolli anti-contagio e ai D.P.C.M. emanati dal Governo, stabilisce le norme nazionali sulle sanzioni e i controlli. 

Il comma 1 stabilisce che "Salvo che il fatto costituisca reato diverso da quello di cui all'articolo 650 del codice penale, le violazioni delle disposizioni del presente decreto, ovvero dei decreti e delle ordinanze emanati in attuazione del presente decreto, sono punite con la sanzione amministrativa di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19.

Nei casi in cui la violazione sia commessa nell'esercizio di un'attivita' di impresa, si applica altresi' la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell'esercizio o dell'attivita' da 5 a 30 giorni".

Tale norma stabilisce che chi controlla valuterà se vi sono reati diversi da quello previsto dall'art. 650 del codice penale, che riguarda la sanzione penale per inosservanza dei provvedimenti dell'autorità ("Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall'autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica o d'ordine pubblico o d'igiene, è punto, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l'arresto fino a tre mesi e con l'ammenda fino a 206,58 euro").

L'inosservanza del provvedimento anti Covid-19 non comporta la sanzione penale è ma la sanzione amministrativa di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19 che è "la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 400 a euro 3.000".

Accanto alla sanzione amministrativa del pagamento della somma da 400 a 3.000 euro, chi non ha rispettato le normative anti contagio (quindi Decreti Legge, DPCM, protocollo anti-contagio nei luoghi di lavoro del 24 aprile 2020, protocolli di settore in allegato al D.P.C.M. 17 maggio 2020 oppure ordinanze regionali) subisce anche la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell'esercizio o dell'attività da 5 a 30 giorni. 

Chi può effettuare i controlli

Il comma 2 dell'art. 2 del Decreto Legge n. 33/2020, in vigore fino al 31 luglio 2020, stabilisce che "Le sanzioni per le violazioni delle misure disposte da autorità statali sono irrogate dal Prefetto".

Quindi le violazioni di decreti legge, D.P.C.M., protocolli anti contagio nazionali, ivi compreso i protocolli nazionali per ogni settore produttivo.

Lo stesso comma 2 dell'art. 2 del Decreto Legge n. 33/2020 stabilisce, riguardo alle ordinanze regionali che "Le sanzioni per le violazioni delle misure disposte da autorità regionali e locali sono irrogate dalle autorità che le hanno disposte".

Chiusura attività se pericolo di prosecuzione della violazione

In merito alla sanzione della chiusura dell'attività da 5 a 30 giorni il comma 2 dell'art. 2 del D. L. n. 33/2020 stabilisce che all'atto dell'accertamento delle violazioni "ove necessario per impedire la prosecuzione o la reiterazione della violazione, l'autorità procedente può disporre la chiusura provvisoria dell'attività o dell'esercizio per una durata non superiore a 5 giorni. Il periodo di chiusura provvisoria è scomputato dalla corrispondente sanzione accessoria definitivamente irrogata, in sede di sua esecuzione.

Raddoppio sanzioni per reiterata violazione

Lo stesso articolo 2 commma 2 del Decreto Legge n. 33 del 2020 stabilisce che "In caso di reiterata violazione della medesima disposizione la sanzione amministrativa e' raddoppiata e quella accessoria e' applicata nella misura massima".

In altre parole, le sanzioni amministrative passano da 800 euro a 6.000 euro e la sanzione della chiusura dell'attività passa da 10 a 60 giorni.

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