Nell’agriturismo l’attività agricola deve essere prevalente
Una sentenza della corte di Cassazione ha stabilito il principio secondo il quale nell’agriturismo l’attività agricola deve essere prevalente sulle altre. Chi apre un agriturismo deve essere principalmente un imprenditore agricolo, ossia l’attività agricola deve essere il core business dell’azienda, quindi le attività di ricezione o di ospitalità devono essere marginali.
Con queste motivazioni la Cassazione ha respinto un ricorso contro la sentenza della Corte di appello che aveva dato ragione all’Inps nel richiedere ad un imprenditore agricolo i contributi previdenziali previsti per i commercianti.
Nel caso specifico, l’attività agricola nell’agriturismo non era prevalente. Infatti l’imprenditore acquistava un quantitativo di merce da terzi in una misura superiore ai prodotti agricoli generati dall’attività stessa dell’agriturismo. Quindi il coltivato aziendale era inferiore ai prodotti acquistati. Non solo, il lavoro svolto dall’imprenditore agricolo nell’azienda agricola era minore di quello prestato da familiari e da terze persone. A concludere il caso c’era anche il dato che il reddito dell’attività di ristorazione era maggiore di quello ricavato con il fondo. La conseguenza era che l’attività agricola nell’agriturismo aveva un incidenza bassa, anche in termini di tempo dedicato all’agricoltura rispetto a quello dedicato all’attività di ristorazione e agli ospiti della struttura.
Secondo la Cassazione tale organizzazione non è in linea con la legge 730 del 1985 e con il Decreto Legislativo n. 228 del 2001, ossia le norme di disciplina dell’agriturismo. Secondo tali normative un imprenditore agricolo può utilizzare l'azienda per fare agriturismo a patto che si tratti di un uso connesso.
L’ospitalità stagionale (pernottamento e ristorazione) sono consentite, soprattutto negli spazi aperti. La fornitura di pasti e bevande, bibite e alcolici, è consentita ma la produzione deve essere interna. Ovviamente dei prodotti agricoli, che devono essere quindi prodotti nell’agriturismo stesso.
Secondo la Cassazione sono considerate “fatti in casa” cibi e bibite prodotti e lavorati nell'azienda agricola, oltre a quelli ricavati da materie prime anche attraverso lavorazioni esterne. L'imprenditore agricolo può anche organizzare attività ricreative o culturali. Ma tale da non costituire distrazione della destinazione agricola dei fondi e degli edifici interessati, se il terreno viene utilizzato soprattutto per l'allevamento del bestiame e la coltivazione.
Quindi se l’agriturismo fa attività ricettiva, quindi accoglie ospiti con pernottamenti ma anche con la ristorazione, la maggiore fonte di reddito deve comunque provenire dall’attività agricola interna all’agriturismo.
Inutile per l’imprenditore fare riferimento a leggi regionali più favorevoli. Secondo la Cassazione, le singole leggi regionali si devono muovere all'interno della cornice fornita dalle norme statali e dal codice civile che, con l'articolo 2135, detta la nozione di imprenditore agricolo, status necessario per aprire il proprio fondo ai turisti. Se così non fosse – conclude la Suprema corte – la definizione di rapporto di connessione tra le due attività potrebbe cambiare secondo la latitudine, generando una disparità di trattamenti partendo da identici dati aziendali, riguardo ad esempio alla percentuale dei prodotti propri utilizzati o alla proporzione fra alimenti locali ed esterni.
La normativa sull’agriturismo
Vediamo ora le leggi e la normativa sull’agriturismo. Prima di tutto, il Decreto Legislativo n. 228 del 2001 ha riscritto l’art. 2135 del codice civile: "E' imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse.
Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.
Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge".
La legge nazionale 5 dicembre 1985, n. 730 contiene la disciplina dell’agriturismo. Ecco alcuni degli articoli più importanti.
L’articolo 1 disciplina le finalità dell'intervento: “L'agricoltura, in armonia con gli indirizzi di politica agricola della CEE e con il piano agricolo nazionale, con i piani agricoli regionali e con i piani di sviluppo regionali, viene sostenuta anche mediante la promozione di forme idonee di turismo nelle campagne, volte a favorire lo sviluppo ed il riequilibrio del territorio agricolo, ad agevolare la permanenza dei produttori agricoli nelle zone rurali attraverso l'integrazione dei redditi aziendali ed il miglioramento delle condizioni di vita, a meglio utilizzare il patrimonio rurale naturale ed edilizio, a favorire la conservazione e la tutela dell'ambiente, a valorizzare i prodotti tipici, a tutelare e promuovere le tradizioni e le iniziative culturali del mondo rurale, a sviluppare il turismo sociale e giovanile, a favorire i rapporti tra la città e la campagna”.
Articolo 2 – Definizione di attività agrituristiche: “Per attività agrituristiche si intendono esclusivamente le attività di ricezione ed ospitalità esercitate dagli imprenditori agricoli di cui all'art. 2135 del codice civile, singoli od associati, e da loro familiari di cui all'art. 230 bis del codice civile, attraverso l'utilizzazione della propria azienda, in rapporto di connessione e complementarità rispetto alle attività di coltivazione del fondo, silvi-coltura, allevamento del bestiame, che devono comunque rimanere principali. Lo svolgimento di attività agrituristiche, nel rispetto delle norme di cui alla presente legge, non costituisce distrazione della destinazione agricola dei fondi e degli edifici interessati.
Rientrano fra tali attività:
a) dare stagionalmente ospitalità anche in spazi aperti destinati alla sosta di campeggiatori;
b) somministrare per la consumazione sul posto pasti e bevande costituiti prevalentemente da prodotti propri ivi compresi quelli a carattere alcolico e superalcolico;
c) organizzare attività ricreative o culturali nell'ambito dell' azienda.
Sono considerati di propria produzione le bevande e i cibi prodotti e lavorati nell'azienda agricola nonché quelli ricavati da materie prime dell'azienda agricola anche attraverso lavorazioni esterne”.
Articolo 3 – Utilizzazione di locali per attività agrituristiche: “Possono essere utilizzati per attività agrituristiche i locali siti nell'abitazione dell'imprenditore agricolo ubicata nel fondo, nonché gli edifici o parte di essi esistenti nel fondo e non più necessari alla conduzione dello stesso. Le regioni, nell'ambito del programma di cui al successivo art. 10, individuano i comuni nei cui centri abitati possono essere utilizzati per attività agrituristiche gli edifici destinati a propria abitazione dall'imprenditore agricolo che svolga la propria attività in un fondo privo di fabbricati sito nel medesimo comune o in comune limitrofo. Le leggi regionali disciplinano gli interventi per il recupero del patrimonio edilizio esistente ad uso dell'imprenditore agricolo a fini dell'esercizio di attività agrituristiche. Il restauro deve essere eseguito nel rispetto delle caratteristiche tipologiche ed architettoniche degli edifici esistenti e nel rispetto delle caratteristiche ambientali delle zone interessate”.