Perché la cassa integrazione riduce la tredicesima in busta paga
Negli anni solari in cui il lavoratore è stato collocato in cassa integrazione, sia ordinaria che straordinaria, sia emergenziale che in deroga, ivi compreso l'assegno ordinario FIS, anche per emergenza da Covid-19, è possibile che l'integrazione salariale, ossia la cassa integrazione riduca la tredicesima mensilità spettante in busta paga ed erogata in occasione del Natale.
Il sistema di calcolo della tredicesima, prevista da tutti i contratti collettivi, prevede una maturazione per ratei di tredicesima, calcolati in base al numero di mesi di inquadramento del lavoratore durante l'anno solare, ossia dal 1 gennaio al 31 dicembre.
Se il lavoratore durante i mesi dell'anno è stato collocato per alcune settimane o per alcuni mesi in cassa integrazione, l'importo della tredicesima erogato in busta paga a dicembre può subire in molti casi una riduzione d'importo, ossia si verifica la circostanza la tredicesima effettiva percepita, sia lorda che netta, è di importo inferiore in caso di cassa integrazione.
Questo ha una spiegazione ed è nella normativa sulle integrazioni salariali contenuta nel Decreto Legislativo n. 148 del 2015.
Come funziona la maturazione della tredicesima
La tredicesima mensilità matura dal 1 gennaio al 31 dicembre ed il lavoratore per ogni mese lavorato matura un rateo di tredicesima. I contratti collettivi chiariscono anche come si calcolano i ratei in caso di rapporto di lavoro di durata inferiore all'anno, oppure per le frazioni di mese.
La tredicesima mensilità matura durante molte assenze da lavoro retribuite, quali le ferie, le festività, le ore di permessi retribuiti ivi compreso i ROL, i periodi di assenza per malattia, infortunio, maternità obbligatoria, paternità, i riposi giornalieri fino all'anno del bambino.
Poi vi sono assenze da lavoro per le quali non si ha diritto alla tredicesima mensilità, come l'aspettativa non retribuita, il congedo parentale (ex astensione facoltativa), lo sciopero, la malattia dei figli e poi le assenze ingiustificate o i periodi di sospensione per provvedimento disciplinare.
L'integrazione salariale (CIGO, CIGS, CIG in deroga, assegno ordinario FIS, ecc.) è sempre una assenza da lavoro giustificata al pari delle altre e dà diritto alla tredicesima mensilità, ma la normativa dell'integrazione salariale contiene un limite di importo della cassa integrazione.
E tale limite di importo comprende anche le mensilità aggiuntive, ossia sia la tredicesima che la quattordicesima.
Si tratta nello specifico della norma sui massimali CIG che "compromette" l'importo della tredicesima, vediamo perché.
Calcolo cassa integrazione secondo il D. Lgs. n. 148/2015
Per capire per quale motivo nello specifico la tredicesima si riduce per i periodi di cassa integrazione occorre leggere l'art. 3 del D. Lgs. n. 148 del 2015, che disciplina la "misura dell'integrazione salariale".
Nella sostanza disciplina come si calcolano gli importi della cassa integrazione.
La prima cosa che stabilisce all'art. 1, comma1 è che "Il trattamento di integrazione salariale ammonta all'80 per cento della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate, comprese fra le ore zero e il limite dell'orario contrattuale. Il trattamento si calcola tenendo conto dell'orario di ciascuna settimana indipendentemente dal periodo di paga".
Molti lavoratori sanno che durante i periodi di cassa integrazione non hanno percepito effettivamente l'80% della loro retribuzione, ma un importo inferiore.
Ed è lo stesso motivo per il quale c'è una riduzione dell'importo della tredicesima a dicembre.
L'impatto dei massimali CIG sulla tredicesima
La motivazione va ricercata nel comma 5 dell'art. 3 del Decreto Legislativo n. 148 del 2015, che disciplina i limiti di importo mensile, ivi compreso mensilità aggiuntive, della cassa integrazione, i cosiddetti massimali CIG:
"5. L'importo del trattamento di cui al comma 1 è soggetto alle disposizioni di cui all'articolo 26 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, e non può superare per l'anno 2021 gli importi massimi mensili seguenti, comunque rapportati alle ore di integrazione salariale autorizzate e per un massimo di dodici mensilità, comprensive dei ratei di mensilità aggiuntive:
a) euro 998,18 quando la retribuzione mensile di riferimento per il calcolo del trattamento, comprensiva dei ratei di mensilità aggiuntive, è pari o inferiore a euro 2.159,48;
b) euro 1.199,72 quando la retribuzione mensile di riferimento per il calcolo del trattamento, comprensiva dei ratei di mensilità aggiuntive, è superiore a euro 2.159,48.
Cosa significa?
Ad esempio un lavoratore con 1.500 euro lordi di stipendio, collocato in CIG a zero ore lavorate poniamo nel mese di gennaio 2021. Come si calcola l'integrazione salariale? Va prima calcolato l'80% di 1.500 euro, che è 1.200 euro. E poi va confrontata questa cifra col massimale di 998,18 euro.
Nel caso in questione, il lavoratore, per effetto dei limiti dei massimali CIG, avrà avuto diritto non all'80% della retribuzione, che sarebbero 1.200 euro lordi, ma a 998,18 euro lordi che si concretizzano in 939,89 euro netti.
La cifra lorda di 998,18 euro non è l'80% dello stipendio, ma il 66,54%. Ma le riduzioni stipendiali concrete, intese come impatto sul netto percepito, non finiscono qui.
Questa cifra di 998,18 euro lordi e 939,89 euro netti, percepita a titolo di cassa integrazione è comprensiva delle mensilità aggiuntive, pertanto comprende anche la tredicesima e la quattordicesima, che quindi per quel mese di gennaio 2021 risultano già pagate.
La conseguenza è che il datore di lavoro eroga al lavoratore (poniamo il caso che il lavoratore sia stato collocato in CIG solo a gennaio 2021), solo i ratei di tredicesima per i periodi lavorati presso l'azienda. Nel caso in questione undici ratei su dodici, gennaio escluso perché in CIG a zero ore lavorate, con tredicesima già pagata dall'Inps (direttamente o tramite anticipo datoriale).
Abbiamo appena esposto il caso del calcolo della tredicesima con CIG a zero ore lavorate.
Tredicesima e cassa integrazione: come funziona
Il calcolo della tredicesima si fa più complesso in caso di cassa integrazione ordinaria o straordinaria, anche per emergenza da Covid-19, o assegno ordinario, non a zero ore lavorate, ma con riduzione dell'orario di lavoro. E per questo motivo, spieghiamo le differenze di calcolo della tredicesima tra CIG per sospensione dell'attività lavorativa (es. intera settimana a zero ore lavorate e 40 ore in CIG) e CIG per riduzione dell'orario di lavoro (es. 20 ore lavorate e 20 ore in cassa integrazione alla settimana).
Tredicesima e CIG a zero ore lavorate
Si tratta del caso in cui il lavoratore durante l'anno per alcune settimane è stato collocato in integrazione salariale per sospensione dell'attività lavorativa, ossia i casi di CIG a zero ore, assegno ordinario a zero ore lavorate o CIG in deroga a zero ore lavorate.
Nei casi di sospensione dell'attività lavorativa, quindi di integrazione salariale con zero ore lavorate durante il mese, come abbiamo visto, il lavoratore ha diritto all'80% della retribuzione, ma entro i limiti di importo (998,18 euro e 1.199,72 euro) e tali importi sono comprensivi delle mensilità aggiuntive.
Quindi a dicembre i periodi di cassa integrazione a zero ore saranno esclusi dal datore di lavoro per il calcolo dei ratei di tredicesima e quindi dal calcolo dell'importo annuale della tredicesima mensilità.
Ad esempio, un lavoratore che è stato collocato in CIG a zero ore da febbraio a maggio, si vedrà erogata la cassa integrazione dall'Inps da febbraio a maggio, anche con anticipo del datore di lavoro, e gli importi di CIG lorda e netta sono comprensivi di tredicesima. Il datore di lavoro, a dicembre, erogherà al lavoratore in questione i ratei di gennaio e da giugno a dicembre, quindi 8 ratei su 12. Questo lavoratore, laddove abbia una retribuzione di 1.500 euro, per effetto dei massimali CIG, percepirà una integrazione salariale che è inferiore all'80% ed è comprensiva di tredicesima e quattordicesima. Quindi ha perso, di fatto, sul proprio netto percepito, 4 ratei di tredicesima perché assorbiti dal massimale CIG.
Tredicesima e CIG con riduzione orario di lavoro
La tredicesima mensilità negli altri casi di integrazione salariale, ossia quando l'orario di lavoro viene ridotto, viene calcolata in maniera differente, almeno per la quota a carico datoriale.
Nei periodi di CIG ad orario ridotto, il lavoratore matura due quote di mensilità aggiuntive, sia tredicesima che quattordicesima:
- la prima quota di tredicesima, di competenza del datore di lavoro, è rapportata alle ore effettivamente svolte ed a quelle di assenza da lavoro tutelata (si tratta dei periodi lavoro dell'anno non in cassa integrazione);
- e a quelle di assenza tutelata (malattia, infortunio, ecc.);
- la seconda quota di tredicesima riguarda le ore in cui il lavoratore è in cassa integrazione con orario ridotto e per le quali valgono le regole relative all'integrazione salariale comprensiva di quota di tredicesima e quattordicesima.
Nella sostanza, in busta paga il lavoratore in questione troverà retribuite solo le ore della prima quota di tredicesima, di competenza datoriale. Questo anche quando l'integrazione salariale è con anticipo datoriale (per conto dell'Inps).
Poniamo ad esempio il caso del lavoratore posto in cassa integrazione ad orario ridotto del 50% per 6 mesi nel 2021. Si tratta ad esempio di un lavoratore full-time a 40 ore settimanali, che da gennaio a giugno è stato collocato per 20 ore settimanali in cassa integrazione, lavorando quindi 4 ore su 8 al giorno. Questo lavoratore percepirà la cassa integrazione comprensiva della quota relativa alla tredicesima e quattordicesima (seconda quota). Il datore di lavoro a dicembre dovrà erogargli sei ratei pieni al 100% e sei ratei ridotti al 50% (prima quota).
Ponendo ad esempio che il lavoratore ha una retribuzione di 1.500 euro lordi, egli ha diritto a 1.500/12 = 125 euro lordi di tredicesima per ogni rateo pieno maturato. Quindi per i 6 mesi lavorati interamente da luglio a dicembre percepirà in busta paga 750 euro lordi, mentre per i sei mesi in cui ha lavorato con orario ridotto al 50%, percepirà la metà di 125 euro per 6 mesi ossia 375 euro. Questo lavoratore, quindi, si troverà la tredicesima in busta paga un importo della tredicesima lorda di 1.125 euro, che è la seconda quota della tredicesima. Se avesse lavorato tutto l'anno, senza cassa integrazione, avrebbe percepito 1.500 euro lordi di tredicesima.
La prima quota della tredicesima è stata erogata con la cassa integrazione, ma i massimali CIG hanno neutralizzato l'effettiva percezione della tredicesima da parte del lavoratore. Da di fatto, la differenza tra 1.500 euro e 1.125 euro, ossia 375 euro, è stata persa da parte del lavoratore, in quanto la normativa sui massimali CIG (998,18 euro comprensivi di mensilità aggiuntive) assorbe di fatto la tredicesima.
Il lavoratore, infatti, per le ore di gennaio ad esempio, avrà percepito una integrazione salariale oraria (si calcola dividendo 998,18 euro per un divisore convenzionale che a gennaio è 184) di 5,42 euro, che è compreso tredicesima e quattordicesima. Quindi il calcolo della cassa integrazione su base oraria non è l'80% della retribuzione mensile diviso il divisore del CCNL, ma è ancorata ad un massimo di 5,42 euro compreso tredicesima e quattordicesima. Quindi il lavoratore in questione, per le ore di integrazione salariale da gennaio a giugno, avrà percepito una quota oraria stipendiale ridotta a titolo di CIG, che è inferiore all'80% e comprende le mensilità aggiuntive, determinando il mancato diritto a quote retributive a titolo di tredicesima (prima quota). Ed anche a titolo di quattordicesima.
La conseguenza è che la cassa integrazione, per i lavoratori che superano per i quali l'80% della retribuzione lorda supera i massimali CIG (998,18 euro), riduce di fatto l'importo della tredicesima e della quattordicesima per i periodi di integrazione salariale e quindi ogni mese intero di cassa integrazione è un rateo di mensilità aggiuntiva sostanzialmente spettante ma non retribuito, perché già compreso nell'integrazione salariale.
Esistono, però, lavoratori in cassa integrazione che non perdono, per un gioco di massimali CIG, la tredicesima.
Tredicesima ridotta per CIG dei lavoratori con stipendio lordo oltre 1.068 euro
La tredicesima, facendo due conti sommari, si riduce fino ad azzerarsi per i lavoratori in CIG con uno stipendio lordo superiore a 1.068 euro per effetto dei massimali CIG.
La cassa integrazione viene calcolata in primis calcolando l'80% della retribuzione lorda, ma l'importo effettivamente spettante per l'anno 2021 non può superare il massimale di 998,18 euro. Quindi nella sostanza tutti coloro che superano una certa quota di stipendio lordo (o per meglio dire di retribuzione fissa e continuativa posta a base di calcolo dello stipendio, anche in caso di part-time) non percepiranno l'80% della retribuzione, ma una cifra inferiore, una percentuale inferiore. E tale importo percepito come integrazione salariale comprende la tredicesima.
Quindi se 998,18 euro è la retribuzione mensile massima che il lavoratore può percepire durante la cassa integrazione in un mese intero nell'anno 2021, ed pari all'80% dello stipendio comprensivo di tredicesima e quattordicesima, va da sé che i lavoratori penalizzati a titolo di tredicesima sono quelli che, in caso di diritto alla tredicesima e quattordicesima secondo CCNL, hanno uno stipendio lordo full-time superiore a 1.068 euro, oppure, in caso di diritto solo alla tredicesima secondo CCNL, hanno uno stipendio lordo full-time superiore a 1.151 euro. Perché tali cifre sono lo stipendio lordo che consentirebbe loro di percepire l'integrazione salariale all'80% compreso tredicesima o tredicesima + quattordicesima, senza perderci.
Va da sé, che moltissimi lavoratori hanno uno stipendio lordo più alto e si vedranno penalizzati sull'importo della tredicesima. Vicerversa, i lavoratori che hanno uno stipendio lordo inferiore rispettivamente a 1.068 euro (CCNL che eroga sia tredicesima che quattordicesima) o 1.151 euro (CCNL che eroga solo la tredicesima), riescono ad aver diritto all'integrazione salariale all'80% ed i ratei di mensilità aggiuntive, senza che i massimali CIG comportino una perdita stipendiale.