Quando scatta l’integrazione al minimo dell’assegno ordinario di invalidità
AGGIORNATO AL 2014 – L’assegno ordinario di invalidità è la prestazione Inps destinata ai lavoratori dipendenti o autonomi che si trovano nel corso della loro vita lavorativa in una condizione di invalidità, con una percentuale di riduzione della capacità di lavoro di almeno un terzo (quindi invalido dal 66% al 99%). Tale evento fisico o mentale condiziona il lavoratore riducendo la sua capacità di guadagno, di proficuo lavoro nonché crea uno stato di bisogno e di disagio economico per la ridotta capacità lavorativa in cui si trova il lavoratore.
L’assegno ordinario di invalidità presuppone che il lavoratore abbia determinati requisiti contributivi, oltre al requisito fisico o mentale di riduzione della capacità lavorativa (il riconoscimento di una invalidità dal 66% al 99%). Il lavoratore deve avere una contribuzione all’Inps, rilevabile nel proprio estratto conto previdenziale, di almeno 5 anni di contributi, di cui tre anni di contribuzione nell’ultimo quinquennio di lavoro. In presenza di tali condizioni, c’è l’accesso all’assegno ordinario di invalidità.
Essendo l’assegno ordinario di invalidità calcolato con i sistemi di calcolo della pensione (retributivo, contributivo o misto) per tutto il periodo accreditato nell’estratto conto contributivo del lavoratore e fino alla data presentazione della domanda, non di rado capita che l’importo dell’assegno risultante (sarebbe l’importo della pensione spettante in quel momento) è di modesta entità o di misura inferiore alla pensione minima. Nel caso in cui l’importo dell’assegno calcolato risulti di importo basso può essere concessa l’integrazione al minimo. L’aumento non può essere superiore all’assegno sociale.
Se per le pensioni ai superstiti (indirette o di reversibilità), in caso di contitolarità, è comunque garantita l'integrazione al trattamento minimo, indipendentemente dai redditi, sulle pensioni di vecchiaia liquidate con il sistema contributivo non spetta l'integrazione al trattamento minimo. In ogni caso la disciplina dell’integrazione al minimo non è applicabile alle pensioni liquidate esclusivamente con le regole del nuovo sistema contributivo.
Più precisamente, l’integrazione al trattamento minimo viene concessa se, nell'anno considerato, il pensionato non possiede:
- redditi personali assoggettabili all'IRPEF per un importo superiore a 2 volte l'ammontare dell'assegno sociale;
- redditi cumulati con quelli del coniuge, non legalmente ed effettivamente separato, per un importo superiore a 3 volte l'ammontare dell'assegno sociale.
Per l’anno 2013, l’importo della pensione minima per gli invalidi parziali è di 495,43 euro mensili e 6.440,59 euro annuali (13 mensilità). Se l’importo dell’assegno ordinario di invalidità calcolato con i sistemi descritti è inferiore a 495,43 euro, il lavoratore ha diritto all’integrazione al minimo (495,43 euro appunto). Per tale diritto però bisogna rispettare i limiti di reddito. Essendo l’assegno sociale per l’anno 2013 fissato a 442,29 euro mensili e 5.749,77 euro annuali per tredici mensilità, i limiti di reddito sono i seguenti:
- 11.500 euro di reddito assoggettabile ad Irpef come reddito personale;
- 17.249 euro di reddito cumulato con il coniuge.
Per l’anno 2012, l’importo della pensione minima per gli invalidi parziali è di 480,53 euro mensili e 6.246,89 euro annuali (13 mensilità). Se l’importo dell’assegno ordinario di invalidità calcolato con i sistemi descritti è inferiore a 480,53 euro, il lavoratore ha diritto all’integrazione al minimo (480,53 euro appunto). Per tale diritto però bisogna rispettare i limiti di reddito. Essendo l’assegno sociale per l’anno 2012 fissato a 429,00 euro mensili e 5.577,00 euro annuali per tredici mensilità, i limiti di reddito sono i seguenti:
- 11.154 euro di reddito assoggettabile ad Irpef come reddito personale;
- 16.731 euro di reddito cumulato con il coniuge.
Se i redditi del titolare dell’assegno ordinario di invalidità, con o senza coniuge, superano tali limiti di reddito non si ha diritto all’integrazione al trattamento minimo e quindi il lavoratore percepirà l’assegno ordinario di invalidità calcolato sulla base del proprio estratto conto previdenziale.
Redditi da considerare. E’ importante ora sapere come si determina il reddito utile al calcolo. Va considerato l’imponibile Irpef (quindi i redditi derivanti da lavoro dipendente o autonomo, da pensione, terreni, fabbricati, reddito da impresa). Non concorrono alla determinazione del reddito quelli derivanti dalla casa di abitazione principale, quelli esenti da IRPEF (come le pensioni ai mutilati ed invalidi civili, ciechi e sordomuti), oppure i redditi soggetti a ritenuta alla fonte e le pensioni di guerra. Concorrono invece alla formazione del reddito quelli soggetti a tassazione separata (ma non le competenze arretrate assoggettate a tassazione separata, come gli arretrati di lavoro, ivi compreso il TFR) e l’indennità post sanatoriale.
Nel caso di presenza del coniuge, rilevano solo i redditi cumulati. Nel senso che l’integrazione spetta al richiedente se l'importo complessivo, cumulando il reddito proprio con quello del coniuge, è inferiore al limite previsto per i soggetti coniugati anche se il suo reddito personale è superiore ai limite individuale.
Per l'assegno ordinario di invalidità non è prevista la parziale integrazione. L'importo dell'integrazione non può comunque essere superiore all'importo dell'assegno sociale e l'importo complessivo della pensione, comprensivo dell'integrazione, non può superare il trattamento minimo.