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Rinnovo del contratto a termine: fino a 90 giorni di attesa. Per la proroga no

La riforma lavoro Fornero ha reso poco conveniente il rinnovo del contratto a tempo determinato. L’intervallo di tempo tra un contratto e l’altro passa da 10 giorni, o 20 se il contratto supera i 6 mesi, a ben 60 o 90 giorni di attesa. Dall’altro lato è stato liberalizzato il primo contratto a termine, diventato acausale. Per la proroga del termine nulla cambia. Vediamo quali sono le conseguenze.
A cura di Antonio Barbato
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proroga contratto a tempo determinato

La legge n. 92 del 2012 in vigore dal 18 luglio 2012 apporta importanti modifiche al contratto a tempo determinato. Con la riforma lavoro il Governo, il Ministro Fornero, ha voluto combattere l’utilizzo reiterato di questa forma contrattuale per un unico rapporto di lavoro tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore. In sostanza, molti lavoratori hanno stipulato (o per meglio dire sono stati costretti a stipulare), in questi anni, più di un contratto a termine con lo stesso datore di lavoro. Prima la proroga, poi il rinnovo, sempre nel limite dei 36 mesi totali che poi porta alla conversione del contratto in un rapporto di lavoro indeterminato.

Dal 18 luglio 2012 in poi, con l’entrata in vigore della riforma del lavoro, il rinnovo del contratto a tempo determinato è diventato complicato non a livello legislativo, ma a livello pratico. La rigidità delle norme che ora vedremo nel dettaglio, ha allontanato la convenienza, per le imprese ma anche per i lavoratori (che restano mesi senza stipendio), di rinnovare i contratti a termine scaduti.

Molto meglio prorogare quello in corso entro la scadenza del termine, come vedremo. Ancor di più conveniente per le imprese stipulare un nuovo primo contratto di lavoro a termine con un altro nuovo lavoratore, laddove la professionalità del lavoratore in scadenza di contratto non sia essenziale per la struttura azienda e ciò comporti difficoltà di scelta.

Liberalizzato il primo contratto a termine tra le parti. Se sul contratto a tempo determinato sono ricaduti interventi legislativi atti a combattere l’abuso, in controtendenza è stato liberato l’utilizzo del contratto a termine come primo contratto tra le parti. Basterà stipulare con un nuovo lavoratore un primo contratto a termine di massimo 12 mesi e la stipula sarà possibile senza indicazione delle ragioni giustificative dell’apposizione del termine. In pratica il datore di lavoro può assumere liberamente con un contratto a termine per 12 mesi un nuovo lavoratore, una sorta di periodo di prova lungo. E per questo le imprese avranno convenienza più a stipulare nuovi contratti con nuovi lavoratori che rinnovare quello con un lavoratore già in forza e con il contratto in scadenza. Per maggiori informazioni vediamo il primo contratto a termine acausale.

Ritornando alla disciplina per quei contratti a termine in scadenza, vediamo con la riforma del lavoro come cambia la disciplina del rinnovo del contratto a tempo determinato. Le norme relative alla proroga, che ricordiamo può essere effettuata una sola volta, non sono state modificate. Introdotto inoltre nel calcolo dei 36 mesi anche il contratto di somministrazione di lavoro. Approfondiamo queste novità.

Rinnovo contratto a tempo determinato: ampliato l’intervallo

E’ stato previsto l’ampliamento dell’intervallo di giorni che deve intercorrere tra la scadenza di un contratto a tempo determinato e la stipula di uno nuovo con apposizione del termine, sempre con lo stesso lavoratore (e lo stesso datore di lavoro ovviamente). I nuovi intervalli previsti dal D. Lgs. 368 del 2001, sono ora i seguenti:

  • 90 giorni se il contratto a termine scaduto è superiore a 6 mesi (prima della riforma tale intervallo era di 20 giorni);
  • 60 giorni se il contratto a termine scaduto è inferiore a 6 mesi (prima della riforma tale intervallo era di 10 giorni).

Si tratta di un drastico aumento dell’intervallo di tempo che, considerato unitamente alla possibilità di stipula di un primo contratto a termine con un altro lavoratore per un periodo fino a 12 mesi senza l’indicazione della causale, porta la convenienza delle imprese a non stipulare un nuovo contratto a termine con il lavoratore a cui è scaduto il contratto ma a stipularne uno nuovo con un altro lavoratore. Questo ovviamente per le mansioni dove è possibile o conveniente per l’impresa.

Prosecuzione di fatto ora possibile fino a 30 o 50 giorni. La riforma tiene conto anche della possibilità che il contratto continui tra le parti dopo la scadenza del termine, ossia che il datore di lavoro continui a ricorrere alle prestazioni del lavoratore anche se il suo contratto è scaduto. Questo può accedere per completare le attività per il quale il contratto a termine era stato stipulato, ad esempio. Anche in questo caso i termini sono stati modificati.

Il rapporto a termine, dal 18 luglio 2012 in poi, può proseguire oltre la scadenza per soddisfare esigenze organizzative per:

  • 30 giorni, nel caso di contratti di durata inferiore a 6 mesi (nella disciplina previgente, il prolungamento di fatto era consentito per un massimo di 20 giorni);
  • 50 giorni nel caso di contratti di durata superiore a 6 mesi (fino al 17 luglio 2012 era possibile per un massimo di 30 giorni).

Ovviamente se il datore di lavoro supera questi termini di prolungamento del contratto a termine scaduto, il contratto si considera a tempo indeterminato.

La nuova comunicazione al Centro per l’impiego. A fronte dell’allungamento dei termini per la prosecuzione di fatto che consente una maggiore flessibilità alle imprese, c’è un nuovo adempimento amministrativo: il datore di lavoro deve comunicare al Centro per l’impiego, entro la scadenza del termine del contratto inizialmente prevista, l’intenzione di proseguire il rapporto a termine e la data della nuova scadenza.

Se da un lato si allungano i giorni in cui è possibile “sforare” oltre il termine, dall’altro lavoro a fronte di un aumento di soli 10 giorni (o 20 giorni per i contratti oltre 6 mesi) previsto dalla riforma, l’impresa si trova con l’onere di dover comunicare ed indicare la data di nuova scadenza (formalità in questi casi non semplice), insomma viene meno la flessibilità che prima consentiva di prolungare il rapporto per alcuni giorni per completare il lavoro oggetto del contratto a termine stesso senza particolari problemi. Dal 18 luglio in poi vanno specificati, con una comunicazione, quanti giorni di prolungamento saranno effettuati.

Proroga del contratto a termine: nulla cambia

Se per il rinnovo di un contratto a termine scaduto si dilatano oltre misura i tempi di attesa, rendendo il rinnovo francamente poco conveniente ai datori di lavoro, nulla cambia in materia di proroga del contratto a termine invece. Le parti, datore di lavoro e lavoratore, potranno prorogare il contratto a termine, sottoscrivendo un accordo prima che il contratto stesso sia scaduto.

Ma attenzione: questa facoltà è concessa una sola volta ed il limite temporale, la data entro la quale si può stipulare la proroga è proprio la scadenza del contratto. Ne consegue che se si va oltre la data di scadenza del contratto a tempo determinato non sarà più possibile una proroga ma bisognerà rinnovare il contratto come descritto in precedenza, con l’attesa di 90 (o 60) giorni prevista dalla nuova normativa.

Se possibile perché le parti non ne hanno stipulata già una e perché il contratto è in scadenza ma non è scaduto, va ricordato poi che la proroga del contratto a termine è vincolata all’indicazione delle ragioni giustificative che devono essere oggettive e dimostrare la necessità della proroga tra le parti del contratto a tempo determinato in scadenza.

Insomma la proroga deve essere assistita da una propria causale, redatta secondo le regole ordinariamente previste per il contratto a termine. Quindi deve essere una ragione di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che giustifica la proroga. E questa ragione non deve essere quella che giustificava l’apposizione del termine del contratto in scadenza ma deve essere di forza propria e che giustifica il prolungamento del contratto stesso.

Considerando che la nuova normativa consente alle imprese di stipulare un primo contratto a termine senza causali con un altro lavoratore, non solo il rinnovo del contratto con i nuovi intervalli molto lunghi, ma anche la proroga di un contratto a termine può non essere conveniente per le imprese, a meno che non sia necessaria proprio una proroga del termine per consentire al lavoratore in forza di completare il lavoro iniziato durante il contratto a termine in scadenza.

Ai fini del computo dei 36 mesi di rapporto di lavoro a termine, oltre il quale c’è la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, la riforma del lavoro ha introdotto la novità che nel computo sono da considerarsi validi anche i mesi di lavoro con eventuali contratti di somministrazione di lavoro. Per maggiori informazioni vedremo la riforma lavoro e computo dei 36 mesi.

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