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Salario minimo a 9 euro lordi all’ora: cosa prevede il disegno di legge

Il disegno di legge sul salario minimo fissa a 9 euro lordi all’ora la retribuzione minima lorda oraria spettante ai lavoratori subordinati ed alcune collaborazioni. Ma la legge prevede che lo stipendio orario minimo va individuato nei contratti collettivi di settore più rappresentativi, tenta di stabilire soprattutto come individuare la retribuzione oraria complessivamente proporzionata e sufficiente. Vediamo nel dettaglio cosa prevede il disegno di legge sul salario minimo garantito.
A cura di Antonio Barbato
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salario minimo garantito

Il Governo annuncia da tempo l’introduzione del salario minimo in Italia. Il DDL 658 contenente l’istituzione del salario minimo orario prevede di fissare il salario minimo a 9 euro lordi all'ora, ossia al lordo degli oneri contributivi e previdenziali.

Ma prevede soprattutto di individuare il contratto collettivo maggiormente rappresentativo che deve essere preso a riferimento per l’individuazione della retribuzione oraria spettante al lavoratore in base al livello, la mansione svolta e nel settore di attività.

L’operazione che sta tentando di introdurre il Governo non è quindi solo il salario minimo a 9 euro lordi, ma soprattutto una retribuzione oraria facendo riferimento all’individuazione del contratto collettivo più rappresentativo.

Analizziamo il disegno di legge sul salario minimo. Per alcuni lavoratori potrebbe rappresentare una modifica delle retribuzione oraria percepita in aumento, vediamo perché.

 A chi si applica il salario minimo

L’art. 1 del Disegno di Legge disciplina le “finalità” della norma: “In attuazione dell'articolo 36, primo comma, della Costituzione, e fermo restando quanto previsto dall'articolo 36 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e da ogni altra disposizione di legge compatibile con le presenti, i datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori, sono tenuti a corrispondere ai lavoratori così come individuati nell'articolo 2094 del codice civile una retribuzione complessiva proporzionata e sufficiente alla quantità e qualità del lavoro prestato”.

L’ultima frase richiama quanto previsto dall’art. 36 della Costituzione che appunto è di questo tenore: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.”.

La Costituzione prevede inoltre all’art. 39 un coinvolgimento delle organizzazioni sindacali nel sistema normativo italiano. Tale norma che definisce libere le organizzazioni sindacali, pur se non attuata totalmente in Italia, prevede la possibilità per i sindacati di “stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce”.

Tornando al primo articolo della legge sul salario minimo, viene fatto riferimento all’art. 2094 del codice civile, che è la definizione di prestatore di lavoro subordinato, quindi il salario minimo viene introdotto per i rapporti di natura subordinata, quindi le assunzioni con contratto a tempo indeterminato, contratto a tempo determinato o contratto a termine, contratto a tempo parziale o contratto part-time, apprendistato ecc.. Ma vedremo in seguito che il salario minimo è garantito anche per alcune collaborazioni.

La definizione di salario minimo a 9 euro lordi

Il richiamo al coinvolgimento delle organizzazioni sindacali e alla Costituzione, per evitare un’anticostituzionalità della legge sul salario minimo, viene interamente previsto nella definizione di salario minimo garantito dell’art. 2 del Disegno di legge:

“Si considera retribuzione complessiva proporzionata e sufficiente ai sensi dell'articolo 1 il trattamento economico complessivo, proporzionato alla quantità e qualità del lavoro prestato, non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro più rappresentative sul piano nazionale ai sensi dell'articolo 4 della legge 30 dicembre 1986, n. 936, il cui ambito di applicazione sia maggiormente connesso e obiettivamente vicino in senso qualitativo, anche considerato nel suo complesso, all'attività svolta dai lavoratori anche in maniera prevalente e comunque non inferiore a 9 euro all'ora al lordo degli oneri contributivi e previdenziali”.

 

La norma prevede una definizione di retribuzione proporzionata e sufficiente, anche in riferimento all’art. 36 della Costituzione, individuando alcuni parametri per individuarla, tra i quali l’introduzione di un salario comunque minimo di 9 euro lordi all'ora.

La legge infatti stabilisce che il salario minimo, o per meglio dire la retribuzione oraria spettante al lavoratore, dovrà essere individuata in primis facendo riferimento al contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro, generalmente individuato nel contratto di lavoro o nella lettera di assunzione, o comunque facendo riferimento al CCNL del settore che sia stipulato dai sindacati “più rappresentativi sul piano nazionale, il cui ambito di applicazione sia maggiormente connesso e obiettivamente vicino in senso qualitativo, anche considerato nel suo complesso”.

Senza addentrarci nel tecnico, perché l’individuazione del contratto collettivo in questi casi è una operazione complessa che ha generato molti dubbi giurisprudenziali negli ultimi anni, la ratio della legge è quella di tentare di demandare ai CCNL la quantificazione della retribuzione oraria, ma comunque fissando a 9 euro all’ora al lordo degli oneri contributivi e previdenziali, la retribuzione proporzionata e sufficiente minima dei lavoratori.

Altro aspetto non di poco conto, che il Governo dovrà chiarire, è cosa si intende per "trattamento economico complessivo", che poi deve essere non inferiore ai 9 euro lordi all'ora.

Questo perché c'è una differenza tra considerare come parametro di riferimento la retribuzione mensile delle tabelle retributive, quindi paga base o minimo, contingenza, edr, ecc., o per meglio intenderci la RAL (Retribuzione annua lorda), rispetto alla più generale retribuzione erogata al lavoratore in maniera complessiva che a quel punto comprende anche ratei di tredicesima, eventuale quattordicesima, ecc.

E' chiaro che se il trattamento economico complessivo è inteso compreso ratei, l'eventuale adeguamento dei CCNL al minimo di 9 euro lordi all'ora sarà di diversa entità economica, certamente più ridotta.

9 euro lordi quanto sono come netto in tasca?

Premesso che il contratto collettivo può prevedere anche più di 9 euro lordi, ma nel caso al lavoratore spettasse il salario minimo di legge, i 9 euro lordi si concretizzano, in primis in un contributo a carico del lavoratore da versare all’Inps generalmente fissato nel 9,19%, quindi i 9 euro scenderebbero di 0,83 euro ad ora di contributi previdenziali Inps (se l’aliquota Inps a carico del lavoratore è 9,19%) e quindi l’imponibile fiscale è di 8,17 euro.

Su questo imponibile si paga la tassazione Irpef, che nel caso in questione è pari al 23% fino a 15.000 euro di reddito annuo da lavoro dipendente e del 27% sul reddito annuo da lavoro dipendente superiore a 15.000 euro.  La quantificazione del netto dipende dal reddito annuale presunto, che cambia per ogni rapporto di lavoro.  Ponendo il caso di un’aliquota media del 15%, il lavoratore percepirebbe un netto di poco inferiore ai 7 euro.

Salario minimo anche per le collaborazioni

L’art. 2 al comma 2 del disegno di legge prevede che “Le previsioni di cui al comma 1 si applicano anche ai rapporti di collaborazione di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, ad eccezione di quelli previsti alle lettere b), c) e d) del comma 2 del medesimo articolo”.

Le collaborazioni incluse alle quali si applicherà il salario minimo di almeno 9 euro lordi sono:

“a) collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore;

d-bis) alle collaborazioni prestate nell'ambito della produzione e della realizzazione di spettacoli da parte delle fondazioni di cui al decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367;

d-ter) alle collaborazioni degli operatori che prestano le attività di cui alla legge 21 marzo 2001, n. 74″.

Resta capire come si individuerà il salario minimo visto che le collaborazioni in genere non prevedono un'orario di lavoro concordato, come per i lavoratori subordinati.

Le collaborazioni escluse dal salario minimo sono:

b) alle collaborazioni prestate nell'esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali;

c) alle attività prestate nell'esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;

d) alle collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I., come individuati e disciplinati dall'articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

Pluralità di CCNL: salario minimo di 9 euro all'ora

L’articolo 3 stabilisce cosa succede in caso di “Pluralità di contratti collettivi nazionali applicabili”:

“In presenza di una pluralità di contratti collettivi applicabili ai sensi dell'articolo 2, il trattamento economico complessivo che costituisce retribuzione proporzionata e sufficiente non può essere inferiore a quello previsto per la prestazione di lavoro dedotta in obbligazione dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella categoria stessa, e in ogni caso non inferiore all'importo previsto al comma 1 dell'articolo 2”.

Con questa dicitura la legge comunque stabilisce che in primis si guarda al contratto collettivo, andando ad individuare a quale CCNL bisogna far riferimento. E in ogni caso il salario deve essere almeno di 9 euro lordi.

La grande questione che solleva la legge è l’individuazione tra i tantissimi CCNL di ogni settore, quale è quello di riferimento per il diritto alla retribuzione oraria del lavoratore.

E al comma 2 dell’art.3 la legge stabilisce come individuare il contratto collettivo stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella stessa categoria, stabiliendo i criteri: “Ai fini del computo comparativo di rappresentatività del contratto collettivo prevalente si applicano per le organizzazioni dei lavoratori i criteri associativo ed elettorale di cui al testo unico della rappresentanza, recato dall'accordo del 10 gennaio 2014 tra Confindustria, CGIL, CISL e UIL, e per le organizzazioni dei datori di lavoro i criteri del numero di imprese associate in relazione al numero complessivo di imprese associate e del numero di dipendenti delle imprese medesime in relazione al numero complessivo di lavoratori impiegati nelle stesse”.

Salario minimo di 9 euro lordi dove manca il CCNL

L’art. 4 disciplina la “Carenza di contratti collettivi applicabili” andando a prevedere che nei settori dove manca il contratto collettivo. La norma prevede un passaggio delicato che comunque riconduce ai CCNL di settore o in mancanza al salario minimo di 9 euro:

"1. Qualora manchi un contratto collettivo applicabile cui fare riferimento ai sensi dell'articolo 2, il trattamento economico complessivo cui fare riferimento è quello previsto dal contratto collettivo territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, il cui ambito di applicazione sia maggiormente connesso e obiettivamente vicino in senso qualitativo all'attività svolta dai lavoratori anche in maniera prevalente, e comunque non inferiore all'importo previsto dal comma 1 dell'articolo

2. Qualora, per scadenza o disdetta, manchi un contratto collettivo applicabile cui fare riferimento ai sensi degli articoli precedenti, il trattamento economico complessivo di riferimento è quello previsto dal previgente contratto collettivo fino al suo rinnovo e comunque non inferiore all'importo previsto dal comma 1 dell'articolo 2.

3. Gli importi di cui al comma 2 sono incrementati annualmente sulla base delle variazioni dell'indice dei prezzi al consumo armonizzato per i Paesi dell'Unione europea (IPCA), al netto dei valori energetici, rilevato nell'anno precedente."

Infine, la norma prevede una disciplina transitoria all’art. 5 che stabilisce “Ai fini dell'applicazione della presente legge sono fatti salvi i contratti collettivi nazionali e territoriali stipulati dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale vigenti, fino alla loro scadenza.”

Il salario minimo secondo i CCNL in Italia

Dalla lettura della norma, è ben evidente che la legge in realtà da un lato ha l’obiettivo di introdurre un salario minimo garantito, tentando di rispettare la Costituzione, ma dall’altro lato tenta di individuare in maniera definitiva il contratto collettivo al quale far comunque riferimento per il settore di svolgimento del rapporto di lavoro.

La difficile individuazione del CCNL più rappresentativo ha creato non pochi problemi, ma la legge sul salario minimo individua un minimo di 9 euro lordi all’ora per i lavoratori subordinati ed alcuni dei parasubordinati (come i cococo).

Ma quali sono le retribuzioni minime secondo i principali CCNL in Italia. Andando a guardare ad esempio:

  • Nel contratto commercio il salario minimo è di 7,64 euro (prendendo il livello 7 del CCNL Terziario Confcommercio, che è il livello di inquadramento più basso, il lavoratore percepisce 1.283,36 euro mensili, che come retribuzione oraria dividendo per il divisore 168 per chi lavora 40 ore settimanali, è pari appunto a 7,64 euro). Un livello 5 percepisce invece 8,99 euro all’ora (1.510,98 euro diviso 168 fa circa 8,99 euro);
  • Nel contratto metalmeccanici il salario minimo di 7,58 euro (prendendo il livello 1 del CCNL Metalmeccanici Industria, che è il livello più basso, un lavoratore percepisce un lordo mensile di 1.310,80 euro che con il divisore 173 è pari a 7,58 euro). Un livello 3 percepisce invece 9,27 euro (1.604,53 euro diviso 173 fa circa 9,27 euro);
  • Nel contratto Pubblici esercizi, Turismo e ristorazione collettiva il salario minimo di 7,26 euro (prendendo i pubblici esercizi minori e il livello 7 del CCNL, che è il livello più basso, un lavoratore percepisce un lordo mensile di 1.249,28 euro che con il divisore 172 per l’orario di 40 ore settimanali è pari a 7,58 euro). Un livello 4 percepisce invece 8,74 euro (1.504,03 euro diviso 172).

Facendo tre esempi di contratti collettivi importanti in Italia è facile intuire che, diventando legge, quindi di rango superiore rispetto al CCNL, con le parti sociali che dovranno adeguarsi, potranno beneficiare dell’introduzione del salario minimo garantito a 9 euro lordi tutti coloro che svolgono mansioni previste nei livelli più bassi del contratto collettivo e che hanno una retribuzione annua lorda inferiore a 1.500 euro circa secondo il CCNL applicato al rapporto di lavoro e il livello di inquadramento. Ma anche qui è importante capire se il trattamento economico complessivo da adeguarsi a 9 euro comprende i ratei di tredicesima ed eventuale quattordicesima, oppure no.

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