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Assenza da lavoro per neve: spettano permessi e retribuzione?

L’assenza da lavoro per neve o per cause di forza maggiore deve essere giustificata al datore di lavoro. Ai dipendenti pubblici spetta la retribuzione, mentre per i dipendenti privati l’assenza è giustificata ma non vi è diritto allo stipendio, a meno che il CCNL non preveda permessi straordinari. Diverso è il caso di chiusura aziendale per eventi meteorologici. Le parti possono decidere per ferie, permessi, recupero delle ore e relativa retribuzione in busta paga. Vediamo tutti gli aspetti.
A cura di Antonio Barbato
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Il maltempo che sta interessando l’Italia ha portato molti lavoratori all’impossibilità di raggiungere il posto di lavoro e altrettanti datori di lavoro a decidere la chiusura aziendale per causa di forza maggiore. L’assenza da lavoro per neve va sempre giustificata al datore di lavoro. Ai dipendenti pubblici spetta sicuramente il diritto alla retribuzione, mentre nel settore privato non vi è diritto alla retribuzione, ma l’assenza è da ritenersi giustificata, lo ha stabilito il Ministero del Lavoro in un interpello che però rimanda ai CCNL che possono prevedere dei permessi straordinari retribuiti.

E’ quindi necessario approfondire, in questi giorni di maltempo, quali sono i diritti dei lavoratori e delle aziende, ma anche i rispettivi obblighi contrattuali.

La prima cosa da considerare è il diverso trattamento tra settore pubblico e settore privato in termini di assenze da lavoro per neve.

Poi occorre distinguere le varie tipologie di assenze per eventi meteorologici, ossia se l’assenza da lavoro per cause di forza maggiore occorse solo al lavoratore (ma con gli uffici o le sedi datoriali regolarmente in funzione) oppure se le cause di forza maggiore riguardano l’azienda.

Vediamo tutti questi aspetti, ricordando che per alcuni settori (si pensi all’edilizia) è previsto l’intervento della cassa integrazione ordinaria per eventi meteorologici.

Assenza per neve dipendenti pubblici: spetta la retribuzione

Nel 2012 vi è stato uno specifico interpello del Ministero del Lavoro n. 15/2012 che ha emesso il proprio parere riguardo al diritto alla retribuzione giornaliera e il mancato svolgimento della prestazione lavorativa per causa neve.

Si legge nell’interpello: “Con riferimento al settore pubblico, occorre precisare che la mancata effettuazione della prestazione lavorativa nelle giornate di cui sopra (si riferisce agli eventi meteorologici avvenuti nel 2012) può considerarsi ascrivibile alle ipotesi di impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile al lavoratore.

Nello specifico, la fattispecie prospettata sembrerebbe afferire al c.d. factum principis, inteso quale provvedimento autoritativo – ordinanza di chiusura degli uffici pubblici causa neve – che impedisce in modo oggettivo ed assoluto l’adempimento della prestazione, ossia l’espletamento dell’attività lavorativa, fermo restando l’obbligo datoriale di corrispondere la retribuzione nelle giornate indicate.

L’interpretazione innanzi sostenuta risulterebbe, peraltro, recepita nell’ambito della contrattazione collettiva comparto Ministeri, laddove viene indicata tra le motivazioni per cui possono essere concessi i permessi retribuiti, anche l’ipotesi di assenza motivata da gravi calamità naturali che rendano oggettivamente impossibile il raggiungimento della sede di servizio, fatti salvi i provvedimenti di emergenza diversi e più favorevoli disposti dalle competenti autorità”.

Quindi il Ministero del Lavoro consente il diritto a permessi retribuiti di natura speciale, per gravi calamità naturali, che giustificano il diritto alla retribuzione da parte del lavoratore del settore pubblico.

La centralità della contrattazione collettiva, ossia di quanto prevede specificamente il CCNL in questi casi, è confermata anche nel settore privato che, come vedremo, comporta diverse interpretazioni dell’evento in base alla natura dello stesso (gravità), all’impossibilità della prestazione (se essa afferisce solo al dipendente o a tutta l’azienda) e a quanto previsto dal codice civile.

Assenza per neve dipendenti privati: assenza giustificata senza retribuzione

Lo stesso interpello n. 15/2012 stabilisce che “Nel settore privato, invece, il provvedimento autoritativo concernente il divieto di circolazione dei mezzi privati sprovvisti di apposite catene non costituisce impedimento di carattere assoluto all’effettuazione della prestazione lavorativa, in quanto non preclude la libera scelta datoriale di continuare a svolgere le attività connesse al settore di appartenenza.

Si precisa, tuttavia, che in tali eventualità il mancato raggiungimento del posto di lavoro potrebbe risultare, comunque, estraneo alla volontà del lavoratore, pertanto la mancata esecuzione delle prestazione contrattuale, in presenza di tempestiva comunicazione del lavoratore all’azienda, supportata da idonea motivazione (cfr. artt. 1218 e 2104 c.c.), non sembrerebbe qualificabile in termini di inadempimento a lui imputabile.

Alla luce delle osservazioni sopra svolte ed in linea con i principi codicistici che presiedono le obbligazioni contrattuali, si ritiene che in tali fattispecie l’impossibilità sopravvenuta liberi entrambi i contraenti: il lavoratore dall’obbligo di effettuare la prestazione e il datore dall’obbligo di erogare la corrispondente retribuzione. Restano ferme, tuttavia, le disposizioni dei contratti collettivi di lavoro che, generalmente, contemplano la possibilità per il lavoratore di fruire di titoli di assenza retribuiti connessi al verificarsi di eventi eccezionali”.

In sostanza il Ministero del Lavoro si limita a precisare che l’evento meteorologico e il mancato raggiungimento del posto di lavoro da parte del dipendente non rappresentano una ipotesi di assenza ingiustificata (ma come vedremo occorre una tempestiva comunicazione al datore di lavoro).

E poi esonera entrambe le parti dai rispettivi obblighi contrattuali, da un lato il dipendente nel rendere la prestazione, dall’altro lato il datore di lavoro nell’erogare la retribuzione.

Ma poi il Ministero indica un passaggio fondamentale laddove richiama le disposizioni del CCNL.

Una volta chiarito che da parte datoriale è quanto meno improbabile attribuire un’assenza ingiustificata al lavoratore in questi casi di forza maggiore, per il resto dei dubbi (spetta o non spetta la retribuzione? Il lavoratore ha diritto a permessi retribuiti? Si possono imputare tali giornate a ferie?) occorre valutare le previsioni del CCNL e, in assenza, quanto previsto dal codice civile.

Assenza per neve da giustificare al datore di lavoro

La prima cosa da chiarire è che un lavoratore bloccato dalla neve o dal ghiaccio deve provare al datore di lavoro la situazione che gli impedisce di essere presente al lavoro. E' questa la conclusione a cui è arrivata la Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro comparando le disposizioni vigenti in materia di assenze dei lavoratori.

Nel corso del rapporto di lavoro – si legge nel parere dei Consulenti del Lavoro – può verificarsi l’impossibilità di realizzare la prestazione per cause che riguardano sia il lavoratore che il datore di lavoro, anche se non sono imputabili agli stessi. Nel caso in cui la mancata prestazione riguardi la persona del lavoratore, come ad esempio quando quest’ultimo non raggiunge il posto di lavoro per sciopero dei mezzi pubblici o per il maltempo, l’impossibilità sopravvenuta libera il lavoratore dall’obbligo di effettuare la prestazione ed esonera il datore di lavoro dall’obbligo di pagare la retribuzione.

In questi casi occorre comunicare all'azienda in maniera tempestiva l'assenza e le motivazioni, per poter utilizzare il monte permessi a disposizione.

Infatti, il “maltempo” – con le conseguenti condizioni che impediscono il raggiungimento della sede di lavoro e quindi l’impossibilità di prestare l’obbligazione lavorativa, – deve essere provato dal lavoratore che giustifica così la sua assenza dal lavoro (artt. 1218, 2104 c.c.). Nella eventualità invece che il CCNL applicato alla fattispecie concreta non preveda nulla in materia, la regolamentazione è da riferire al codice civile, secondo la richiamata assegnazione dell’onere della prova (art. 1218) e la necessità che l’impedimento sia effettivo (art. 2104).

In assenza di queste condizioni, scatta l’addebito disciplinare per l’assente (art. 2106), che non abbia provato la concreta impossibilità di adempiere alla obbligazione fondamentale posta in capo al lavoratore.

Fin qui i doveri del lavoratore che a fronte ha anche dei diritti. Non a caso, diffusamente i contratti collettivi riconoscono un monte ore di congedi/permessi straordinari, legati proprio ad esempio ad eventi meteorologici eccezionali, dei quali il lavoratore può usufruire in tali occasioni.

Chiusura azienda per causa di forza maggiore

Considerazioni di natura simile – si legge nel parere dei Consulenti del Lavoro – possono farsi nei confronti del datore di lavoro, quando la prestazione, pur offerta dal lavoratore, non può svolgersi per impossibilità del datore medesimo.

Si può infatti parlare di una effettiva impossibilità “sopravvenuta”, quando la causa, oltre che evidentemente estranea alla volontà del datore di lavoro, sia del tutto estranea alle ragioni produttive ed alla organizzazione del lavoro. Appunto i classici casi di forza maggiore.

Non c'è dunque “mora credendi” quando la prestazione è impossibile per un evento eccezionale, esterno, imprevedibile ed indipendente dalla volontà del datore, anche se il lavoratore ha messo a disposizione la propria prestazione.

Qualunque vicenda che, invece, possa essere riferita al datore di lavoro, ad esempio colpa, imperizia o problematiche legate ad inefficienze produttivo – organizzative, non libera il datore dall'obbligo retributivo, rientrando nel più ampio rischio di impresa, che incombe sullo stesso in via esclusiva.

Lavoro da casa, ferie o permessi straordinari, quale soluzione

E’ chiaro che dall’analisi fatta in precedenza, nel settore privato un evento eccezionale come quello del maltempo improvviso, tale da comportare la difficoltà per i lavoratori di raggiungere il posto di lavoro o addirittura la chiusura dell’azienda per i giorni interessati dal maltempo, va gestito con una certa flessibilità tra le parti.

Lavoro da casa con diritto alla retribuzione. Con la diffusione della tecnologia, molti rapporti di lavoro si concretizzano anche in prestazioni rese in modalità di lavoro agile o telelavoro. Nei casi in cui è possibile, è sicuramente auspicabile che le parti decidano di consentire lo svolgimento della giornata lavorativa, durante il maltempo, direttamente da casa. In questo specifico caso al lavoratore spettano tutti i diritti relativi ad una giornata normale di lavoro, quindi il diritto alla retribuzione.

Le parti possono altresì gestire l’assenza da lavoro del dipendente come un permesso straordinario, laddove il CCNL lo preveda o anche non lo preveda. Così come, per compensare il diritto del lavoratore alla retribuzione e la sua volontà di non perdere alcun giorno retribuito, in caso di mancata previsione da parte del CCNL, è possibile valutare un recupero delle ore non lavorate.

Appare improbabile attribuire come ferie il giorno di mancata prestazione lavorativa del dipendente, a meno che non vi sia un accordo tra le parti in tal senso.

Se vi è la chiusura aziendale per l’evento meteorologico, come abbiamo visto, il diritto retributivo del dipendente privato scatta solo se vi è “colpa, imperizia o problematiche legate ad inefficienze produttivo – organizzative” ma appare francamente improbabile che un dipendente possa attribuire tali colpe all’azienda in caso di chiusura per neve, mentre appare molto più auspicabile un accordo tra le parti per la gestione del recupero o della monetizzazione in termini retribuitivi delle giornate interessate dagli eventi meteorologici avversi.

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