Contributo di licenziamento: il 41% dell’Aspi dovuto dal datore di lavoro
La riforma del mercato del lavoro (Riforma Fornero), legge n. 92 del 2012, nel disciplinare la nuova indennità di disoccupazione Aspi, ha introdotto importanti norme relative al finanziamento dell’Aspi stessa: ossia un contributo per finanziare l’Aspi dovuto dal datore di lavoro in tutti i casi di “interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per causa diversa dalle dimissioni, intervenuti a decorrere dal 1 gennaio 2013”.
Si tratta di un vero e proprio contributo di licenziamento, che può arrivare a circa 1.500 euro. Soldi che ogni datore di lavoro, ogni impresa che intende licenziare, deve versare all’Inps per l’interruzione del rapporto di lavoro col dipendente.
Questo ticket di licenziamento è dovuto dai datori di lavoro in tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per causa diversa dalle dimissioni, intervenuti a decorrere dal 1° gennaio 2013 e va da 483,80 euro a 1.451 euro. Vediamo tutte le informazioni relative alla normativa, ai casi di esclusione, al calcolo ed al versamento del contributo di licenziamento.
SOMMARIO:
Il contributo di licenziamento
Calcolo del ticket di licenziamento del 41% Aspi
Modalità di versamento
Casi di esclusione dal ticket
Il contributo addizionale per i contratti a termine
Il contributo per le interruzioni dei contratti a tempo indeterminato
Le circolari dell’Inps n. 140 del 14 dicembre 2012 e n. 44 del 22 marzo 2013, che tratta gli aspetti contributivi dell’Assicurazione sociale per l’Impiego (ASPI), che ricordiamo dal 2013 sostituisce l’indennità ordinaria di disoccupazione, e gli aspetti relativi alla contribuzione tramite versamento del ticket di licenziamento, chiariscono tutto in merito. Oltre all’Aspi con requisiti ordinari, ricordiamo, dal 1 gennaio 2013 è partita anche la Mini Aspi, che nell’anno 2013 ha un regime transitorio, ossia la Mini-Aspi 2012 , che sostituisce l’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti. In entrambi i casi, a fronte di un licenziamento, dell'estinzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato è dovuto il contributo di licenziamento.
Contributo dovuto nei casi di interruzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato per causa diversa dalle dimissioni. L’art. 2, commi 31 – 35, della legge di riforma (legge n. 92 del 2012) introduce e disciplina un ulteriore contributo destinato al finanziamento dell’ASpI. È previsto, infatti, che, in tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per causa diversa dalle dimissioni (tra l’altro la riforma Fornero ha reintrodotto la convalida delle dimissioni), intervenuti a decorrere dal 1° gennaio 2013, i datori di lavoro siano tenuti al versamento di uno specifico contributo per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni. Quindi anche i licenziamenti per giusta causa, oltre che per giustificato motivo, sia oggettivo che soggettivo.
Il datore di lavoro deve il 41% del trattamento Aspi. Più precisamente, l’art. 2 comma 31 recita: “Nei casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per le causali che, indipendentemente dal requisito contributivo, darebbero diritto all'ASpI, intervenuti a decorrere dal 1° gennaio 2013, è dovuta, a carico del datore di lavoro, una somma pari al 41 per cento del massimale mensile di ASpI per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni. Nel computo dell'anzianità aziendale sono compresi i periodi di lavoro con contratto diverso da quello a tempo indeterminato, se il rapporto è proseguito senza soluzione di continuità o se comunque si è dato luogo alla restituzione di cui al comma 30 (sarebbe il contributo addizionale Aspi per i contratti a termine)”.
Il passaggio dal 50% al 41% di ticket licenziamento. Il comma 31 dell’art. 2 della legge n. 92 del 2012 è stato modificato dal comma 250 dell’art. 1 della legge n. 228 del 2012, ossia la legge di stabilità. L’originaria previsione era la seguente: “In tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per causa diversa dalle dimissioni, intervenuti a decorrere dal 1° gennaio 2013, è dovuta, a carico del datore di lavoro, una somma pari al 50 per cento del trattamento mensile iniziale di ASpI per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni”. Quindi inizialmente era previsto un contributo diverso, ossia fino a tre contributi del 50% dell’importo dell’Aspi calcolata per il primo mese. In sostanza un importo che poteva arrivare a 1,5 volte l’importo dell’Aspi.
La nuova articolazione del comma 31, come spiega la circolare Inps n. 44 del 2013, è volta a chiarire e semplificare il dettato normativo. La legge, infatti, introduce un nesso tra il contributo e il teorico diritto all’ASpI da parte del lavoratore il cui rapporto di lavoro è stato interrotto. Conseguentemente, i datori di lavoro saranno tenuti all’assolvimento della contribuzione all’Inps in tutti i casi in cui la cessazione del rapporto generi in capo al lavoratore il teorico diritto alla nuova indennità, a prescindere dall’effettiva percezione della stessa. Quindi il ticket licenziamento va versato, anche se il lavoratore non va a percepire l’Aspi.
Calcolo ticket licenziamento per Aspi e computo anzianità aziendale
Sulla base delle modifiche della legge di Stabilità 2013, rispetto a quanto inizialmente previsto dalla riforma Fornero, con il contributo pari al 50% dell’indennità Aspi, il meccanismo di calcolo e versamento del contributo è stato reso più snello. La circolare n. 44 del 2013 chiarisce che il riferimento legislativo “una somma pari al 41 per cento del massimale mensile di ASpI per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni” va inteso come un richiamo alla somma limite di cui all’articolo 2, c. 7 della legge n. 92 del 2012 che, per l’anno 2013, è stabilita in € 1.180,00.
L’importo del ticket di licenziamento 2013 va da 483,80 euro a 1.451 euro. Quindi è su 1.180 euro che va calcolato il 41%, quindi ogni 12 mesi di anzianità aziendale del lavoratore licenziato c’è un ticket di licenziamento da pagare di 483,80 euro (41% di 1.180 euro). Questa è la misura per l’anno 2013, poi questo valore massimale Aspi va aggiornato ogni anno in base all’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati intercorsa nell'anno precedente. A questo punto, il ticket di licenziamento massimo da pagare, ossia tre quote massime, pari a 36 mesi di anzianità aziendale, è pari a 1.451,00 euro nel 2013.
Per informazioni sui casi particolari, come il caso del contratto di lavoro part-time, oppure dei licenziamenti in un rapporto di lavoro di durata inferiore a 12 mesi, oppure i casi di trasformazione di un contratto a termine in un contratto a tempo indeterminato, tutti seguiti da interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, vediamo l’approfondimento sul calcolo del ticket di licenziamento.
Contributo di licenziamento triplo nei licenziamenti collettivi. Il comma 35 aggiunge: “A decorrere dal 1° gennaio 2017, nei casi di licenziamento collettivo in cui la dichiarazione di eccedenza del personale di cui all'articolo 4, comma 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223, non abbia formato oggetto di accordo sindacale, il contributo di cui al comma 31 del presente articolo è moltiplicato per tre volte”. Quindi tre volte l’importo dell’Aspi. A questo punto vediamo a quanto ammonta l’importo del primo mese di Aspi e quanto ammonta il conseguente contributo di licenziamento.
Computo dell’anzianità aziendale. Oltre alla misura del ticket di licenziamento, è importante anche il computo dei mesi, essendo dovuta una quota di 483,80 euro ogni 12 mesi di anzianità. Nel computo dell'anzianità aziendale, utile quindi a determinare quante quote del 41% dell’Aspi deve versare il datore di lavoro (che vanno da una a tre quote), sono compresi i periodi di lavoro con contratto diverso da quello a tempo determinato, se il rapporto è proseguito senza soluzione di continuità o se comunque si è dato luogo alla restituzione di cui al comma 30 (riguardo a questo ultimo riferimento al comma 30, trattasi della trasformazione a tempo indeterminato del contratto a termine scaduto entro il termine di 6 mesi. In questo caso si ha diritto alla restituzione del contributo addizionale Aspi, di cui accenneremo in seguito).
Nel computo dell’anzianità aziendale non si tiene conto dei periodi di congedo di cui all’articolo 42, c. 5 del D.lgs, 151/2001 (congedi della legge 104 del 1992).
Le modalità di versamento del contributo di licenziamento Aspi
Le modalità di pagamento del ticket di licenziamento Aspi sono state chiarite dall’Inps nella circolare n. 44 del 22 marzo 2013. Il pagamento deve avvenire in unica soluzione, quindi nessuna rateizzazione possibile. E deve avvenire entro e non oltre il termine di versamento della denuncia successiva a quella del mese in cui si verifica la risoluzione del rapporto di lavoro. Quindi un rapporto finito a maggio vede l’obbligo del datore di lavoro di un versamento entro il 16 luglio. Per quanto riguarda invece i licenziamenti già avvenuti nella prima parte del 2013, l’Inps ha dato tre mesi di tempo per il pagamento dei ticket arretrati da gennaio a marzo 2013. Per maggiori informazioni vediamo il versamento del ticket di licenziamento.
Quando il ticket di licenziamento è dovuto ed i casi di esclusione
Come si è visto, si tratta di oneri finanziari, più precisamente di costi di natura previdenziale di importante impatto sul mondo del lavoro. Il datore di lavoro che, a partire dal 1 gennaio 2013, procede ad un licenziamento individuale deve sostenere questo costo, sopra determinato. Si precisa che la norma riguarda anche altre forme di cessazione del rapporto di lavoro, in quanto non fa riferimento al licenziamento ma a tutti i casi di interruzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato per causa diversa dalle dimissioni.
Esclusioni dal ticket di licenziamento. La circolare n. 44 del 22 marzo 2013 a tal fine precisa che restano, quindi, escluse dall’obbligo contributivo in argomento le cessazioni del rapporto di lavoro a seguito di:
- dimissioni (ad eccezione di quelle per giusta causa o intervenute durante il periodo tutelato di maternità;
- risoluzioni consensuali, ad eccezione di quelle derivanti da procedura di conciliazione presso la D.T.L., nonché da trasferimento del dipendente ad altra sede della stessa azienda distante più di 50 km dalla residenza del lavoratore e\o mediamente raggiungibile in 80 minuti o più con i mezzi pubblici;
- decesso del lavoratore.
Esonero del lavoro domestico. L’Inps nella circolare n. 25 dell’8 febbraio 2013, ha chiarito che il contributo di licenziamento è dovuto solo dalle imprese e non dalle famiglie. Ecco quanto indicato nella circolare: “Relativamente al contributo dovuto in caso di interruzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato previsto al comma 31, art. 2, legge 28 giugno 2012, n. 92, come modificato dal comma 250, art. 1, legge 24 dicembre 2012, n. 228, si ritiene che lo stesso non sia applicabile al rapporto di lavoro domestico, attese le peculiarità di quest’ultimo”. Per maggiori informazioni vediamo lavoro domestico niente contributo di licenziamento.
Quando il contributo non è dovuto: appalto ed edilizia. Il contributo di licenziamento all’Inps per finanziare l’Aspi, come precisa la circolare Inps n. 140 del 2012, e secondo quanto previsto dall’art. 2 comma 34 della Riforma Fornero, non è dovuto, per il periodo 2013 – 2015, nei seguenti casi:
- licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto, ai quali siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro, in applicazione di clausole sociali che garantiscano la continuità occupazionale prevista dai CCNL;
- interruzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle attività e chiusura del cantiere.
Contributo di licenziamento Aspi, apprendistato e mobilità. La circolare Inps n. 140 del 2012 precisa invece che “ai sensi dell’art. 2, co. 32, il contributo è dovuto anche per:
- le interruzioni dei rapporti di apprendistato diverse dalle dimissioni o dal recesso del lavoratore, ivi compreso il recesso del datore di lavoro al termine del periodo di formazione di cui all’art. 2, co. 1, lett. m) del D.lgs. n.167/2011. Il contributo di licenziamento è comunque dovuto nei casi di dimissioni dell’apprendista per giusta causa o intervenute durante il periodo tutelato di maternità;
- Fino al 31 dicembre 2016, sono esclusi dal versamento del predetto contributo i datori di lavoro tenuti al versamento del contributo d’ingresso nelle procedure di mobilità ex art. 5, co. 4, della legge n. 223/91.
Quindi per l’apprendistato valgono le stesse regole degli altri, mentre per la mobilità le imprese si salvano. Ma fino al 2016, dopo, come abbiamo visto, scatta il triplo del contributo per licenziamento collettivo.
Procedura di conciliazione e ticket licenziamento. La contribuzione deve essere versata nei casi di procedura di conciliazione da tenersi presso la D.T.L. secondo le modalità previste all’art. 7 della legge n. 604/1966 come sostituito dall’art. 1, comma 40, della legge di riforma. In questa ipotesi, infatti, qualora la conciliazione abbia un esito positivo e preveda una risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, è riconosciuta espressamente al lavoratore l’erogazione della nuova indennità ASpI.
Accordi sindacali del personale dirigente e contributo di licenziamento Aspi. Infine, in forza della previsione contenuta all'art. 34, comma 54, lettera b) della legge n. 221/2012, restano escluse dal contributo in questione le cessazioni intervenute a seguito di accordi sindacali nell'ambito di procedure ex articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, ovvero di processi di riduzione di personale dirigente conclusi con accordo firmato da associazione sindacale stipulante il contratto collettivo di lavoro della categoria. Quest’ultima esenzione opera con esclusivo riferimento a situazioni che rientrano nel quadro dei provvedimenti di “tutela dei lavoratori anziani” di cui all’articolo 4 della legge n. 92 del 2012.
Contributo addizionale per i contratti non a tempo indeterminato
Oltre al contributo cosiddetto di licenziamento, ossia il “contributo dovuto nei casi di interruzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato per causa diversa dalle dimissioni”, la legge Fornero e la circolare dell’Inps hanno introdotto anche il contributo addizionale per i contratti a termine.
Si tratta di quanto previsto dal comma 28 dell’art. 2 della Legge n. 92 del 2012: “Con effetto sui periodi contributivi dal 1 gennaio 2013, ai rapporti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato si applica un contributo addizionale, a carico del datore di lavoro, pari all'1,4 per cento della retribuzione imponibile ai fini previdenziali”. Questo significa che le imprese devono versare per ogni lavoratore con il quale hanno in corso un contratto a termine, a partire dalle retribuzioni di gennaio 2013, un contributo Inps aggiuntivo dell’1,40%, che si somma all’1,61% previsto per finanziare l’Aspi sui contratti a tempo indeterminato.
In sostanza, un contratto a tempo determinato costa il 3,01% alle imprese, con un incremento dell’1,4% del costo del lavoro. Sono previsti dei casi di restituzione del contributo in caso di stabilizzazioni a tempo indeterminato. Per maggiori informazioni vediamo il contributo addizionale Aspi per i contratti a termine.