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Documenti informatici fiscalmente rilevanti: normativa conservazione digitale e deducibilità

Attraverso il processo di dematerializzazione sempre più documenti cartacei vengono trasformati in documenti digitali. Ma non solo, molti documenti informatici fiscalmente rilevanti nascono già come digitali. Vediamo quindi cosa prevede la legge sulle modalità di conservazione sia in campo fiscale, per la gestione dei documenti digitali fiscalmente rilevanti. Dalla normativa alle modalità e termini di conservazione dei documenti informatici fiscalmente rilevanti, come ad esempio le note spese, ecco quali sono le regole per la piena deducibilità dei costi e spese in esso contenute.
A cura di Antonio Barbato
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conservazione digitale
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Lavoratori autonomi e imprese italiane, con l’avanzare della tecnologia, sono sempre più alle prese con la conservazione e la tenuta di documenti informatici fiscalmente rilevanti, quali ad esempio fatture relative a costi e spese sostenute nell’esercizio dell’attività di lavoro autonomo o d’impresa. Ma quali sono le regole e la normativa per la conservazione dei documenti fiscali posseduti in versione digitale, quali sono le regole per la deducibilità dei costi e delle spese in esso inserite? Proviamo a fare un quadro generale della normativa.

Le tecnologie informatiche sono ormai parte integrante e rilevante della vita di ognuno. La rapida diffusione degli strumenti informatici ha portato ad un processo di dematerializzazione dei documenti e quindi alla sostituzione dei classici documenti cartacei con documenti di tipo elettronico e quindi digitale.

Vediamo quindi quale è il rapporto tra la normativa sulla dematerializzazione dei documenti fiscali e la deducibilità degli stessi.

Perché la dematerializzazione dei documenti conviene

Il processo di dematerializzazione dei documenti riguarda chiunque. Si pensi soltanto a quanto spazio possiamo recuperare attraverso la conservazione digitale delle fotografie scattate nel corso degli anni, rispetto allo spazio che richiedeva conservare le stesse foto stampate su carta. Si pensi, inoltre, al risparmio di tempo e spazio che la gestione dematerializzata ed informatizzata dei documenti permette nel mondo del lavoro.

Oggi la gestione manuale dei documenti aziendale è un processo si può dire quasi irrazionale, per la mole di tempo che richiede e per il margine di errore che genera.

Tuttavia il processo di dematerializzazione dei documenti aziendali richiede tempo e risorse, ma a fronte dell’investimento iniziale i vantaggi sono innegabili, non solo in termini di spazio, ma anche in termini di facilità di ricerca e di utilizzo degli stessi.

Non va, tuttavia, dimenticato che è necessario chiarire il valore legale dei documenti informatici fiscalmente rilevanti e quali caratteristiche devono avere quelli digitali per essere equiparati alla loro corrispondente versione analogica.

Al giorno d’oggi, la maggior parte dei documenti aziendali può essere oggetto di dematerializzazione. Sia che si tratti di note spese, report, libri del personale che di fattura, il cartaceo sta lasciando spazio al digitale. Il processo di dematerializzazione degli ultimi anni, comunque, è stato anche appoggiato dai governi che si sono succeduti, si pensi ad esempio alla fatturazione elettronica.

Normativa documenti informatici fiscalmente rilevanti

Il processo di dematerializzazione è andato così oltre che oggi le aziende si chiedono se è possibile che la gestione dei documenti aziendali avvenga in maniera esclusivamente informatica e se in questi casi le regole di deducibilità delle spese riportate in tali documenti siano le stesse rispetto alle spese giustificate dai documenti in formato cartaceo.

Prima di entrare nel merito rispetto a quanto detto sopra è necessario capire come la legge ha regolato tale processo, che non è esente da regole ben precise.

Innanzitutto quando si parla di documenti informatici, il principale riferimento normativo è il D.lgs. n. 82 del 2005 anche detto “Codice dell’Amministrazione Digitale” o “CAD” e i decreti di attuazione dello stesso: si pensi al D.P.C.M. 22 febbraio 2013, 3 dicembre 2013 e 13 novembre 2014, in materia di regole tecniche per le firme elettroniche, la conservazione e la formazione dei documenti informatici e al D.M. 17 giugno 2014, recante “Modalità di assolvimento degli obblighi fiscali relativi ai documenti informatici ed alla loro riproduzione su diversi tipi di supporto” per quanto riguarda l’ambito tributario.

Il D.M. 17 giugno 2014 ha dato attuazione all’articolo 21, comma 5, del D.Lgs n. 82/2005 c.d CAD, e definisce le modalità di assolvimento degli obblighi fiscali relativi ai documenti informatici ed alla loro riproduzione su diversi tipi di supporto. Tale norma inoltre introduce importanti semplificazioni ai processi di dematerializzazione della documentazione rilevante ai fini fiscali.

Tra le novità più importanti introdotte dal decreto di cui sopra ci sono:

  • l’eliminazione dell’obbligo di conservazione quindicinale delle fatture allineandolo al termine dei libri e registri. Il processo di conservazione dei documenti con valenza fiscale, quindi, è effettuato entro tre mesi dal termine di presentazione delle dichiarazioni dei redditi, quindi secondo il termine stabilito dall’art. 7, comma 4-ter, del decreto-legge 10 giugno 1994, n. 357, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 1994, n. 489;
  • Il contribuente che effettua la conservazione in modalità elettronica dei documenti rilevanti ai fini tributari lo comunica nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta di riferimento. È stato, quindi, eliminato l’adempimento della comunicazione dell’impronta dell’archivio dei documenti con rilevanza tributaria da inviare all’Agenzia delle Entrate;
  • Il Decreto stabilisce che, il pagamento dell’imposta di bollo sui documenti informatici fiscalmente rilevanti avviene mediante esclusivamente con versamento telematico ed in un’unica soluzione entro 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio.

Conservazione di documenti informatici

Per quanto riguarda la conservazione dei documenti informatici, non sono pochi i quesiti in merito alle modalità operative e le problematiche giuridiche che sono state sollevate negli anni dagli operatori del sistema economico.

Nel 2015 l’Agenzia per l’Italia digitale ha pubblicato le “Linee Guida sulla conservazione dei documenti informatici”. In tale documento sono illustrate le procedure e gli strumenti per la conservazione dei documenti informatici nativi da parte delle Pubbliche amministrazioni, ma che possono rilevarsi utili anche per le aziende private. Attraverso le Linee Guida, l’Agid fornisce inoltre informazioni relative ai requisiti, ai processi, alle attività e alle responsabilità in materia di conservazione dei documenti informatici nativi, nel rispetto dei riferimenti normativi.

Nello specifico, si parla inoltre di conservazione dei documenti informatici ai fini della loro rilevanza fiscale. L’argomento è di grande interesse per aziende ed i professionisti e, per gli innumerevoli vantaggi che genera è destinata a divenire nel tempo la modalità predominante di gestione dei documenti.

Quali sono i documenti informatici rilevanti ai fini tributari?

Si possono considerare documenti informatici rilevanti ai fini tributari ad esempio le fatture attive e passive, i documenti di trasporto, i registri Iva, il libro giornale, il libro mastro, il libro cespiti, il libro inventari, i vari modelli dichiarativi, comunicativi e quelli di versamento come F24 e F23. Questi devono rispettare quanto stabilito dal decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 17 giugno 2014. Tuttavia tali documenti non sono esonerati dal rispetto delle norme civilistiche quali l’art. 2220, l’art. 2214, l’art. 2215-bis e l’art. 2217 del cod. civ.

Requisiti. I documenti informatici rilevanti ai fini fiscali devono possedere quattro importanti caratteristiche: dell’immodificabilità, dell’integrità, dell’autenticità e della leggibilità. Inoltre, è richiesto l’utilizzo di appositi formati che ne permettano la conservazione, come ad esempio i formati PDF/A, PDF, XML, TXT, TIFF, JPG. In questo modo si garantisce la certezza della paternità del documento stesso e si rende non alterabile il contenuto del documento informatico rilevante ai fini fiscali.

Per quanto, invece, riguarda la conservazione di un documento informatico rilevante ai fini fiscali, questo va conservato, come già detto prima, per tutto il periodo previsto sempre nella modalità informatica, entro tre mesi dal termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di riferimento. C’è inoltre da dire che coloro i quali effettuano la conservazione elettronica dei documenti fiscali devono comunicarlo nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta di riferimento e devono ricordarsi che tali documenti sono assoggettati ad imposta di bollo secondo la modalità di cui all’art. 6 del Decreto quindi entro 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio fiscale e con un semplice F24 telematico.

Conservazione di documenti analogici in formato digitale

I documenti per i quali si vuole utilizzare il metodo di conservazione digitale possono tuttavia non essere documenti digital native, cioè documenti nati già in modalità digitale, ma documenti analogici (cartacei) che si vuole andare a digitalizzare e a conservare in formato digitale. Per questo tipo di documenti vale quanto disciplinato dall’art. 4 del Decreto 17 giugno 2014 che detta quanto di seguito riportato in merito agli obblighi da osservare per la dematerializzazione di documenti e scritture analogici rilevanti ai fini tributari:

  • “Ai fini tributari il procedimento di generazione delle copie informatiche e delle copie per immagine su supporto informatico di documenti e scritture analogici avviene ai sensi dell'art. 22, comma 3, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e termina con l'apposizione della firma elettronica qualificata, della firma digitale ovvero della firma elettronica basata sui certificati rilasciati dalla Agenzie fiscali. La conservazione avviene secondo le modalità di cui all'art. 3 del presente decreto”;
  • “Ai fini fiscali, la conformità all'originale delle copie informatiche e delle copie per immagine su supporto informatico di documenti analogici originali unici, è autenticata da un notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato, secondo le modalità di cui all'art. 22, comma 2, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e delle relative regole tecniche”;
  • “La distruzione di documenti analogici, di cui è obbligatoria la conservazione, è consentita soltanto dopo il completamento della procedura di cui ai precedenti commi”.

Per documenti analogici originali unici si intendono quei documenti per i quali esistono esigenze di natura pubblicistica e per questo vige l'obbligo alla conservazione dell'originale analogico oppure, in caso di conservazione sostitutiva, la conformità del documento digitale all'originale analogico deve essere autenticata da un notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato con dichiarazione da questi firmata digitalmente ed allegata al documento informatico.

Tuttavia se il documento originale è nativo analogico e non unico per trasformarlo in documento digitale si può utilizzare un procedimento di generazione della sua copia informatica o della sua copia per immagine quindi una scansione, che sia fedele e veritiera del contenuto fiscalmente rilevante rispetto al documento analogico di partenza. Il processo va terminato obbligatoriamente con l’apposizione della firma digitale sulla copia.

Inoltre l’Agenzia delle Entrate con risoluzione n.46/E del 10 aprile 2017 ha dato risposta ad un interpello circa la “Produzione e conservazione elettronica dei documenti informatici rilevanti ai fini tributari”.

Secondo l’Agenzia delle Entrate, qualora un documento sia dotato dei requisiti per essere considerato “informatico” e quindi sia “il documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti” (si veda articolo 1, lettera p), del Cad) non è necessaria la materializzazione dello stesso su supporti fisici per considerarlo giuridicamente esistente ai fini delle disposizioni tributarie. Quindi, ad esempio, è possibile evitare la stampa di una fattura ricevuta in formato digitale, pur quando la stessa, in base all’articolo 21 del Dpr 633/1972, non sia una vera e propria “fattura elettronica” dotata, quindi, di tutti i requisiti previsti dallo stesso articolo 21 per tale tipologia di fattura.

Verifiche, controllo ed ispezioni. Tuttavia in caso di verifiche, controlli o ispezioni, come previsto dall’articolo 5, comma 2, Dm 17 giugno 2014, il documento informatico dovrà essere reso leggibile e, se richiesto, disponibile su supporto cartaceo o informatico presso la sede del contribuente ovvero presso il luogo di conservazione delle scritture dichiarato dal soggetto ai sensi dell’articolo 35, comma 2, lettera d), Dpr 633/1972.

Sempre nella risoluzione n.46/E del 10 aprile 2017, l’Agenzia delle Entrate fornisce ulteriori interessanti precisazioni e spiegazioni circa quella che è la conservazione dei documenti digitali fiscalmente rilevanti.

Nello specifico l’amministrazione finanziaria conferma che in caso di acquisti in regime di reverse charge (articoli 46 del Dl 331/1993, 17 e 74 del Dpr 633/1972) è possibile, per l’assolvimento dell’Iva da parte del cessionario/committente:

  • predisporre un altro documento da allegare all’immagine della fattura ricevuta, nel quale ci siamo sia i dati necessari per l’integrazione sia gli estremi della stessa (secondo quanto già indicato in precedenti documenti di prassi, quali la circolare 13/1994, nonché la successiva 45/2005 e la risoluzione 52/ 2010);
  • conservare tutta la documentazione, quindi anche le fatture e i documenti integrativi a esse collegati, in formato elettronico senza procedere ad alcuna stampa

La stessa Agenzia conferma inoltre non è necessario (si vedano anche le risoluzioni 153/2000 e 318/2007):

  • che il numero progressivo di registrazione delle fatture sul registro Iva coincida con il numero di protocollo di ricezione. Una volta annotatati entrambi i numeri attribuiti alla fattura di acquisto, sia sul registro dei protocolli di arrivo sia sul registro Iva degli acquisti, si assicura l’univoca correlazione tra i dati contenuti nel documento e i dati riportati sui registri;
  • che venga apposto fisicamente sul documento originale il “numero progressivo Iva”, se si assicura la perfetta corrispondenza dei dati contenuti nella fattura con i dati riportati nel registro Iva degli acquisti e nel registro dei protocolli di arrivo. In particolare, è bene che sia riportato nel registro Iva, con riferimento a ciascun documento, anche il numero progressivo di “protocollo di arrivo”, risultando comunque indispensabile che attraverso la consultazione dell’archivio informatico sia facilmente reperibile qualsiasi documento originale contraddistinto da tale classificazione.

Termini di conservazione

Come già più volte detto prima, i termini di conservazione di documenti digitali rilevanti ai fini fiscali rispettano il terzo mese successivo al termine di presentazione delle dichiarazioni annuali.

Ma quale dichiarazione? Il riferimento è alla dichiarazione dei redditi, a quella Iva o altro? Nella risoluzione n.46/E del 2010 l’Agenzia delle Entrate chiarisce che il termine in questione, è da intendersi come quello di presentazione delle dichiarazioni annuali dei redditi, valido anche per i documenti rilevanti ai fini Iva, anche se da quest’anno la presentazione delle due dichiarazioni non è più allineata (l’articolo 8 del Dpr 322/1998).

Quindi per i periodi d’imposta coincidenti con l’anno solare, a legislazione vigente, il termine ultimo di conservazione coinciderà con il 31 dicembre successivo.  

 

Mentre per le società con i periodi d’imposta non coincidenti con l’anno solare, tipici degli esercizi “a cavallo” (ad esempio, 1° luglio 2015 – 30 giugno 2016) i documenti rilevanti ai fini Iva andranno conservati entro il terzo mese successivo al termine di presentazione della prima dichiarazione dei redditi successiva alla fine dell’anno solare.

Quindi se l’esercizio va dal 1° luglio 2015 al 30 giugno 2016, la dichiarazione dei redditi va presentata entro il 31 marzo 2017, a questo punto i documenti fiscalmente rilevanti e, qui si comprendono anche le fatture emesse nel corso del periodo 1° gennaio – 31 dicembre 2016 andranno portati in conservazione non oltre il 30 giugno 2017.

Documento informatico: deducibilità costi e note spese trasferte

L’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione n. 96/E del 21 luglio 2017 è intervenuta in materia di formazione, approvazione, controllo e conservazione informatica di note spese relative alle trasferte ai fini della deducibilità dei costi rappresentati in tali note spese come da richiesta dell’operatore istante.

In merito alla deducibilità di spese documentate da documenti conservati esclusivamente in maniera digitale, l’Agenzia delle Entrate ha espresso parere favorevole ed ha fornito chiarimenti per quanto riguarda la gestione documentale delle note spese delle trasferte e dei relativi documenti giustificativi.

Innanzitutto i documenti informatici a rilevanza fiscale sono quelli che contengono “la rappresentazione di atti e fatti o di dati giuridicamente rilevanti ai fini tributati” e che verranno poi utilizzati per la deducibilità dei costi.

Tali documenti devono avere i requisiti legislativamente individuati per la deducibilità dei costi quindi inerenza, competenza e congruità, ed inoltre devono possedere, tra le altre, le seguenti caratteristiche:

  • immodificabilità,
  • integrità,
  • autenticità.

come previsto dall’articolo 2, del D.M. 17 giugno 2014 e l’articolo 3 dei D.P.C.M. 13 novembre 2014 e 3 dicembre 2013.

Le tre caratteristiche appena elencate sono garantite dal processo di conservazione digitale dei documenti informatici.

Quindi, secondo quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate, qualora questi requisiti siano detenuti nulla vieta che i documenti analogici siano sostituiti da quelli informatici (ovvero siano realizzati duplicati informatici di documenti informatici ai sensi dell’articolo 23-bis del CAD) e che la procedura sia interamente dematerializzata.

L’Agenzia delle Entrate inoltre, ci spiega che essendo le note spese documenti che trovano corrispondenza anche nella contabilità dei cedenti o prestatori tenuti agli adempimenti fiscali, ed essendo quindi documenti analogici originali non unici, in quanto in possesso anche di terzi, una volta perfezionato il procedimento di conservazione elettronica dei documenti è possibile provvedere alla distruzione dell’originale senza che sia necessaria l’attestazione di conformità da parte del notaio o di altro pubblico ufficiale.

Qualora però il giustificativo allegato alla nota spese abbia natura di documento analogico originale unico, quindi non consenta di risalire al suo contenuto attraverso altre scritture o documenti anche se in possesso di terzi, per la conservazione elettronica è necessario l’intervento di un notaio o di un pubblico ufficiale che ne attestino la conformità all’originale.

Questo vale anche nelle ipotesi in cui i giustificativi siano emessi da soggetti economici esteri di Paesi extra UE, con i quali non esiste una reciproca assistenza in materia fiscale. Essendo, in questo caso, impossibile per l’Amministrazione finanziaria ricostruire il contenuto dei giustificativi attraverso altre scritture o documenti in possesso dei terzi tali documenti andranno considerati originali unici, con risvolti quindi sulla loro conservazione.

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