E' primo maggio, la festa dei lavoratori, ma in Italia c’è un emergenza occupazionale cronica. Siamo tra i peggiori paesi europei nei dati sulla disoccupazione, soprattutto giovanile. A peggiorare le cose c’è il boom dei voucher, che evidenzia ancora di più che nel Belpaese c’è scarsa fiducia, possibilità e (in alcuni) voglia negli imprenditori di assumere personale, nonostante tutti i decreti del Jobs Act. Ma ci sono due dati che preoccupano più di tutti: l’Italia è al quarto posto in Europa come costo del lavoro ma precipita al 22° posto come stipendi netti. Ciò significa che abbiamo un costo del lavoro tra i più elevati ma che si traduce in stipendi in tasca dei lavoratori tra i bassi d'Europa.
Dall’altro lato in senso positivo c’è un dato chiave e significativo: nel 2015, non appena il Governo Renzi ha introdotto l’esonero contributivo triennale del 100% sui contributi da versare dall’Inps, i datori di lavoro rincuorati da uno “sconto” sulle assunzioni a tempo indeterminato fino a 8.060 euro all’anno per 3 anni, hanno risposto positivamente: ci sono state 1,5 milioni di assunzioni a tempo indeterminato.
Ancora una volta è dimostrato che il problema è lì, nel famoso cuneo fiscale, ossia il differenziale tra costo del lavoro (quanto costa effettivamente in soldoni ad un imprenditore tenere in forza ogni mese un lavoratore) e stipendio effettivamente percepito da un lavoratore. Possibile mai che per ogni 1.000 euro netti erogati ad un lavoratore, un datore di lavoro debba mettere sul tavolo più del doppio come costo del lavoro, tra stipendio, "tasse" e contributi?
A peggiorare le cose nel 2016, è arrivata la riduzione dell’esonero contributivo di cui sopra, che è stato portato dal 1 gennaio e al 31 dicembre 2016 dal 100% al 40%, perché non era possibile sostenere finanziariamente la misura. La conseguenza? Che si sono drasticamente fermate le assunzioni in Italia nel 2016.
E questo è un segnale importante, che evidenzia un ulteriore problema: in Italia non c’è una politica che lanci lo sviluppo delle attività produttive del paese.
La domanda è: se gli imprenditori non hanno commesse, non hanno nuove lavorazioni da eseguire, se non c’è una politica italiana che favorisca lo sviluppo e gli investimenti (anche europei) sul mercato italiano, come volete che i datori di lavoro assumano nuovo personale?
Se non hanno cosa produrre, se non possono incrementare il loro business o fatturato, difficilmente possono assumere personale, ovviamente. Il passo di assumere lo fanno solo coloro che già avevano lavoratori ma impiegati attraverso contratti a progetto (abrogati dal Jobs Act), partite IVA, stage e/o peggio ancora voucher.
C’è da dire che l’emergenza occupazionale si accompagna all’emergenza pensionistica e quindi non si può pretendere un abbassamento eccessivo delle aliquote contributive dell’Inps come strumento per ridurre il costo del lavoro, essendo il sistema pensionistico italiano già in difficoltà. E infatti la Riforma Fornero ha peggiorato la situazione, obbligando molti lavoratori over 60 anni a restare ulteriori anni a lavoro prima del tanto atteso accesso alla pensione. Andare in pensione anticipata è diventato impossibile, la pensione di vecchiaia si allontana. E certo non si può pretendere un rilancio della produttività in Italia a lavoratori già a lavoro da oltre 30 anni e demotivati dall’allontanamento della traguardo pensione.
Passiamo ai giovani: da due anni in Italia c’è il piano europeo Garanzia Giovani. E’ per molti giudicato un grande flop, uno spreco di risorse europee in quanto tra stage, accompagnamento al lavoro e bonus erogati alle aziende, alla fine dei conti una bassissima percentuale di giovani ha trovato un posto di lavoro ed una percentuale troppo alta di giovani ha invece trovato solo la possibilità di fare uno stage, un tirocinio troppo spesso viziato da mancata formazione effettiva ed eccessivo sfruttamento.
Su questo punto sarei molto più ottimista: Garanzia giovani mette sul tavolo un bonus occupazionale da 1.500 a 6.000 euro alle aziende che assumono a tempo indeterminato i giovani under 30 anni, tra l’altro cumulabile con l’esonero contributivo di cui abbiamo parlato sopra.
I dati sono importanti: in quasi tutta Italia le risorse sul bonus occupazionale si sono ultimate, quindi le aziende hanno assunto tanti giovani esaurendo tutte le risorse. E ci sono ancora tantissimi imprenditori che attendono il rifinanziamento della misura per stabilizzare altri giovani. Sì, dico “stabilizzare”, perché bisogna dirselo: trattasi in molti casi di emersione di lavoro nero oppure di trasformazione in un contratto a tempo indeterminato (anche in apprendistato) per giovani assunti inizialmente con il famoso stage, il tirocinio formativo.
Questo strumento, lo stage, è purtroppo molto abusato anche da chi non intende puntare sulla formazione di nuovo personale ma semplicemente sul risparmio ottenuto dall’occultamento di un vero e proprio rapporto di lavoro.
Ma ci sono anche aziende in Italia che utilizzano il periodo iniziale di stage (con o senza l’aiuto di Garanzia Giovani) veramente per formare un giovane e poi assumerlo con apprendistato o indeterminato. E su questa aziende bisogna investire, fornendo loro strumenti di risparmio sul costo del lavoro.
Ebbene, in questo quadro generale di emergenza occupazionale, non bisogna illudersi che tutto cambierà velocemente per giovani e meno giovani, ma comunque bisogna avere fiducia nelle politiche attive italiane ed europee.
Perché qualcosa sta cambiando proprio nelle politiche attive in Italia: prima di tutto è in fase di lancio l’Anpal, la nuova Agenzia nazionale per le politiche attive, poi c’è una nuova fase nell’intermediazione tra domanda ed offerta di lavoro. Sono arrivati fondi europei e sono state introdotte nuove norme che potrebbero rilanciare in maniera effettiva il ruolo dei centri per l’impiego in Italia. Quest’ultimi coinvolti, almeno nelle intenzioni, in un nuovo ruolo.
Sono stati previsti incentivi economici anche per i soggetti privati (agenzie per il lavoro) che favoriscono l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro.
Bisogna essere concreti e non falsi moralisti, questa è la chiave giusta: incentivare le imprese con bonus occupazionali o esoneri contributivi che abbattono il costo del lavoro, unitamente all’erogazione di bonus economici, una specie di premio di risultato, a chi riesce a collocare con un contratto i giovani e i meno giovani, in base alla loro classe di profilazione. Parliamo dei soggetti privati che intervengono nell'intermediazione tra domanda ed offerta di lavoro accanto ai centri per l'impiego.
In questo modo, c’è da avere fiducia che arriverà un opportunità effettiva anche per i soggetti difficilmente collocabili, come quelli classificati con profilazione alta tra i giovani, oppure ad esempio i disoccupati di lunga durata, che hanno poca formazione professionale e scolastica alle loro spalle, oppure i soggetti con un’età avanzata (oltre i 50 anni). Se per questi ultimi soggetti si mettono in campo, come succede in alcune regioni, bonus occupazionali di 7.000 euro alle imprese che l’assumono più incentivi economici ai soggetti privati che favoriscono l’incontro tra l’azienda ed il lavoratore, allora le possibilità concrete di ricollocamento di soggetti espulsi dai processi produttivi aumentano sensibilmente.
Nel Decreto sulle politiche attive si pretende inoltre anche che il lavoratore disoccupato, magari percettore di prestazioni quali l’indennità di disoccupazione Naspi, finalmente si attivi, in collaborazione con il centro per l’impiego, per favorire il suo ricollocamento nel mondo del lavoro. Per lui è messo a disposizione anche un assegno di ricollocazione, una cifra economica a supporto della sua ricerca di un posto di lavoro, tra l’altro è spendibile anche presso soggetti privati, se il centro per l’impiego non si attiva per lui in tempo.
Concludo dicendo che la disoccupazione in Italia è grave e non risolvibile in breve tempo, ma siamo agli inizi di una nuova fase italiana ed europea nelle politiche attive e a mio avviso bisogna avere fiducia in Italia nell’Anpal, nelle politiche attive ed anche nel piano nazionale Garanzia Giovani, dove l’Europa continuerà ad inviare in Italia grosse risorse economiche fino al 2020. Sta a noi italiani non sprecarle.