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Il diritto al risarcimento dei danni nella tutela reale

Oltre alla reintegrazione nel posto di lavoro, il lavoratore illegittimamente licenziato da un datore di lavoro con più di 14 dipendenti, ha diritto anche al risarcimento dei danni. Il minimo è 5 mensilità, contributi previdenziali compresi.
A cura di Antonio Barbato
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tutela reale

I lavoratori delle aziende con più di 15 dipendenti godono di una speciale tutela in caso di licenziamento illegittimo da parte del datore di lavoro. Si tratta della cosiddetta tutela reale, che permette al lavoratore, che impugna il licenziamento da parte del datore di lavoro, ed ottiene sentenza di condanna da parte del giudice, di ottenere il reintegro nel posto di lavoro (o a sua scelta, una indennità sostitutiva del reintegro pari a 15 mensilità) ed il risarcimento dei danni patiti a seguito del licenziamento.

La tutela reale, si sottolinea, riguarda solo i lavoratori di unità produttive con almeno 15 dipendenti (o 5 nel settore agricolo) ed è prevista dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori,  la legge n. 300 del 1970. Si tratta di una delle norme che più tutela il diritto al lavoro, che è costituzionalmente garantito dall’art. 4 “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”, ed è fortemente difeso dai lavoratori, per l’art. 18 sempre pronti allo sciopero.

Nel caso di lavoratori delle aziende con meno di 15 dipendenti, la tutela applicata in caso di licenziamento illegittimo è invece la tutela obbligatoria. Approfondiamo ora la natura e l’entità del risarcimento dei danni che spetta al lavoratore, oltre al reintegro nel posto di lavoro.

Il risarcimento e gli stipendi arretrati

Oltre alla facoltà di scelta tra la reintegrazione nel posto di lavoro e l’indennità sostitutiva della reintegrazione pari a 15 mensilità, il lavoratore ha diritto ad un risarcimento dei danni, che è pari alla retribuzione globale di fatto che il dipendente avrebbe percepito per il periodo intercorrente dal giorno del licenziamento comunicato dal datore di lavoro e sino al giorno della sua reintegrazione a seguito della sentenza del giudice. In pratica, ha diritto a tutti gli stipendi persi dal licenziamento.

I contributi previdenziali. Il datore di lavoro è tenuto non solo al pagamento degli stipendi arretrati ma anche, giustamente, al versamento dei contributi dovuti all’ente previdenziale (es. Inps) ed all’ente assistenziale (Inail) sulle somme erogate al dipendente a titolo di risarcimento dei danni.

Minimo 5 mensilità di risarcimento. Una importante sentenza della Corte di Cassazione del 2002, ha sancito  che la misura del risarcimento dei danni non dovrà essere di importo inferiore a cinque mensilità di retribuzione globale di fatto. Per quanto riguarda i contributi previdenziali, potrebbe accedere che non siano trascorsi 5 mesi dalla data di licenziamento alla data del diritto al risarcimento, ed in questo caso il datore di lavoro è tenuto a versare solo i contributi a copertura dei mesi intercorsi tra il licenziamento e la reintegrazione.

Calcolo del risarcimento dei danni

Tutto ruota intorno alla definizione di retribuzione globale di fatto. Con essa sono intese tutte le somme dovute a titolo non occasionale, anche se non percepite in via continuativa, ed in correlazione ai contenuti e alle modalità di esecuzione della prestazione lavorativa. In pratica, le cifre che il lavoratore avrebbe percepito se avesse eseguito normalmente la propria prestazione lavorativa, senza l’esclusione dall’azienda.

Quindi vanno compresi non solo la retribuzione di base, ma anche tutti i compensi variabili percepiti a carattere continuativo (es. le indennità presenti ogni mese in busta paga) che sono collegate alle modalità di esecuzione della prestazione. Sono escluse dal calcolo del risarcimento dei danni solo le voci occasionali ed eccezionali della retribuzione.

Sulla base di due pronunce della Cassazione, il datore di lavoro per contestare la pretesa economica avanzata in giudizio dal dipendente deve dimostrare che il lavoratore abbia percepito una retribuzione da altre fonti (altro lavoro) durante il periodo di licenziamento illegittimo. Ma resta fermo il diritto del risarcimento del danno nella misura minima, cioè come detto 5 mensilità. In ogni caso l’importo del risarcimento non può essere diminuito per la ricezione da parte del lavoratore di somme a titolo di pensione, in quanto non si tratta di emolumenti derivanti dalla messa a disposizione di energie lavorative.

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