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Jobs Act: tutte le novità sui contratti di lavoro

Con il Jobs Act e il Decreto di riordino delle tipologie contrattuali sono stati riscritti i contratti di lavoro. Ecco tutte le novità: viene riscritta la normativa sul contratto di lavoro a tempo determinato, sul part-time, sul lavoro intermittente e accessorio (buoni voucher), sul lavoro a chiamata, sulla somministrazione e l’apprendistato. Previsto il superamento dei contratti a progetto e l’introduzione di norme sul mutamento delle mansioni.
A cura di Antonio Barbato
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contratti di lavoro cosa cambia

Con il Jobs Act cambiano i contratti di lavoro. Il Decreto di riordino delle tipologie contrattuali, in attuazione del Jobs Act, riscrive tutti i contratti di lavoro di natura subordinata: dai contratti previsti dalla Legge Biagi, che in parte viene abrogata, al contratto a termine al part-time, dall’apprendistato al contratto di somministrazione, dal lavoro intermittente al lavoro accessorio. L’unico contratto abrogato e non riproposto nel nuovo decreto è quello del lavoro ripartito o job sharing, che quindi sparisce dall’ordinamento italiano.

Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali Giuliano Poletti, ha approvato, in via definitiva,  un decreto legislativo sulla disciplina organica dei contratti di lavoro e la revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183.  Vediamo tutte le novità.

Contratti a progetto

La più discussa novità riguarda la cancellazione o superamento dei contratti a progetto. Per quanto riguarda i contratti di collaborazione a progetto (Co. Co. Pro.), a partire dall’entrata in vigore del decreto, non potranno più esserne attivati (quelli già in essere potranno proseguire fino alla loro scadenza).

Comunque, a partire dal 1° gennaio 2016, ai rapporti di collaborazione personali che si concretizzino in prestazioni di lavoro continuative ed etero-organizzate dal datore di lavoro saranno applicate le norme del lavoro subordinato. Ciò potrebbe avvenire, a seguito di accesso ispettivo, quando il lavoratore con contratto a progetto esegue concretizzano in prestazioni “esclusivamente personali”, “continuative” e “organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”.

Restano salve le collaborazioni regolamentate da accordi collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che prevedono discipline specifiche relative al trattamento economico e normativo in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore e poche altri tipi di collaborazioni.

In realtà, i parametri della subordinazione della valutazione della genuinità delle collaborazioni non sono cambiati, quindi sarà comunque possibile stipulare le co.co.co. quando presentano i requisiti di autonomia della prestazione, la prevalenza della personalità della prestazione, il non assoggettamento al potere gerarchico, direzionale dell’imprenditore committente. Ovviamente i casi di collaborazioni che rientrano nei requisiti di cui all’art. 2094 del codice civile (È prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore) saranno ricondotte al lavoro subordinato.

Con l'intento di espandere le tutele del lavoro subordinato, il decreto legislativo prevede, con effetto dal 1° gennaio 2016, un meccanismo di stabilizzazione dei collaboratori e dei lavoratori autonomi che hanno prestato attività lavorativa a favore dell'impresa. Rientra nel quadro della promozione del lavoro subordinato e del contrasto all’elusione anche l'abrogazione delle disposizioni sul lavoro a progetto e dell'associazione in partecipazione con apporto di lavoro dell’associato persona fisica.

Contratto a termine

Riguardo al contratto a tempo determinato cui non sono apportate modifiche sostanziali. Il contratto a termine resta acasuale, di durata fino a 36 mesi e prorogabile o rinnovabile massimo 5 volte nei 36 mesi. Viene confermato lo stop and go tra due contratti. Resta anche il limite del 20% dei contratti a tempo determinato stipulabili in azienda. Chi supera i limiti, subisce una sanzione del 20% o 50% della retribuzione contrattuale. Resta esclusa la conversione a tempo indeterminato del rapporto.

Part-time

Il contratto a tempo parziale deve essere sempre stipulato in forma scritta con l’indicazione dell’orario ridotto di lavoro. La novità è che vengono definiti i limiti e le modalità con cui, più in assenza di previsioni al proposito del contratto collettivo, il datore di lavoro può chiedere al lavoratore lo svolgimento di lavoro supplementare seppur in misura non superiore al 25 per cento delle ore di lavoro settimanali concordate, e le parti possono pattuire clausole elastiche (le clausole che consentono lo spostamento della collocazione dell’orario di lavoro) o flessibili (le clausole che consentono la variazione in aumento dell’orario di lavoro nel part- time verticale o misto), con diritto del lavoratore ad una maggiorazione onnicomprensiva della retribuzione pari al 25 per cento per le ore di cui è variata la collocazione o prestate in aumento.

Viene introdotta una nuova normativa sulle clausole flessibili ed elastiche, con preavviso datoriale di soli 2 giorni. Sostanzialmente aldilà dei contratti collettivi d’ora in poi sarà possibile stipulare un accordo con le clausole, anche ricorrendo ad un apposita commissione. Ai lavoratori resta la possibilità di revocare il proprio consenso ai mutamenti dell’orario di lavoro nel part-time.

Viene inoltre prevista la possibilità, per il lavoratore, di richiedere il passaggio al part-time in caso di necessità di cura connesse a malattie gravi o in alternativa alla fruizione del congedo parentale.

Lavoro accessorio (voucher)

Nel lavoro accessorio la novità riguarda l’elevazione del limite di ricorso al lavoro accessorio, che passa da 5.000 a 7.000 euro con riferimento alla totalità dei committenti e nel corso di un anno civile. Quindi viene elevato il tetto dell’importo per il lavoratore fino a 7.000 euro, restando comunque nei limiti della no-tax area, e verrà introdotta la tracciabilità per evitare, così, un loro uso improprio, prevedendo, da un lato, che il committente imprenditore o professionista possa acquistare il voucher solo in via telematica, dall'altro che debba comunicare preventivamente quale uso farà dei voucher, indicando il codice fiscale del lavoratore e il luogo di svolgimento della prestazione, in un arco temporale di 30 giorni.

Per quanto riguarda la qualificazione del rapporto di lavoro, prima nel lavoro accessorio c’era un problema di natura subordinata dei rapporti di lavoro. Nel Decreto questo viene superato in quanto viene indicato che il lavoro accessorio è legittimo entro i limiti di 7.000 euro, aldilà della natura di lavoro autonomo o subordinato. Viene inserito un nuovo obbligo comunicativo dell’inizio dell’attività lavorativa, al pari del contratto di lavoro intermittente o a chiamata.

Contratto a chiamata

Viene confermata anche l’attuale modalità tecnologica, sms, di tracciabilità dell’attivazione del contratto. In materia di lavoro intermittente, la normativa non subisce grosse modifiche: è sempre previsto il ricorso al lavoro a chiamata per prestazioni di carattere discontinuo o intermittente. Resta possibile stipulare contratti intermittenti a tempo indeterminato. Resta confermato il limite di 400 giornate in tre anni, così come gli obblighi di comunicazione preventiva. C’è da segnalare che tra la vecchia normativa e la nuova non ci sarà un regime transitorio. Il lavoratore che si rifiuta di rispondere alla chiamata può essere licenziato. Per i periodi in cui non viene chiamato spetta sempre l’indennità di disponibilità nei casi previsti.

Contratto di somministrazione

Per il contratto di somministrazione a tempo indeterminato (staff leasing) si prevede un’estensione del campo di applicazione, eliminando le causali e fissando al contempo un limite percentuale all’utilizzo calcolato sul totale dei dipendenti a tempo indeterminato dell’impresa che vi fa ricorso (20%).

Per la somministrazione a termine viene confermata l’acausalità (assenza di ragioni giustificative del ricorso al termine apposto nel contratto). Vengono introdotti dei limiti alla somministrazione sia a tempo determinato sia a tempo indeterminato. C’è un limite del 10% sulle possibilità di assunzione a tempo indeterminato con lo staff leasing. Viene parzialmente modificata la disciplina relativa agli elementi da inserire nel contratto di somministrazione di lavoro. Viene riscritta la normativa riguardante i casi di somministrazione irregolare e viene modificato infine l’apparato sanzionatorio nell’ipotesi della somministrazione illegittima.

Apprendistato

Con la revisione della disciplina dell'apprendistato per la qualifica e per il diploma – che ora assume la nuova denominazione di «apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore» – nonché dell'apprendistato di alta formazione e ricerca, si pongono le basi di un «sistema duale», in cui il conseguimento dei titoli, rispettivamente, del livello secondario di istruzione e formazione e del livello terziario, potrà avvenire anche attraverso l'apprendimento presso l'impresa.

Si intende, inoltre, rivitalizzare le predette due tipologie di apprendistato, che finora non hanno trovato un adeguato apprezzamento dal sistema delle imprese. Recependo, poi, la volontà espressa dal Governo nel disegno di legge «Scuola» lo schema prevede che possano accedere all’apprendistato, di durata massima quadriennale, anche gli studenti degli istituti scolastici statali per il conseguimento del diploma di istruzione secondaria superiore.

Nell’apprendistato di primo e terzo livello c’è una riduzione sia del numero di ore di formazione esterna all’azienda che di retribuzione da corrispondere all’apprendista nella ipotesi di ore di formazione a carico del datore di lavoro. Non vengono modificati i limiti numerici di ricorso all’apprendistato.

Dalla lettura complessiva della nuova normativa c’è da dire che resta la flessibilità in entrata (sulle assunzioni) dopo che il Governo nel Jobs Act ha notevolmente ampliato la flessibilità in uscita (licenziamenti) con il nuovo contratto a tutele crescenti. Accanto a questa opera di sistemazione viene inserita la novità riguardante la possibilità di mutamento delle mansioni.

Mutamento delle mansioni

Viene previsto che il lavoratore può essere assegnato a qualunque mansione del livello di inquadramento, così com'è previsto nel lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione (articolo 52 del decreto legislativo n. 165 del 2001), purché rientranti nella medesima categoria e non più soltanto a mansioni «equivalenti», a mansioni, cioè, che implicano l'utilizzo della medesima professionalità.

In presenza di processi di ristrutturazione o riorganizzazione aziendale e negli altri casi individuati dai contratti collettivi l’impresa potrà modificare le mansioni di un lavoratore fino ad un livello, senza modificare il suo trattamento economico (salvo trattamenti accessori legati alla specifica modalità di svolgimento del lavoro).

Viene altresì prevista la possibilità di accordi individuali, “in sede protetta”, tra datore di lavoro e lavoratore che possano prevedere la modifica anche del livello di inquadramento e della retribuzione al fine della conservazione dell’occupazione, dell’acquisizione di una diversa professionalità o del miglioramento delle condizioni di vita.
Nell’attuale ordinamento il mutamento delle mansioni secondo la giurisprudenza è possibile solo per mansioni equivalenti, con tutto un percorso di idoneità tecnico professionale. Lo spostamento finora era molto complesso. Nel nuovo decreto viene consentito il passaggio delle mansioni non più per equivalenza professionale, ma all’interno dello stesso livello. Se le nuove mansioni sono dello stesso livello, indipendentemente se va ad intaccare l’esperienza tecnico professionale, sono consentite. Questo è un punto di grande flessibilità per le aziende, che hanno la possibilità in momenti di crisi o riqualificazione o ristrutturazione aziendale di essere più libere di spostare di mansioni il lavoratore. Inoltre viene data la possibilità anche di demansionare, in questi casi, fino ad un livello inferiore, ma riconoscimento la retribuzione al lavoratore riferibile al suo livello originario.

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Giornalista dal 2016 e consulente del lavoro, sono caposervizio dell'area Job. Scrivo di lavoro, fisco e previdenza.
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