L’astensione facoltativa, il congedo parentale nei primi 8 anni del bambino
La nascita di un figlio comporta un ampliamento degli impegni familiari dei genitori, soprattutto se lavoratori dipendenti. L’evento della maternità comporta perciò la necessità, da parte del legislatore, di tutelare il diritto familiare dei genitori di occuparsi del figlio dalla nascita e nei primi anni di età. In questa ottica è intervenuta la legge con Testo unico a tutela della maternità e della paternità stabilendo che, trascorso il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro della donna, che va normalmente dai due mesi precedenti il parto e tre mesi dopo la nascita del figlio, ciascun genitore ha diritto ad ulteriori giorni, mesi di astensione dal lavoro: si tratta dei periodi di astensione facoltativa.
Il congedo parentale, così denominato, è la vecchia astensione facoltativa dal lavoro e spetta ai lavoratori dipendenti, in costanza di rapporto di lavoro, fino ai primi 8 anni di età del bambino. La condizione per l’esercizio del diritto all’astensione dal lavoro facoltativa è il collegamento del congedo parentale con le esigenze organizzative della famiglia.
Il congedo è coperto da un’indennità percepita dall’Inps, che è subordinata alla vivenza del bambino e alla sussistenza di un rapporto di lavoro in atto all’inizio e durante il periodo di astensione facoltativa.
Il congedo è fruibile sia dalla madre che dal padre per un periodo complessivo tra i due non superiore ai 10 mesi, aumentabili ad 11 mesi. Il periodo può essere fruito anche contemporaneamente e spetta al genitore richiedente anche qualora l’altro genitore non ne abbia diritto. Più precisamente, il congedo parentale spetta:
- Alla madre lavoratrice dipendente per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi, trascorsa l’astensione obbligatoria post parto;
- Al padre lavoratore dipendente per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi, elevabile a 7 mesi se lo stesso si astiene dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi. E’ in questo caso che il limite complessivo di astensione dal lavoro di entrambi i genitori sale ad 11 mesi.
Lavoratori esclusi. Il congedo non spetta ai genitori disoccupati o sospesi, ai genitori lavoratori domestici, a genitori lavoratori a domicilio. Non spetta neanche da quando cessa il rapporto di lavoro in atto all’inizio e durante il periodo di astensione.
Vediamo ora tutte le informazioni relative alle modalità di fruizione, anche frazionata, dei congedi parentali per entrambi i genitori, relative all’indennità per congedo parentale erogata dall’Inps e tutti i casi particolari ossia quando c’è un’adozione o un affidamento, quando il genitore è unico, il caso in cui c’è un parto gemellare e le varie interruzioni del congedo come ad esempio la malattia del bambino. Affrontiamo, infine, le conseguenze dello svolgimento di altra attività lavorativa durante l’astensione facoltativa.
SOMMARIO:
Congedo parentale frazionabile
Indennità per congedo parentale
Adozione e affidamento, parto gemellare, genitore solo e malattia del bambino
Lavoro durante il congedo
Il periodo di congedo frazionato di entrambi i genitori
Il Testo Unico delle disposizioni in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, il Decreto Legislativo n. 151 del 2001, prevede specificamente che il periodo di congedo parentale può essere fruito “per un periodo continuativo o frazionato”. Se fruito in maniera continuativa si parla di tre o quattro mesi di congedo, in caso di uso frazionato abbiamo un periodo che va dai sei ai sette mesi per genitore, per un totale però di 10 mesi.
La frazionabilità va intesa nel senso che tra un periodo, anche di un solo giorno per volta, e l’altro di astensione facoltativa deve essere effettuata una ripresa effettiva del lavoro. Si intende che le giornate di ferie, quelle di sospensione del rapporto di lavoro per malattia, le giornate di festività, i sabati cadenti tra il periodo di congedo parentale e la ripresa del lavoro vanno computate in conto del congedo parentale.
In caso di utilizzo frazionato, come detto, è necessaria la ripresa effettiva del lavoro tra una frazione e l’altra. Cioè se le frazioni si susseguono in modo continuativo, oppure sono intervallate soltanto da ferie, i giorni festivi, questi giorni sono conteggiati come giorni di congedo parentale e quindi rientrano nel calcolo dei mesi residui da calcolarsi entro gli 8 anni del bambino.
La settimana corta e il congedo parentale. Nel caso di domanda di fruizione del congedo dal lunedì al venerdì, quindi quando si richiede il congedo per astensione facoltativa per la settimana corta, e il lunedì seguente non c’è la ripresa del lavoro perché si richiede la fruizione di giornate di ferie o un ulteriore periodo diverso di sospensione del rapporto di lavoro (es. malattia) e poi dopo si riprende l’attività lavorativa, l’interruzione col periodo di ferie o di malattia comporta che il sabato e la domenica che vanno dalla fine del congedo parentale (venerdì) e l’inizio delle feri o della malattia e (lunedì), pur se non lavorativi, vanno computate come giorni di congedo parentale. Quindi si perdono due giorni di congedo. Lo ha stabilito l’Inps.
Congedo parentale del padre durante l’astensione obbligatoria della madre. Al padre lavoratore dipendente, il congedo parentale spetta anche durante il periodo di astensione obbligatoria della madre, che ricordiamo normalmente va dai 2 mesi prima del parto ai tre mesi dopo il parto. Ovviamente il congedo parentale decorre dal giorno successivo al parto ed è fruibile anche se la madre non lavora.
Fruizione di entrambi i genitori. Madre e padre possono fruire del congedo parentale anche contemporaneamente. Va ribadito che in caso di fruizione del congedo parentale da parte di entrambi i genitori, come ad esempio con la madre autonoma e padre lavoratore dipendente, il periodo complessivo tra i due è pari a 10 mesi (tre mesi per la madre e sette mesi per il padre). La lavoratrice autonoma infatti gode di un congedo parentale per lavoratori autonomi di 3 mesi nel primo anno del bambino.
Donna casalinga e congedo parentale del padre. Il padre lavoratore dipendente può fruire dei riposi giornalieri anche nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente, bensì lavoratrice autonoma o casalinga. In quest’ultimo caso deve essere dimostrata l’impossibilità della madre di dedicarsi alla cura del neonato, perché impegnata in altre attività (ad esempio accertamenti sanitari, partecipazione a pubblici concorsi, cure mediche, ecc).
Il preavviso al datore di lavoro. Il genitore lavoratore interessato a fruire del congedo parentale è tenuto a dare un preavviso di almeno 15 giorni al datore di lavoro, salvo i casi di oggettiva impossibilità. In ogni caso, i genitori che intendono avvalersi del congedo parentale devono preavvisare il datore di lavoro secondo le modalità e i criteri definiti dal contratto collettivo (CCNL), lo stabilisce l’art. 32 del Decreto Legislativo n. 151 del 2001.
Indennità per congedo parentale dell’Inps
L’Inps eroga un’indennità per congedo parentale nei periodi di assenza del lavoratore per la fruizione dell’astensione facoltativa. Si tratta di una prestazione pari al 30% della retribuzione percepita nel mese o periodo lavorato precedente l’inizio del congedo parentale. Tale indennità spetta fino al terzo anno di vita del bambino per un periodo massimo complessivo tra i genitori di 6 mesi.
Può essere corrisposta anche per i periodi di astensione facoltativa fruiti dai genitori nell’età del figlio tra i 4 anni e gli 8 anni, ma sono necessarie determinate condizioni reddituali.
Per maggiori informazioni relative all’indennità per congedo parentale, sulla determinazione della retribuzione media per il calcolo e sulle modalità di presentazione della domanda, vediamo l’approfondimento sull’indennità per congedo parentale.
L’adozione e affidamento, il genitore solo, il parto gemellare e la malattia del bambino
Congedo parentale in caso di adozione. Il diritto all’astensione obbligatoria a cui anno diritto i genitori naturali è valido ed esteso anche nei casi di adozione e affidamento di un bambino, attesa la finalità dell’istituto di favorire l’inserimento nel nucleo familiare del bambino, pur se adottato o affidato. I genitori adottivi o affidatari possono usufruire del congedo parentale entro i primi 8 anni dall’ingresso del bambino in famiglia, a prescindere dall’età del bambino, e comunque non oltre il raggiungimento della maggiore età. Nell’ipotesi di adozioni ed affidamenti di minori, anche se non fratelli, il cui ingresso in famiglia sia avvenuto nella stessa data, ciascun genitore ha diritto a fruire del numero di mesi di congedo parentale previsti dalla legge.
Parto gemellare. In questo caso per entrambi i genitori, ed anche nel caso di adozione e affidamento di più minori, c’è il diritto a fruire del congedo parentale per ogni nato e per ogni adottato o affidato, per il numero dei mesi previsti dalla legge, con le stesse modalità di fruizione e con gli stessi criteri di affidamento. Quindi per ciascun figlio avremo fino a 6 mesi per la madre, fino a 7 mesi per il padre, sempre nel limite complessivo di 10 o 11 mesi fra entrambi i genitori.
Il genitore solo e l’astensione facoltativa. Il genitore single, sia che sia il padre che la madre, può fruire dei congedi parentali per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 10 mesi. Lo status di genitore solo è riscontrabile nei casi di morte dell’altro genitore, grave infermità dell’altro genitore, abbandono del figlio, non riconoscimento del figlio da parte di un genitore, affidamento esclusivo del figlio a un solo genitore. In quest’ultimo caso l’interessato deve presentare copia del provvedimento con il quale il giudice ha disposto l’affidamento esclusivo. Gli ulteriori mesi riconoscibili al genitore solo sono indennizzabili subordinatamente alle condizioni del proprio reddito, anche qualora siano fruiti entro i tre anni di età del figlio.
Malattia del bambino. Se durante il periodo di fruizione del congedo parentale insorge la malattia del bambino, quest’ultima interrompe il periodo di fruizione e, su domanda del genitore interessato, il titolo dell’assenza dal lavoro può essere modificato da congedo parentale a congedo per malattia del bambino o a permesso retribuito per gravi motivi se previsto dal contratto collettivo (CCNL) applicato al rapporto di lavoro. Lo stabilisce il Ministero del lavoro in una nota e in un interpello, il n. 31 del 2009.
Malattia insorta durante il congedo parentale. L’indennità di malattia, debitamente notificata e documentata, insorta durante il congedo parentale, spetta in misura intera e il relativo periodo è considerato neutro ai fini del calcolo del periodo massimo di congedo parentale. Terminata la malattia, la fruizione del periodo di congedo parentale può riprendere salvo diversa indicazione dell’interessato.
Congedo parentale e permessi retribuiti (legge 104 del 1992). Durante la fruizione da parte di un genitore del congedo parentale, l’altro genitore può fruire dei permessi retribuiti stabiliti dalla legge 104 del 1992. Quindi tutti i permessi nei casi di portatori di handicap. Nulla vieta la contemporaneità del congedo parentale con questi permessi.
Congedo parentale e svolgimento di altra attività lavorativa
L’astensione facoltativa come potere potestativo e il licenziamento. L’assenza dal lavoro per i diritti del bambino va intesa come congedo facoltativo dedicato al minore stesso, non può essere utilizzata per diverse finalità.
La Cassazione ha configurato il congedo parentale come un diritto potestativo che il padre lavoratore può esercitare nei confronti del datore di lavoro, nonché dell’ente tenuto all’erogazione dell’indennità, onde garantire con la propria presenza il soddisfacimento dei bisogni affettivi del bambino e della sua esigenza di un pieno inserimento nella famiglia.
Ove venga accertato che il periodo di congedo sia utilizzato dal lavoratore per svolgere una diversa attività lavorativa, il giudice valuta la consistenza di una giusta causa di licenziamento, non assumendo rilievo che lo svolgimento di tale attività contribuisca ad una migliore organizzazione della famiglia. Il congedo parentale resta un diritto tutelato dalla legge ma solo per finalità legale al bambino.
La perdita del diritto all’indennità a titolo di congedo parentale. Il lavoratore dipendente che, durante l’assenza dal lavoro per astensione facoltativa intraprenda una nuova attività lavorativa dipendente, parasubordinata (come lavoratore a progetto ad esempio) o autonoma, non ha diritto all’indennità per congedo parentale. In sostanza, se la nuova attività lavorativa è svolta durante un periodo di congedo indennizzabile, il lavoratore perde il diritto all’indennità e al relativo accredito della contribuzione figurativa.
Congedo parentale e contribuzione figurativa. Se la nuova attività lavorativa è svolta durante un periodo di congedo parentale non indennizzabile per superamento dei limiti temporali (ossia dopo il terzo anno di vita del bambino) e reddituali (superamento del limite di 2,5 volte il trattamento minimo di pensione dell’anno in cui si fruisce del congedo parentale), il lavoratore perde il diritto all’accredito della contribuzione figurativa. Quindi le settimane di assenza non saranno accreditate dall’Inps nel proprio estratto conto contributivo e rappresentano una perdita per il lavoratore in termini di maturazione dei requisiti per l’accesso alla pensione, sia pensione di vecchiaia che la nuova pensione anticipata.
Part-time orizzontale e congedo parentale. Queste limitazioni, sia di perdita del diritto all’indennità per congedo parentale che in termini di perdita del diritto all’accredito della contribuzione figurativa, non riguardano i lavoratori titolari di più rapporti di lavoro a tempo parziale orizzontale (ossia quando il lavoratore svolge ad esempio un part-time la mattina presso un datore di lavoro ed un secondo part-time di pomeriggio presso altro datore di lavoro). Questi lavoratori possono astenersi dal lavoro presso un datore di lavoro e continuare a svolgere regolare attività lavorativa presso altri datori di lavoro.
Congedo parentale e part-time verticale. Discorso diverso è se il lavoratore è titolare di un contratto part-time di tipo verticale (quella tipologia di part-time dove c’è lo svolgimento di giornate di lavoro a tempo pieno ma non per tutti i giorni della settimana). In questo caso il diritto stesso alla fruizione del congedo parentale non può essere riconosciuto durante le pause contrattuali (ossia nei giorni in cui per contratto il lavoratore non svolge la propria attività lavorativa. Esempio: se un lavoratore ha un part-time con lavoro di 8 ore il lunedì, il mercoledì e il venerdì, non ha diritto al congedo parentale per le giornate di martedì e giovedì, che contrattualmente non sono lavorative.