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La prescrizione dei crediti professionali e l’onere della prova

I crediti derivanti dalle prestazioni dei professionisti vanno in prescrizione in tre anni. Notai, avvocati, commercialisti, ingegneri, consulenti del lavoro e tutti gli altri possono far valere i propri diritti alla riscossione delle parcelle in giudizio ma con l’onere della prova a proprio carico. Decisiva però l’ammissione del debitore.
A cura di Antonio Barbato
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prescrizione crediti da parcelle dei professionisti

Notai, Avvocati, geometri, commercialisti, ingegneri, consulenti del lavoro e tutti gli altri professionisti, possono vantare nei confronti dei loro clienti dei crediti professionali relativi a prestazioni rese, con parcelle non pagate. Tali crediti sono sottoposti ad una particolare disciplina in tema di prescrizione dei crediti professionali. L’onere della prova del credito è a carico del professionista, ma decisiva è la prova testimoniale del debitore in un eventuale giudizio.

La prescrizione è un istituto giuridico con il quale il legislatore ha voluto legare determinati effetti al trascorre del tempo, esso comporta di fatto l'estinzione di un diritto soggettivo, qualora lo stesso non venga esercitato dal titolare per un periodo di tempo ben preciso previsto sempre dalla legge e mai oggetto di accordo tra le parti, come viceversa può accedere in tema di decadenza.

Per quanto riguarda i crediti derivanti da prestazioni lavorative, c’è da fare una distinzione tra prescrizione dei crediti di lavoro e la prescrizione dei crediti professionali. La prima tipologia di prescrizione, che comunque può essere ordinariamente decennale ma anche di 5 anni, oppure di un solo anno (come nel caso dei crediti retributivi non superiori al mese), è dedicata ai crediti dei lavoratori. La seconda tipologia di prescrizione è quella collegata alle parcelle dei professionisti, disciplinata dall’art. 2956 del codice civile.

In quest’ultimo caso c’è una prescrizione di tre anni. Ma l’aspetto più importante riguarda il giudizio, in quanto il debitore ha la possibilità di giurare di aver pagato il debito e tale affermazione è decisiva, essendo operante una prescrizione presuntiva sul credito derivante dalla prestazione professionale. Ma andiamo per ordine.

La prescrizione secondo il codice civile. L'art. 2934 tratta appunto l’estinzione di un diritto per effetto dell’istituto giuridico della prescrizione: "Ogni diritto si estingue per prescrizione, quando il titolare non lo esercita per il tempo determinato dalla legge. Non sono soggetti a prescrizione i diritti indisponibili e gli altri diritti indicati dalla legge".

Nessuna deroga convenzionale alla prescrizione. L'intento del legislatore e dell'ordinamento giuridico con l'istituto della prescrizione è quello di garantire la certezza dei rapporti giuridici, le norme che la disciplinano sono di ordine pubblico ed in quanto tali sono inderogabili, con la conseguenza che alle parti non è consentito sottrarre convenzionalmente i diritti all'estinzione per prescrizione, né abbreviare o allungare i termini di maturazione della stessa.

La rinuncia alla prescrizione. Non è consentita la rinuncia preventiva alla prescrizione né nel momento della costituzione del rapporto giuridico, né mentre il termine è ancora in corso, la rinuncia è consentita solo a colui in favore del quale è prevista e solo dopo che sia spirato il termine prescrizionale, consentendo a colui che potrebbe farne uso decidere se applicarla o rinunziarvi.

La decorrenza della prescrizione. La prescrizione decorre dal giorno in cui si può far valere il diritto e termina quando si è compiuto l’ultimo giorno previsto, per il calcolo si fa riferimento al calendario comune, tendo conto sia dei sabati che dei festivi, senza considerare il giorno nel corso del quale cade il momento iniziale del termine. Qualora quest'ultimo dovesse cadere in un giorno festivo il diritto è prorogato al giorno successivo non festivo. Per i termini a mesi, la scadenza cade nello stesso giorno del mese iniziale o, in mancanza, nell’ultimo giorno del mese.

La prescrizione dei crediti del professionista

Il diritto del professionista (avvocati, commercialisti, consulenti del lavoro, ingegneri, notai, etc.) al pagamento delle proprie parcelle per l'opera prestata nonché per il rimborso delle relative spese sostenute od anticipate in nome e per conto del cliente (quale il credito per gli oneri fiscali, le spese vive processuali,  la spesa per il contributo unificato o la spesa della registrazione della sentenza), si prescrive in tre anni.

La prescrizione triennale dei crediti del professionista. L’art. 2956 del codice civile prevede espressamente che “si prescrive in tre anni il diritto:

1) dei prestatori di lavoro, per le retribuzioni corrisposte a periodi superiori al mese (ad esempio la tredicesima mensilità);

2) dei professionisti, per il compenso dell'opera prestata e per il rimborso delle spese correlative;

3) dei notai, per gli atti del loro ministero;

4) degli insegnanti, per la retribuzione delle lezioni impartite a tempo più lungo di un mese”.

La decorrenza della prescrizione di tre anni. Il termine decorre, in generale, dal compimento dalla prestazione. Per gli avvocati può decorrere dalla sentenza passata in giudicato, dall'accordo conciliativo o dalla revoca del mandato. Per tutti gli affari non terminati la prescrizione decorre invece dall'ultima prestazione compiuta ex art.2956 e 2957 c.c. (Cass. 10 dicembre 1975, n. 4075; Cass. 22 aprile 1964, n. 965)

La natura presuntiva della prescrizione e l’ammissione del debitore

La prescrizione disciplinata dall’art. 2956 del codice civile è una prescrizione presuntiva, cioè si fonda sulla presunzione di adempimento dell'obbligazione e implica il riconoscimento dell'esistenza del credito nella stessa misura in cui la stessa viene richiesta dal creditore. Si tratta di una presunzione non assoluta (iuris et de iure), ma relativa (iuris tantum), che cioè può essere vinta da una prova contraria.

La prescrizione presuntiva riguarda tutti quei rapporti per i quali il pagamento della prestazione avviene in maniera immediata o comunque in tempi brevi. In questi casi il decorso di un determinato lasso di tempo fa presumere che l’adempimento (il pagamento della prestazione) sia già avvenuto.

Nel senso cioè che l’estinzione del debito avviene senza che il debitore fornisca con la quietanza la prova dell’estinzione della medesima, il decorso del tempo determina la nascita, a favore del debitore, di una presunzione legale di avvenuto pagamento del compenso, e, quindi, di estinzione dell’obbligazione.

Colui il quale è chiamato a pagare, dovrà dunque semplicemente  provare il decorso del termine previsto dalla legge, il creditore invece avrà l'onere di dimostrare la mancata soddisfazione del credito.

La prescrizione presuntiva, quindi opera su un piano diverso rispetto alla classica prescrizione estintiva, di un diritto non esercitato per il tempo determinato dalla legge, dunque il decorso del tempo non produce l'estinzione del diritto del creditore, ma viceversa determina una semplice presunzione legale: “iuris tantum” di liberazione di avvenuto pagamento del debito una volta decorso il termine triennale, a meno che il cliente non ammetta il mancato pagamento della parcella.

Tale presunzione può essere vinta dal creditore richiedente, solo con il deferimento del giuramento decisorio, ossia invitando il debitore a confermare, sotto giuramento, che l’obbligazione sia estinta.

Come afferma la Cassazione “in tema di prescrizione presuntiva, mentre il debitore, eccipiente, è tenuto a provare il decorso del termine previsto dalla legge, il creditore ha l'onere di dimostrare la mancata soddisfazione del credito, e tale prova può essere fornita soltanto con il deferimento del giuramento decisorio, ovvero avvalendosi dell'ammissione, fatta in giudizio dallo stesso debitore, che l'obbligazione non è stata estinta. E l'indagine sul contenuto delle dichiarazioni della parte (o del suo comportamento processuale), al fine di stabilire se importino o meno ammissione della non avvenuta estinzione del debito agli effetti dell'articolo 2959 cod. civ., dà luogo ad un apprezzamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità, se congruamente motivato sulle ragioni all'uopo adottate dal giudice del merito in quanto confacenti e coerenti…”.

Va da se che ove il debitore giurasse il falso, il giudice dovrà necessariamente confermare la fondatezza dell'eccezione di prescrizione presuntiva ed il creditore vedrà prescritto il proprio diritto.

Per il principio di incontrovertibilità del giuramento, inoltre, il creditore non potrà, in sede civile, neanche provarne la falsità, né potrà pretendere, ove questa sia stata dichiarata in sede penale con sentenza passata in giudicato, la revocazione della sentenza ex art. 395 n. 2 (potendo, in quest’ultimo caso, chiedere soltanto il risarcimento del danno ex art. 2738 c.c.).

Conseguenza dunque della prestazione di falso giuramento da parte del debitore è che il creditore perde definitivamente il suo diritto, potendo invece far valere il diritto al risarcimento del danno in sede penale o, qualora il reato sia già estinto, in sede civile, sotto forma  di danno morale, ma deve comunque provare il falso del suo ormai ex cliente.

Quando si applica la normale prescrizione decennale ai crediti del professionista

Va altresì precisato però oltre alla prescrizione presuntiva triennale, il credito del professionista è soggetto anche alla prescrizione ordinaria decennale stabilita dall'articolo 2946 del Codice civile.

La circostanza che il credito sia assoggettato a prescrizione presuntiva, infatti, non implica che il credito stesso non sia suscettibile di prescrizione ordinaria di 10 anni, attesa la differente natura delle due prescrizioni. Sentenza della Cassazione del 1963.

Quindi, qualora la prescrizione presuntiva non abbia trovato applicazione (ad esempio, perché il debitore non l'ha eccepita ovvero l'ha eccepita ma ha ammesso che l'obbligazione non si è estinta), il credito del professionista si estingue in tal caso con il decorso del termine decennale.

Il più breve termine di cui all’art. 2956 del codice civile, non significa, quindi, che dopo tre anni il professionista perde il diritto al pagamento del compenso, ma solo che dopo tale termine avviene l’inversione dell’onere della prova in merito alla dimostrazione dell’avvenuto pagamento in caso di contestazione e diniego del committente (in pratica, il professionista deve fornire la prova di non essere stato pagato).

Occorre ricordare che sia la prescrizione ordinaria che quella presuntiva non operano automaticamente, ma devono essere sempre eccepite dalla parte che vi ha interesse (il giudice quindi non potrà d’ufficio rilevare la prescrizione), e che il debitore che paga un debito prescritto non può farsi restituire quanto a pagato.

L’interruzione della prescrizione e le azioni per rivendicare il proprio credito

Alla luce di quanto sin qui esposto, appare evidente dunque che è molto importante, per il professionista che non viene pagato dal proprio cliente “mantenere in vita” il proprio diritto di credito con periodiche richieste al cliente debitore per raccomandata a/r onde non incorrere nella prescrizione del proprio diritto che, una volta prescritto, è come se non fosse mai sorto.

L’ interruzione toglie ogni valore al tempo anteriormente trascorso e la prescrizione comincia di nuovo a decorrere per un periodo pari a quello precedente azzerando la durata antecedente alla comunicazione.

La Suprema Corte di Cassazione, in una sentenza del 1971 a Sezioni Unite, ha avuto modo di affermare che a interrompere la prescrizione è sufficiente qualsiasi atto con il quale venga manifestata l'intenzione del creditore di ottenere l'adempimento del debito, anche se non ancora specificamente determinato, ma di cui siano enunciati la causale e gli eventuali criteri di determinazione. La Prescrizione si interrompe, in ogni caso, quando il diritto viene riconosciuto da colui contro il quale può essere fatto valere.

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